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Estratto del documento

Interazione tra territorio-ambiente-paesaggio (naturale, culturale e

antropizzato).

Paesaggiobene culturalerisorsa.

Il paesaggio come risorsa è il documento visibile di come è stato modificato il

territorio dall’uomo e il paesaggio viene quindi inteso come valore.

I valori simbolici del paesaggio: il paesaggio è ricco di valori simbolici che

possono cambiare nel tempo.

Esiste una topofilia, un legame ai luoghi che può configurarsi in 4 modi:

legame funzionale (il luogo è apprezzato perché risponde alle esigenze della

comunità), il legame simbolico (vi si trovano le radici familiari e sociali), il

legame affettivo (soddisfa i bisogni e ci dona sicurezza e benessere) e il

legame estetico (apprezzato per la sua bellezza). Lo spazio vissuto indica la

territorialità umana, caratterizzato dal senso di appartenenza, dall’emotività.

Alla percezione dello spazio vissuto contribuiscono le esperienze personali e

le mediazioni culturali che determinano il senso del luogo, l’attribuzione di

valori e significati al luogo. L’orientamento assume valore culturale, le funzioni

che una comunità assegna ai luoghi. Abbiamo anche esempi di paesaggio

olfattivo e i più importanti provengono dalle opere letterarie, odore del

carbone, il profumo del mare, profumo dei fiori di campo. Ma anche

paesaggio sonori, il fruscio dell’aria, il frinire delle cicale, il rumore del traffico,

il passaggio dei treni.

La montagna e il fiume

Gli elementi naturali possono avere una spiegazione non razionalista e quindi

significati che vanno ricercati dalla grammatica umanistica. Nel rapporto con

la natura abbiamo due simboli: mythos, simboli creati da leggende e miti in

cui è fondamentale l’immaginazione, e logos, simboli che provengono dalla

scienza e dalla filosofia, tipici della visione strutturalista. Nel primo approccio

dell’uomo con la natura è importante la denominazione, la delimitazione del

territorio (porre confini), la territorializzazione (la comunità crea delle leggi,

delle strutture e dei simboli). Oggi ci si sofferma a livello ontologico sulle

nuove tecniche della bioingegneria (trasformazione delle componenti

organiche), a livello semiotico (si utilizzano simboli che spieghino come la

natura cambia) e a livello epistemologico. I simboli attribuiti al rapporto

natura-uomo hanno subito un cambiamento nel tempo. Protagonisti nello

studio dei simboli sono la montagna e il fiume. Il fiume e i suoi periodi di

piena e di secca scandivano la vita degli uomini. Il fiume era rappresentato in

modo lineare (la vita e la morte) o circolare (nasce-scorre-muore nel mare-

evaporando rinasce). Il fiume diventa lo spunto per disegnare visioni del

mondo. Il fiume che confluisce nell’oceano contrappone due immagini: ogni

fiume ha un’individualità, ma confluendo nell’oceano confluisce

nell’omogeneità.

Milieu (ambito) premoderno: Mythoscomprensione della naturaaffidata alla

narrazioneil centro da cui nascono i fiumi, presuppone che la creazione

derivi da un’unica fonte.

Milieu moderno: Logosspiegazione della naturaspiegazione dei fattori

climatici, delle pioggeil simbolo diventa segno razionale, distribuito nello

spazio e nel tempo.

La montagna e la sua spiritualità (legata al vertice) sono cambiati. Nelle

religioni è il simbolo della trascendenza, diventa il simbolo del divino. È

spesso stata considerata la sede delle divinità; gli antichi edifici edificati per il

culto religioso hanno la forma a “vetta” delle montagne. Ad esempio, la

Ziqqurat mesopotamica, il monte Olimpo per gli antichi Greci, l’ebraico monte

Sion, il Giapponese monte Fujiyama, il Tibetano Monte Potala, la Montagna

Bianca dei Celti, il Monte Benben per gli Egiziani…

I simboli della montagna nell’antichità classica e nella tradizione biblica.

Il monte Morija nella Genesi è legato al sacrificio di Abramo che doveva

sacrificare il figlio Isacco. Salomone scelse il monte per edificare un tempio a

Jahvè, Maometto per essere trasportato al cielo salì proprio su questo monte.

Il simbolo della montagna occupa un posto di primo piano, perché

rappresenta ciò che congiunge la terra al Cielo, l’uomo al trascendente;

rappresenta il tempio di Dio. Il Monte Sinai è il luogo dove si incontrano

l’uomo e Dio, perché su questo monte Mosè ottiene le tavole della legge, il

monte diventa la sede della Parola di Dio (Gebel musa: montagna di Mosè).

Secondo Olsson l’aspetto più importante per lo studio del significato è l’ultima

parte del discorso. Dio non ha nome, la denominazione è umana, per cui la

mancata denominazione di Dio conduce a ipotizzare una conoscenza che

non è umana, perché i segni non conducono a significati. Il Golgotha, detto

Calvario (luogo del cranio), dove Gesù fu crocifisso. Gesù muore ma la sua

morte porta alla vita. Il monte Tabor è il luogo dove avvenne la trasfigurazione

di Gesù. Il monte degli Ulivi è il luogo del pernottamento e dell’agonia di

Gesù.

Tra Medioevo e Rinascimento.

Per Petrarca la scalata al monte Ventoux anticipa i modi moderni di attribuire

simboli a questi paesaggi. Descrive la sua percezione e Sant’Agostino

criticherà gli uomini che perdono tempo in queste descrizioni e Petrarca si

rammarica per aver ammirato le cose terrene. Mentre il mondo cristiano vede

la montagna come un modo per avvicinare l’uomo a Dio, per il mondo laico la

natura è fonte di godimento estetico. Con l’Illuminismo e la modernità cessa il

mito perché in conflitto con la ragione. Dal 700 in poi i simboli sono concepiti

dalla scienza e costruiti secondo il nesso di causa-effetto; i simboli sono

razionali; simboli di natura estetica e simboli di natura etica (l’uomo che sfida

la natura, come la scalata del k2). Simboli geometrici archetipi del fiume sono

la retta e il cerchio, archetipi della montagna il tringolo e il triangolo

rovesciato. Alla montagna è affidata una connotazione stabile, immutabile,

mentre il fiume non lo è. La geografia culturale su base semiotica sarà in

grado di illustrare una realtà intessuta di simboli di varia natura che possono

mutare nel tempo.

Rapporto città-territorio. Oltre la città.

La città può intrattenere un rapporto sia con l’ambiente esterno effettivo che

con l’ambiente esterno potenziale. L’ambiente esterno è ogni luogo con cui si

instaura un legame. Con la grammatica razionalista i contenuti riguardano la

circolazione di beni e persone, con la grammatica umanistica abbiamo la

circolazione di beni. Aumentando le influenze si costituisce un continuum

territoriale intorno alla città. Una prima influenza è la funzione strutturante e

anche la funzione simbolizzante. I luoghi con cui la città ha relazioni si

definiscono secondo spazio geografico, non è possibile instaurare un

continuum perché sono sparsi nel mondo, il primo spazio geografico sono

proprio i luoghi della città. La funzione strutturante fa parte della grammatica

razionalista, la funzione simbolizzante della grammatica umanistica. Quindi

l’intorno è concepito dai razionalisti come struttura e dagli umanisti come

simbolo.

Città e rete urbana.

La geografia urbana è stata rivendicata dai razionalisti come propria matrice,

ma Vallega, che subisce l’influenza delle due correnti, trova gli aspetti anche

umanistici. Magget sostiene che il fine del geografo è cercare l’ordine delle

cose, cioè cercare i fenomeni sparsi nel mondo, trovare un ordine e formulare

leggi generali (razionalismo). Ordine inteso come gerarchia. Partendo dai

singoli elementi (popolazione-città-industria) si individuano le strutture

razionali. Il territorio è uno spazio costituito da movimenti, gli elementi sul

territorio si muovono sulle vie di comunicazione (direttrici); le reti permettono

agli elementi di entrare in relazione; i nodi sono i punti di incontro delle

direttrici; le gerarchie sono le relazioni di dipendenza fra gli elementi; le

superfici sono le aree di gravitazione dei movimenti (l’area da cui gli studenti

affluiscono all’università). Abbiamo due campi connaturati alla città: il

controllo e la strutturazione del territorio, la città si comporta come una

località centrale (Christaller); è punto di convergenza e di smistamento di

flussi, la città si comporta come nodo, i fili (direttrici) arrivano al nodo e da

esso si dipartono di nuovo. Le località centrali dimostrano che le ubicazioni

spaziali sono determinate da logiche razionali, smentendo le tesi precedenti

dell’ubicazione casuale. Christaller pose allora degli assunti teorici: la

superficie spaziale è omogenea in tutte le direzioni (ma in realtà non è così);

il costo di trasporto è proporzionale alla distanza (non è così perché le

difficoltà fanno aumentare i costi); la popolazione è proporzionalmente

distribuita nel territorio; comportamento razionale degli agenti economici. La

sua teoria, partendo da questi assiomi è perfetta, ma andando ad applicarla

non funziona.

La posizione della città nell’ambito della rete urbana di appartenenza.

Il posto più elevato nella gerarchia indica che la città ha beni e servizi più rari,

che gli altri centri non hanno. La posizione all’interno della rete viene definita

da Christaller ordine. L’ordine elevato della prima località dipende dal fatto

che la popolazione della seconda località centrale converge nella prima,

perché quei beni e servizi non sono localmente disponibili. Beni di rango

elevato sono quelli più rari. La scomposizione dello spazio in esagoni di

Christaller è una forma di territorializzazione. In realtà poche reti urbane si

avvicinano a questa immagine esagonale. Per Perroux basta creare

un’industria egemone che genera sviluppo (teoria dei poli industriali). Dagli

anni 50 agli anni 70 si cerca di sviluppare tale teoria, sia in occidente che nel

mondo comunista. Adesso le strategie urbane non si basano più su teorie

forti come quella dei poli, ma teorie deboli, la città crea luoghi di direzione

economica. Forme forti includono il polo tecnologico (tecnopoli, si crea un

connubio fra studio e industria), le città in corso di riqualificazione

organizzativa, le città globali. Forme deboli sono i distretti industriali

tradizionali, i distretti industriali emergenti, i distretti industriali marginali.

La città fulcro di diffusione.

La teoria di Hagerstrand (teoria della diffusione spaziale) è

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
18 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher venera19 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Barillaro Caterina.