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Nietzsche parla della morte di Dio per primo nel “Viandante e la sua ombra” nell’aforisma 84: rimanda all’idea dello
gnosticismo perché nella visione gnostica l’uomo è prigioniero della finitezza del mondo l’unico modo in cui può
liberarsi dai suoi limiti è la conoscenza (gnòsis), la autoconoscenza ; finché non riusciamo a liberarci dalla finitezza
rimaniamo prigionieri Dio per aiutarci a liberarci ci ha mandato suo figlio, ma Dio siccome è spirito non poteva
incarnarsi, perciò Cristo è solo un’ombra, un’apparenza. Dice che l’uomo più brutto uccide Dio perché non sopportava
che lo spiasse continuamente.
Af. 108 Gaia scienza: Dio è morto ma come è la natura degli uomini (noi vediamo l’ombra di Dio nella caverna [Höhle]
ma in realtà è la nostra ombra). La caverna è quella del VII libro della Repubblica di Platone, il primo contesto in cui
viene detto che Dio è morto è proprio l’ambito della conoscenza. L’ombra del Dio che è morto che continuiamo a
vedere è quella di noi stessi, ma dobbiamo vincere anche la sua ombra . il problema della morte di Dio interessa
soprattutto come conseguenza della scienza moderna.
Af. 109 Gaia scienza: guardiamoci dal pensare che il mondo sia un essere vivente. Come facciamo a dire che il
mondo è un essere vivente? Poiché è formato da organico ed inorganico, e dove sta il confine tra organico ed
inorganico? Questa distinzione corrisponde all’introduzione di un nostro punto di vista organico è qualcosa che abbia
anche una rarefatta relazione con noi, il confine è abbastanza labile. Se prendiamo tutto l’universo l’organico dove
sta? Dal nostro punto di vista solo sulla crosta terrestre, noi che siamo dalla parte dell’organico come facciamo a dire
che sia l’elemento più importante dell’universo? Solo perché è l’applicazione del nostro punto di vista. Guardiamoci 6
bene dal credere che l’universo sia una macchina perché esso non è costruito per un fine. Noi vediamo solo una
piccola porzione dell’universo, vediamo la regolarità delle galassie proprio perché non possiamo vedere tutto l’insieme
che non è un insieme ma un caos, e quello che è vicino a noi ubbidisce ad una regola per caso, “L’ordine astrale in cui
viviamo è un’eccezione” e questa eccezione ha reso possibile l’eccezione delle eccezioni: la formazione dell’organico.
Siamo talmente eccezionali che non abbiamo alcun senso di esistere, il carattere complessivo del mondo è il caos. Le
nostre estetiche umanizzazioni siamo noi che umanizziamo la natura che vediamo o pretendiamo di vedere
nell’universo è il frutto della umanizzazione ciò è perfettamente legittimo. L’universo è frutto di lanci di dadi (di Dio)
sbagliati, e questa è la regola, il caos è la regola. Ciò che noi vediamo nell’universo non è né giusto né sbagliato, solo
è. Nietzsche fa una sottile polemica a Lange, a sfatare la teleologia della natura, infatti N. dice che dobbiamo stare
lontano dal pensare che l’universo voglia imitare l’uomo. Guardiamoci dal dire che in natura esistano delle leggi Kant
dice che non possiamo non pensare che in natura non esistano delle leggi, e non possiamo non pensare che la
natura sia governata da leggi e se le presupponiamo abbiamo la conoscenza, ma non dice che esse esistono.
Universo non è frutto del caso perché presupporrebbe il concetto di scopo universo è e basta.
Che cosa dobbiamo dire? Non esiste la materia perché essa è solo una sostanza di cui noi presupponiamo la durata
nel corso del tempo e presupponiamo che resti sempre uguale a se stessa. Allora quando sarà che queste ombre di
Dio non ci offuscheranno più (quelle della scienza materialistica), la materia è un altro modo per definire la sostanza
teologica vinceremo queste ombre quando toglieremo la sostanza di Dio dalla natura e quando potremmo
naturalizzare noi uomini, quando cioè l’uomo sarà visto dal punto di vista naturale, come specie. La redenzione della
natura è la restituzione dell’uomo alla sfera naturale e la de-divinizzazione dell’uomo .
Giovedì 16 aprile 2015
“F. Nietzsche, La gaia scienza, aforisma 125
125. L’uomo folle. – Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si
mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano
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in Dio , suscitò grandi risa. “È forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro. “0ppure sta ben
nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” – gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle uomo balzò in
mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi
e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima
goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo
sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di
fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non
alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto piú freddo? Non seguita a venire notte, sempre piú notte? Non dobbiamo accendere
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lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora
il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci
consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di piú sacro e di piú possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è
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dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatòri,
quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi
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diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione piú grande: tutti coloro che verranno dopo di noi
apparterranno, in virtú di questa azione, ad una storia piú alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”. A questo punto
il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò
a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. “Vengo troppo presto – proseguí – non è ancora il mio tempo. Questo
enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli
uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo
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essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate . Quest’azione è ancora sempre piú lontana da loro delle piú lontane
1 Annuncio di Dio a coloro che non credono, perche pur non credendo hanno una fede cioè una certezza (come la
scienza moderna)
2 Angoscia dell’uomo che si chiede come sia riuscito a fare questo. Perché uccidere Dio sembra un’impresa
impossibile per l’uomo.
Secondo l’interpretazione di Jauss le domande del folle dopo la morte di Dio sono le stesse che Giobbe pone a Dio.
Siamo costretti a credere nelle verità della scienza perché Dio è morto, e perché il grande sole si è spento.
3 Non c’è nessuna acqua metaforica con cui potremmo lavarci.
4 Noi abbiamo ucciso Dio e siamo diventati come Dio perché lo abbiamo creato allo scopo di imitarlo, alienando le
nostre caratteristiche migliori in lui con lo scopo di imitarlo abbiamo raggiunto il nostro obiettivo e siamo diventati
come Dio, conquistando la piena essenza dell’uomo
5 Non c’è dubbio che gli uomini abbiano uccisi Dio ma non se ne sono ancora accorti 7
costellazioni: eppure son loro che l’hanno compiuta!”. Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso
giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse
limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”.
Sensazione che l’uomo sia nulla di fronte all’universo non anima solo Nietzsche ma anche l’ultima pagina della critica
della Ragion Pratica di Kant, che è anche in Sant Agostino che nelle Confessioni scrive “aliqua portio creaturae tuae”
dicendo che l’uomo è una parte delle creature di Dio parte della cultura cristiana. Critica invece la cristianità che
vede tutto il potere dell’uomo e che quindi ha dato il via alla scienza moderna .
L’anticristo è Gesù che si riappropria della sua natura umana e rifiuta la figura teologica. La Chiesa è ciò che conserva
la memoria di Dio, ma di un Dio morto. I monumenti che conservano il segno del pensiero, Zarathustra li ama perché
sono crollati siamo passati dall’atmosfera di lutto dell’aforisma 125 a il giubilo di questo capitlo di Zarathustra (Così
parlò Zarathustra, parte terza, i Sette sigilli).
Il superamento del lutto:il V libro della Gaia scienza s’intitola “Noi senza paura” siamo noi che abbiamo superato la
morte di Dio, e che non abbiamo più paura di stare senza Dio quindi ci siamo impossessati dalla scienza che non
deriva più dalla paura di Dio ma da una scienza nostra che è quindi una Gaia scienza. L’angoscia per la morte di Dio
non potrà mai essere superata “Carcassa, tu tremi tremeresti ben di più se sapessi dove ti sto portando” (frase di
Turenne che apre il V libro) una paura può essere vinta solo da una paura più grande. La paura che derivava
dall’angoscia per la morte di Dio cede il passo ad una paura ancora più grande che è la fine di una civiltà, quella
Annuncio di Dio a coloro che non credono, perche pur non credendo hanno una fede cioè una certezza (come la
scienza moderna)
Angoscia dell’uomo che si chiede come sia riuscito a fare questo.