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PROSSIMITÀ
Nel 2011, rispetto al 2001, il numero di famiglie è aumentato molto (del 12,8%). Le famiglie
sono diventate più piccole: mediamente, per ogni gruppo domestico ci sono 2,4 persone. Il
30% di queste famiglie sono monopersonali: aumenta il numero dei single, dei vecchi e dei
separati.
Compaiono anche nuove forme di famiglia: coppie non sposate, coppie omosessuali,
famiglie di cui fa parte una persona esterna (ad esempio un gruppo domestico con una
badante). 11
Cosa ci dice, quindi, il censimento del 2011?
- Crescita del numero delle famiglie (= households, “famiglie di censimento”) – Seguendo un
trend che va avanti da decenni, il numero di famiglie è aumentato fra il 2001 e il 2011, da
21.810.676 a 24.611.766 unità (+12,8%) e rispetto al 1971 la crescita è del 54%.
- Riduzione della taglia media delle famiglie – Le famiglie tendono conseguentemente a essere
sempre più piccole: nel 1951 una famiglia era mediamente composta da 3.9 persone, nel 1971 da
3.4,nel 2001 da 2.6, nel 2011 da 2.4.
- Aumento delle famiglie “unipersonali” – Le famiglie unipersonali sono quasi una su tre (dal 2001
al 2011 sono passate dal 24,9% del totale al 31,2%) e «risultano in notevole aumento rispetto al
censimento 2001, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e dei mutamenti
demografici e sociali» (dunque non solo singles, ma anche vedovi/e).
Con l’avanzare dell’età cresce la tendenza a vivere in famiglie unipersonali, che
raggiungono il 38,3% fra gli anziani con più di 75 anni. Le famiglie unipersonali costituite
da persone ultra-74enni sono per l’80% donne.
Nelle classi di età avanzate è maggiore la tendenza a vivere in famiglia come altra persona,
cioè come membro aggregato ad un nucleo familiare oppure in famiglie senza nucleo non
unipersonali (ad esempio due fratelli che vivono insieme); la percentuale è del 10,5% fra la
popolazione di oltre 74 anni contro il 4,6% della popolazione complessiva. (NB: Queste
sono il tipo “extended, multiple and without structure”, che dunque continua ad esistere).
- Compaiono categorie di censimento nuove:
coppie eterosessuali (con figli e senza figli) e coppie omosessuali;
«nuclei familiari con almeno uno straniero residente» (coppie/famiglie immigrate e coppie
miste: ma si apre la strada alla registrazione censuaria di gruppi domestici dove lo «straniero
residente» potrebbe essere la badante).
Soprattutto gli ultimi 10-15 anni hanno visto una proliferazione di indagini comparative
(principalmente surveys socio-demografiche) che hanno prestato particolare attenzione ai “modelli
di residenza” in vari paesi o macroregioni: il più importante è probabilmente il Progetto SHARE
(Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe).
La strada era stata aperta a metà degli anni ’80 da una famosa indagine dell’ISSP
(International Social Survey Program). I dati di questa survey sono stati analizzati o comunque
utilizzati in molti studi, tra cui particolarmente rilevante per noi è quello di Paul Ginsborg,
“Familismo” (in P. Ginsborg, a cura di, Stato dell’Italia, Milano, Il Saggiatore, 1994), che
appoggiandosi a una famosa tabella prodotta dall’indagine dell’ISSP usa la coresidenza e la
prossimità spaziale come indicatori di “familismo”.
12
Nella seconda metà del Novecento le differenze tra le varie macro-regioni italiane «si sono
molto attenuate nel segno di una doppia convergenza verso bassi livelli di coresidenza e alti livelli
di prossimità. Si può quindi concludere che l’Italia appare caratterizzata da una ‘non convergenza’
in ambito internazionale e da un processo di convergenza, invece, al suo interno».
FAMIGLIA, PARENTELA, LIGNAGGIO: CORESIDENZA E PROSSIMITÀ IN ITALIA
MERIDIONALE
Modelli di parentela, famiglia e residenza nell’Italia meridionale:
- Economia
A) “Latifondo” («economia del grano» - Delille)
B) “Campania” [in realtà, zone costiere e/o montuose o collinari del Sud (es. Sannio, Costiera
Amalfitana)]
- colture arbustive («economia dell’arbusto» - Delille)
- piccola proprietà contadina (vs. latifondo)
C) “Puglia” [ma si ritrova anche in varie zone della vicina Basilicata e di altre regioni meridionali]
- colture cerealicole estensive
- continua necessità di attrazione di manodopera maschile
- Residenza & parentela
A) neolocale matrimonio precoce (si rimane vicini ai parenti in virtù degli insediamenti accentrati)
B) patrivirilocali matrimonio abbastanza tardivo, patrilignaggi
C) uxorilocale terre ai figli, terre alle figlie, moltiplicazione dei cognomi (vs. modello
“Campania”)
NB: flussi non indifferenti di migrazione da “B” verso “C”, per cui uomini nati e formatisi in
sistemi di “lignaggio” si trovano in realtà ad abitare in “casa di mugliera”! 30.10
UN MODELLO MEDITERRANEO DI FAMIGLIA E ASSISTENZA?
Il catasto fiorentino permette di sapere la composizione della famiglia, l’età dei componenti
ed il loro stato civile. Tutte le famiglie studiate in questo catasto (da Klapisch-Zuber) condividevano
un’economia domestica. Da questo libro emerge che le famiglie toscane del ‘400 vivevano in
famiglie di tipo congiunto. A Firenze, la differenza di età al matrimonio tra uomini e donne era
molto grande, così come nelle altre città toscane; in campagna questa distanza si attenua. Questo va
in contrapposizione con il modello di Hajnal.
Nasce un filone di studio della famiglia mediterranea.
13
Richard Smith si chiede se il modello toscano fosse un modello mediterraneo o medievale.
Smith confronta il modello toscano e quello inglese e prende in considerazione la nascente
antropologia del mediterraneo. Si rende conto che la famiglia toscana non faceva parte del modello
medievale: nel Medioevo inglese il modello di famiglia è diverso da quello toscano. Le famiglie
toscane del ‘400 non erano famiglie medievali, ma famiglie mediterranee: anche in area
mediterranea c’erano grandi differenze di età al matrimonio tra uomini e donne.
Laslett nel 1983 propone una quadripartizione dell’Europa:
- modello nord-ovest
- modello mediterraneo
- modello centro-europeo
- modello est-europeo
Dentro questi modelli ci sono cifre demografiche, ma dentro queste cifre ci sono delle spiegazioni
culturali.
Era evidente che nell’Europa del passato la composizione e le dinamiche di formazione e
sviluppo delle famiglie (intese primariamente come gruppi domestici coresidenziali) avevano
conosciuto ampie variazioni spaziali. Non solo: era altrettanto evidente che il gruppo domestico
inglese, lungi dall’essere autosufficiente come i sociologi della famiglia avevano supposto,
dipendeva strutturalmente da un sostegno esterno. Nell’Inghilterra preindustriale e negli altri paesi
in cui aveva prevalso la famiglia neolocale e nucleare, infatti, era maggiore soprattutto per gli
anziani il rischio di trovarsi a vivere da soli senza il sostegno immediato di familiari coresidenti, e
di sperimentare quindi stenti e difficoltà [hardship] insostenibili senza aiuti dall’esterno.
Verso la fine degli anni ’80 Laslett fa un passo avanti e propone l’esistenza di due modelli di
assistenza. La famiglia europea, in età moderna ma già nel Medioevo, era molto variegata. Laslett si
chiede da dove venisse l’assistenza. La geografia della famiglia ridisegnata dalle ricerche storico-
demografiche combaciava in larga misura con la geografia dell’assistenza che emergeva dalla
letteratura storica, dominata dal contrasto tra un “modello inglese” di assistenza, già ben
organizzato nella prima età moderna e di carattere quasi esclusivamente pubblico, e un “modello
continentale” (particolarmente visibile nei paesi dell’Europa meridionale) che appariva al contrario
frammentato e poco efficiente, con fondi e obiettivi limitati, e caratterizzato da un’assistenza fornita
principalmente in ospedali. Questa corrispondenza tra le due geografie della famiglia e
dell’assistenza aveva portato Laslett a formulare l’ipotesi che in Inghilterra e nei paesi dell’Europa
nord-occidentale, dove le famiglie nucleari erano dominanti, il ruolo assistenziale della collettività
sarebbe stato della massima importanza, mentre l’aiuto fornito da familiari e parenti sarebbe stato di
scarso peso. Tanto la logica quanto l’evidenza storica disponibile lasciavano supporre che l’opposto
14
valesse nei paesi dell’Europa orientale e mediterranea, dove l’onere di sostenere gli anziani e i
bisognosi sarebbe ricaduto essenzialmente sulla famiglia, anziché su istituzioni pubbliche quasi
inesistenti prima dell’avvento, peraltro tardivo e incerto, dello “stato assistenziale”.
A Nord c’era così un sistema ben chiaro per cui la collettività aiutava i poveri attraverso delle
donazioni: c’era un’assistenza collettiva a chi era in difficoltà. A Sud c’era un sistema più
caritatevole. A Nord, quindi, i famigliari aiutavano poco, mentre a Sud c’era un sistema di
assistenza familistico.
Dagli anni ’80 l’esistenza di un modello mediterraneo viene attaccata, sostenendo una
maggiore differenziazione interna, sia per quanto riguarda la famiglia, sia per quanto riguarda
l’assistenza. Le tesi di Smith, Hajnal e Laslett riguardo all’esistenza di un “modello mediterraneo”
di famiglia (e di assistenza) vengono criticate a partire dalla metà degli anno ’80 su due fronti:
a) riguardo alle forme di famiglia (e ai presunti legami “funzionali” tra nuzialità e composizione
degli aggregati domestici), molti studiosi sostengono che:
• nell’Europa meridionale esisteva una pluralità di sistemi di formazione dell’aggregato
domestico;
• le differenze tra Europa nord-occidentale e Europa mediterranea erano meno accentuate di
quanto sostenuto da Laslett e Hajnal.
b) riguardo alle forme di assistenza, alcuni studiosi contestano la validità del contrasto tra “modello
inglese” (settentrionale) e “modello continentale” (meridionale).
Nel 1998, con la pubblicazione dei saggi di Horden e Cavallo, il “modello mediterraneo”
sembrava ormai definitivamente smentito. Invece, proprio in quell’anno, appare un saggio di David
Reher (in precedenza uno dei più autorevoli critici) che rilancia con grande forza la tesi
dell’esistenza nel passato e della persistenza nel presente di un forte contrasto tra l’Europa nord-
occidentale e l’Europa sud-occidentale (Po