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SVILUPPO, DIVERGENZA, IL PROBLEMA AFRICA E LA GLOBALIZZAZIONE
Il combinarsi di andamento della popolazione, urbanizzazione e progresso tecnico muta profondamente, non solo il rapporto dell'uomo con l'ambiente ma determina anche, non presentandosi in modo univoco e omogeneo sul pianeta, il sorgere di profonde differenze che chiamano in causa il tema dello sviluppo e della divergenza. Lo sviluppo: un tema fondamentale per storici ed economisti Per quanto riguarda teoria economica e sviluppo ci sono due posizioni molto diverse: 1) I classici (Smith, Ricardo e Marx, ca. 1750-1850): Smith (scozzese) e Marx (tedesco) in particolare prestano grande attenzione al problema dell'espansione economica perché hanno sotto gli occhi la crescita della produzione causata dalla rivoluzione industriale. Cercano quindi di comprendere i processi a cui stanno assistendo, mettendo la nuova realtà a confronto con i sistemi economici precedenti (es. sistema feudale). Marx dedica tutta laprima parte nella sua opera “Il Capitale” aquella che lui chiama l’analisi del sistema economico feudale.
2) I marginalisti o neoclassici, cioè gli economisti che scrivono da metà ottocento in poi, spostanoinvece l’interesse dallo sviluppo all’equilibrio statico costruendo la teoria dell’equilibrio economicogenerale. Tale teoria afferma sostanzialmente che in una situazione di concorrenza perfetta il sistemaeconomico, se libero da interferenze esterne, è in grado di assicurare, attraverso i comportamentimassimizzanti degli imprenditori (riguardo al profitto) e dei consumatori (riguardo all’utilità)l’equilibrio tra domanda e offerta. Si indaga quindi in genere la riallocazione di risorse date.
A partire dal secondo dopoguerra si assiste, per quanto riguarda lo sviluppo, a un importante cambio diprospettiva in particolare dopo il discorso pronunciato dal presidente Truman il 20 gennaio 1949, il primo incui viene
usato in un testo a larga diffusione la definizione di "regioni sottosviluppate" al posto di "economicamente arretrate". Il cambiamento è molto rilevante perché, creando una relazione del tutto inedita tra sviluppo e sottosviluppo, muta profondamente il significato del primo. In particolare a partire dagli anni cinquanta emergono due filoni di pensiero di fatto complementari: 1) L'economia duale (Lewis, Ranis ecc.): all'interno di tutti i paesi esiste una eterogeneità strutturale, c'è un settore arretrato (di fatto è l'agricoltura dove la produttività fa più fatica a crescere) che resta tale e uno dinamico e moderno (in una prima fase è il settore industriale) che si sviluppa attraendo risorse, soprattutto forza lavoro, da quello meno sviluppato (dall'agricoltura all'industria). 2) Evoluzione del modello neoclassico (Solow, Grossman ecc.), essi sostengono che la crescita dipende.dalla capacità che hanno i sistemi economici di risparmiare e accumulare capitale fisico e umano e poi di innovare (con modelli che rendono endogeno il progresso tecnico) sviluppando nuovi prodotti e processi.
Più recentemente Galor (economista statunitense) ritiene di andare oltre i modelli di Solow e Grossman perché prescindono dall'epoca malthusiana (la realtà economica e demografica preindustriale) e quindi non evidenziano le forze che hanno portato dallo stato stazionario alla crescita e propone la Unified Growth Theory costruendo un sistema dinamico che comprende anche l'età preindustriale e attribuisce grande importanza alla transizione demografica che consente di passare dal regime post malthusiano a un regime di crescita sostenuta che produce la grande divergenza.
All'interno del suo modello c'è una grande rilevanza per quanto riguarda la transizione demografica poiché produce una grande divergenza tra i paesi.
Particolare ciò che succede inizia a rallentare la crescita della popolazione nei paesi che si sviluppano inizia ad aumentare il PIL pro-capite.
Un problema: lo sviluppo accentua il divario tra i paesi? Catching up o divergence?
Fonte: L. Pritchett, Divergence, big time, in "Journal of Economic Perspectives", summer 1997
Prende il PIL pro-capite a parità di potere d'acquisto di quello che è il paese che sempre di più a partire dalla seconda metà dell'ottocento si mette alla guida dell'economia mondiale ovvero gli Stati Uniti e poi quello dei paesi più poveri. Il suo grafico inizia in un periodo dove non ci sono le statistiche nei paesi più poveri.
Egli dunque stima il livello di sopravvivenza, la linea tratteggiata è una stima.
Il PIL pro capite nel giro di 120 anni aumenta di 9 volte, per quanto riguarda quello dei paesi più poveri si muove molto poco poiché passa da un livello stimato di 250.
dollari a uno di circa di 400 dollari nel 1990. Aumenta enormemente il divario tra gli USA e i paesi più poveri, nel 1870 il divario era di 8,7 volte, nel 1960 di 38 volte e nel 1990 di 45 volte. A partire dagli anni 80 e 90 le Nazioni Unite avevano rilevato che la liberalizzazione che era iniziata sia negli USA che in Inghilterra a partire dagli anni 80 aveva rallentato non solo la crescita ma anche la riduzione della povertà nelle aree più povere e aveva cresciuto la vulnerabilità dell'ineguaglianza in molti paesi. "The United Nations noted that economic liberalization across the world since 1980s has slowed down growth and poverty reduction and increased inequality and vulnerability in most countries." Rapporto 2010 su The world social situation. Nel corso del tempo si allarga quindi il divario tra paesi sviluppati e paesi che invece restano prigionieri della trappola della povertà (nel 1870 il PIL pro capite degli Stati Uniti era 8 volte.quello del paese più povero, nel 1990 45 volte, oggi quasi 85 volte)
Questa mappa fa vedere qual era la situazione del PIL pro-capite a parità di potere d'acquisto nel 2015. Quelli che hanno il PIL pro-capite inferiore di tutti sono quelli africani.
Un altro modo di vedere le cose: ci sono stati alcuni studiosi che hanno dubitato dei valori assoluti paese per paese e confrontandoli e quindi hanno cercato di calcolare la disuguaglianza globale che tiene conto del PIL pro-capite di tutti gli abitanti del pianeta (si possono fare solo stime data la non precisione dei dati di molti paesi).
L'idea è semplice: siccome non tutti i paesi hanno la stessa popolazione si utilizza sempre il PIL pro capite dei singoli paesi ma a ognuno di essi si assegna un peso proporzionato alla popolazione. È evidente per esempio che se il Lussemburgo ha un PIL pro-capite molto alto, il suo peso a livello globale è trascurabile ma se cresce del 20% quello della Cina e ha 1
di vita 82 anni 75 anni 61 anniTasso di mortalità infantile 3 per 1000 nati vivi 12 per 1000 nati vivi 50 per 1000 nati viviTasso di alfabetizzazione 99% 95% 86%PIL pro capite $38,000 $11,000 $1,000di vita delle donne 84,9 78,2 62,8
Figli per donna 1,3 2,1 3,2
Crescita della pop. % annuo 0,1 1,2 2,8
% di popolazione urbana 70,1 75,1 42,6
PIL pro capite ($ USA) 37.970 26.453 2.277
PIL pro capite PPP (a parità di potere d'acquisto) (USA=100) 63,8 44,4 3,8
% popolazione attiva in agricoltura 3,1 19,4 68,5
Consumo elettricità pro capite (kwh) 4.764 2.637 553
Auto per 1000 abitanti 625 200 64,9
Numeri cell. Per 100 abitanti (si contano le SIM) 159 85 100
% di analfabeti 1,1 4,4 13,1
Come si vede dalla tabella nello stesso momento convivono sul pianeta sistemi demografici, economici e sociali completamente diversi, con divari che non sono univoci. Ne deriva l'importanza, ai fini della comprensione dei processi, di abbandonare una visione unicamente eurocentrica anche perché emerge con grande evidenza che ancora oggi c'è un continente in grande difficoltà, l'Africa. Ciò mostra chiaramente il fallimento dell'idea, tipica degli
anni ’50 e ’60 del Novecento (gli anni della guerra fredda e della decolonizzazione), che il modello di sviluppo occidentale non sia soltanto quello migliore ma che sia anche facilmente esportabile.
Nel 1960 appare il lavoro di Rostow "The stages of economic growth. A non-communist manifesto". C’è in mezzo da parte di Rostow la volontà di dimostrare che il modello occidentale di tipo capitalistico è quello migliore perché la guerra fredda coinvolge 2 paesi che sono opposti da un punto di vista politico (USA democrazia e Russia dittatura) ma anche dal punto di vista economico perché gli Stati Uniti hanno un modello economico fondato sul capitalismo, l’altro è un paese comunista dove tutti i mezzi di produzione appartengono allo stato. L'idea è quella di uno sviluppo economico di tipo evoluzionistico, che procede per stadi successivi e sono 5 attraverso cui tutti devono passare e che vanno dalla società tradizionale.
(gradino più basso: situazione economica dell'età preindustriale quindi lo stato stazionario dell'economia) a quella dei consumi di massa (USA e i paesi occidentali negli anni 60), passando attraverso il take off industriale. Di fatto viene stilizzato il percorso di sviluppo della Gran Bretagna. Ogni paese è collocato in uno stadio preciso del processo, quelli sviluppati sono giunti alla fine, quelli sottosviluppati sono ancora al primo gradino, ma è solo una questione di tempo. Adotta l'idea di sviluppo delle scienze naturali che implica: la non casualità del processo e di conseguenza la sua direzionalità (c'è un inizio e c'è una fine); la continuità e la cumulatività (ogni passo in avanti prende le mosse dal passo compiuto in precedenza) e, soprattutto, l'irreversibilità: una volta che il cambiamento si è compiuto è impossibile tornare alla condizione precedente.caso africano In realtà non basta portare le fabbriche della rivoluzione industriale per generare sviluppo come dimostra bene il caso africano. Infatti nel 2017 i 15 paesi al mondo con il PIL pro capite più basso erano tutti africani. Questo dimostra che il semplice trasferimento di tecnologia e infrastrutture non è sufficiente per garantire lo sviluppo economico e sociale di un paese. È necessario anche investire nella formazione delle risorse umane, nella creazione di un ambiente favorevole agli affari e nella promozione dell'innovazione e dell'imprenditorialità. Solo così l'Africa potrà uscire dalla trappola della povertà e raggiungere un vero sviluppo sostenibile.