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ALTA QUOTA
0-1000m 95-98% saturazione emoglobina al livello del mare P ambiente 158-141
O2
mmHg P alveolare 100mmhg.
O2 12
In quota verso 1000-2000m la pressione PO2 scende fino a saturazione di 90%. P O2
ambiente 141-125 P alveolare 80 mmHg
O2
Medie altitudini 200-3000 metri: P 125-110 mmHg P alveolare 60mmhg saturazione
O2 O2
80%
L’altitudine induce ipossia con un effetto cascata
Ambiente alveoli letto capillare polmonare sistema cardiovascolare muscoli scheletrici
mitocondri muscolari tutto il sistema ne risente, si riduce l’ossigeno disponibile per il
lavoro fisico IPOSSIA IPOBARICA.
Il problema principale dell’alta quota è la riduzione della pressione parziale di O che si
2
verifica in proporzione alla riduzione della pressione barometrica. La riduzione della
pressione parziale di ossigeno a livello atmosferico si riflette a livello degli alveoli
polmonari scatenando una serie di processi di adattamento funzionale che costituiscono il
processo di acclimatazione.
Ci sono soggetti che impiegano tempi più rapidi o più lunghi, variano i tempi di
adattamento.
La durata del processo di acclimatazione varia con l’altitudine. ‘acclimatazione ad una
determinata quota rappresenta solamente una tappa verso un ulteriore processo di
acclimatazione se ci si porta a quote superiori. Gli effetti dell’acclimatamento durano circa
due tre settimane se si cambia luogo.
Le modificazioni indotte dall’esposizione all’ipossia finalizzate al miglioramento delle
condizioni di vita e della capacità di lavoro provocano adattamenti a breve o lungo termine.
ADATTAMENTI A BREVE TERMINE
Si realizzano immediatamente dopo l’esposizione all’alta quota.
Principali risposte:
Iperventilazione scatenata da stimolo ipossico
Aumento della gettata cardiaca non varia la gittata sistolica. L’aumento della
gettata cardiaca dipende dall’aumento della FC.
ADATTAMENTI A LUNGO TERMINE
Si realizzano dopo del tempo all’esposizione all’alta quota.
C’è un aumento del numero di globuli rossi (si produce più eritropoietina a causa della
quantità bassa di O nel sangue) e della concentrazione di emoglobina e variazioni
2
dell’equilibrio acido-base legato all’iperventilazione; l’iperventilazione determina un
aumento della pressione parziale di O a livello alveolare e una concomitante riduzione
2
della pressione parziale di anidride carbonica. Questa determina una maggiore diffusione
di anidride carbonica dal sangue venoso agli alveoli e quini un’aumentata perfusione di
CO con alcalosi respiratoria. Questi adattamenti avvengono con esposizione prolungata a
2
quote superiori ai 3000m.
L’iperventilazione si mantiene per tutta la durata dell’esposizione ad una quota e quindi
l’organismo si trova in una condizione di alcalosi respiratoria cronica. Per tamponare
questa situazione e riportare il pH a 7.4, i reni aumentano l’escrezione renale di
bicarbonati. Quindi l’ultima si alcalinizza. 13
In condizioni di ipossia cronica, l’organismo, dispone di una minore capacità di
tamponamento nei confronti dell’acidosi, in particolare ei confronti della produzione di
acido lattico.
La quota più vantaggiosa è 2200-2700m: massimizza l’acclimatazione, minimizza le
complicazioni. Sono necessarie 3-4 settimane per sviluppare una sufficiente
acclimatazione e aumentare significativamente la massa dei GR.
Gli atleti hanno bassi livelli di ferritina, cioè che hanno le riserve di ferro impoverite, non
sono in grado di aumentare la massa dei GR. Non basta dosare sideremia ed emoglobina.
In caso di carenza di riserve di ferro si somministra ferro per ossidazione da 150 a 400
mg/die durante l’allenamento in quota.
Anche atleti con normali riserve di ferro una volta in quota possono evidenziare una
carena, perciò è un fattore da tenere sempre sotto controllo.
Problemi medici legati all’ipossia acuta
Tre sono i quadri patologici principali che si possono verificare in relazione all’esposizione
all’alta quota:
Mal di montagna acuto : più comune.
-
Malgrado il compenso ventilatorio e cardiocircolatorio che si verifica nell’esposizione
all’ipossia, molti soggetti presentano sintomi da mal di montagna acuto. Si sviluppa più
spesso quando la salita in quota è rapida. Nella maggior parte dei casi i sintomi si
manifestano oltre i 3000 m ma si possono manifestare anche intorno ai 2000-2500 m.
Sintomi
Cefalea, nausea, perdita dell’appetito, fatica e insonnia. I sintomi si manifestano
entro 4-12 ore dopo l’arrivo in quota e scompaiono in pochi giorni.
È una patologia lieve: riposo e analgesici.
Gli atleti non sono particolarmente soggetti, ma l’esercizio può peggiorare i sintomi
Prevenzione: ascese lente, riposo, giorni di acclimatazione, idratazione ed evitare
alcol.
È praticamente sempre presente durante una rapida discesa oltre i 4000 m.
Edema polmonare da alta quota : quadro grave che si risolve se il soggetto viene
- rapidamente riportato a bassa quota.
Si verifica in una piccola percentuale di soggetti esposti a quote superiori a 3000m. i
sintomi si manifestano in genere 12-96 ore dopo l’arrivo in quota on velocità di ascesa
elevata.
* EDEMA POLMONARE: travaso di liquido dal microcircolo polmonare verso i tessuti
interstiziali e quindi negli alveoli.
Sintomi: senso di affaticamento, dispnea a riposo, cianosi, tosse secca persistente,
cefalea, nausea e riduzione della diuresi (portare il soggetto a quote più basse per avere
più ossigeno).
Edema cerebrale da alta quota: quadro grave e spesso mortale.
-
Sintomi
I sintomi iniziali sono simili a quelli del mal di montagna acuto dell’edema
polmonare, ma con maggiore gravità
Sintomi specifici: stato confusionale, disturbi della visione, della minzione e perdita dei
riflessi.
È una patologia caratterizzata da accumulo di liquido a livello del tessuto
interstiziale cerebrale, con conseguente danno lesivo sulle cellule nervose 14
Se non trattato può portare rapidamente a coma e morte (condurre subito il
paziente a quote più basse con ossigeno).
Emorragia retinica
Si può verificare a quote di 5000-6000 m.
Può provocare difetti del campo visivo (si vede una mosca).
Disidratazione
Ad alta quota si ha una notevole perdita di liquidi attraverso la respirazione a causa della
secchezza dell’aria e della temperatura. Causa secchezza delle labbra, delle fauci e delle
prime vie aeree.
OMEOSTASI DELLA TEMPERATURA CORPOREA
La regolazione fisiologica della temperatura, termoregolazione, coinvolge molti sistemi e
metabolismi.
I meccanismi termoregolatori si distinguono in:
Termogenesi
- Termo-dispersione
-
La temperatura corporea fisiologica centrale si mantiene intorno ai 37°, presenta
un’oscillazione circadiana con valori nelle ore mattutine e valori massimi nel pomeriggio.
Un consistente sforzo fisico può aumentare la TC di circa 2° e mantenersi ad un livello
superiore alla norma anche per qualche ora dopo la fine dell’esercizio.
Le alterazioni della TC si dividono in:
Alterazioni della regolazione (febbre, ipertermie maligne)
- Alterazioni della TC con un sistema regolatori funzionante (ipotermie, ipertermie da
- esercizio fisico intenso o prolungato
Il processo di termoregolazione mantiene l’equilibrio tra calore prodotto dall’organismo
(termogenesi) e calore dissipato (termo dispersione).
La termoregolazione è controllata da strutture situate nel SNC (area preottica
dell’ipotalamo) che ricevono segnali periferici (termocettori per il caldo e per il freddo) e
centrali (temperatura del sangue).
Termogenesi
Il calore prodotto dall’organismo:
Attività metabolica cellulare (regolato da ormoni tiroidei, adrenalina e
- glucocorticoidi)
Contrazione muscolare volontaria: movimento e lavoro muscolare
- Contrazione muscolare involontaria: brivido
-
Termo dispersione il colore prodotto viene eliminato attraverso:
La cute (regolabile)
- Respirazione (non regolabile)
- Eliminazione di feci e urine calde (non regolabile)
- Introduzione di alimenti solidi liquidi freddi (regolabile)
-
La temperatura corporea può ridursi a causa di una dispersione di calore per conduzione,
convezione ed evaporazione. 15
Conduzione: trasferimento di calore per contatto diretto da un corpo caldo ed un ambiente
freddo.
Convezione: trasferimento di calore facilitato dal movimento dell’aria. La perdita di calore
aumenta in presenza di vento.
Evaporazione: perdita di calore che deriva dal passaggio dell’acqua dalla fase liquida a
quella gassosa. Nel soggetto ipotermico si verifica attraverso la perspirazione insensibile
(il corpo suda per mantenere umida la cute in ambienti freddi e asciutti) e la respirazione
(come vapore acqueo durante l’espirazione).
I meccanismi che si oppongono alla perdita di calore:
Vasocostrizione periferica : ridistribuzione del sangue dalla cute ai tessuti più
- profondi soprattutto a livello delle estremità degli arti. In questo modo viene
conservato calore.
Aumento del calore endogeno: è determinato dall’aumento della produzione di
- ormoni tiroidei e di catecolamine. La conseguenza è un aumento del tono simpatico
con stimolazione alla mobilizzazione di acidi grassi e glucosio.
Brividi: porta alla produzione di calore endogeno mediante la contrazione
- muscolare involontaria regolata da un riflesso a partenza dall’ipotalamo.
ESPOSIZIONE A BASSE TEMPERATURE
Ipotermia o assideramento generale
Riduzione della temperatura corporea interna al di sotto dei 35°. Permanenza di lunga
durata in ambiente a bassa temperatura. Può verificarsi in ambiente estremo ma anche in
ambienti urbani.
Cause:
Ipotermia primaria
1)
Si verifica quando un soggetto in buona salute viene esposto a temperature talmente
basse da impedire all’organismo la capacità di mantenere una termoregolazione
adeguata. Si verifica con l’esposizione prolungata in ambiente freddo. Definita anche
accidentale può essere suddivisa in esposizione al freddo in condizioni di immersioni la
perdita di calore dipende dalla temperatura dell’acqua, da una temperatura inferiore a 16-
20° si arriva facilmente all’ipotermia. In condizioni di non immersione, abbigliamento
inadeguato ed esaurimento fisico possono portare ad ipotermia.
Ipotermia secondaria
2)
Si verifica in soggetti che hanno una patologia medica che interrompe i meccanismi della
termoregolazione. Più frequentemente nei neonati e negli anziani. Dovuta a disfunzioni<