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Taxi Driver di Martin Scorsese

Taxi Driver di Martin Scorsese tiene quotidianamente nella sua cameretta, scrivendo da semialfabeta in tutte maiuscole ciò che viene pensando e facendo. Si ha comunque l'impressione che nel mondo attuale le classi acculturate non producano più regolarmente memorialistica privata perché non ne avvertono più la necessità: il loro mondo, le loro vicende, in un certo senso la loro stessa para-bola biografica e familiare sono esemplarmente rispecchiate e "memorializzate" (se si può dir così) dai prodotti della cultura scritta che le medesime classi adoperano come oggetti quotidiani di lettura: giornali, settimanali, narrativa, saggistica. In questo senso chi appartiene alle classi che producono scrittura - e cioè, in senso lato, memoria scritta - si identifica automaticamente in questa generale e generica "memorialistica di classe" di cui egli usufruisce almeno come lettore, se non come scrittore, e se ne appaga.

Mentre chi resta ai margini della cultura scritta, e più o meno consapevolmente se ne sente escluso, può a volte avvertire il bisogno di costruire per sé, per il proprio gruppo familiare, per i compagni di lotta o di gruppo, per gli amici, per gli "altri", una traccia scritta della sua personale esperienza, una memoria identificante di sé che nessun altro sarebbe interessato a ricostruire. Per limitarci alla documentazione italiana, nascono in tal modo le "autobiografie della leggera", cioè di persone vissute ai margini della vita sociale, raccolte da Danilo Montaldi in un memorabile libro del 1961 e composte direttamente dai protagonisti in parte per spontanea scelta, in parte per sollecitazione dell'editore; nascono in tal modo la fluviale autobiografia di Amelia, subalterna pugliese semialfabeta, orgogliosa della sua capacità di scrivere e della sua opera memorialistica o quella del barbiere trasteverino Aleandro Servadei.

militante antifascista e comunista che narra vivacemente lesue esperienze di lotta politica; e, ancora, cosi nascono le autobiografiecomposte su sollecitazione del Centro studi emigrazione da 50 operai italianiemigrati in Svizzera nel 1974-1975 e segnate da una parte dalle materialidifficoltà e dal tabù stesso della scrittura e dall’altra da una fortissimamotivazione a scrivere di sé e della propria esperienza, da una chiara coscienzapolitica e da un’autoacculturazione fatta di letture, dibattiti, lotte sindacali “; einfine trova anche origine la memorialistica più propriamente politica di singolirappresentanti più o meno “ufficiali” del movimento operaio che decidono didare forma scritta alle storie del proprio raggruppamento, di sé e dei propricompagni che sono fiorite in Italia negli ultimi decenni. Si tratta, del resto, di unfenomeno certamente non soltanto italiano, ma assai diffuso soprattutto neipaesi

economicamente avanzati: dalla lotta politica dei neri d'America, da quella rivendicativa delle femministe, da quelle sindacali di Francia, Germania, Inghilterra, da quelle di liberazione nei paesi africani, asiatici e sudamericani, è nata quasi naturalmente una fitta memorialistica politica "bassa", che ha rappresentato a livello mondiale e in modo clamorosamente evidente l'irruzione nel territorio della letteratura di quelli che, in relazione al caso italiano, Alberto Abruzzese ha definito "altri soggetti di scrittura". Ma è pur sempre, la loro, una "scrittura del privato" condannata, di norma, a restare appunto nel privato; e che, se ne esce, lo fa solo eccezionalmente, perché sollecitata dall'esterno e comunque segnata con le stimmate dell'evento anomalo e scandaloso, almeno agli occhi della cultura ufficiale e del potere. 4. Le pratiche della scrittura privata sono sempre state e sono tuttora sottoposte alunga e complessa serie di limitazioni e di divieti che hanno creato e mantengono intorno a coloro che provano a scrivere al di fuori di ogni riconosciuto canale istituzionale un alone di sospetto e un giudizio di solito non benevolo. Da questo punto di vista la diversità fra funzioni istituzionali e funzioni non istituzionali della scrittura appare evidentissima; nell'opinione comune, infatti, l'uso di scrittura da parte di coloro che devono produrre testi per ragioni ufficiali o professionali e comunque riconosciute come lecite, non suscita sospetto, ma piuttosto rispetto, ammirazione, reverenza; lo studente, il professore, il notaio, l'avvocato devono scrivere e dunque possono liberamente farlo. Anche se ciascuno di loro può farlo soltanto nell'ambito della precisa funzione di scrittura che la società gli ha assegnato: onde il notaio che produce poesie, il professore di botanica che scrive racconti, il romanziere che si avventura.elaborazione di un trattato di botanica (tanto per rovesciare l'esempio!) saranno comunque considerati, se non con sospetto, almeno con sorpresa o con commiserazione e a volte perseguiti o perseguitati, se il loro anomalo scrivere sarà interpretato come possibile portatore di pericoli al corpo sociale. I limiti e i controlli che colpiscono e circondano la scrittura privata sono esercitati e si esercitano a tutti i livelli e in tutti gli ambienti; ma si ha l'impressione che essi siano particolarmente forti e tenaci in quelli socialmente più bassi, ove più dura e recente è stata la conquista dell'alfabetizzazione e dove generazioni di vecchi e di adulti che mai o assai poco hanno adoperato lo scritto guardano naturalmente con diffidenza ai giovani e ai giovanissimi (maschi, ma soprattutto femmine) che usano scrivere in casa e fuori, e spesso in modi e con sistemi del tutto abnormi. A questi livelli socioculturali il primo luogo di controllo e direpressione era e rimane la famiglia. Ricordate il Belli?Er legge e scriveE a che tte serve poi sto scrive e llegge?Làsselo fà a li preti, a li dottori,A li frati, a li Re, all’Imperatori,E a cquelli che jje l’obbriga la légge.Io vedo che cce sò ttanti siggnoriChe Ccristo l’arricchissce e li protegge,E nnun zann’antro che rròtti, scorregge,Sbavijji, e strapazzà li servitori.Bbuggiarà ssi in ner cor de le famijjeL’imparàssino ar più li fijji maschi;Ma lo scànnolo grosso è nne le fijje.Da ste penne e sti libbri mmaledettiCe vò ttanto a ccapf ccosa ne naschi?Grilli in testa e un diluvio de bbijjetti.G.G. Belli, I sonetti, a cura di G. Vigolo, III,Milano, 1952, n. 1596, p. 2162).Ma dopo la famiglia viene la scuola, l’istituzione creata allo stesso tempo perinsegnare a scrivere (e a leggere) e per inculcare nei bambini discenti i limitioltre i quali

L'attività di scrittura non deve spingersi: che sono, come più avanti si vedrà, limiti formali e sostanziali, grafici e testuali, che la scuola non elabora di per sé, ma affina, ideologizza e soprattutto trasmette, secondo logiche di costrizione, di regolamentazione, di punizione che giustamente pedagogisti della liberazione, come Célestin Freinet o Elisabeth Bing hanno denunciato con forza e con intelligenza. Nell'atelier di scrittura della Bing, di cui già si è detto più sopra, i bambini creavano scrittura, più che scrivere; eppure la loro maestra, "troppa fred-rivelatrice dei misteri dello scrivere, lamentava di aver avuto dolosità borghese nel gesto di scrivere.., troppa paura. Mi sarebbero piaciuti testi scritti col pennello su immensi fogli bianchi, scritti ad altezza di bambino... Una ascesi del corpo per la scrittura...". Anche su di lei, dunque, e con suo rammarico, la forza limitatrice.

è ancora presente, una forte influenza dell'istituzione scolastica sulla produzione di scrittura privata. Questa influenza si manifesta attraverso il controllo ideologico che impone regole e limitazioni che possono impedire una totale liberazione del bisogno di scrivere. Chi produce scrittura privata, non riconosciuta e non ufficiale, si trova costretto a confrontarsi con queste regole e limitazioni, rischiando di ignorarle o superarle con gravi conseguenze per sé stesso e per i suoi scritti. Le prime norme sono quelle dettate a scuola, che stabiliscono come si debba materialmente scrivere: ad esempio, seguendo linee diritte da sinistra a destra, riproducendo determinati modelli grafici, utilizzando segni di una certa grandezza e occupando spazi di pagina ben delimitati. Ma la scuola impone anche altre norme che vanno oltre l'aspetto grafico e riguardano la natura testuale dei prodotti scritti e la loro legittimità come testi. È noto a tutti che esiste e persiste una forte influenza dell'istituzione scolastica sulla produzione di scrittura privata.è sempre stato compito della scuola difenderla, imporla ediffonderla, una norma linguistica, per cui si può scrivere, cioè produrre testi, inun certo modo e non in altri, rispettando (e non violando) un certo codice diregole lessicali, grammaticali e sintattiche. Il che naturalmente contribuisceassai a limitare l’esercizio della scrittura «privata»: «Poi cuando debbo scrivereha cualcuno ne faccio almeno perchè sono convinto che faccio molti sbagli enon scrivi»; «Scusate il male scritto avrei preferito essere intervitato».Queste dunque sono le regole di base che nelle società alfabetizzate eavanzate servono ad organizzare in modo selettivo l’esercizio privato delloscrivere già nelle prime fasi dell’insegnamento. Ma in realtà, al di là del filtro edei tabù imposti dalla scuola, i limiti che circondano ed ingabbiano ogniesercizio privato dello scrivere (che pure si

Vorrebbe libero) sono molteplici, tanto da configurare i segni distintivi di una vera e propria generale«grafofobia» sociale, che non è caratteristica soltanto della nostra società, ma affonda le sue radici bene indietro nei secoli passati.

Sostanzialmente tali limiti tendono a controllare quattro diversi aspetti dello scrivere: il contenuto (che cosa si scrive); il luogo dello scrivere e della scrittura (dove si scrive); gli strumenti dello scrivere (come si scrive e come si riproduce lo scritto); la misura del testo (quanto si scrive).

Per quanto riguarda il contenuto, al di là delle regole grafico-linguistiche imposte dalla scuola, ne esistono altre di carattere sostanziale che tendono soprattutto ad impedire l’espressione scritta di tre tipi di testualità: quella dichiaratamente oscena, che si serve di espressioni tabù, o che descrive rapporti sessuali in modo da «offendere il comune senso del pudore»; quella dichiaratamente blasfema,

o comunque evidentemente antireligiosa; e infine
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A.A. 2011-2012
14 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nadia_87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di ETNOLOGIA e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Sarnelli Enrico.