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Il cambiamento del modello di business, con la digitalizzazione delle attività economiche e dei
servizi tipicamente offline, hanno cambiato anche le modalità di fornitura, con le distinzioni fra
proprietario e utilizzatore, fra luogo di lavoro e di residenza e utilizzo professionale e personale.
La crisi economica, inoltre, ha contribuito a modificare abitudini di consumo e ricettività verso
tali soluzioni.
Le piattaforme sono sostanzialmente prive di infrastrutture logistiche e dipendenti, ma ricorrono
alla collaborazione di soggetti esterni in caso di necessità. Internet e le app, quindi, oltre
all’immediatezza, garantiscono riduzione dei costi e coordinamento.
I settori maggiormente interessati in Italia, secondo i dati del 2015, sono: crowdfunding,
trasporti, scambio di beni di consumo e turismo.
Le principali questioni aperte riguardano
• la configurazione della piattaforma, che può quindi essere di semplice intermediazione o
un’attività economica vera e propria,
• l’accesso al mercato e la possibilità di posizioni dominanti,
• normativa fiscale e disciplina del lavoro,
• tutela dei consumatori e profilazione ed utilizzo delle loro informazioni.
Le tecnologie di informazione e comunicazione non sono quindi più un settore a sé, ma il
fondamento dei sistemi economici moderni. L’Europa ritiene centrale lo sviluppo di un mercato
unico digitale, trattato nella COM (2015)192, in cui si precisano le necessità di migliorare
l’accesso online a beni e servizi, creando un contesto favorevole e massimizzando il potenziale
di crescita di questa economia.
Vi sono a riguardo diverse Comunicazioni della Commissione, volte a favorire la possibilità di
procedere attraverso autoregolazione e co-regolazione.
Il documento sulla revisione intermedia dell’attuazione della strategia per il mercato unico
digitale COM (2017)228, sottolinea la centralità delle piattaforme nel creare valore digitale, ma
evidenzia la necessità di prestare attenzione ad accesso a contenuti e informazioni e alle
transazioni online.
Secondo la Commissione (COM(2016)228), le piattaforme comprendono attività come
piattaforme pubblicitarie online, mercati, motori di ricerca, social media e punti vendita di
contenuti creativi, piattaforme di distribuzione di applicazioni, servizi di comunicazione, sistemi
di pagamento e piattaforme per l’economia collaborativa. Esse possono quindi creare nuovi
mercati e forme di esercizio delle attività economiche, beneficiando degli effetti di rete, ossia
aumentando il proprio valore all’aumentare degli utenti, raggiunti facilmente e
istantaneamente.
Il ruolo delle piattaforme è quindi quello di consentire ai consumatori di reperire informazioni e
alle imprese di offrire beni e servizi. Esse accumulano, generano e controllano un volume
enorme di dati, trasformati in informazioni utili per la loro offerta di servizi.
Il caso UBER ha acquisito rilevanza a livello europeo anche dal punto di vista giurisprudenziale,
poiché ha messo in luce la difficoltà di definire regole efficaci che garantiscano concorrenza e
tutela degli utenti. Ciò ha evidenziato la capacità espansiva delle nuove piattaforme in più
mercati, sfruttando la notorietà acquisita nei trasporti (es.: Ubercargo, Uber eats, ecc.).
Tali servizi sono sottoposti a diversi controlli su:
• Accesso al mercato, con la limitazione all’ingresso (attraverso un controllo sul numero di
veicoli utilizzabili per il servizio,
• Condizioni di svolgimento del servizio: la necessità di una licenza e di garanzia di standard
di sicurezza per guidatore e veicolo,
• Modalità di svolgimento del servizio: la fissazione delle tariffe in funzione della distanza.
I problemi riguardano invece le carenze ed inefficienze collegate alla capacità di calibrare
domanda e offerta, in termini di allocazione delle risorse, costi di transazione, capacità di fornire
informazioni e tariffe applicate squilibrate.
Gli elementi caratterizzanti di UBER sono:
• Bassi costi di ingresso e rischi finanziari legati all’offerta del servizio (non essendovi
necessità di licenze),
• Le barriere esistenti, trattandosi di un mercato regolato.
L’informazione all’utente dev’essere inoltre dettagliata per ciò riguarda qualità e sicurezza del
bene/servizio offerto (es.: rispetto delle norme antisismiche, assicurazione dell’auto),
competenze di chi lo eroga e rischi (possibilità di risarcimenti, modalità di risoluzione delle
controversie). Da qui l’introduzione delle recensioni.
L’acquisizione delle informazioni non si limita inoltre ai dati personali, ma comprende anche
abitudini di spostamento, transazioni effettuate, percorsi. Esse sono parzialmente fornite
volontariamente per usufruire del servizio, ma in parte anche derivanti da informazioni
processate da Uber, che possono anche essere utilizzate sul mercato per mantenere una
posizione dominante e avere vantaggi competitivi rispetto alle altre piattaforme concorrenti.
La sharing economy ha creato mercati prima inesistenti o marginali, oggi rilevanti, che seguono
logiche di mercato ma non solo (a volte la tratta condivisa in macchina non è retribuita, ma si
dividono le spese).
In relazione ai servizi di sharing economy (in particolare UBer), l’AGCM sottolinea i benefici
concorrenziali come maggiore offerta e riduzione dei costi, ma anche la necessità di una
regolamentazione minima che garantisca tutela ed eviti discriminazioni.
L’Autorità di regolazione trasporti (ART) è intervenuta con proposte di regolamentazione delle
piattaforme che svolgono la funzione di intermediari nel settore della mobilità:
• Obbligo di registrazione delle piattaforme alla regione in cui svolgono servizio,
• Utilizzo da parte di conducenti non professionali, sottoposti a obblighi su RC auto e
trasparenza delle tariffe.
Il TAR Lombardia, con due ordinanze del 2015, ha affrontato il ricorso di sindacati e
organizzazioni di tassisti contro Uber, in quanto Uber Pop (svolto da privati) consisterebbe
nell’intermediazione di un servizio di taxi abusivo. Si tratta quindi, secondo loro, di illecito
civilistico di concorrenza sleale, nonostante Uber sottolineasse che il servizio consiste in
un’applicazione informatica attiva solo per comunità di utenti registrati, senza tariffe ma con
rimborso spese.
Il TAR non ha accolto l’impianto difensivo di Uber, bensì la richiesta inibitoria dell’utilizzo, in
quanto considerava Uber equiparabile a radio-taxi (con gli stessi servizi, modalità e clienti).
Esiste quindi un presupposto per illecito concorrenziale, a cui si aggiunge la violazione dell’art.
82 del codice della strada, perché l’utilizzo del veicolo dietro corrispettivo richiede
un’autorizzazione.
Secondo il giudice, Uber non può essere considerata solo una piattaforma per l’incontro di
utenti, poiché fa colloqui preliminari di valutazione e riceve pagamenti effettuati dagli utenti,
configurandosi quindi in una vera e propria attività d’impresa.
I riferimenti normativi sono:
• Art. 41 Cost., sulla libertà iniziativa economica, ma il cui esercizio è subordinato al potere di
indirizzo del legislatore;
• L. 21/1992, che disciplina l’esercizio da parte di privati di un servizio pubblico, in regime di
licenza.
Le regioni fissano inoltre criteri generali, mentre gli enti locali emanano la legislazione di
dettaglio (Es.: corrispettivi richiesti per il servizio, correlazione tariffe-tempo, modalità di
svolgimento del servizio, ecc.).
La proposta di legge del 2016 della Camera dei deputati n. 3564 “Disciplina piattaforme digitali
per condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell’economia della
condivisione”, prevedere:
• Il compito dell’AGCM si regolare e vigilare sull’attività delle piattaforme digitali, emanando
sanzioni;
• L’istituzione presso l’AGCM del registro delle piattaforme digitali dell’economia della
condivisione;
• La possibilità che l’AGCM preveda obblighi di stipula di polizze assicurative per la copertura
dei rischi;
• L’imposta per redditi prodotti mediante piattaforma digitale;
• La tutela della privacy attraverso la previsione del consenso.
Il Decreto mille proroghe 2017 (D.L. 244/2016), convertito con L. 19/2017 prorogava al
31/12/2017
• Il termine per emanare il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti diretto ad
impedire pratiche abusive dell’esercizio del servizio di taxi,
• La sospensione dell’efficacia delle disposizioni che restringevano l’operatività dei conducenti
al di fuori del Comune per cui era stata concessa l’autorizzazione.
La Legge annuale concorrenza (n. 124 del 4 agosto 2017) prevede all’art. 179 la delega per
emanare un decreto di revisione della disciplina dei servizi pubblici non di linea, per adeguare
l’offerta di servizi alle nuove forme di mobilità svolte grazie ad app e piattaforme tecnologiche
per l’interconnessione di passeggeri e conducenti. Tale provvedimento dovrà essere adottato
entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge.
La Corte di Giustizia, nella sent. C-434/15 sostiene invece che si tratti di un servizio unico
formato dalla messa in contatto di passeggeri e conducenti attraverso smartphone e della
prestazione di trasporto. La componente erogata per via elettronica può essere considerata
servizio della società dell’informazione solo se economicamente indipendente dall’altra o se
rappresenta la prestazione principale del servizio misto.
Uber si qualifica quindi come un servizio che fornisce l’applicazione che ne consente l’offerta ed
esercita influenza determinante sulle condizioni della prestazione, in quanto:
• Fissa il prezzo massimo della corsa e riceve la somma, girandone poi parte al conducente;
• Controlla qualità di veicoli e conducenti, decidendone l’ammissione o l’esclusione.
In attesa della regolamentazione di Uber, i tassisti hanno creato Mytaxi (attiva a Roma e Milano
dal 2015), un’app che mette in comunicazione diretta tassisti e utenti, scaricabile gratuitamente
per dispositivi mobili. L’adesione dei tassisti è gratuita, ma pagano una commissione sulla corsa
portata a termine. Non essendoci clausola di esclusiva, possono lavorare anche con radiotaxi.
Come Uber, è consentito il rating del viaggio da parte del passeggero. È stata tuttavia aperta
un’istruttoria di AGCM per clausole di esclusiva poste dai servizi di radiotaxi, idonee ad impedire
l’ingresso di nuovi operatori.
Fintech propone invece un insieme di innovazioni nell’offerta d