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1. UNA DELLE DUE FONTI E’ SUPERIORE ALL’ALTRA
2. FONTI PARI ORDINATE
3. LEGGE ESPRESSAMENTE SOVRAORDINATA ALLA CONSUETUDINE
SAGGIO DI KELSEN
Il tema del POSITIVISMO GIURIDICO COME METODO DI STUDIO DEL DIRITTO, compare in
tutti e tre i saggi. Nel saggio di Kelsen lo si ritrova in tutta la prima parte che è volta a distinguere la
CONOSCENZA DEL DIRITTO da altri due tipi di conoscenza:
1. CONOSCENZA SOCIALE,
2. CONOSCENZA ETICA,
Distingue la conoscenza del diritto come NORMA, dalla conoscenza del diritto come FATTO.
Il pezzo di Kelsen si articola in tre parti sostanziali:
1. Questa prima parte è dedicata alla conoscenza del diritto come UN OGGETTO DI STUDIO
CON UN PROPRIO METODO, per questo si parla di positivismo METODOLOGICO. In
questo caso Kelsen è positivista: fornisce un metodo ai giuristi che è PURO da elementi
sociali e morali; è una TEORIA del diritto e non POLITICA del diritto, quindi non vuole
essere valutazione del diritto, ma è una teoria oggettiva e generale. Vuole spiegare
l’aspetto normativo del diritto e non il lato sociale. In questa prima parte Kelsen cerca di
distinguere tra aspetto normativo e aspetto sociale del diritto, introducendo la nozione della
NORMA COME SCHEMA DI QUALIFICAZIONE NORMATIVA, la norma funge da schema
di qualificazione: c’è un fatto che non ha rilevanza giuridica in quanto una norma lo qualifica
giuridicamente irrilevante. Con questa nozione Kelsen ha la pretesa di analizzare il diritto
positivo, tuttavia può essere visto da due prospettive:
PROSPETTIVA EMPIRICA, è un punto di vista FATTUALE, un fatto è un
semplice fatto naturale.
PROSPETTIVA METODOLOGICA, ii diritto è un insieme di schemi di
qualificazione giuridica e va studiato da questo punto di vista, e la teoria è
pura nella misura in cui elimina l’aspetto fattuale come elemento centrale.
C’è uno stato di cose che hanno una rilevanza giuridica in quanto c’è una
norma che qualifica quel fatto come giuridicamente rilevante, ossia questa è
la prospettiva del senso normativo che si dà a questi fatti.
In questa distinzione Kelsen ha divismo il fatto naturale dal suo senso; tuttavia bisogna distinguere
tra: - SENSO OGGETTIVO DI UN CERTO ATTO GIURIDICO, l’atto umano in quanto si esprime
mediante la formulazione di esso viene accompagnato quindi da chi lo compie e può
affermare qualcosa attorno al proprio SENSO (è la qualificazione giuridica ossia il senso
normativo che si attribuisce a un determinato atto). Il senso oggettivo è quello che deriva a
quei fatti in base alle norme giuridiche positive. E’ un atto invalido.
- SENSO SOGGETTIVO DI UN CERTO ATTO GIURIDICO, Il senso soggettivo è quello
voluto dal soggetto che lo compie, o che dà vita a un determinato atto o fatto. Il senso
soggettivo dell’atto è una pretesa di donazione
Kelsen in questo punto voleva distinguere gli ATTI INVALIDI dagli atti VALIDI da un punto di vista
giuridico. O anche distinguere la NORMATIVITA’ dei fatti naturali dalla normatività del diritto. Es.
distinguere tra l’ordine del bandito e l’ordine dell’impiegato dell’agenzia delle entrate: entrambi
chiedono soldi ma c’è una differenza: entrambi sono in una situazione di superiorità rispetto a chi
vengono richiesti i soldi, ma l’impiegato secondo uno schema di qualificazione dipendente da
norme, c’è una norma che dà potere all’emissario dell’agenzia dell’entrate per fare quello che fa,
ma non c’è nessuna norma che permetta al bandito di fare ciò che fa. Quindi il senso soggettivo,
cioè quello che un soggetto vuol fare non necessariamente corrisponde al senso oggettivo di
quella che fa da un punto di vista giuridico; quindi NON C’E’ CORRISPONDENZA TRA SENSO
SOGGETTIVO E SENSO OGGETTIVO; perché sostanzialmente il senso soggettivo è qualcosa di
psicologico e quindi non fa parte di una teoria pura del diritto. Infatti Kelsen critica Hostin dicendo
che la norma per lui è un comando de-psicologizzato e non è più un comando come lo intende
Hostin. Kelsen non vede più l’espressione di un desiderio di una persona a un'altra affinché
quest’ultima realizzi una determinata azione; ma sostituisce l’elemento dell’espressione del
desiderio con lo schema di qualificazione del comportamento.
Un’altra caratteristica della dottrina pura, è che è ESENTE DA ELEMENTI MORALI, non vuole la
dottrina pura determinare se il diritto positivo sia giusto o meno, ma solo se sia valido o invalido.
Secondo Kelsen non si può fare una dottrina pura della morale e di conseguenza non si possono
introdurre elementi della morale nella conoscenza del diritto. Questo perché la morale e l’etica
sono ambiti IRRAZIONALI. (TESI DELL’IRRAZIONALITA’).
Il giuspositivismo sostiene la TESI DEL NON COGNITIVISMO MORALE, cioè il fatto che i valori
morali sono soggettivi e non oggettivi ed essendo la morale irrazionale bisogna bandire qualsiasi
elemento di valutazione morale. Questa tesi è comune a Kelsen, Hart e Ross.
2. Nella dottrina del suo periodo (primi anni 30), c’è la tendenza a distinguere gli istituti
giuridici PREPOSITIVI (indipendenti dal diritto positivo), dagli istituti giuridici che invece
DIPENDONO dal diritto positivo. In particolare ci sono due distinzioni elaborate, che in un
certo modo fanno perno su istituti che sono prepositivi e altri che invece dipendono dal
diritto positivo, distinguendo il DIRITTO PRIVATO come qualcosa che precede in natura le
norme positive e il DIRITTO PUBBLICO, che invece è frutto di norme giuridiche. Questa
distinzione assume le forme inferiori della distinzione tra DIRITTO SOGGETTIVO e
DIRITTO OGGETTIVO; il diritto soggettivo come posizione giuridica in capo a determinati
soggetti che in alcuni casi preesisterebbe alle norme giuridiche positive, sarebbe
indipendente dalle norme giuridiche positive poiché preesistente e quindi sarebbe
indipendente dal diritto oggettivo. Il termine diritto è un termine ambiguo perché può fare
riferimento a una posizione giuridica soggettiva o a una oggettiva. La seconda parte del
suo lavoro consiste nel criticare il giusnaturalismo, cioè il fatto che vi sia un diritto che
precede quello dello Stato: il diritto positivo. Kelsen sostiene che il diritto soggettivo non è
indipendente dal diritto oggettivo, perché il diritto soggettivo dipende dal diritto oggettivo. Il
diritto soggettivo è un’autorizzazione che il diritto pone a disposizione di un soggetto
affinché possa far valere i suoi interessi contro gli interessi di un’altra persona: è il
permesso di imporre a un altro soggetto un dovere. Il diritto positivo quindi non è
preesistente come pensavano i giusnaturalisti, ma è posto dallo stato. Es. faccio causa a te
perché mi devi pagare una determinata somma a titolo di pagamento di una locazione: il
diritto soggettivo di esigere da qualcuno che è in una situazione di dovere nei miei
confronti.
3. È dedicata alla TEORIA DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO: un ordinamento giuridico può
dirsi tale quando tutte le sue norme sono riducibili a un’unica norma, che Kelsen chiama
GRUNDNORM o NORMA FONDAMENTALE. Questa idea si basa sul CONCETTO DI
COSTRUZIONE A GRADI DELL’ORDINAMENTO, per cui l’ordinamento giuridico a
differenza da altri ordinamenti normativi, come ad esempio la morale, si costituisce come
un ordinamento a gradoni, come una piramide per cui il principio fondamentale è il
PRINCIPIO DI DELEGAZIONE, cioè le norme vengono ad esistere perché un organo a cui
è stato delegato il potere ha dettato tali norme in modo formalmente corretto rispetto a ciò
che stabilisce la norma superiore. Kelsen distingue tra due tipi di norma fondamentale.
1. SISTEMI STATICI, il nesso di connessione delle norme è il NESSO
DI DEDUZIONE, cioè le norme appartengono a quel sistema statico
perché sono deducibili da una certa norma fondamentale. Es. la
morale cristiana deriva tutte le norme per deduzione dalla norma che
impone di amare il prossimo come se stesso. (SISTEMA
DEDUTTIVO)
2. SISTEMI DINAMICI, il diritto a differenza di altri sistemi giuridici è un
sistema dinamico, il nesso che unisce le norme non è un nesso
contenutistico deduttivo, ma un NESSO DI DELEGAZIONE, cioè le
norme sono valide perché derivano da un organo che ha la
competenza per dettare norme e quindi questo organo ha ricevuto
una delegazione di potere da una norma di rango superiore,
emanata a sua volta da un organo che era competente. Quindi con la
nozione di costruzione a gradi.
Ci sono anche tre elementi marginali che Kelsen tocca ma non sviluppa:
1. NECESSARIA E INEVITABILE CREATIVITA’ DELLA GIURISPRUDENZA, Kelsen dice: il
giudice crea sempre diritto, non è mai un mero applicatore della teoria montesquieuana.
Non può esistere un giudice che semplicemente si limiti a rispettare quello che dice la
legge, c’è sempre qualcosa che viene introdotto creativamente da parte del giudice, ossia il
DISPOSITIVO DELLA SENTENZA.
2. COSTRUZIONE A GRADI DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO, ogni livello gerarchico è al
contempo produttivo ed applicativo: una sentenza giudiziale, non si crea dal nulla, applica
delle norme legislative (applicazione), ma detta anche una nuova norma individuale e
completa (dispositivo), per cui al contempo è produttiva.
Uno dei concetti fondamentali che si trovano nel saggio di Kelsen è quello del NESSO DI
IMPUTAZIONE; Kelsen dice: in natura esiste il NESSO DI CAUSALITA’, che vincola due eventi,
ossia un evento è causa di un secondo evento quando esiste un nesso di causalità fra i due.
Nell’ambito normativo, non vige il nesso di causalità, ma il nesso di imputazione, che è la
connessione fra determinati fatti o condizioni di applicazione (sono stati di cose a cui è connessa
una certa conseguenza giuridica) e una determinata qualificazione o conseguenza giuridica. Il
nesso di imputazione differisce dal nesso causale perché il primo una volta che viene stabilito da
una norma giuridica, finché non viene abrogata vige sempre.
Kelsen critica inoltre gli elementi giusnaturalistici che si annidano all’interno di alcune dottrine
tradizionalmente sostenute dai giuristi. Il diritto soggettivo è concepito dalla teoria di Kelsen come
qualcosa di indipendente dal diritto oggettivo. Kelsen sostiene la tesi per cui la norma giuridica è
un condizionale imperativo ipotetico, questa ricostruzione della norma consente a Kelsen di
forgiare il concetto di dovere giuridico. Per i giusnaturalisti il problema del dovere giuridico
consisteva nel determinare