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VANTAGGIO COMPARATO
Il vantaggio comparato è un teorema che risale a David Ricardo, finanziere e teorico
dell’economia. Di solito si spiega questo concetto facendo l’esempio di Ricardo stesso,
cioè parlando di due paesi, l’Inghilterra e il Portogallo. Per facilitare, però, parliamo di
due persone, Renzo e Attilio: supponiamo che questi due personaggi arrivino su
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un’isola deserta e si trovino in una situazione nella quale possono nutrirsi solamente in
due modi, con pesci e banane.
Se Renzo passa tutta la sua giornata a cercare di raccogliere banane, alla fine
• della giornata può portarne a casa 100; se, invece, dedica tutta la sua giornata a
pescare, in una settimana riuscirà a portare a casa 200 pesci; se decide, invece,
di passare metà del tempo a raccogliere banane e il restante per pescare, riuscirà
a portare a casa 50 banane e 100 pesci;
Attilio, invece, è un po’ meno bravo di Renzo, e dedica tutto il suo tempo a
• cercare di raccogliere banane, ma ne porta a casa soltanto 50, la metà di quanto
ne riusciva a portare a casa Renzo; e, quando pesca, ne pesca soltanto 50. Anche
Attilio, dividendo il suo tempo, alla fine porta a casa 25 caschi di banane e
assieme 25 pesci.
Finché Renzo e Attilio non scambiano tra loro, il limite al loro consumo è ciò che
raccolgono, perché possono consumare soltanto quello che producono; nel caso di
Attilio 25 caschi di banane e 25 pesci, mentre nel caso di Renzo 50 caschi di banane e
100 pesci. A un certo punto Renzo e Attilio si incontrano: Renzo propone ad Attilio di
dargli 37 dei suoi pesci (su 100) in cambio di 25 banane di Attilio (su 25).
Perché Renzo, che è più produttivo, si mette in
una situazione di scambio con una persona che
è lo di meno come Attilio? L’obiettivo di Renzo
è quello di mantenere lo stesso consumo di
banane che aveva in precedenza, chiedendone
25; impiegherà in questo modo il suo tempo
per pescare, riuscendone a prenderne 150,
dovendo dedicare alla raccolta delle banane
molto meno tempo, accontentandosi del tempo
che gli serve per raccoglierne 25 perché le
altre 25 gliela dà Attilio in cambio di 37 pesci.
Che cosa fa Attilio? Attilio smette di pescare e
dedica invece tutto il suo tempo a raccogliere
banane; così facendo, Attilio raccoglierà 50
banane a settimana; di questi 50 caschi di banane, 25 li dà a Renzo e 25 se li tiene
per sé. Allo stesso tempo, Renzo dedica meno tempo alla raccolta di banane, e in
compenso dedica più tempo alla pesca, pescando 150 pesci, e dandone 37 ad Attilio.
Renzo e Attilio hanno una produttività diversa: Renzo è decisamente più produttivo di
Attilio. 11
E allora perché Renzo si mette a scambiare, perché può trarre giovamento dallo
scambio? Perché Renzo aumenta il consumo di pesce, mantenendo costante il
consumo di banane; allo stesso tempo, Attilio riesce ad accrescere il suo consumo di
pesci mantenendo uguale il consumo di banane, anche se è meno efficiente.
La specializzazione
Renzo e Attilio, operando in questo modo, si specializzano in un’unica produzione:
ciascuno dei due sceglie quindi di dedicarsi a fare solamente una cosa, e
specializzandosi in quella funzione e scambiando con altri, riescono ad accrescere il
benessere delle loro società. Renzo (Inghilterra) scambia con un partner (Portogallo)
che è meno efficiente di lui a fare entrambe le cose, ma il guadagno di efficienza che
deriva dalla specializzazione compensa il fatto che egli scelga di non fare una cosa
nella quale sarebbe pure molto più bravo del suo partner. Le scelte di specializzazione
non sono basate esclusivamente su vantaggi assoluti.
Quali sono i vantaggi della specializzazione? La specializzazione porta un
miglioramento della qualità del prodotto o servizio del quale si fruisce. Specializzarsi
conviene perché, in questo modo, aumenta il prodotto che può essere consumato
dalla micro-società composta da Attilio e Renzo. Non ci specializza semplicemente
nelle cose nelle quali si è più bravi, non è questione quindi di seguire solo le proprie
attitudini, ma è una questione della maggiore efficienza della produzione a vantaggio
di una società, macro o micro che sia. L’esercizio, il fatto di ripetere e di continuare a
praticare un certo mestiere o una certa arte ci fa migliorare nel fare proprio quella
cosa.
Qual è la ragione, dal punto di vista della fruizione di ciò che viene scambiato, per la
quale noi decidiamo di scambiare? Perché, in generale, si vogliono sempre più cose di
quante non siamo in grado di fare. Il fatto che si entri in relazione di scambio con altri
è la conseguenza di due cose: il fatto che abbiamo bisogni che tendenzialmente non
siamo in grado di soddisfare da soli, e difatti, più sono le persone con cui entriamo in
relazione, più saranno i bisogni che riusciamo a soddisfare, e il fatto che siamo in
grado di comunicare. Adam Smith afferma che:
“Nessuno ha mai visto un animale esprimere con gesti e grida naturali saluti a un altro:
sono disposto a dare questo per quello”.
Essendo gli esseri umani in grado di comunicare, di farsi capire gli uni con gli altri,
siamo in grado di contrattare, ovvero entrare in una relazione nella quale non solo
noi scambiamo, ma soddisfiamo anche delle necessità.
LA GLOBALIZZAZIONE: cause ed effetti
La divisione del lavoro
Smith aggiunge:
“Sembra che il grandissimo processo della capacità produttiva del lavoro e la maggior
abilità, destrezza e avvedutezza con le quali esso è ovunque diretto o impiegato siano
stati effetti della divisione del lavoro”. 12
Cioè il fatto che le persone si specializzino, cioè che ognuno cerchi di contribuire con
un apporto specifico così da poterlo scambiare con altre cose, è ciò che per Smith
provoca un miglior impiego del lavoro ed estensivamente delle risorse che abbiamo a
nostra disposizione. Nel momento in cui parliamo di produzioni, questi effetti positivi
sulla nostra capacità di farla si tradurranno nell’aumento della quantità di prodotti che
si riesce a realizzare in una certa quantità di tempo. È quel processo, quindi,
attraverso il quale si diventa più dipendenti gli uni dagli altri.
Per divisione del lavoro, possiamo intendere due cose differenti:
Da una parte possiamo intendere la divisione del lavoro all’interno di una certa
• realtà produttiva: la divisione dei compiti all’interno di una stessa azienda,
ovvero il modo nel quale diverse funzioni produttive, la realizzazione di
determinati beni e servizi viene suddiviso all’interno della società stessa per
mirare al soddisfacimento dell’azienda stessa; l’obiettivo, quindi è fare utile,
realizzare profitti positivi, o in alcuni casi si usa un’espressione diversa e cioè che
l’azienda deve massimizzare i profitti, aumentare quindi lo scarto positivo tra le
sue entrate e i suoi costi. Quando parliamo di divisione del lavoro all’interno della
stessa unità produttiva ci viene in mente un organigramma (o una gerarchia), ma
soprattutto lo associamo alla catena di montaggio. Perché ha senso riunire
persone in uno stesso luogo perché lavorino verso lo stesso obiettivo? Perché
abbassa i costi di monitoraggio, e questo facilita in parte la divisione del lavoro.
All’interno di un’azienda, quindi, il fine della divisione del lavoro è chiaro: si vuole
fare profitti positivi vendendo un certo servizio o un certo prodotto, e per fare
questo bisognare organizzare al meglio le risorse a nostra disposizione, evitando
lo spreco. Le stesse persone che hanno una certa mansione cercheranno di
cambiare, di innovare, di migliorare, in modo da utilizzare meno fatica possibile da
impiegare meno possibile, per realizzare ciò che devono realizzare.
Al contrario, la divisione del lavoro in una società implica che ci sia la possibilità
• per tante persone e imprese di candidarsi a soddisfare alcuni bisogni e domande;
questa divisione non ha quindi un fine predeterminato, non c’è quindi un obiettivo,
non c’è un capo azienda, non c’è un’organigramma. Al contrario, ci sono tante
unità produttive, tante realtà che si incaricano di produrre determinati beni o
servizi, ciascuna delle quali si organizza come ritiene opportuno, ma che
scambiano, e cioè che sono messe in condizioni di poter vendere l’una all’altra
beni e servizi.
Il passaggio cruciale nella storia economica, sosteneva Bauer, è quello dalla
sussistenza, cioè dalla produzione per l’autoconsumo, allo scambio, cioè la
produzione per la vendita e quindi per l’acquisto di altre cose con i frutti di tale
vendita. Bauer, visitando i paesi in via di sviluppo negli anni Cinquanta, notò come
in quelle economie ci fossero molti più scambi di quanto ci si immaginasse
all’epoca. Questo perché, nel momento in cui appare possibile scambiare ciò che si
fa con qualcosa d’altro, e quindi la possibilità di ampliare il numero di desideri ed
esigenze che ottengono soddisfazione, le persone escono dall’economia di
sussistenza e provano a cedere ciò che fanno in cambio di qualcos’altro.
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Questa divisione del lavoro nella società è probabilmente la ragione per la quale le
economie escono da una situazione di economia di autoconsumo (o di
sussistenza), e cominciano invece a scambiare, a cedere gli uni agli altri. L’uscita
dall’economia di sussistenza ci porta in un’economia di scambio che tende
continuamente a produrre ulteriori differenziazioni, a portare la nascita di nuovi
mestieri e nuove funzioni. Una volta che il lavoro comincia a dividersi sempre di
più, si immagina che un’ulteriore specializzazione possa essere la fonte di recuperi
di efficienza.
Quali sono i limiti agli scambi e perché alcuni scambi non avvengono e altri si
verificano? La prima condizione perché si verifichi, come già detto, è che le parti in
causa abbiano coscienza e informazioni relative alla possibilità di scambio stesso; se le
parti non sanno che uno scambio è possibile, e un certo bene o servizio può essere
comprato da qualche parte, è impossibile che quello scambio avverrà. Per la
medesima ragione, tanto più è facile essere informati circa la possibilità di ulteriore
scambi, tanto sarà più probabile che questi scambi si verifichino.
Che cosa aumenta e riduce la divisone del lavoro?
Perché ci sia maggiore divisione del lavoro