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LIMITI DEI MODELLI DI VALUTAZIONE
1. Danno per scontato che l’obiettivo dell’impresa sia la massimizzazione del profitto, perché io
scelgo quello che mi fa avere più ricchezza; ma a volte un investimento è comunque necessario.
2. Nella valutazione non ci sono tutti gli aspetti difficilmente quantificabili, tutte le risorse
intangibili.
-> nella stima del prezzo di vendita calcolo, ma difficilmente, le variabili intangibili che mi
modificheranno il presso
-> un investimento mi fa apparire più green: come faccio a quantificarlo? Posso solo quantificare un
eventuale contributo
-> per ovviare a questo limite, quando inizia il processo decisionale valuto tutte le variabili di tipo
qualitativo, la variabile economica diventa solo uno dei fattori per prendere poi la decisione, non è
detto che sceglierò ancora la più conveniente
3. Trappola dei numeri: il numero finale è indiscutibile, ma è molto discutibile tutto il passaggio
che c’è stato dietro per creare quel numero, come sono state calcolate le variabili per arrivare a quel
numero finale? -> mi fa sembrare ovvia la decisione, ma non necessariamente è così
4. Circolarità del ragionamento: bisognerebbe prima stimare la ricchezza futura per vedere quali
impianti posso permettermi, però mi serve la ricchezza per valutare quali impianti posso
permettermi -> posso aggiungere nuove valutazioni, è un vincolo che però tale non è
Disponibilità economica che ho adesso in azienda, ipotizzo investimenti possibili valutando la
ricchezza futura che mi produrranno
La copertura viene dalla ricchezza futura prodotta non dai soldi che ho già in azienda
Non posso precludermi un investimento che costa di più solamente perché le disponibilità che ho
adesso
-> ha senso usare questi modelli vedendo questi limiti? Alcune imprese non li utilizzano, in parte
perché non li conoscono e in parte perché dubitano dell’utilità dei risultati. Altre imprese li usano.
La via più sensata, e quello che fanno la maggior parte delle imprese, è una via di mezzo: fanno tutti
i calcoli dei modelli però non usano i risultati e proseguono direttamente con la decisione, non
prendono la decisione sulla base del risultato; questo perché grazie al dover fare quei calcoli devi
fare tutte le riflessioni che ci sono dietro, quindi continuano a prendere le decisioni in base
all’intuito imprenditoriale, però con un’accortezza in più perché sono consapevoli di tutte le
riflessioni che sono dietro a quegli investimenti, conosco tutte le variabili -> arricchisco il mio
intuito imprenditoriale.
ECONOMIE DI SCALA
Fenomeno all’interno delle imprese che porta a degli effetti: diminuzione del costo medio unitario
all’aumentare della quantità prodotta. Mano a mano che aumenta la quantità prodotta diminuisce il
costo medio unitario (CT / q) -> mano a mano che cresco avrò un effetto che è quello delle
economie di scala.
- Interne: vengono promosse con fattori all’interno dell’impresasi dividono in tecniche (fattori di
tipo tecnico-operativo, del processo produttivo) e gestionali (decisioni oltre al processo produttivo
in senso tangibile, ma che riguarda il gestire l’impresa in generale)
- Esterne: le posso sfruttare grazie ad un miglior rapporto con gli stakeholder esterni che mi vede
crescere
Come arrivare all’economia di scala ->
Imperfetta divisibilità dei fattori (soglia minima di acquisto): (es. due imprese una piccola e una
media devono comprare un pc per la segretaria, ma quella piccola lo usa solo per mezza giornata, la
media per tutto il giorno -> nell’impresa media il costo del pc ha meno incidenza perché lo sfrutto
di più). Al di sotto di una certa soglia minima di acquisto non è possibile riproporzionare il costo di
acquisto del fattore (es. il fornitore mi fa uno sconto se arrivo ad un certo numero di pezzi
acquistato, più ordino meno pago in valore unitario). Più cresco più riesco ad utilizzare meglio le
risorse intangibili (fiducia…) e dividere il costo per l’ottenimento di queste risorse su una
produzione maggiore che quindi mi fa diminuire l’incidenza in termini unitari
Relazione area-volume: (es. imprese che vendono ghiaia: la piccola compra un camion con un
cassone da 1000 euro e trasporta 100, la media prende un camion con due cassoni da 1500 euro e
trasporta 200). I benefici crescono in relazione al volume, i costi crescono ma in rapporto all’area ->
i benefici e i costi non aumentano con lo stesso coefficiente, aumentano entrambi ma i benefici
crescono proporzionalmente di più
Legge dei grandi numeri: al crescere dell’impresa, ho un effetto sul costo medio unitario positivo
perché diminuisce, dato dall’effetto in termini di probabilità del verificarsi di un evento negativo
(es. 2 aziende agricole con vigneto: una ha 10 ettari, l’altra 20 divisi 10 nella stessa zona dell’altra,
10 da un’altra parte -> tempesta colpisce una vallata: il raccolto si rovina, l’impresa piccola che ha
solo 10 ettari in quella vallata non produce niente, l’impresa più grande perde solo 10) -> più
grande è l’impresa più probabilità ha di reagire meglio agli eventi negativi. Più grande divento
meno il peso dell’evento negativo è impattante (stessa cosa ad esempio per un’impresa che lavora in
due settori e uno va male, ha comunque l’altro, mentre una piccola che è solo in un settore fallisce
-> posso permettermi di ‘rischiare’ di più, più sono grande meno bisogno di costi di assicurazione
ho)
-> le economie di scala interne riguardano fattori gestionali come ad esempio il costo del lavoro (es.
una segretaria che deve fare tutte le mansioni mi costa di più, un’impresa più grande che ha 3
segretarie ognuna specializzata in qualcosa mi costano meno in termini unitari -> ma nemmeno
l’eccesso di specializzazione va bene, non posso far fare solamente una attività ripetuta alla singola
persona, perché la persona è più disattenta e perde motivazione)
-> le economie di scala esterne si basano sulle relazioni con clienti, fornitori… stakeholder, posso
relazionarmi in modo diverso più grande sono e quindi con una riduzione dei costi (es. le raccolte
punti una volta erano i punti attaccati al prodotto che dovevo ritagliare, oggi con l’innovazione
abbiamo e la crescita dei punti vendita abbiamo le tessere che sono collegate al negozio, non al
singolo prodotto -> la brand loyalty passa dal brand del produttore al brand del negozio, il negozio
può permettersi di non avere tra gli scaffali un prodotto perché il cliente lo fidelizzo comunque -> è
cambiato il rapporto con i clienti)
-> arrivati ad un certo punto: DISECONOMIE DI SCALA: all’aumentare della quantità prodotta il
costo medio unitario torna a salire (es. se specializzo troppo i dipendenti ci perdo) -> devo capire il
gusto equilibrio: la quantità ottimale da produrre in un’impresa è quella che sta in mezzo a DEM e
DOM
Dimensione efficiente minima: la quantità minima da produrre per essere efficienti, ovvero il punto
oltre il quale i costi medi unitari non diminuiscono più, quindi il costo unitario è più basso possibile
Dimensione ottima massima: quantità che mi conviene produrre al massimo per avere il risultato
migliore in assoluto, oltre la DOM i costi tornano al salire, quantità pari alla DOM vuol dire che sto
sfruttando al massimo il costo unitario minimo
Es. i supermercati creano i loro prodotti, che sono marche commerciali, come la coop ha i prodotti a
marchio coop -> il distributore fa produrre ad altri utilizzando poi il suo brand, dietro questi prodotti
inizialmente c’erano piccoli produttori, ma non ottenevano la fiducia dei clienti perché la qualità
cambiava sempre con i diversi produttori -> per ottenere la fiducia devo mantenere la qualità
costante -> oggi il mercato delle marche commerciali tocca quasi tutti i produttori e quindi il
mercato è molto aumentato -> oggi ci sono dietro grandi produttori (es. Barilla produce la pasta
coop, per aumentare la quantità prodotta e sfruttare a pieno le economie di scala diminuendo il
costo medio unitario per tutta la produzione -> ma non fa concorrenza diretta perché per la legge
non bisogna indicare il nome del produttore della pasta coop ma solo l’indirizzo dove è stato
prodotto)
STRATEGIE COMPETITIVE
Il riferimento di base della strategia sono le risorse e competenze disponibili che caratterizzano
l’impresa
-> mirano a trovare il modo per far propri i clienti, cercano un vantaggio competitivo, riuscire a fare
concorrenza, devo cercare di far meglio ciò che so fare
Il vantaggio competitivo è il risultato di una strategia che conduce l’impresa a occupare e mantenere
una posizione favorevole nel mercato in cui opera, e che si traduce in una reddittività stabilmente
maggiore a quella media dei competitori.
Strategie competitive:
- Leadership di costo: agisco sul ridurre il costo di produzione che si traduce in un minor prezzo di
vendita, divento l’impresa che riesce a produrre ad un costo minore
- Differenziazione: l’impresa si pone sul mercato con un prodotto diverso che agli occhi del
consumatore è migliore e quindi è disposto a pagarlo di più e posso alzare il prezzo, anche perché
ho dovuto sostenere dei costi per produrre un prodotto nuovo, o perché è effettivamente migliore o
perché ho lavorato sul brand
- Focalizzazione: l’impresa si rivolge ad un mercato di nicchia (particolarmente piccoli, come
quello degli sci d’erba, o vestiti per persone in carrozzina), a volte si avvicina alla leadership di
costo, la maggiorparte delle volte alla differenziazione
- + Strategie di collaborazione: un’impresa da sola difficilmente andrà lontano -> questa strategia
mira a collaborare con altri, ci sono tantissime possibilità di collaborazione, per poter rispondere
meglio al mercato
Esempi di differenziazione, nelle imprese alberghiere:
- a stelle: le stelle dell’hotel vengono decise dalla regione e poi delega alla provincia i controlli
periodici per controllare se sono ancora presenti le caratteristiche necessarie -> giocarsi la
differenziazione solo sulle stelle al giorno d’oggi non è più usato perché le stelle possono non
rappresentare esattamente le caratteristiche dell’hotel
- low cost hotel: io mi differenzio andando nella direzione dell’abbassamento del prezzo (strategia
di differenziazione e di leadership di costo p