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XXIII:
- Questo amoroso fuoco è sì soave. Ambizione ad una vita più alta e, dunque, più virtuosa
(mutatio vitae). Metafora della fenice, uccello che rinacque dalle sue ceneri. Ripresa la simbologia
della nave/vita infranta sugli scogli (80 RVF-Inf. XXVI). Rispetto alla sestina di Petrarca vi è una
tastiera ritmica allargata, uso narrativo del sonetto. Le terzine finali vengono spesso utilizzati per
diffondere toni di stampo elegiaco.
Come in sul fonte fu preso Narciso.
- XXXIII: Madrigale che risente dei mitologemi
petrarcheschi: racconto ovidiano di Narciso, Apollo e Dafne). Tessera sostanziale del
Canzoniere che convive con alcune corrività dantesche.
nte, se tu nell'amorosa spera.
- CII: Uno dei son. più famosi di Boccaccio: dedicato a
Da
Dante e Fiammetta (parallelo 126). Dante è presentato come Paraninfo di B, dovrà
andare al terzo cerchio a convincere Fiammetta a pregare che il suo amante presto la
raggiunga.
Le rime, le quai già fece sonore
- CIV, . una delle poesie più alte di Boccaccio, testimonia
la presenza in B. di Dante e Petrarca, le rime chiocce (inf. XXXII) di ascendenza dantesca
convivono con la ripresa dei RVF 293 di Petrarca. Riprende i s. 46/76 RVF (dello
“specchio”). Le rime sonore/giovanili sono diventate chiocce negli anni della vecchiaia:
ripresa delle poesia aggiunte dopo la forma Chigi, poesia del pianto (293)
Il vivo fonte di Parnaso et quelle
- CVIII . Tema che interessava principalmente Petrarca,
anche la vita di Boccaccio pone molta attenzione sul grande mito della poesia e
dell’alloro poetico. In questo son., che da v. 1 a v.7 costituisce un’unica frase sintattica,
ritroviamo molti sostantivi legati al mito apollineo. Il finale è tutto petrarchesco: richiamo
del pianto e della morte, il tempo che fugge insieme alla giovinezza, tema della vita vista
come un cammino aspro e selvaggio.
Assai sem raggirati in alto mare.
- CX: sempre presente la metafora della Nave nel mare
in tempesta. Mescolanza dei due registri poetici: nelle due quartine si nota il periodo
lungo e “narrativo”/prosastico con l’inserzione delle stilema sintattico della commedia
(Inf XXVI). Eco petrarchesco ses. 80.
Già stanco m'ànno et quasi rintuzato.
- CXXIV Prevale la presenza dantesca: le parole
rima Vergogna-Bologna si ritrovano in Dante (inf. XXIII). Evidente che Boccaccio si sia
fatto influenzare dall’influenza della poesia astrologica propria di Dante (LXXXII).
Or sei salito, caro signor mio.
- CXXVI: In questo sonetto si comprende molto della
poesia di Boccaccio: Petrarca, innanzitutto è chiamato “Caro Signor Mio”, avvore padrone
dell’anima poetica del figlio. In questo sonetto, infatti, viene ricordata la morte del
maestro: Boccaccio esprime tutto il suo dispiacere per l’infausto evento e spera che il
suo magister sia salito in cielo da “Lauretta”, il pensiero poi si muove sulla sua donna
amata “Fiammetta”, che fa nascere in lui il desiderio di morire per raggiungerla.
Edizioni delle Rime di Boccaccio:
Ed. Baldelli (1802): è la prima raccolta delle Rime di Boccaccio a stampa (PRINCEPS).
Non segue le regole della moderna filologia: non riporta in modo sistematico tutti i
codici, bensì inserisce solo quelli controllati dall’editore.
Ed. Massera (1914): ha un approccio più scientifico/filologico ma non segue le regole
del metodo di Lachmann, perché in quel periodo ancora non era diffuso in Italia.
L’ed. si basa sul ms. Bartoliniano 93. Mette in appendice 29 poesie di dubbia
attribuzione: questa ed. accresce il numero delle Rime di Boccaccio, in più propone
un vasto elenco di codici, successivamente studiati da Branca.
Ed. Branca (1939): è stata pubblicata in più edizioni ed è la più citata. Vi è presente
una recensione dei codici ben fatta, segue la moderna filologia. Il ms. Bartoliniano è
quello che contiene più componimenti, in tutto 103 (53 in esclusiva). La raccolta dei
componimenti segue l’ordine teorizzato da Messera: egli ordinò le Rime
artificiosamente seguendo una specie di trama “romanzesca”, che ricostruisce una
sorte di biografia sentimentale del poeta. Il Messera ha sconvolto l’ordine
cronologico della Rime e ha cercato di vedere tra i sonetti legami intratestuali
inesistenti. Branca accettò l’ordine del Massera solo per praticità: era difficile datare i
componimenti e metterli in ordine cronologico. Il volume è diviso in due parti: la
prima raccoglie le Rime sicuramente attribuite a Boccaccio (126), la seconda,
invece, le Rime dubbie (49, di cui 30 legate alla doppia attribuzione P e B).
Ed. Lanza (2010): formula un nuovo ordina delle Rime, seguendo un ordine
contenutistico e non cronologico come le ed. precedenti.
Ed. Leporatti (2015): nuovo ordinamento delle rime, in più discute delle rime di
Dubbia attribuzione, segue in modo capillare il metodo di Lachmann. A norma
De Robertis ha pubblicato un articolo importante in Studi di Filologia Italiana:
di stemma, in cui avanza dei dubbi sul modo di procedere di Massera e Branca,
riportando la questione sul metodo lachmanniano, che però non è sempre applicabile
in maniera rigida e schematica. Difficile per le Rime di Boccaccio usufruire del metodo
filologico: la maggior parte delle Rime sono contenute in un unico ms. e, dunque, non
possono essere confrontare.
Summa del rapporto Boccaccio e Petrarca (Pet. padre di Boc.)
Prima epis. Di B a P: EP. II (1339) “mavortis miles extrenue, concluso con un clliopeus
carme”
Prima epistola di Pet. a Boc.: 2/11/1350: Fam, XI,1 “Ad Joannem de Certaldo”
Ep. Fam XXI, 15: Risposta all’invio della Commedia da parte di Boc.
Ep. Sen V, 2:
Ultime Epistole: 6/06/1374: Sen. XVII 3-4 (poco prima di morire)
Padri e Patrie. Entrambi pensano a una letteratura dopo Dante (Padre di entrambi),
cercando di superare la paralisi creata dal confronto con la Commedia dantesca. Pochi
anni separano la nascita dei due, ma P. sarà sempre considerato pater/preceptor da B. li
accumuna la madrepatria fiorentina, la stessa che diede i natali a Dante. Ma, mentre B.
marcava tale origine comune poiché intendeva creare un canone poetico fiorentino (Le
cosiddette “Tre corone”), Petrarca si distaccò sempre da Firenze, tanto da rifiutare la
cattedra universitaria presso lo studio fiorentino(1350), preferendo rimanere in Veneto,
fra Padova e Venezia. Boccaccio amava definirsi Fiorentino, proprio come il primo padre
Dante, mentre Petrarca non si definì mai come tale, egli era “Pelegrinus ubique”, non
voleva che la sua fama e la sua poesia fossero associati alla stessa città di Dante.
Proprio il rapporto con Dante divide Boccaccio e Petrarca. Per Boc. Petrarca è il padre in
grado di reggere i passi del figlio, mentre Dante è il padre morto da venerare. Per
Petrarca il confronto con Dante fu più duro: come poteva creare un proprio linguaggio
dopo quello onnicomprensivo della divina commedia? Nel 1350 Boccaccio inviò a P. un
manoscritto della Commedia, sollecitandolo a confrontarsi con il padre della letteratura
italiana. All’invio del codice P. risponde con la lettera fam. XXI, 15 (1359), piena di
omissioni e sottointesi: nega di aver mai letto in passato la commedia, mentre ha già
Trionfi
compiuto la forma Correggio, piena di topoi danteschi. Nei la ripresa della
Commedia è evidente (dagli anni 50 ai 60), così come lo è nella prima redazione del
Canzoniere composta nello stesso periodo. Ammette, però, di aver messo le mani sul
poema Dantesco in età matura, assumendolo in sé integralmente: è venuto il momento
di riconoscere Dante. Petrarca, uscendo allo scoperto, si sottrae alle accuse di invidia e
pone se stesso al centro della questione.
2 progetti distinti per P e B: Petrarca cerca di farsi riconoscere poeta italiano dopo
Dante; Boccaccio tenta di testimoniare il primato di Firenze. Se B si fa largo fra passato
e presente cercando di confrontarsi coi i modelli dei suoi due padri letterari. Petrarca
invece non ha ne pari ne patria: lui guarda al futuro della poesia italiana. Nella Sen. V, 2
P. dice di meritare il terzo posto dei poeti volgari, e afferma che con felicità cede il
secondo posto all’amico, che intendeva bruciare le sue Rime giovanili. Sembra che
voglia fare un gesto benevolo nei confronti di B, ma in realtà il terzo posto lo allontana
dall’ingombrante padre, sempre il primo in classifica. (nel 1361, nel trionfo cupidinis IV,
Petrarca aveva già creato un Canone, mettendo al primo posto Dante, cino, guittone). In
questa lettera Petrarca riprende il filo dell XXI,15:nella famigliare si trattava soprattutto
Trionfi,
di dare spazio ai assumendo consapevolezza della Commedia. Nella senile, il
poema dantesco è messo da parte, Petrarca vuole mettere in primo piano la questione
delle Rime, che già si stavano diffondendo nella forma Correggio. In questa lettera, mai
come in nessun altra, Petraca cerca di definire il tono, gli obiettivi e il pubblico della sua
poesia volgare, e lo fa minimizzando il padre. Da parte di Boccaccio, invece, la
Ep. XX
questione sulla poesia italiana andava avanti: la sua (1372) a Pietro Piccolo
ritorna ancora sul canone poetico già citato nella lettera a Petrarca. In questa missiva
ridimensiona la censura sulle proprie Rime, che pativano il confronto con quelle dei due
Padri. Finalmente Boccaccio parla apertamente delle sue poesie e, tra mille turbamenti,
si colloca al secondo posto. Dopo aver ricevuto l’Ep. V,2 Boccaccio porterà a termine
l’albero genealogico della poesia italiana, mettendo in ordine l’ultima tappa del culto
dantesco e Petrarchesco: tra il 1363-66 Boccaccio scrive 2 cod. manoscritti (Chigiano
LV176/LVI 213), inserendo e accostando le opere e le vite dei due grandi maestri al
figlio, creerà così il canone delle “Tre Corone Fiorentine”, elevando Firenze a culla della
letteratura italiana. Nelle Genealogie (1367) Dante e Petrarca, i due padri, vengono
appaiati in un ideale Phanteon fiorentino. s.2 “per fare una leggiadra sua vendetta”
S. 3 “era il giorno ch’al sol si scoloraro”
S. 5 “ Quando io movo i sospiri a
chiamar voi”
Son. 6 “si traviato è il folle mio desio”
Son. 7 “la gola il somno e l’oziose
piume”
Frammenti 11-21
Ball. 11 “Lassar il velo o per sole o
per ombra”
Ball. 14 “Occhi miei lassi, mentre
ch’io vi giro”
Son. 16 “Movesi il vecchiarel canuto e
bianco”
Son. 20 “Vergognando talor che ancor
si taccia”
Frammenti 22-30
Ses. 22 “A qualunque animal alberg