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TAR.
Cosa vuol dire qualificare un bene come bene culturale? La qualificazione comporta l'assoggettamento della
cosa alla disciplina del Codice, ma questo non significa un'alterazione della relazione di appartenenza, se io
ero proprietario del bene anche dopo la dichiazione di appartenenza resto proprietario del bene, però sono
proprietario ma con un provvedimento di vincolo trascritto. La qualificazione del bene come culturale non
comporta un'alterazione della relazione di appartenenza. Riconoscere che quello è un bene culturale non vuol
dire che lo Stato se lo prende, non vuol dire che diventa pubblico, la cosa mantiene l'appartenenza pubblica o
privata preesistente.
La cosa, all'esito del procedimento di dichiarazione, di verifica, diventa bene nel linguaggio del Codice. Il
bene è sia bene culturale, e trova tutela nel Codice, ma rimane pur sempre bene patrimoniale perché è un
bene che ha interessi economici. Il bene patrimoniale è disciplinato dal codice civile, dato che ha un valore.
Il bene culturale è disciplinato dal Codice dei Beni Culturali. Ad esempio una statua può avere sia un valore
patrimoniale che culturale. Ma vendere una bene soggetto a vincolo comporta, per chi lo acquista, a sua una
serie di vincoli. Ci sono tanti tipi di vincoli e ci sono dei caratteri coincidenti sulla commerciabilità, come la
prelazione artistica, l'acquisto coatto da parte dello Stato o l'espropriazione per fini culturali, simile
all'espropriazione del terreno ma disciplinata dal Codice dei Beni Culturali. I due diversi beni, patrimoniale e
commerciale, corrispondono a due diversi valori: patrimoniale e culturale. C'è un valore culturale ed uno
commerciale, che dipendono da una serie di valutazione diverse. Parlando di beni culturali d'interesse
religioso in quel caso c'è un ulteriore valore, oltre ad essere un bene culturale e patrimoniale è un bene che
costituisce espressione della libertà religiosa, ha una terza caratteristica. Quali sono gli elementi in comune?
Il valore culturale, perchè è un elemento che caratterizza tutti beni culturali, la pubblicità, perchè è un bene
che deve essere disposto a tutti i consociati, ed infine il carattere dell'immaterialità, legato all'immaterialità
del valore culturale. Si dice immaterialità perchè si vuole esprimere l'idea che la cosa materiale, la tela o la
statua, è un bene culturale quando viene dotato di quel valore, il valore culturale, che ha carattere
immateriale. La Corte Costituzionale ha detto che:
“l’art. 9 della Costituzione […] impegna la Repubblica ad assicurare, tra l'altro, la promozione e lo
sviluppo della cultura nonché la tutela del patrimonio storico ed artistico della Nazione, quale
testimonianza materiale della civiltà e della cultura del Paese. Anche per quanto si desume da altri precetti
costituzionali, lo Stato deve curare la formazione culturale dei consociati alla quale concorre ogni valore
idoneo a sollecitare e ad arricchire la loro sensibilità come persone, nonché il perfezionamento della loro
personalità ed il progresso anche spirituale oltre che materiale. In particolare, lo Stato, nel porsi gli
obiettivi della promozione e dello sviluppo della cultura, deve provvedere alla tutela dei beni che sono
testimonianza materiale di essa ed assumono rilievo strumentale per il raggiungimento dei suddetti obiettivi
sia per il loro valore culturale intrinseco sia per il riferimento alla storia della civiltà e del costume anche
locale; deve, inoltre, assicurare alla collettività il godimento dei valori culturali espressi da essa”
In un'altra sentenza la Corte Costituzionale dice ancora:
“L'esigenza di conservare e di garantire la fruizione da parte della collettività delle cose di interesse storico
e artistico […] giustifica, di conseguenza, per tali beni l'adozione di particolari misure di tutela che si
realizzano attraverso poteri della pubblica amministrazione e vincoli per i privati differenziati dai poteri e
dai vincoli operanti per altre categorie di beni, sia pure gravati da limiti connessi al perseguimento di
interessi pubblici”
Legislazione lezione 11 21-04
Tutela e valorizzazione dei beni culturali.
Quando parliamo di tutela ci occupiamo di tutto ciò che riguarda le misure di protezione dei beni culturali,
cosa è vietato fare? Cosa è consentito? Che cosa invece deve essere autorizzato dalla soprintendenza?
Ci occupiamo anche delle misure di conservazioni dei beni culturali, il restauro ad esempio, siamo sempre
nell'ambito di tutela dei beni culturale ma quando parliamo di tutela dei beni culturali ci riferiamo anche ad
altri aspetti oltre alla protezione e alla conservazione ci riferiamo, ad esempio, alla circolazione perché
disciplinare la circolazione dei beni significa tutelarli. Ma ancora, quando parliamo di tutela, ci riferiamo a
tutto l’apparato sanzionatorio in materia di beni culturali: se io rubo o danneggio un bene culturale, se io
smembro un archivio, se io procedo al distacco un bene senza chiedere l’autorizzazione, se io sposto un bene
culturale da un posto all’altro senza le necessarie precauzioni, se non rispetto il vincolo che mi viene posto
perché non posso utilizzare un’antica chiesa per fare una sala da ballo, se io non rispetto una serie di norme
vengo sanzionato e allora anche l’apparato sanzionatorio rientra nella tutela. Questo per dire che dovremmo
arrivare a definire che cos'è la tutela e cos'è la valorizzazione dei beni culturali. La tutela è dello Stato e
invece la valorizzazione è di entrambi, dello Stato e delle Regioni, e allora dobbiamo arrivare a capire che
cos’è la tutela e quindi che cosa può fare lo Stato e che cos’è la valorizzazione, quindi quali sono gli spazi
consentiti alle Regioni.
Prima di fare questo ragionamento dobbiamo necessariamente sviluppare un cappello introduttivo sui
rapporti fra Stato e Regioni per capire la ragione delle suddivisioni delle competenze. Perché lo Stato
dovrebbe occuparsi di tutela? Perché invece la valorizzazione compete anche alle regioni? Possiamo arrivare
di tutela e valorizzazione e poi di misure di protezione e conservazione dei beni ma prima bisogna capire che
cosa significa distribuire le funzioni di tutela e valorizzazione. Prima ancora di definire tutela e
valorizzazione dobbiamo capire come sono organizzati i rapporti tra Stato e Regioni. Abbiamo accennato al
decentramento, ad esempio, della soprintendenza che è l’organo che fa capo al Ministero e il Ministero opera
attraverso delle entità decentrate sul territorio, i sovrintendenti per esempio che fanno tutti capo al Ministero
ma li troviamo nel territorio nazionale o ancora le agenzie delle entrate fanno capo al Ministero
dell’Economia. Il decentramento si ha quando gli organismi, titolari dei poteri decisionali, sono diffusi su
tutto il territorio nazionale. Il decentramento si basa sul principio del pluralismo in virtù del quale, siccome
lo Stato non può controllare tutto da solo, necessita di organismi decentrati che però fanno capo a lui quindi,
ad esempio, l'attività delle agenzia delle entrate di Firenze non è un'attività che porta denaro alla regione
Toscana ma fa capo al Ministero dell’Economia, tutte altra cosa è l’autonomia. La regione è un autonomia.
Che cos’è l'autonomia? Che differenza c'è con il decentramento? Alle Regioni sono affidate una parte di
poteri legislativi e amministrativi, la Regione è competente a fare leggi soltanto in quella parte della
comunità compresa nel territorio di quella regione. La regione Toscana non può fare una legge che si applica
in Umbria ovviamente. Quindi l'autonomia è un modello in cui una parte dei poteri legislativi e
amministrativi sono affidati alle entità territoriali, competenti solo per una parte della comunità a porre
norme pariordinate – entro certi limiti – a quelle statali e i cui organi vengono eletti attraverso il voto della
comunità medesima.
Altro elemento i cui organi (in una Regione gli organi sono il Presidente della Regione, il consiglio
regionale, gli assessori, la giunta che è esecutivo all’interno delle regioni) vengono eletti attraverso il voto
della comunità medesima. Per poter parlare di autonomia serve l’autogoverno, cioè serve che il corpo
elettorale possa scegliere i propri rappresentati, insieme alla Regione, salvo che noi andiamo a votare per il
Presidente della Regione e per il consiglio regionale, se non potessimo scegliere i nostri rappresentanti,
insieme alla Regione, mancherebbe un pezzo fondamentale dell’autonomia. Autonomia significa anche
autonomia legislativa, cioè la possibilità di poter fare una legge. I problemi sorgono quando l’autonomia
legislativa della regione si scontra con lo Stato, quando la Regione ritiene di poter vociferare in una materia
mentre lo Stato, a sua volta, ritiene che quella materia sia sua o viceversa.
Per parlare di autonomia servono degli elementi:
- autogoverno
- autonomia legislativa,
- autonomia esecutiva- amministrativa
e poi l’altro tipo di autonomia che serve è
- l’autonomia finanziaria (possibilità di avere dei mezzi materiali per portare avanti un indirizzo politico).
Si capisce la differenza tra una regione che ha autonomia e un soggetto di semplice decentramento come può
essere, appunto, l’agenzia delle entrate. In Italia le regioni sono nate con la Costituzione, prima della
Costituzione non c’era questo concetto di autonomia. Con la Costituzione perché è stata introdotta la
Regione? Usciti dal fascismo e dalla guerra si voleva porre un argine alle eventuali derive autoritaristiche e
allora tutta la Costituzione è stata costruita con un sistema di pesi e contrappesi per frenarne il potere centrale
e le Regioni si pongono in quest’ottica, venivano viste come uno strumento di freno del potere centrale
quindi viste come uno strumento di libertà, che serviva a controllare quello che faceva lo stato in questa
logica di pesi e contrappesi e il nostro sistema è pieno di pesi e contrappesi. L'autonomia non è da
confondere con la sovranità che spetta allo Stato che è un attributo dello stato centrale ed è riconosciuta da
tutti gli altri stati, la sovranità interna ed esterna. Diversa è l’autonomia che deriva dalla sovranità dello stato,
lo Stato sovrano riconosce autonomia alle regioni. Dov’è che l’autonomia massima? Se pensiamo alla
massima autonomia possibile dobbiamo pensare ai trattati internazionali. Cos’è un trattato internazionale? E’
uno strumento attraverso il quale due Stati si incontrano e dicon