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Appunti esame Storia del pensiero politico dei diritti umani, prof. Castelli, La Rivoluzione francese, i diritti dell’uomo e Kant Pag. 1
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Thomas Paine e i diritti dell'uomo

Contro Burke, Thomas Paine specialmente nella sua opera I diritti dell'uomo, secondo cui i diritti spettano all'uomo naturali in virtù della sua esistenza. Sono ad esempio i diritti intellettuali e quelli di agire come individuo per il proprio benessere e felicità e precedono i diritti civili in quanto l'emancipazione della società civile dal potere politico prodotto della storia. Sosteneva inoltre e in il diritto degli Stati americani all'indipendenza particolare e credeva fortemente che la Rivoluzione americana avesse contribuito alla nascita delle rivoluzioni in Europa, aventi lo stesso fondamento sul diritto naturale e gli stessi obiettivi.

Il rapporto fra le due rivoluzioni è stato ampiamente dibattuto. Contro Jellinek che sosteneva la improbabilità che derivazione della dichiarazione francese da quella americana, Boutmy i costituenti francesi conoscessero le dichiarazioni americane. In realtà, la dichiarazione

francese ne è stata influenzata: La Fayette che fu il primo a presentare un progetto in merito, venne sostenuto da Jefferson, l'allora ambasciatore degli Stati Uniti a Parigi. nella Dichiarazione dell'89

Tuttavia, a differenza della dichiarazione americana, la felicità è assente e con l'affermazione dello stato di diritto l'idea che la felicità dei sudditi, quale meta da raggiungere, fosse compito dello stato è stata abbandonata, concetto peraltro condiviso da Kant secondo cui lo stato doveva solo dare quanta libertà possibile da permettere a ciascuno di perseguire la propria felicità. La dichiarazione americana affermava con il bene comune della società, mentre in quella francese sono affermati in modo esclusivo in riferimento agli stessi individui. Riguardo al tema su quale delle due doveva ritenersi eticamente e politicamente superiore, Manzoni era a favore di quella americana

In quanto fu la prima fra tutte, le dichiarazioni dei congressi precedenti erano mere rivendicazioni di diritti violati dal governo e la somiglianza fra le due dichiarazioni riguardava solo il modo in cui erano state enunciate.

I principi dell'89:

Da un lato, la rivoluzione francese ispirò tutti coloro che combatterono per l'emancipazione e la liberazione del proprio popolo. Nel contesto italiano basti pensare al Risorgimento e all'opposizione al fascismo. Dall'altro, gli stessi principi sono stati motivo di condanna dei movimenti antirivoluzionari.

Il centro della dottrina della Dichiarazione è racchiuso nei primi tre articoli che riguardano:

  1. La condizione naturale degli individui che precede la formazione della società civile: tale condizione è data dall'eguaglianza nei diritti. Si ipotizza uno stato originario senza società né stato dove gli individui nascono liberi ed eguali obbedendo solo alle leggi naturali secondo

coscienza.

2) il fine della società politica che viene dopo lo stato di natura: tale fine è la conservazione dei diritti naturali quali libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all'oppressione. I primi tre sono diritti primari. La libertà è il diritto di poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri. La proprietà è un diritto sacro e inviolabile che non può essere limitato se non per ragioni di pubblica utilità. La sicurezza è la protezione accordata dalla società a ciascuno dei suoi membri per la conservazione della sua persona, dei suoi diritti e delle sue proprietà. La resistenza è un diritto secondario che interviene allorché vengano violati i tre diritti primari. Per tale motivo non può essere tutelato e l'inserimento deve essere esercitato a proprio rischio e pericolo. di tale diritto secondo Lefebvre sarebbe dovuto al timore di un nuovo

assalto aristocratico; inoltre, nonostante non compaia nella Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo del 1948, la stessa dichiarazione pone in evidenza la necessità di tutelare i diritti al fine di evitare che gli individui debbano ricorrere alla ribellione.

3) il principio di legittimità del potere che spetta alla nazione: il concetto di nazione si basa sul caposaldo della rappresentanza che è una e indivisibile, formata da individui singoli che contano, vale a dire che i rappresentanti nominati all'Assemblea nazionale sono considerati ciascuno per uno, dell'intera nazione, come i rappresentanti della totalità dei dipartimenti.

La Dichiarazione è stata sottoposta ripetutamente a critiche riguardanti l'astrattezza di alcuni articoli, il legame con gli ambienti borghesi e l'esistenza di alcuni diritti naturali. Taine, Mirabeau e Tocqueville hanno sostenuto rispettivamente la vaghezza e la contraddittorietà di alcuni articoli.

La loro contrarietà verso la società e lo stato di quel tempo e la loro formulazione come se volessero tendere alla nascita di una nuova umanità. È l'unico tra i quattro diritti enunciati ad essere stato chiaramente definito in più articoli, dove comunque sono stati formulati tre concetti divergenti: il primo secondo cui la libertà dell'individuo è definita rispetto agli altri individui che tuttavia non rappresenta una vera e propria definizione, il secondo inteso negativamente la definisce rispetto allo stato come il diritto di fare tutto ciò che non è né proibito né comandato, e il terzo inteso positivamente, quindi come autonomia, consta nel diritto di concorrere alla sua formazione.

Altri articoli riguardano i diritti e i doveri fiscali e vengono contemplate anche la libertà personale, religiosa, di opinione e di stampa, ma non quelle di riunione e di associazione.

La libertà è stata l'ultima ad essere conquistata ed è quella da cui nasce la società pluralistica delle odierne democrazie. Un'ulteriore contraddizione è data dall'art. 16 secondo cui una società non avrebbe una costituzione se i diritti non sono assicurati e se la separazione dei poteri non è determinata, con ciò implicando che una costituzione non sarebbe sempre positiva, ma solo in un certo contesto storico. Marx invece focalizza le sue critiche sugli individui che tali diritti intendevano tutelare, ovvero i borghesi che volevano emanciparsi dagli aristocratici, e sulla concezione individualistica della società alla base della dichiarazione, sostenuta anche da Burke, De Maistre e Lammenais. Nella realtà, è proprio il punto di vista dell'individuo singolo che porterà al rovesciamento dei rapporti tra governanti e governati che porta a sua volta alla nascita dello stato.

Il concetto di democrazia si basa sull'idea di un sistema politico in cui il potere è esercitato dal popolo attraverso decisioni democratiche, in cui tutti, indipendentemente dalla classe sociale, diventano titolari del potere sovrano tramite il voto dei singoli individui.

Tuttavia, alcuni filosofi come Bentham negano l'esistenza dei diritti naturali, sostenendo che siano un prodotto dell'autorità dello stato. Allo stesso modo, storici come Hegel ritengono che i diritti siano un prodotto della coscienza storica. In modo ancora più radicale, giuristi del positivismo come Kelsen e Schmitt sostengono che i diritti siano solo una limitazione che lo stato impone a se stesso.

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Publisher
A.A. 2011-2012
5 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher sandrauselli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero politico dei diritti umani e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Castelli Alberto.