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IL REALISMO SCIENTIFICO

La conoscenza scientifica è fallibile, parziale e approssimativa, ma tende ad essere lo

strumento migliore per predire i fenomeni del mondo che ci circonda, tuttavia la scienza

spesso sembra parlarci di una realtà inosservabile.

Molte delle entità postulate dalla scienza contemporanea sono inosservabili, quindi

indipendentemente da cosa sia il metodo scientifico e da dove la conoscenza scientifica

tragga la sua giustificazione è sempre possibile chiedersi se di debba credere a quanto la

scienza afferma sulla realtà retrostante all’apparenza delle cose.

Il realismo scientifico è la concezione secondo la quale dovremmo credere nell’esistenza

delle entità inosservabili postulate dalle nostre migliori teorie scientifiche, gli antirealisti non

mettono necessariamente in discussione la razionalità della scienza, il fisico Eddington

illustra la distinzione tra apparenza e realtà nella sua famosa discussione delle due tavole.

Eddington distingue tra il mondo del senso comune e il mondo come descritto dalla

scienza, la descrizione scientifica suggerisce che non percepiamo il mondo per come

questo è, per comprendere le questioni filosofiche sollevate da Eddington è necessario

tornare alla rivoluzione scientifica e in particolare alla distinzione tra proprietà primarie e

proprietà secondarie, la rivoluzione scientifica ebbe varie caratteristiche, tra cui:

- L’abbandono di gran parte delle descrizioni qualitative a vantaggio di descrizioni

quantitative di proprietà naturali.

- Un rinnovato interesse per gli esperimenti e per l’uso di nuove tecnologie.

- L’abbandono della ricerca di cause finali, e l’interesse esclusivo per le cause

materiali immediate.

- La scienza venne sempre meno vista come una forma di conoscenza a priori e

sempre più come un’attività di ricerca empirica a posteriori.

Era sempre più diffuso il materialismo, secondo il quale esisterebbe una sola sostanza, la

materia, e l’anima, essendo la mente umana il prodotto del movimento della materia, non

sarebbe una sostanza immateriale separata dal corpo.

Lo scopo della filosofia naturale consiste nella comprensione dei meccanismi interni che

sono responsabili dei fenomeni che osserviamo, il bando della soggettività della

percezione umana dal terreno dell’osservazione scientifica, per fare posto all’uso di

strumenti automatici di registrazione, sembra conferire alla scienza l’oggettività a cui la

scienza aspira.

Le proprietà primarie sono le proprietà che le cose non solo sembrano possedere, ma che

possiedono anche nella realtà.

Le proprietà secondarie sono le proprietà che gli oggetti sembrano possedere, ma che non

possiedono in se stessi, ma solo nella mente degli osservatori.

Ci sono molti argomenti per stabilire la distinzione tra proprietà reali e apparenti, e molti

argomenti secondo i quali di fronte ad asserti in competizione circa le proprietà possedute

da un oggetto, è impossibile, in linea di principio, stabilire quale sia vero, la maggior parte

di questi argomenti invoca la relatività e la variabilità del modo in cui le cose appaiono a

diversi osservatori in tempi diversi.

Berkeley propone il famoso esperimento delle tre bacinelle d’acqua a tre diverse

temperature, Locke distingue tra essenza reale ed essenza nominale di una cosa,

l’essenza nominale dell’oro è solo l’idea astratta e generale che ne abbiamo, è basato sul

modo in cui l’oro ci appare, ma ovviamente ci sono anche altre cose che non sono oro,

quindi quello che distingue l’oro vero da quello falso è che quello vero possiede l’essenza

reale dell’oro, il falso no.

L’essenza reale di una cosa coincide con la sua sottostante natura, qualunque essa sia,

per Locke non c’erano motivi per supporre che gli scienziati conoscessero l’essenza reale

delle cose, ma pensava anche che fosse possibile farsene un’opinione probabile, perché

riteneva che le essenze reali delle cose si sarebbero rivelate essere identiche alla loro

costituzione microstrutturale.

Locke conclude che le proprietà primarie esistano indipendentemente dall’essere

percepite, ma che non percepite le proprietà secondarie non esistano, quindi le proprietà

primarie sono quelle che somigliano alle percezioni che ne abbiamo, quelle secondarie

non somigliano alle percezioni che ne abbiamo, se due oggetti hanno le stesse proprietà

primarie avranno necessariamente le stesse proprietà secondarie, la cosa non vale al

contrario.

Quindi la tavola di Eddington descritta dallo scienziato è portatrice delle proprietà primarie

misurate e descritte dalle teorie scientifiche, la tavola di senso comune è portatrice delle

proprietà secondarie di tutti i giorni, le proprietà secondarie della tavola di senso comune

sono riconducibili alle proprietà primarie della tavola scientifica, nel senso che sono poteri

o disposizioni a produrre in noi certi effetti in determinate circostanze.

Una volta adottata la distinzione tra proprietà primarie e secondarie è necessario spiegare

la relazione che intercorre tra le proprietà primarie delle cose e l’esperienza che ne

abbiamo, e come sia possibile per noi riconoscere tali proprietà.

Il dibattito sul realismo scientifico è strettamente connesso nella storia della filosofia, al

problema generale della conoscenza del mondo esterno.

Il realismo metafisico è la concezione secondo la quale il linguaggio ordinario si riferisce a,

e a volte asserisce cose vere su, un mondo indipendente dalla mente, il problema

sollevato dal realismo metafisico è che la conoscenza del mondo esterno è difficilmente

compatibile con la concezione empirista, apparentemente plausibile, della conoscenza e

della percezione.

Come nel caso dell’induzione, se da un argomento apparentemente corretto segue una

conclusione inaccettabile, la sfida che i filosofi si trovano ad affrontare è probabilmente

quella di trovare l’errore nell’argomento, non quella di persuadere della correttezza della

conclusione.

La nostra conoscenza del mondo sembra derivare dai sensi, è solo perché riesco a

percepirlo con la vista e con il atto che so che di fronte a me si trova un tavolo, la

concezione più semplice a proposito del mondo e della percezione che ne abbiamo è

detta realismo diretto.

Per il realismo diretto ci sono oggetti esterni che esistono indipendentemente dalla mente

e che percepiamo direttamente attraverso i sensi.

Secondo molti filosofi non percepiamo direttamente gli oggetti del mondo esterno, ma

percepiamo piuttosto le rappresentazioni di quegli oggetti prodotte dalla mente, secondo

un’interpretazione plausibile di argomenti che fanno riferimento ai casi di errore percettivo,

sogni o allucinazioni, questi mostrerebbero che i sensi non ci danno una conoscenza

diretta degli oggetti.

La conoscenza scientifica del funzionamento dei sensi, offre ulteriori ragioni per rifiutare il

realismo diretto, recenti studi empirici sembrano suggerire che le cose che vediamo siano,

almeno in parte, costruite dal nostro cervello, piuttosto che dalle semplici immagini

trasmesse dalla retina.

La concezione secondo la quale gli oggetti diretti e immediati della percezione sono idee

nella mente, e non oggetti del mondo esterno, è stata nominata ideismo da Musgrave,

secondo l’ideismo non percepiamo direttamente gli oggetti esterni, ma le idee e le

rappresentazioni del mondo nella nostra mente.

Gli empiristi inglesi Locke, Berkeley e Hume hanno sostenuto questa concezione,

secondo loro la mente non è direttamente consapevole degli oggetti del mondo, ma di

quelle che chiamano idee o impressioni.

Locke sostiene che la mente non ha altro immediato oggetto che non siano le proprie

idee.

Berkeley sostiene che è evidente per chiunque esamini gli oggetti della conoscenza

umana, che questi sono o idee impresse ai sensi nel momento attuale o idee percepite

prestando attenzione alle emozioni e agli atti della mente.

Hume sostiene che tutte le percezioni dello spirito umano si possono dividere in due

classi: impressioni e idee.

Nel XX secolo Ayer ha sostenuto una versione dell’ideismo secondo la quale si può

percepire solo ciò che è privato.

Tutti gli empiristi inglesi credevano che ci fossero fondamentalmente due specie di oggetti

mentali o idee, cioè quelli prodotti dai sensi e le emozioni e le deboli immagini o copie dei

primi, per chiarire la differenza è più opportuno usare la terminologia di Hume, impressioni

e idee.

L’ideismo contraddice il realismo diretto, ma non la sua componente che asserisce che ci

siano oggetti esterni, l’ideismo è una tesi sulla natura della percezione, non una tesi

metafisica su ciò che esiste, perciò l’ideismo è compatibile con il realismo metafisico e si

oppone al realismo diretto.

Per il realismo causale ci sono oggetti esterni che esistono indipendentemente dalla

nostra mente e che, attraverso i sensi, causano la percezione indiretta che ne abbiamo.

Per spiegare l’idealismo possiamo far riferimento ai lavori di Berkeley, che attacca la

distinzione tra proprietà primarie e secondarie, rifiuta il realismo casuale e nega l’esistenza

della materia, il suo primo argomento sostiene che il materialismo come dottrina non ha

senso.

Secondo Berkeley:

- Abbiamo esperienze solo di idee e non di oggetti materiali (ideismo).

- Tutte le nostre idee derivano dall’esperienza (empirismo sui concetti).

- La combinazione di parole “oggetto materiale” non può designare alcuna idea, ed è

pertanto priva di significato (immaterialismo).

Come molti empiristi dopo di lui, Locke sostiene che, alla nascita, la mente sia come un

foglio bianco su cui poi l’esperienza lascia i suoi segni, e si oppone con forza alla tesi del

razionalismo, secondo la quale alcune idee o concetti precedono la nostra esperienza

sensoriale del mondo.

Berkeley nega la distinzione tra proprietà primarie e secondarie per diversi motivi, tra i

quali:

- Si pensa che la distinzione primario e secondario corrisponda a quella tra oggettivo

e soggettivo ma nessuno ha caratterizzato adeguatamente la seconda quindi non

può essere invocata per spiegare la prima.

- Si pensa che le proprietà primarie siano stabili e che quelle secondarie siano

relative da un punto di vista percettivo, ma non possiamo sapere che le proprietà

primarie sono davvero stabili, possiamo saperlo solo rispetto alla nostra

costituzione percettiva, quindi le proprietà primarie sono relative e variabili tanto

quanto quelle secondarie.

- Si pensa che le proprietà secondarie si

Dettagli
A.A. 2018-2019
41 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/05 Filosofia e teoria dei linguaggi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Cristianabusatti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia della mente e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di L'Aquila o del prof Gozzano Simone.