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Tralasciando il concetto di norma come entità linguistica, possiamo vedere che la
norma è un enuciato condizionale, ipotetico, in quanto segue la seguente formula
"condizionale ipotetica": "Se A, allora è B". Questa teoria condizionale ipotetica
attribuisce una fattispecie (A) alla norma ed una conseguenza specifica (B). In
questo caso le conseguenze possono seguire le modalità deontiche sopra
descritte o attribuire una sanzione all'inadempimento del comportamento
prescritto dalla norma stessa. Ricordiamo che la sanzione coercitiva (con l'uso
della forza legittima) non esercita uno scopo essenzialmente punitivo, ma
incoraggia il soggetto a non compiere l'illecito, rafforzando la norma dall'interno.
Questa forma ipotetica della norma è centrale nel pensiero di Kelsen. Con l'unica
differenza che quest'ultimo attribuisce una funzionalità ancora più specifica a
questa forma teorica, ovvero: "Se si verifica I, allora ci sarà S". Kelsen afferma,
secondo questa teoria, che se si verificherà un illecito (I) seguirà, di
conseguenza, una sanzione (S); questa sanzione coercitiva consiste nella
privazione di un bene posseduto (es. Libertà).
Secondo questa stretta correlazione tra illecito e sanzione, ideata da Kelsen, si
dover essere
sviluppa il principio del " " , ovvero il verificarsi di una
conseguenza (la sanzione) sulla base di un ipotetico illecito. Secondo questo
principio, il soggeto, per non ricevere la sanzione dovrà mettere in atto un
comportamento opposto alla condizione dell'illecito, facendo ricorso al suo
dovere giuridico.
Possiamo però osservare che non tutte le norme possiedono una funzione
coercitiva. Ci sono norme che non prevedono una pena fisica qual'ora esse non
norme di competenza
venissero rispettate. Troviamo, per esempio, le , ovvero
quelle norme che attribuiscono la competenza ed il potere di creare altre norme.
Questo tipo di norma non possiede nè una funzione imperativa nè una funzione
le norme che attribuiscono il potere a privati
coercitiva. Troviamo poi
cittadini . Tramite il rispetto delle condizioni dettate da queste norme i cittadini
riescono a raggiungere i propri interessi personali (es. Chiusura di un contratto di
negoziazione, un testamento). L'inadempimento a queste norme non è punito
con una sanzione coercitiva, ma con il semplice annullamento dell'effetto
prodotto dall'atto nel quale non si ha rispettato la norma. Un discorso analogo
norme che attribuiscono potere alle istituzioni
possiamo farlo con le
pubbliche per quanto riguarda il potere decisionale (queste sono norme,per
esempio, che disciplinano la procedura di formazione di altre norme, che
regolano la carica temporale dei parlamentari ecc..) e l'organizzazione delle
attività all'interno dei tribunali (per esempio norme che designano i giudici
all'interno di un tribunale o norme che limitano il tempo in cui essi devono stare in
carica). Anche l'inadempimento a queste norme non viene punito con una
sanzione coercitiva ma con il semplice annullamento dell'effetto prodotto dall'atto
in considerazione.
Ci sono poi altri tipi di norme che non attribuiscono nè obblighi nè competenze,
regole tecniche
come per esempio le (queste disciplinano i mezzi utilizzabili
regole programmatiche
per raggiungere una finalità), le (regolano lo scopo
da raggiungere, ma lasciano la libertà sulla scelta del mezzo con il quale
norme costitutive
raggiungere la finalità prescritta) e le . Esisitono poi tipi di
norme che si ricollegano ad altre norme, come la norma abrogativa, che tramite
la sentenza di un giudice rende inefficace un'altra norma, la norma di rinvio, con
il quale si "rinvia" la disciplina di una determinata materia ad un'altra norma.
principi
Una particolare specie di norme sono i . Essi sono da considerare come
"norme" in quanto influenzano, proprio come le regole, il comportamento e
l'avvenire o meno di un' azione. I principi sono però norme di carattere generale,
astratto, vago ed indefinito. A differenze delle norme intese come regole in
senso stretto, i principi non presentano una fattispecie; difatti vengono definiti a
"fattispecie chiusa o assente". Non avendo una fattispecie specifica,
l'applicazione dei principi può portare molteplici conseguenze (a differenza delle
regole che presentano una determinata conseguenza nei confronti di una
specifica fattispecie). Possiamo dire che i principi sono "precetti di
ottimizzazione", non hanno quindi la funzione di attribuire una sanzione, ma di
perseguire fini, valori, obiettivi, ideali. I principi forniscono ,inoltre, la
giustificazione non solo alla nascita di una regola ma anche ai contenuti presenti
all'interno di essa. Nel diritto possiamo trovare una classificazione dei principi:
principi
troviamo innanzitutto i principi generali, dalla quale derivano i
fondamentali principi
. All'interno dei principi fondamentali troviamo i
costituzionali principi supremi
ed i . I principi costituzionali sono quelli
trascritti tramite una disposizione all'interno della Costituzione. I diritti supremi
sono invece dei diritti insostituibili, immodificabili ed inderogabili. Quest'ultimi non
possono essere modificati nè da un processo di revisione costituzionale nè dalle
leggi costituzionali stesse, inoltre non possono essere influenzati da ordinamenti
esterni (come per esempio l'UE). I principi supremi stabiliscono un criterio di
comparazione per la legittimità delle leggi di revisione costituzionale e sono
principi espressi
fondamentali per tenere unito l'ordinamento. Troviamo poi i
(quelli esplicitamente trascritti all'interno di leggi costituzionali o all'interno di leggi
inespressi o impliciti
formali) e quelli (che nascono dall'interpretazione dei
giuristi di norme espresse). I principi hanno poi varie funzioni: una funzione
interpretativa (tramite i principi si interpreta l'ordinamento giuridico), una funzione
programmatica (tramite l'interpretazione dei principi possono nascere regole),
una funzione integrativa (integrano l'ordinamento giuridico, colmandone le
lacune) e una funzione delimitativa (ovvero limitano l'arbitrio del potere
legislativo, in quanto le norme e le leggi non devono entrare in contrasto con i
principi). consuetudini.
Un altro particolare tipo di norme sono le Le consuetudini non
nascono dalla volontà di un potere legittimo o da un organo istituzionale; sono
frutto di comportamenti ripetuti nel tempo da un certo gruppo o una certa società.
Le consuetudini sono ritenute obbligatorie proprio per questa "ripetizione
continuativa" avvenuta nel tempo. Si tratta di norme non scritte, anche se ai
giorni nostri sono citate all'interno della "Raccolta degli usi". Le consuetudini
nascono dall'esigenza delle interazioni tra diversi soggetti. Esse possono essere
definite tramite due elementi: un elemento oggettivo (rappresentato dalla loro
ripetitività nel tempo) ed un elemento soggettivo (rappresentato dalla convizione
che esse siano vincolanti ed obbligatorie). Una delle funzioni principali della
consuetudine è quella rispettare l'aspettativa di reciproca condotta dei soggetti,
oltre a coordinare la convivenza sociale. Difatti pur non essendo "legge", pur non
essendo giuridicamente obbligatoria, chi non rispetta le consuetudini viene visto
come una persona "poco di buono"; per questo motivo la consuetudine assume
un carattere normativo.
L'ORDINAMENTO GIURIDICO
L'ordinamento giuridico è il "contenitore" di tutto il diritto vigente. Esso è un
elemento unitario, organizza la società (dal punto di vista giuridico). E'
chiaramente creato da un'attività decisionale e volontaria di un organo
competente detentore del potere politico. Esistono diversi ordinamenti giuridici
(massonico, statale, figc); di conseguenza abbiamo un pluralismo di
ordinamenti. L'ordinamento giuridico è un elemento mutabile nella sua sostanza;
ciò vuol dire che le norme e le disposizioni presenti al suo interno possono
essere modificate, se ne possono introdurre di nuove, alcune possono essere
annullate o eliminate. Il mezzo principale per "annullare" una norma è
abrogazione
l' . Quest'ultima può essere di due tipi: è espressa quando viene
esplicitamente espressa dal legislatore tramite una disposizione (abrogante) nel
quale viene nominata la norma "annullata" (abrogata); è invece tacita quando
deriva dall'attività interpretativa di un giudice all'interno di un caso specifico. La
differenza tra i due tipi di abrogazione è che nella prima, ad essere annullata è la
disposizione, nel secondo caso viene invece annullata l'interpretazione della
disposizione, quindi la norma e non l'entità linguistica creata dal legislatore. I
giuristi hanno due concezioni diverse sull'effetto dell'abrogazione. Secondo
alcuni comporta un effetto sulla validità della norma, secondo altri riguarda
invece una delimitazione di applicabilità (in quanto la norma ad essere
maggiormente applicata sarà quella nuova).
Abbiamo parlato prima di unità. L'unità dell'ordinamento è data dal fatto che le
norme presenti all'interno di esso siano simili sia dal punto di vista sostanziale
del loro contenuto, sia dal punto di vista formale, ovvero della loro procedura di
creazione. Possiamo definire l'ordinamento giuridico come chiuso e circolare,
non solo perchè essendo imposto da un potere legittimo competente deve
essere seguito da tutti (è valido quindi erga omnes), ma anche perchè al suo
interno troviamo norme che richiamano il contenuto di altre norme (le leggi
costituzionali sono ricche di questi richiami).
L'ordinamento giuridico è un elemento dinamico. Secondo Kelsen l'ordinamento
carattere gerarchico
giuridico è di , in quanto esiste una norma, detta "norma
fondamentale", emanata dal legislatore, tramite la quale si creano altre norme di
rango inferiore, fino ad arrivare alla sanzione. Questa norma fondamentale può
essere riconsociuta come "norma di riconoscimento". Sempre secondo Kelsen le
uniche due norme meramente create tramite a volontà del legislatore ed
applicabili sono quella di grado massimo, ovvero la norma fondamentale, e
quella di grado minimo, ovvero la sanzione.
Un elemento fondamentale dell'ordinamento giuridico dovrebbe essere la
coerenza; ciò vuol dire che all'interno dei vari corpi normativi non ci dovrebbero
essere incompatibilità tra i c