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La questione del linguaggio
Sono gli oggetti ad avere un’espressione. Parlare di qualcosa diventa un pretesto per esercitare il desiderio e la brama di espressione dello scrittore: si tratta di comunicazione.
Jacqueline Risset prende in considerazione due esempi di confronto con l’oggetto nella letteratura:
- Nausée di Sartre: il protagonista scopre nel giardino la radice dell’ippocastano e non ricorda più che è una radice. Nel momento in cui scompaiono le parole, scompare anche il significato delle cose: la percezione dell’esistenza delle cose, quindi, comincia quando il linguaggio si allontana.
- Robbe-Grillet: sostiene che in ogni istante delle frange di cultura vanno a sovrapporsi alle cose, conferendo loro un aspetto meno estraneo e più comprensibile. Le cose sono ricoperte da strati culturali, quindi il nostro rapporto con le cose è mediato dalla nostra cultura: l’obiettivo è quello di estrarre le cose da questa pellicola.
culturale chele ricopre e vederle nella loro vera essenza. 8A essere messo in discussione è il linguaggio che copre e nasconde, che riduce le cose esistenti allo stato di puri strumenti. Il linguaggio nasce non per comunicare, ma per dare un nome alle cose: dare un nome a una cosa voleva dire possedere quella cosa, dare il nome è il primo atto di possesso.
Le cose sono impastate dentro le parole in maniera irreversibile. Noi siamo dentro al linguaggio e non possiamo eliminarlo. Prendere il loro partito, quindi, non vuol dire separarle dall'elemento "linguaggio", ma significa al contrario esplorare e far emergere alla luce tutti gli strati linguistici sovrapposti.
Questo, però, non implica l'accettazione del discorso della lingua così com'è.
A QUESTO PUNTO, PERCHÉ LE COSE?
L'oggetto è complementare alla poetica: la poetica si fa completa solo quando è completata dall'oggetto. Il poeta ha bisogno
di un confronto fisico con qualcosa in cui specchiarsi e confrontarsi. Il suo progetto, quindi, è quello di scrivere un nuovo De natura rerum = sulla natura delle cose. [Lucrezio, poeta epico latino del I secolo a.C., riprende un testo di Epicuro e compone questo poema epico dedicato al mondo, alle cose e all'esistenza dell'uomo. Parte con un inno all'amore e poi crea una sezione dedicata all'idea di una divinità che punisce, discorso molto moderno per quei tempi. È il primo a sostenere la teoria atomistica con il clinamen.]
Oppure di scrivere un De varietate rerum = Sulla diversità delle cose. Ponge si attacca alla materialità delle cose, non all'essenza e alla proiezione e astrazione delle cose: l'essenza è materiale e non astratta. La fenomenologia di Ponge non è esistenzialista ma materialista. L'opera di Ponge produce ciò che si può chiamare "allegria materiale".
dell'entrare a contatto materiale con le cose, in un contatto corpo a corpo, un contatto fisico con le cose. L'obiettivo è quello di prendere il partito delle cose, di mettersi dalla parte dell'oggetto e porre quindi contro l'uomo. Ponge scrive "reson" (= risuono) la parola "raison" (= ragione). Rispetto alla ragione, un termine autosufficiente e autodeterminante, il risuono ha bisogno di un oggetto contro cui scontrarsi e con cui confrontarsi.
Objet = oggetto, jeu = gioco; Ponge parla di oggetto usando "objeu", fonde insieme due parole. Ponge ricombina il linguaggio, lo smonta e lo rimonta.
La lingua/il linguaggio e le cose sono due punti focali della poetica di Ponge; non sono uno in funzione dell'altro ma sono in un rapporto simmetrico paritario e a vicenda si vivificano e si rianimano.
LA PIOGGIA
La prima panoramica è sulle modalità della caduta della pioggia nel cortile. La pioggia non è mai
Euna disposizione attiva: elemento naturale che viene investito di una caratterizzazionemeccanica, come se fosse un fenomeno atmosferico a orologeria.
Si rende artificiale ciò che è naturale e naturale ciò che è artificiale: questo è il primo modo per creare nel lettore una distanza, una distanza rispetto alla propria esperienza.
Il lettore vede se stesso da un punto di vista esterno e riesce ad uscire da se stesso.
LA CANDELA
Ponge subito naturalizza l'oggetto culturale e il suo contesto: la candela, la cui caratteristica fisica è la verticalità, viene paragonata ad una pianta che si eleva verso l'alto, il cui bagliore scompone in delle zone d'ombra.
La candela viene descritta dall'alto verso il basso, a partire dalla fiamma; viene anche descritto il momento in cui la falena, non riuscendo ad aver accesso a fonti di luce più alte, più modestamente si accontenta della luce artificiale della candela, con
Cui entrando in contatto si brucia. La candela, con il tremolio della fiamma e con il fumo, incoraggia il lettore, e quando la fiamma è arrivata a riscaldarne la cera in modo da comprometterne la stabilità, si inclina sul piatto e affoga nel suo elemento: il fuoco consuma la cera, e quando la candela è consumata il fuoco viene inghiottito nella stessa cera che ha disciolto.
La poesia esordisce con una metafora vegetale in cui la candela viene paragonata ad un albero e si conclude con una metafora animale: come un animale si ciba, e dopo essersi cibata affoga come per indigestione nello spurgo del suo elemento, nella cera disciolta.
L'ARANCIA
L'arancia, come poi anche l'ostrica, non solo è un elemento naturale, ma ha anche una funzione culturale, cioè funge da cibo ma in modo mediato: in questo caso si parla dell'arancia spremuta. Tutta la poesia si regge sull'opposizione tra la posizione passiva dell'arancia, che viene
La poesia inizia con una similitudine in cui l'arancia viene paragonata alla spugna. Come la spugna che quando viene strizzata torna alla sua forma originaria, l'arancia prova a ridarsi un tono e un contegno, è come se provasse vergogna nella sua condizione: l'oggetto viene arricchito di sentimenti e sensazioni. Ma a differenza della spugna, che riprende sempre la sua forma originaria, l'arancia non riesce: la sua ambizione viene costantemente frustrata. La prospettiva di Ponge qui è anatomica: l'oggetto viene medicalizzato, Ponge parla come un medico legale, descrivendo i tessuti dell'arancia che sono lacerati. La scorza riesce più o meno a tornare alla posizione precedente, ma vengono completamente perse le interiora; il liquido che si è sparso da un lato porta frescura, ma dall'altro si accompagna
alla consapevolezza amara di un’espulsione prematura di semi: èquasi un aborto.
La spugna è fatta di puro muscolo, senza sensibilità: è ignobile.
L’arancia viene rimproverata per il buon viso che fa al suo torturatore (al momento della tortura, profuma l’aria e l’ambiente): la sua posizione è passiva nel subire la tortura.
Ponge gradualmente conferisce una dimensione morale all’oggetto.
Il colore arancio del liquido e la facoltà di far allargare la laringe sia per pronunciare la parola “arancia”, e anche per l’ingestione del liquido, meno amaro del succo di limone, e che quindi non stuzzica le papille della bocca.
Concetto di limite e contenuto: la cosa in sé è il cuore che sta sotto la scorza. La scorza corrisponde alla brocca di Heidegger, è lo zeug, che è solo limite contenitivo, mentre la cosa in sé è ciò che sta dentro, il pallone di forma perfetta.
Che una volta spremuto perde la sua forma. Ciò che è veramente custodito nel frutto e che rappresenta l'essenza del frutto: il frutto è ciò che Heidegger chiamava "essere per la morte", la sola prospettiva del frutto è la morte, necessaria per il rilascio del frutto e la rinascita della pianta. L'arancia però non può sopportare che il seme vada disperso e non penetri nella terra in modo da rendere completo il proprio ciclo vitale. Dopo l'esplosione della polpa di forma sferica, che ricorda un lampioncino veneziano, resta la durezza e l'asprezza, il minimalismo del piccolo seme, che contiene però in sé tutto.
LA CIPOLLA, Wislawa Szymborska 11
Szymborska è una poetessa polacca autrice di alcune poesie concentrate sugli oggetti e sulla relazione con gli oggetti: gli oggetti vengono presi, sezionati, avvicinati, guardati da più punti di vista e in alcuni casi vengono resi vivi.
La poesia La
Cipolla è una poesia dedicata a uno degli elementi meno poetici e meno citati. Inizia con un approccio anatomico: all'interno la cipolla è sempre identica a se stessa, sempre fatta di strati, e ogni strato è uguale all'altro. Alla fine di questa poesia, emerge il fatto che ad essere sgradevoli siamo noi, e non la cipolla, solitamente indicato come alimento poco gradevole: siamo noi ad avere un caos intestino all'interno, mentre la cipolla gode dell'idiozia della semplicità estrema, della perfezione che a noi è negata.
L'ostrica e la questione dell'informe. Anche la questione della consistenza è molto importante per Ponge. Dimensione asintotica della poesia, che non arriva mai a definire il mondo, così come gli oggetti di Ponge non sono mai dotati di una forma definitiva: la candela che si consuma, la pioggia che cambia la sua direzione e la sua forma, l'ostrica che deve essere sottoposta ad una violenza.
prima di essere sviscerata, la farfalla c