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Anche il placement deve essere coerente con la segmentazione: bisogna rendere reperibile il prodotto segmentato nei
canali che sono più vicini al target.
Alcune strategie di segmentazione sono: il marketing concentrato, il marketing indifferenziato ed marketing
differenziato.
Il marketing concentrato è una strategia utile alle organizzazioni culturali dotate di risorse finanziarie molto limitate che
consiste nel focalizzarsi su uno specifico segmento di mercato, al fine di ottenere in quello specifico segmento una quota
di mercato elevata. Consente di ottenere vantaggi di costo con economie di specializzazione, oltre a una grande ricchezza
informativa sui consumatori di quel particolare segmento.
Il marketing indifferenziato invece non tiene conto delle differenze tra i segmenti di consumatori: tende infatti ad operare
su ciò che vi è di più comune tra i bisogni dei consumatori, al fine di ottenere quanti più clienti possibile.
Il marketing differenziato, al contrario, consiste nel differenziare l'offerta dell'azienda per tutti i diversi segmenti
individuati come target.
Quanto al posizionamento, esso può essere definito come la posizione che un brand occupa nella mence del
consumatore rispetto ai suoi competitors. Il posizionamento deriva dall'immagine, che è invece un concetto assoluto ed è
il risultato di associazioni (personali o guidate dalla comunicazione).
Una delle basi del posizionamento è il rapporto qualità/prezzo. Infatti la mente del consumatore, soprattutto quando è
livello di informazioni è molto basso, può essere orientata sul posizionamento di un brand. Le associazioni però possono
essere fatte anche in base alle caratteristiche del prodotto, ai vantaggi per i clienti, alle celebrità che sponsorizzano il
prodotto, agli stili di vita, al confronto con i prodotti concorrenti (Ferrero VS KitKat) o con le classi di prodotto
sostitutive (cioccolato vs vaniglia), ecc...
Da questi criteri sorgono quindi diverse tipologie di posizionamento, ad esempio:
- Posizionamento per attributo: si posiziona il brand rispetto agli attributi del prodotto, che devono essere pochi e
originali, e spesso riguardano i servizi; un numero troppo alto di attributi (l'automobile che fa tutto, pure il caffè
dallo sterzo) fa perdere credibilità; meglio ancora se gli attributi sono intangibili e non organolettici;
- Posizionamento per utente consumatore: il brand viene associato a una tipologia di consumatore per personalità
o stile di vita;
- Posizionamento per confronto con i concorrenti: per posizionare un brand si può sfruttare il posizionamento
consolidato di un altro brand nostro concorrente, al fine di sottolineare le differenze tra il nostro e l'altro, con il
fischio però di fare pubblicità agli altri;
- Posizionamento per classe di prodotto: si sfruttano le associazioni relative a una classe di prodotti.
Bisogna inoltre sottolineare che il posizionamento deve essere semplice da comunicare e possibilmente unico. Nella
comunicazione è bene puntare all'emotività più che alla razionalità. Inoltre, chi fa retro-marketing, ottiene dei vantaggi in
termini di posizionamento, perché spesso va a recuperare brand o prodotti già ben posizionati nella mente del
consumatore.
Esistono alcuni strumenti utili per stabilire il posizionamento, come ad esempio le mappe percettive. Per disegnarne una,
bisogna prima identificare le dimensioni degli attributi salienti per un consumatore, poi grazie ai giudizi dei consumatori,
bisogna capire con quale intensità alcuni brand possiedono tali attributi, e infine bisogna rappresentare tali valori su un
grafico che segnalerà eventuali vuoti d'offerta e lo "spazio" in cui sono collocati i posizionamenti dei competitors.
Bisogna inoltre ricordare che un'estensione incontrollata del brand può generare confusione nella mente del consumatore
riguardo al posizionamento. Anche per questo motivo il brand stretching, se esagerato, può indebolire l'immagine di
marca.
Ci sono tre tecniche di posizionamento fondamentali:
- Focror Analysis: si chiede agli intervistati di valutare più marche rispetto ad alcuni attributi; i giudizi vengono
sintetizzati con analisi fattoriale, al fine di far emergere le dimensioni che riassumono la percezione del brand
nella mente del consumatore; se le dimensioni ottenute sono meno di 4, si passa a valutare i brand rispetto a
queste coppie di fattori individuati in una mappa;
- Pattern Analysis: si chiede agli intervistati di esaminare quali brand sono da ritenersi associati a una serie di
attributi elencati;
- Multidimensional scaling: si chiede agli intervistati di valutare numericamente quanto due o più brand
differiscano tra di loro secondo le loro percezioni, per misurare la "distanza" tra brand diversi a livello di
posizionamento; è metrico se la scala di valori raccolti è per intervalli, è non metrico se la scala di valori è
ordinale.
Packaging
Il packaging è un artefatto complesso, secondo Valeria Bucchetti, dotato di una funzione di protezione, di conservazione
ed in grado di consentire il trasporto; è però anche un tensile che facilita l'uso dei beni, e oltre a queste funzioni
tradizionali, svolge anche una funzione comunicativa. Formalmente dunque il packaging ha queste 4 funzioni
fondamentali:
- protegge il prodotto;
- conserva il prodotto;
- comunica: innanzitutto comunica il brand, facendo dunque comunicazione a livello visivo ed emotivo, ma anche
da un punto di vista legale, poiché deve contenere alcune informazioni necessarie; la comunicazione deve essere
coerente con il posizionamento di prezzo;
- logistica;
Il packaging ha naturalmente assunto una funzione fondamentale da quando si sono diffusi i canali di vendita a libero
servizio, esattamente come il brand. Il prodotto, branded e impacchettato, è in grado di comunicare autonomamente le
informazioni sul suo conto.
Sempre in tema di logistica, il packaging ha un'importanza fondamentale. La distribuzione ha infatti condizionato
profondamente le scelte che spesso si fanno in merito al packaging. Di seguito, un elenco delle decisioni sul packaging e
come sono state condizionate dalla GDO.
1. Il materiale: si pensi alle bottiglie di vetro ormai andate in disuso perché molto pesanti (aumento dei costi di
movimentazione) e fragili, sostituite dalla plastica.
2. La forma: ha subito l'influenza della distribuzione poiché in base alla forma si hanno rilevano riduzioni di costi;
alcune forme, come ad esempio i fustini di Dixan, fanno sprecare spazio, e altre ancora invece fanno si che si trasporti
inutilmente aria.
3. La dimensione: poiché lo spazio sullo scaffale e nei magazzini è una risorsa estremamente scarsa, le dimensioni
sono un fattore critico per la distribuzione; per questa ragione si è arrivati ad optare per contenitori di cartone stretti
che possano ospitare più unità di prodotto.
4. La grafica esterna: è l'unica leva del packaging che è rimasta nelle mani dei produttori, senza che la distribuzione
possa influirvi.
Un’ulteriore distinzione va fatta tra:
- Packaging primario: quella parte di packaging che è a diretto contatto con il prodotto (es: la boccetta di vetro che
contiene il profumo); è fondamentale perché spesso il consumatore ha più contatto con questo packaging che con
il prodotto stesso, senza contare che molto spesso è il packaging primario a fare il "primo incontro" con il
cliente;
- Packaging secondario: è quello che raccoglie più unità di vendita (es. il multipack), è spesso collocato sugli
scaffali per ridurre costi di logistica (es. la scatolina di cartone che contiene la boccetta di profumo); il packaging
secondario può quindi ottimizzare le risorse di spazio;
- Packaging terziario: è quello che contiene più packaging secondari, ossia le scatole che servono per il trasporto;
esso è soggetto a standardizzazione modulare, un processo di standardizzazione che consente di escludere l’aria
dalla scatola.
Sul packaging inoltre l'industria ha vincoli legali, ambientali (sia per norma, sia per la crescente sensibilità) e anche
d'immagine. Infatti, quando un brand cura l'immagine di un packaging, deve considerare che questa immagine dovrà
essere applicata a, o comunque coerente con, tutte le varianti 3 packaging. Considerando quanto l'industria si sta
spostando verso la multicanalità, si rende infatti necessario avere packaging diversi per i diversi canali distributivi (coca
cola in vetro per il ristorante, coca cola in lattina per il distributore automatico).
Brand Naming
Il nome del brand è un segno complesso, poiché si percepisce su tre diversi livelli:
- fonetico: il nome è un suono;
- morfologico: il nome è insieme di lettere scritte;
- semantico: il nome è un significato.
Il brand naming è solo una parte del brand, più precisamente è quella parte che si occupa dell'espressione verbale del
marchio, ossia ciò che si dice o si legge di ciò che compone il brand (la parola "Lacoste", il suo suono e il suo
significato, non il coccodrillo).
Spesso è l'impresa che crea il nome per il brand, con un approccio fai da te. Ancora più spesso, l'azienda fa ricerca sul
consumatore e fa sì che sia lui stesso a creare il nome (all'interno di focus group). Sebbene sia una pratica molto diffusa,
è potenzialmente sbagliata: infatti, il consumatore molto spesso crea nomi che in realtà ha già sentito o che sono molto
simili a quelli che già conosce, e poiché una delle funzioni del brand è differenziare il prodotto, non ha molto senso
copiare il nome di un altro brand per attribuirlo al nostro.
Altre volte sono le agenzie di packaging/di comunicazione che creano nomi, tenendo conto della sintonia che avrà il
nome rispetto al packaging o rispetto alle campagne di comunicazione. Il problema però è che il packaging e le
campagne cambiano nel tempo, mentre il nome rimane fisso.
Il nome si compone di quattro elementi:
- La creatività: il nome deve essere innovativo;
- I1 marketing: il nome deve tenere conto del posizionamento del brand, del target, del settore, della cultura
aziendale;
- La linguistica: studia il suono, la forma e il significato del nome; tiene conto dell'esportabilità del brand a livello
di pronuncia, ma anche a livello di eventuali significati indesiderati che una parola può assumere all'estero (es.
brand inglese "Emerdata”);
- La proprietà intellettuale: riguarda la registrabilità, ossia la possibilità di registrare o meno un determinato brand
in una specifica categoria merceologica presso la camera di commercio (non si pu&o