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C’è
accaduto. La segregazione, per quanto in modo diversa, è tipica anche della comunità bianca.
una citazione: ‘It is hard to be born in South Africa’. Persino all’interno del gruppo dei bianchi non
d’accordo, siano aperti o conoscano la situazione degli altri. Anche James
è detto che tutti vadano
Jarvis prova rabbia a questo punto, come aveva fatto Stephen Kumalo. Poi si fa forza e continua a
leggere e si rende conto che lo scritto del figlio è una analisi di un percorso di crescita oltreché una
presa di intenti, non una critica contro i genitori. Metterà la sua vita al servizio del Sudafrica e si
chiederà da ora in poi solo se una cosa è giusta e non vantaggiosa. In questo modo giustizia e
legalità possono tornare a stare insieme.
Nel capitolo otto il punto di vista del narratore è come ribaltato. Si tratta di una focalizzazione
esterna, quasi estranea, quella di un narratore che vede per la prima volta determinate cose. Sembra
essere la voce di Stephen Kumalo. Un vecchio parroco, tremante e sofferente, incontra James Jarvis
e trova il coraggio di rivolgersi all’uomo bianco e confessare di sentire dentro di sé un peso enorme.
James Jarvis risponde con una diagnosi perfetta: il parroco ha paura di lui ma non sa bene perché.
Non ce n’è necessità. Kumalo risponde che questa è la cosa più dura che abbia dovuto sopportare e
poi dice la verità: suo figlio ha ucciso il suo. Anche in questo caso il comportamento di James Jarvis
del nero. C’è una pausa di silenzio dopo
non si caratterizza per una reazione rabbiosa nei confronti
la quale James Jarvis dice che in lui non c’è rabbia. Questo è un momento rilevante di pace. Mr
Jarvis non cerca una rivendicazione ma sarà al giustizia a fare il suo corso. Si apre così un percorso
verso la riconciliazione, testimoniata più avanti da gesti concreti di James Jarvis verso gli abitanti
del villaggio di Kumalo. Collaborerà alla costruzione di una diga che rappresenta un patto, un trait-
d’-union, un terreno comune che porta l’acqua in una terra arida perché possa rinascere.
Nel capitolo undici ritorniamo al tribunale.
L’ultima parte del secondo libro è dedicata alla emissione della sentenza. La terminologia è quella
dell’approccio documentario. I due ragazzi che si sono dichiarati non colpevoli saranno assolti
perché non ci sono prove sufficienti per incriminarli. Poi segue la parte relativa a Absalom. Resta
ora il caso del principale imputato. L’avvocato difensore mette in evidenza tutti gli aspetti relativi
alla situazione di Absalom, mettendone in luce gli elementi positivi. La società umana ha dei
problemi e il giudice non può rendere conto di questo. C’è una legge che il giudice deve fare
rispettare. Si insiste molto su questo. La legge è quella e il giudice la deve mettere in atto. Seguono
ulteriori che ricalcano quelle esposte dal giudice durante l’interrogatorio. Quello di
riflessioni
Absalom è un verdetto di colpevolezza senza attenuazione della pena, che è vista come esemplare
perché dimostra che l’omicidio viene punito. Tuttavia, il condannato è a sua volta ucciso perché
destinato alla pena di morte. La pena capitale sarà abolita in Sudafrica negli anni Ottanta. Quindi
Absalom è condannato al massimo della pena.Kumalo può far celebrare il matrimonio del figlio e
confortare Absalom, dandogli tutto il sostegno e l’affetto di cui è capace. Lui accetta di buon grado
la sentenza, non ha commenti negativi da opporre e ci sono dei momenti di pathos. Quello che
Stephen Kumalo può fare a Johannesburg non è molto ormai, se non congedarsi dalle persone che
lo hanno accolto. Va a fare visita al fratello John, raccomandandogli di stare attento alle sue
frequentazioni, a suo figlio. In fondo, Absalom è stato tradito da coloro che considerava amici. John
si sente ferito e caccia via Stephen. È un a caso disperato che si è allontanato troppo dalla tribù.
Stephen trova conforto in Msimangu. Questi decide di allontanarsi completamente dalla realtà
urbana. Si ritira in una comunità e il suo percorso si conclude. Il secondo libro si concludeva con
James Jarvis che evitava di commentare la sentenza, a differenza di quanto faranno altri. Da parte
sua c’è il silenzio, che però va visto come la conferma della possibilità di istaurare un ponte tra le
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due realtà e una partecipazione più attiva a livello sociale del bianco. Jarvis inizia con l’istituire una
fondazione di beneficienza a nome del figlio.
Book III:
Il terzo libro è il più breve. Kumalo torna a casa insieme ai suoi aprenti. Gertrude non torna ma si
ritira anche lei a vita monastica. Ci sono delle risonanze paradigmatiche. L’incipit è impostato in
maniera letterale. C’è la
maniera analoga a quella dei due libri precedenti, anche se non in
descrizione del paesaggio a ritroso verso il rientro a casa. Stephen è accolto dalla moglie, alla quale
deve annunciare la tragica notizia. Da parte sua, però, troviamo anche un atteggiamento positivo.
Bisogna concentrarsi sul presente e sulla loro nuova figlia, e ci sono riferimenti alla cultura zulu.
Gli ospiti sono: ‘my child e my daughter’, forma ritualistica di accettazione all’interno della
famiglia tribale. Nel terzo capitolo è testimoniato l’affetto dei parrocchiani nei confronti di Stephen
e ricorre spesso la parola zulu per parroco. Il problema che resta è quello della terra desolata. Sono
disperati e piangono perché c’è bisogno di acqua. Compare anche il capo del villaggio, figura
avente poteri decisionali. Ci saranno dei colloqui tra Kumalo e il chief, ma Stephen è di fatto
impotente. C’erano già stati tentativi volti alla risoluzione del problema della siccità e non sembra
esserci, dal punto di vista del sistema, la possibilità di uscire da questo dramma della siccità. Tutto
questo sarà possibile grazie all’intervento di James Jarvis e alla collaborazione con Stephen, quindi
grazie al dialogo e al contatto umano. L’impressione è che questo momento storico si fermo,
indifferente, come un telefono che non risponde. Ma le cose cominciano a cambiare grazie
all’intervento e alle azioni degli individui che operano contro l’indifferenza del sistema e grazie alla
solidarietà tra i due padri che hanno perso i loro figli.
A questo punto il romanzo assume quasi dei toni allegorici: un ragazzo bianco viene ad annunciare
l’arrivo del nonno, James Jarvis. È il figlio di Arthur ed è descritto come se avesse in sé la luce,
proprio come Absalom. Ha in sé la luce, è sempre sorridente, comunicativo e avrà un colloquio con
Kumalo. Si rende conto che molti bambini stanno morendo di fame a causa della siccità. Appare
varie volte e avrà su Kumalo un effetto davvero benefico: le sue visite sono sempre accompagnate
da atti di generosità da parte dei Jarvis. Lui vuole imparare la lingua zulu e Kumalo si presta. Una
generazione è morta ma quelle più giovani ci sono. Tra Kumalo E questo ragazzo si istaura una
certa sintonia e iniziano i lavori per la costruzione della diga. Non è chiaro cosa stia succedendo. Al
di vista diversi. Poi arriva la pioggia, l’acqua che
costruzione della diga è presentata da punti
finalmente nutre la terra e inizia una sorta di rigenerazione. I neri iniziano a lavorare meglio la terra,
grazie anche agli insegnamenti di una figura nera che è giunto al villaggio per questo scopo. Ci sarà
poi la morte della madre di Arthur, morte che avviene per cause naturali. È un ulteriore momento di
tristezza ma è una tristezza collettiva. È un lutto della comunità bianca condiviso dalla comunità
nera. I neri non partecipano ma sono presenti con lo spirito. Ci sono due celebrazioni religiose
parallele, la vita e la morte si compenetrano (la cresima è la conferma della vita in Cristo e il
funerale l’affidamento della vita a Cristo). L’elemento cristiano mette enfasi e rafforza il tutto
sempre sotto la pioggia battente. Il vescovo che celebra la cresima parla con Kumalo. Lui,
rappresentante dell’alto prelato, si avvicina a questo sacerdote perché vorrebbe farlo trasferire. A
causa di quanto è accaduto, crede che tra i Kumalo e i Jarvis non corra buon sangue. Incarna la
visione esterna del sistema e non quella dei rapporti interpersonali. Cambierà idea quando riceverà
una lettera di James Jarvis che lo ringrazia per le condoglianze e sostiene che l’ultimo desiderio
della moglie era la costruzione della diga nel villaggio. Il vescovo ammette che si tratta di una cosa
straordinaria e che evidentemente Dio non vuole che Kumalo lasci il villaggio. Il ragazzo Jarvis è
una sorta di agente divino che precede l’arrivo della pioggia che bagna la terra desolata, il funerale e
la cresima, e la nuova Chiesa: si tratta di segnali allegorici che introducono un finale all’insegna
della rinascita di una terra che può essere davvero ‘beloved’. C’è un dialogo finale tra il
rappresentante di colore e Stephen Kumalo. Da questo dialogo emerge come la visione di Kumalo
abbia confini ben precisi. Il rappresentante di colore incarna le nuove generazioni che stanno
dell’osio per
sviluppando una nuova coscienza. La sua non è la voce della black consciousness, 29
l’uomo bianco. È un atteggiamento più consapevole perché sostenuto dalla coscienza apolitica che
Kuamlo non ha o che ha ma molto debolmente.
Con il sesto capitolo del terzo libro ci troviamo in chiusura del romanzo. Di Kumalo si dice che era
ormai troppo vecchio perché nuovi pensieri potessero disturbarlo. Mentre il rappresentante sostiene
di lavorare e agire per il bene del suo paese e della sua gente e non per un padrone. Quello che il
Non c’è l’odio per
bianco fa è ripagare i neri per la terra che i suoi antenati avevano tolto ai nativi.
la vecchia generazione. Lui osserva tutto ciò che succede e si chiede se pensano davvero che se
tutto ritornasse fertile, il paese sarà in grado di contenere tutti, anche coloro che sono dovuti andare
C’è una linea tangibile che lo separa dal nuovo uomo nero sul
in città? Kumalo resta in silenzio.
piano sociale. Quella dell’assistente è una visione positiva e il suo è un messaggio in linea con la
visione espressa da Msimangu. Non si può parlare di Sudafrica per la nazione in cui le etnie
collaborano insieme e convivono pacificamente non esiste ancora. Kumalo resta nella sua posizione
ma esalta questo rappresentante della nuova g