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Il potere di veto e la disobbedienza civile
Il potere di veto si risolve in una dichiarazione di volontà al fine di impedire che una legge, un comando, un ordine o una decisione venga ad esistenza. In genere, è istituzionalizzato, è esercitato al vertice e mira alla conservazione dello status quo.
Le forme di disobbedienza civile invece consistono in comportamenti commissivi o omissivi che mirano a rendere inefficace una legge, un comando, un ordine o una decisione che è venuta ad esistenza o a sottrarvisi. Nascono fuori dal quadro delle istituzioni vigenti e solo in un secondo momento alcune di esse vengono istituzionalizzate, sono esercitate alla base e mirano al mutamento.
Contro la pena di morte e il dibattito attuale sulla pena di morte
Per secoli, il dibattito sull'abolizione della pena di morte era pressoché inesistente. La morte in quanto pena non è mai stata messa in dubbio, pertanto il problema se fosse o non fosse lecita o giusta non si poneva.
La più autorevole
La testimonianza di come sia stata ritenuta legittima e naturale è data dall'opera "Le Leggi" di Platone, per il quale era ammessa in particolare per coloro di cui si poteva dimostrare l'incurabilità, dal momento che riteneva che lo scopo della pena fosse quello di rendere migliori, e per i colpevoli di omicidi volontari che dovevano patire ciò che essi stessi avevano fatto. Tale principio, che nasce dalla dottrina del contraccambio e che rappresenta una delle più comuni giustificazioni della pena di morte, sarà formulato dai giuristi medievali con la famosa espressione secondo cui il "malum passionis" (male della sofferenza) deve corrispondere al "malum actionis" (male dell'azione).
Considerando le grandi concezioni filosofiche della società e dello stato, la concezione organica dello stato, secondo cui il tutto è prima delle parti, ha offerto uno degli argomenti più comuni alla giustificazione della pena di morte.
dove quest’ultima è giustificata sulla base del fatto che l’uomo in quanto membro della società non può vivervi all’infuori e che la sopravvivenza della società stessa è un bene superiore a quella di una delle sue parti, specialmente quando è in pericolo la vita della società nel suo complesso. Alla concezione organica, si oppone la concezione individualistica della società e dello stato che ha completamente rovesciato il rapporto tra il tutto e le parti e ha reso possibile il fondamento contrattualistico dello stato portando al rifiuto della pena di morte e al conseguente sviluppo delle prime teorie abolizionistiche, a cominciare da quella di Beccaria. La pena di morte si ha con la pubblicazione dell’opera Il primo serio dibattito sulla liceità della Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria del 1764, la prima ad affrontare seriamente il problema e che contesta l’utilità e la necessità.La pena di morte è stata oggetto di dibattito per secoli. Nel XVIII secolo, Cesare Beccaria, un filosofo italiano, scrisse un saggio intitolato "Dei delitti e delle pene" in cui criticava l'uso della pena di morte e proponeva alternative più umane. La sua opera fu accolta con favore da Voltaire ed ebbe una forte risonanza nella Russia di Caterina II.
Secondo Beccaria, lo scopo della pena era quello di evitare che il colpevole commettesse altri crimini verso i suoi cittadini e che altri ne commettessero di uguali. A tal fine, non era necessario che le pene fossero crudeli per essere deterrenti, ma certe. La forza intimidatrice della pena era l'intimidazione, quindi la certezza di essere in qualche modo puniti.
In secondo luogo, non nasce dall'intensità della pena, ma dalla sua estensione. L'ergastolo, ad esempio, rappresenta una pena estesa e, in quanto comporta la perdita totale della propria libertà, ha una forza intimidatrice maggiore rispetto alla pena di morte, che è una pena intensa.
Accanto a questi principi, l'argomento fu all'origine contrattualistico di molte perplessità che portarono in gran parte al suo abbandono: Beccaria sostanzialmente non concepiva la
violazione del diritto alla vita da parte degli individui che avevano rinunciato a vivere nello stato di natura e che si erano dati delle leggi per tutelarsi avveniva in una società politica, in uno stato derivante da un accordo degli stessi individui, da un contratto tra gli stessi appunto. Nonostante venne emanata la prima legge penale che abolì la pena capitale (la legge toscana della pena di morte non è stata abolita nei paesi considerati all'epoca civili rispetto ai tempi e 1786), rispetto ai paesi considerati barbari, e anzi i maggiori filosofi del tempo continuarono a sostenere la stato il diritto sulla vita il quale l'avrebbe sua legittimità. Rousseau e Filangieri attribuivano allo garantito dagli attacchi altrui mediante l'esercizio del diritto dell'offeso di rispondere con l'offesa. Kant e Hegel sostenevano che la pena di morte fosse doverosa. Per Kant, il dovere della pena di morte rappresentava un imperativo categorico chespetta allo stato. Per Hegel, il colpevole ha il diritto di essere punito con la morte perché solo la punizione lo riscatta ed è solo punendolo che lo si riconosce come essere razionale e anzi lo si onora. Dinanzi all'Assemblea costituente tenne un celebre discorso a favore dell'abolizione della pena capitale, affermando l'irreversibilità degli errori giudiziari, confutando gli argomenti fondati sul consenso delle genti e sulla giustizia e sostenendo che la pena di morte non è più intimidatrice di altre pene. Contrariamente a Robespierre, Victor Hugo combatté contro la pena di morte durante tutta la sua vita. Questi sosteneva che si poteva essere indifferenti verso la pena di morte e non pronunciarsi sino al momento di vedere un patibolo, una ghigliottina, momento in cui una persona avrebbe dovuto prendere posizione. Oltre alla sua abolizione, il dibattito sulla pena di morte era centrato anche sulla sua.limitazione sulla eliminazione della crudeltà dell'esecuzione di alcuni reati gravi, e sulla sua ostentata pubblicità. In passato, il numero dei reati punibili con la pena di morte era maggiore e vi era l'obbligo di infliggerla nei casi previsti. La crudeltà dell'esecuzione si caratterizzava per le lunghe ed efferate sevizie che precedevano la condanna a morte, come descritto da Foucault, nel suo libro "Sorvegliare e punire", il quale cita inoltre un autore inglese secondo cui la morte-supplizio è l'arte di trattenere la vita nella sofferenza, suddividendola in mille morti e ottenendo la più raffinata delle agonie prima che la morte cessi. Il supplizio doveva essere infamante per le cicatrici che lascia sul corpo e per la risonanza da cui è accompagnato. Inoltre, doveva essere clamoroso, cioè constatato da tutti. Da qui la necessità che l'esecuzione fosse pubblica. Oggi nella gran parte degli stati non abolizionisti,si è cercato di eliminare i supplizi rendendol’esecuzione il meno dolorosa possibile. Tuttavia, dai resoconti sulle tre forme di esecuzione più comuni (la ghigliottina francese, l’impiccagione inglese e la sedia elettrica negli Stati Uniti) si evince che i supplizi permangono. Per Bobbio, la morte non è così istantanea come si lascia credere o si cerca di far credere da parte di coloro che sostengono la pena capitale, e nonostante l’esecuzione odierna venga eseguita con discrezione, il suo eco nella stampa fa le veci della presenza di un tempo del pubblico sulla piazza davanti al patibolo. Il successo riguardo all’abolizione parziale, le teorie abolizioniste hanno avuto un notevole se non quasi totale della pena di morte. Il tema di cui si sta discutendo in questi anni infatti è l’abolizione finale della pena di morte che ha cessato ormai da tempo di essere la pena per eccellenza in quanto ritenuta la più facile da eseguire.L'unica veramente intimidatrice. Nel processo graduale di delegittimazione della pena di morte è stato ridotto il numero di reati per cui la pena capitale è obbligatoria, è aumentato il numero dei reati per cui la decisione è lasciata ai giudici e alla giuria, non in tutti gli stati in cui è ancora ammessa viene effettivamente eseguita e negli stati dove vige ed è stata emanata una sentenza capitale si è manifestata la tendenza alla sua sospensione a tempo indeterminato e alla sua remissione in seguito a grazia. Una caratteristica dei paesi dove vige ancora la pena capitale, è la presenza di influenti associazioni abolizionistiche e di un'attenta e sensibile opinione pubblica che ne ostacola l'applicazione. Appunto Fece grande scalpore il caso di Gary Gilmore. Nel 1972 la Corte suprema aveva stabilito che molte circostanze in cui la pena capitale era applicata erano anticostituzionali e nel 1976 un'altra
La decisione, affermando che la stessa non sempre era anticostituzionale, riapre la strada a una nuova esecuzione, appunto quella di Gilmore, avvenuta nel gennaio 1977 nello stato dello Utah, dopo ben dieci anni che non era più stato giustiziato nessuno. Tuttavia, la graduale conquista da parte degli abolizionisti si è arrestata di fronte alla richiesta dell'abolizione che oppone un'accanita resistenza allo smantellamento e fa sì che il dibattito totale, in questione sia tutt'altro che concluso. Inoltre, la tendenza stessa all'abolizione considerata nel breve periodo si è dimostrata tutt'altro che lineare. Il dibattito è di gran lunga più acceso laddove l'abolizione totale non è ancora avvenuta o dove è appena stata approvata la riforma. Le tesi abolizionistiche prevalgono tra coloro che si occupano professionalmente del problema, nelle associazioni per i diritti umani e nelle stesse chiese costituite.
mentre il sentimento popolare sembra procedere nella direzione opposta reclamando il ripristino della pena capitale laddove è stata da tempo abolita. Uno degli argomenti a cui ricorrono gli antiabolizionisti laddove il dibattito sulla pena di morte è più acceso è il common sense. La pena capitale è indiscriminata in quanto non distingue tra delitti più o meno gravi, il sentimento popolare è volubile perché facilmente influenzabile dalle circostanze e le questioni di principio non possono basarsi sul principio della maggioranza. La legislazione sulla pena di morte risente dello stato di maggiore o minore tranquillità in cui si trova una determinata società e spesso dal conseguente minore o maggiore grado di autoritarismo del regime. Ne consegue che, mentre la tendenza costante considerata nel lungo periodo è nel senso della restrizione dell'ambito della pena capitale, vi sono statiaveva da tempo abolito la pena di morte, ma che l'ha ripristinata per un breve periodo.