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DISTANZA INDEFINITA
(La Fiat offre ai suoi clienti numerosi vantaggi);
2. – l’enunciatore parla in I persona o con un “noi esclusivo” e si
DISTANZA ISTITUZIONALE
rivolge ai suoi enunciatari in III persona (Solo noi di Ikea offriamo alla nostra clientela uno spazio
per i bambini);
3. – l’enunciatore parla in I persona o con un “noi esclusivo” e si rivolge
DISTANZA PEDAGOGICA
all’enunciatario con la II persona singolare o plurale (Ti aiutiamo a capire qual è il caffè più adatto a
te);
4. – l’enunciatario è interpellato direttamente con la II persona sing. o plu., da
AMMICCAMENTO
un enunciatore che si mantiene implicito e si mette in scena oggettivamente con la III persona
(Barilla è con te);
5. – l’enunciatore coinvolge molto strettamente l’enunciatario usando la I persona
COMPLICITÀ
plu. o con un “noi inclusivo” (Insieme faremo grandi cose).
Questa classificazione è utile per capire il modo in cui i vari siti web definiscono la relazione con
gli utenti.
Nell’analisi della coerenza di un sito web, si devono individuare e confrontare le isotopie
semantiche, ovvero le ricorrenze di certi significati.
-La comunicazione interpersonale mediata da tecnologie-
Il web si è affermato come ambiente comunicativo con una visione di relazione basate su 2
paradigmi: quello informativo (per cui si considera il web un mezzo per cercare e offrire
informazioni) quello broadcast ( in cui pensiamo a un flusso di informazioni che vanno da uno a
molti, i quali riceveranno in modo passivo).
Una volta creato il web, questo ha iniziato a integrare tutte le tecnologie della comunicazione
interpersonale. Con queste tecnologie gli individui non si scambiano solo informazioni, ma
stabiliscono rapporti personali, li mantengono, li cambiano, li rompono, ecc.
Se prendiamo come esempio il telefono. Questo è una forma di comunicazione orale, ma può anche
essere scritta (se pensiamo ai messaggi, alle chat e alle mail).
Il telefono lo teniamo spesso o in mano o comunque vicino al nostro corpo e le sue dimensioni
ridotte, ci fanno percepire un effetto di vicinanza col nostro interlocutore, indotto dal dispositivo
stesso.
Occorre dunque distinguere la distanza nello spazio fisico (che si misura in centimetri, metri e
chilometri) dall’effetto di distanza o vicinanza (creato dalla tecnologia e che si valuta con altri
criteri).
Un secondo criterio è il numero di canali sensoriali coinvolti.
→ se, per esempio, ad una telefonata audio aggiungiamo il video, la persona con cui parliamo ci
sembrerà molto più vicina perché, oltre al tono della voce, controlliamo anche le espressioni
facciali; questo implica un maggior coinvolgimento emotivo.
Un terzo criterio, infine, è il tempo.
Al telefono comunichiamo in sincronia, il che rafforza l’effetto di vicinanza già prodotto dalla
condivisione audio, ma c’è lo svantaggio della scarsa pianificazione.
In opposizione, qualsiasi tecnologia che si basa sulla scrittura è più distante del faccia a faccia
(perché asincrona) ma ha il vantaggio di una buona pianificazione, ovvero ci permette di pensare
bene cosa e come rispondere.
A prescindere da queste variabili la sempre maggiore velocità di trasmissione dei messaggi ha
indirizzato la comunicazione interpersonale verso la velocità sempre maggiori. Questa velocità
crescente riguarda:
- tempo fisico – quanto tempo le persone impiegano per progettare, scrivere, rivedere un testo…
- tempo percepito – quanto veloce o lenta una tecnologia è considerata dalle persone.
Per misurare l’effetto di velocità si seguono 5 criteri di risparmio:
• tempo fisico – quanto tempo impieghiamo per attivare e usare una tecnologia;
• denaro – quanto costa usare una certa tecnologia;
• impegno corporeo – prendere in considerazione quanto dobbiamo muovere il corpo per attivare e
usare una certa tecnologia;
• impegno cognitivo – valutare quanta elaborazione cognitiva è necessaria per usare una certa
tecnologia;
• coinvolgimento emotivo – l’ultimo parametro implica prendere in considerazione quante e quali
emozioni suscita un atto di comunicazione mediato da una certa tecnologia.
La velocità fisica e l’effetto di velocità riguardano tutte le tecnologie digitali della comunicazione.
Nel complesso, inoltre, le tecnologie sono usate non solo in sequenza ma in contemporanea, il che
produce una vera e propria ebbrezza.
I linguisti chiamano scrittura orale o scritto-parlato quella forma di scrittura nata dal fatto che la
rapidità della messaggistica breve e delle chat avvicina questo tipo di scrittura alla sincronia del
faccia a faccia, e dunque all’oralità.
I tratti distintivi di questo tipo di scrittura sono:
• dalla scarsa pianificazione e immediatezza del faccia a faccia nascono:
- un certo grado di tolleranza nei confronti degli errori ortografici, lessicali e grammaticali;
- numerosi espedienti di abbreviazione;
• per quel che riguarda la mancata compresenza:
- la scrittura orale è alla ricerca continua di espedienti grafici e linguistici per trasferire nello
spazio visivo i tratti prosodici del parlato. Perciò la durata delle vocali si trasforma in una
moltiplicazione (graaaaande, ciaooooo); l’intensità della voce si traduce con gli asterischi
(*importante*); il volume col maiuscolo; le pause diventano catene di punti; l’intonazione
con l’uso di punti interrogativi o esclamativi.
- per sostituire i segni non verbali la scrittura orale da un lato fa uso frequente di espressioni
onomatopeiche tratte dai fumetti, dall’altro ha introdotto celebri emoticon.
- la scrittura orale abbonda di parole, espressioni e forme gergali, dialettali: ogni espressione
che è usata e compresa solo dal ristretto gruppo micro-sociale cui emittente e ricevente
appartengono.
La scrittura orale è uscita rapidamente dagli sms e dalle chat, dove era confinata negli anni ‘90, per
finire sempre più spesso nelle mail, nei blog e nei più disparati genere di siti web, contagiando
anche il giornalismo e la letteratura.
-Il Web 2.0-
Con il termine Web 2.0 non indichiamo un aggiornamento del Web 1.0, ma ci riferiamo a un nuovo
metodo con cui interagire e collaborare.
Nascono le piattaforme e attorno agli anni Duemila (in poi), molti siti di successo presentano
caratteristiche comuni: offrono di fatto servizi di archiviazione, gestione e condivisione in remoto
dei propri file personali.
Web 1.0 Web 2.0
Programmi che funzionano in locale su un Programmi che funzionano su server remoti
computer attraverso il web
Comunicazione Broadcasting (asimmetrica e Comunicazione p2p (enunciatore e enunciatario
non reversibilità) sono alla pari) + file sharing
La possibilità fornita del condividere in pubblico con altre persone i propri contenuti, ha permesso
alle comunità virtuali di diventare un fenomeno di massa.
Nasce così la viralità della rete: qualcuno pubblica un testo o un’immagine o un file audiovisivo su
un blog, su YouTube, su Facebook e in pochi giorni se non ore raggiunge una platea di
considerevoli dimensioni.
I fattori che hanno contribuito alla propagazione dei contenuti sul Web sono stati:
- Facebook;
- Internet;
- l’intreccio di Internet con i media tradizionali;
- la progettazione della viralità.
Per focalizzare i principali tratti linguistico-semiotici che caratterizzano il Web 2.0, è utile
riprendere un altro concetto ricorrente nei discorsi che riguardano la rete: la conversazione.
Delle conversazioni sul Web se ne è occupato il Cluetrain Manifesto = una lista di 95 tesi scritte da
un gruppo di consulenti e manager statunitensi e pensate per invitare le imprese a costruire la loro
presenza sul Web.
In rete le comunicazioni tendono a simulare i tratti del dialogo faccia a faccia, quello in cui nello
stesso spazio/tempo ci sono almeno due persone che si parlano e hanno ruoli paritetici e simmetrici.
Ecco i principali tratti:
• le persone parlano dicendo “io”, o al massimo “noi”, così in rete le aziende fanno lo stesso
rivolgendosi ai potenziali clienti;
• ci si rivolge all’interlocutore dandogli del “tu” e dunque considerandolo alla pari;
• si parla in modo informale.
Tornando alla classificazione di Marmo, sul Web predominano e si alternano la distanza
pedagogica, l’ammiccamento e la complicità.
Il Web è diventato uno spazio di interazioni e in termini di quantità il numero di queste interazioni è
aumentato vertiginosamente.
Nel caso di molti ambienti tipici del Web 2.0, la teoria dell’enunciazione ci mostra subito le
strategie con cui l’azienda proprietaria di un sito web si intromette fra le persone che lo usano,
proponendosi come soggetto più o meno intrusivo e più o meno paritario.
Il rapporto che aziende proprietarie come YouTube e/o Google hanno con i propri utenti non è
affatto paritario e complice, anziYouTube usa la distanza indefinita per riferirsi ai suoi interlocutori.
C’è una netta differenza tra parlare di architetture client/server o peer to peer in informatica e
considerare invece le strategie comunicative delle aziende: sia YouTube sia Flickr si basano
entrambi su architetture informatiche client/server, come tutti i siti tipici del Web 2.0, ma mettono in
scena relazioni diverse con gli utenti.
Google è diventato il primo simbolo del Web 2.0, a cui qualche anno dopo, con l’esplosione degli
utenti di Facebook nel mondo, si sono aggiunti i social media.
Google è un simbolo per il modello del business che incarna: offre gratuitamente una varietà di
servizi remunerandoli con proventi che arrivano soprattutto dalla pubblicità.
Questo motore di ricerca nacque nel 1998 come spider e nel giro di un paio di anni divenne il più
usato al mondo. La chiave del suo successo è l’algoritmo del PageRank, il quale permette di
ordinare i risultati delle ricerche sul Web in modo radicalmente innovativo.
Se un certo sito è più linkato di altri, vuol dire che i suoi contenuti sono più interessanti per un
maggior numero di persone, quindi è giusto farlo comparire per primo.
Google avrebbe dunque il merito di togliere i criteri di selezione e classificazione delle informazioni
dalle mani dei centri di potere economico e politico.
Gli stessi Brin e Page hanno più volte parlato di PageRank in termini di “voti” e di “democrazia”,
alimentando la tendenza a interpretare come valorizzazione qualitativa il meccanismo che sta alla
base del loro motore.
In realtà la presunta democrazia di Google ha du