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Tornando a San Tommaso che si pone queste domande, egli concepisce la legge come un vocabolo che si può
interpretare in tante materie, non equivocò ma analogo, parte però egli dalla Legge Civile 'ordinatio rationis in bonum
commune ab eo cui curam habem communitatis ' ossia ordine della ragione per il bene comune promulgato dalla
autorità (colui che ha cura della comunità) ma che deve per prima cosa avere una sua ragionevolezza, quindi è racchiuso
qui il primato della ragione sulla autorità; la causa finale è il bene comune e la causa efficiente è l'autorità, c'è anche una
modalità ossia la promulgazione, se mancano questi aspetti non si ha legge POSITIVA (che è posta) qui in primis
analizzata come Civile. Tommaso afferma: la legge positiva deve tradurre e non tradire la legge naturale, la legge
ingiusta non è legge è piuttosto corruzione della legge, è la verità che fa la legge e una cosa per esser comandata deve
essere prima buona. Ma da dove si ricava la legge naturale? È quella insita nell'uomo.
S. Tommaso dice che la formulazione della legge positiva non può contraddire l'esigenza della legge naturale. Questa
cosa che sembra una cosa di poco conto in realtà è formidabile perché delimita un potere assoluto, perché uno non può
dire "la mia volontà diventa legge". L'affermazione è a garanzia e difesa di quello che potrebbe essere un esito assoluto
del potere.
Lezione 14/3
Analizzeremo posizioni opposte sul tema dei diritti naturali all’interno della Chiesa. PAOLO III FARNESE: con la bolla
sublimis deus (1538, non sono passati nemmeno 50 anni dalla scoperta USA, ci è voluto un attimo perché il problema
venisse fuori), siamo poco prima del concilio di Trento. Quali erano le domande? 1)è lecito costringere con la forza i
principi e i pagani alla conversione in modo coatto? 2)è legittimo appropiarsi delle terre altrui? A quale titolo? 3)
questione dell’eguaglianza dei popoli sottomessi con gli invasori. Stiamo parlando di diritti naturali, chiaramente e
siamo prima della rivoluzione francese. In merito soprattutto alla 2° questione i Papi non la pensano tutti alla stessa
maniera. Un Papa Niccolò V dice che è lecito ridurre in una condizione di schiavitù chi non si convertisse, invece un
Papa malfamato come Alessandro VI Borgia, dice che le popolazioni locali siano convertite alla fede in Cristo secondo
il buon esempio e una condotta di vita buona, non coatta quindi.
Chi riteneva lecita l’occupazione lo faceva sotto questo ideale “tutto il mondo è di Cristo, il papa è a capo del mondo e
quindi Dio dà le terre a chi vuole”. Il primato di Cristo è fuor di dubbio ma il fatto che egli sia possessore del Mondo e
che nelle mani del Papa possa suddividere a proprio piacere, questo è sbagliato.
Coloro i quali erano contro l’impossessamento dei terreni credevano che la scoperta non convalidasse l’occupazione e
nemmeno l’investitura papale poteva bastare. Secondo invece un francescano Sèpulveda, basandosi su Aristotele, era
legittimo l’impossessarsi di terreni conquistati, identificando le categorie di popoli barbari e popoli della Chiesa. Il
pensiero di Sèpulveda: è lecito dominare con le armi uomini la cui natura è quella di schiavitù, è lecito farlo per popoli
che praticano il cannibalismo, è legittimo adoperarsi affinchè i prescelti al sacrificio siano salvati, è legittimo che
l’evangelizzazione avvenga in modo coatto. Contrapponendosi al Sèpulveda, Las Casas punta sulla dolcezza,
obbedienza e umiltà degli Indios e valuta i loro sacrifici, ideali e pratiche come un essere arretrati, e che hanno bisogno
del Cristianesimo per “evolversi” come popolo. La chiesa locale e la intelligenza accademica erano suddivise da due
diversi ideali (pro schiavismo con Sèpulveda e contro schiavismo con i Domenicani). Il pontificato vide in Spagna e
Portogallo una posizione sicuramente più vicina a quella di Sèpulveda, il pontificio aveva una sua posizione abbastanza
chiara su questo argomento e lo si può dedurre dalla lettera del 2 GIU 1537 III anno di pontificato “sublimis deus”: con
l’autorità apostolica si stabilisce che gli Indios e altri popoli in futuro scoperti dai cristiani anche se non cristiani non si
possono privare della liberta e del dominio delle loro proprietà, né ridurre in schiavitù, se qualcosa sarà fatto in
contrario la dichiariamo nulla e invalida e dichiariamo che gli stessi Indios e altri popoli saranno da invitare alla fede
cristiani con la parola del signore e non in modo coatto e forzato.
Oggi analizzeremo il seguente trittico:
- si parte dal basso
- l’uomo è la fortuna di se stesso
- punto di partenza ipotetico: perché l’uomo si mette insieme, perché costituisce una società?
L’esito è quello di uno stato forte e certamente assoluto, alcuni autori arrivano a chiamarlo addirittura totalitario
(concezione sbagliata, non ogni stato assoluto è totalitario, mentre ogni stato totalitario è assoluto). Perché ci sia uno
stato totalitario, è necessario alla base avere una idea ottimistica di creare un uomo nuovo. Uno studioso (Hobbes)
analizza la guerra civile, identificando come il bene più prezioso la pace. Per conseguire il bene della pace in maniera
coerente svolge un discorso: “ perché la pace è minacciata? La pace è minacciata nello stato di natura dal fatto che gli
uomini sono tutti uguali, e tutti hanno diritto di aspirare a tutto. In una situazione cosi è inevitabile la guerra, perché
c’è appunto un ‘tutti vogliono tutto’ quindi la guerra di tutti contro tutti. Da questo punto di vista, la genesi dello stato è
chiaramente pessimista. Se tutti hanno diritto a tutto, la mia posizione è precaria. Occorre creare una sorta di artificio
che risolva questa situazione di incertezza, questo artificio è lo stato e ha come compito il seguente: passare a una
posizione positiva tramite l’eguaglianza di fatto, in quanto eguali per natura gli uomini sono in grado di procurarsi
l’un l’altro la morte, se poi aggiungiamo la scarsità dei beni per cui può accadere che più uomini desiderino possedere
la stessa cosa, l’eguaglianza fa sorgere in ciascuno la speranza di possedere la stessa cosa senza conflitti. Ogni uomo
possiede una ‘quota forza’ e per conseguire la pace occorre che tutti si mettano d’accordo di deporre ciascuno la
propria quota forza ai piedi di qualcuno che egli chiama la ‘sovranità’. Qui c’è il concetto del patto della società
(pactum societatis), identificato davanti a chi si depone la forza (la spada), è secondario chi sia, e con questa
sovranità scatta il ‘pactum subiectionis’. In questa maniera identifichiamo la sovranità che ha tutta la forza che gli
viene da noi, nasce quindi per la volontà dei singoli non la ha sin dall’origine. Il popolo viene definito come
moltitudine.”
Analizziamo il pactum societatis: secondo Hobbes lo stato è la sovranità, è un prodotto della volontà umana e
rappresenta l’uomo artificiale. Anzitutto deve essere un accordo di molti e non di pochi, permanente e non temporaneo,
in secondo luogo non deve manifestarsi sotto forma di un’associazione. La società civile cosi identificata è una società
di mutuo soccorso, non condivide questo patto da solo, è necessario infatti il secondo patto, ossia l’obbligo di obbedire a
tutto quella che verrà comandato, in Hobbes si parlerà di sudditi.
Caratteristiche della sovranità:
• è IRREVOCABILE: ha paura che il potere si disperda e si ritorni alla situazione iniziale, una volta posata la
spada, non la posso ritirare; i patti vanno rispettati. In teoria è plausibile ritirarla se tutti sono d’accordo sul ritirarla.
• è ASSOLUTA: non ha vincoli, tradotto su un piano pratico significa che abbiamo una concentrazione del
potere che è massimo e monocentrico. Hobbes considera le posizioni intermedie dei disturbatori (es. non è chiaramente
un federalista). L’unica legge del diritto naturale rispetta il patto. Il giusto e il non giusto non esistevano prima che fosse
istituita la sovranità. La loro natura dipende da quello che è comandato. Quindi quello che si può contestare è la
legittimazione della posizione del sovrano, non critico quello che è detto, metto in dubbio l’autorità del sovrano. Quello
che il sovrano non stabilisce va avanti per consuetudine. NB: nella teoria di Hobbes manca assolutamente una teoria
dell’abuso di potere, anzi viene trattato il NON USO del potere
• è INDIVISIBILE, per evitare il conflitto è necessario ricondurre i poteri a una persona.
Hobbes dice che di tutte le cause di disgregazione dello Stato, la più grave è quella dell’esistenza di un potere esterno
che richiede l’obbedienza alle proprie leggi, una persona come fa ad avere due sovrani? In una comunità religiosa il
timore di Dio è più potente del timore del Re, questo allora per Hobbes è un problema. Anche la chiesa anglicana
avanzava pretese come avveniva nella chiesa cattolica, e egli risolve la questione nel seguente modo, analizzando la
sacra scrittura: afferma che il regno di dio non è di questo mondo e che cristo è soltanto venuto a predicare, insegnare e
non comandare, il salvatore non ha indicato nessuna legge circa il governo dello Stato ma solo quella di appunto,
obbedire alle leggi dello Stato. Infatti S. Tommaso è giudicato male da Hobbes quando dice di essere fedele al sovrano
ma non può seguirlo oltre il punto in cui prevarica il Signore. Riaffermato che il concetto deve essere unico, Hobbes
identifica che esistano si, due sfere diverse di potere, uno temporale e uno spirituale ma quello della legge spetta solo
allo Stato; identificare la differenza tra spirituale e temporale avviene ad opera della ragione, di conseguenza fa capo al
potere temporale. Non vi può essere in uno Stato solo una Chiesa riconosciuta dallo Stato, che divengono la stessa cosa!
(dov’è la libertà religiosa?)
Procediamo ora a una conclusione di Hobbes e dello stato moderno: piace? Quali sono i pregi e quali i difetti?
È moderno perché siamo nella modernità, è innovativo perche pensa lo Stato che parte dal basso con l’innegabile
presenza dell’individuo. Abbiamo la forma dello Stato assoluto, non un totalitarismo che presuppone una concezione di
verità, Hobbes è uno scettico, cinico. Condannò i partiti come forme di demagogia e vermi della società