La diffusione limitata delle specie in Italia
Ciò che ha molto limitato la diffusione di queste specie in Italia è la presenza di dighe e sbarramenti di varia natura che ostacolano la migrazione in fase di risalita verso le zone di deposizione.
I mixiniformi hanno corpo allungato e cilindrico, con pelle ricca di ghiandole mucipare. La pinna caudale è ridotta e mancano le pinne dorsali. Lo scheletro cartilagineo è limitato alla regione cefalica e a rudimenti vertebrali nella regione caudale. Sono organismi esclusivamente marini (sono forme isosmotiche con l'acqua di mare: la concentrazione dei fluidi corporei è in equilibrio osmotico con quella dell'acqua di mare) e vivono sui fondali fangosi profondi (osservate fino a 5.000 metri di profondità). Presentano una bocca ventrale che è circondata da 6-8 cirri sensitivi ed è munita di placche cornee con dentelli. Gli occhi sono rudimentali (vivono in profondità). Presentano 5-15 fessure branchiali per lato, talvolta con.
uno sbocco esterno comune. Il rene è primitivo(metamerico). Si tratta di iteropari ermafroditi insufficienti e proterandri. Depongonouova grandi e lo sviluppo è diretto.
Le ghiandole mucipare presentano due tipi di cellule specializzate che producono mucina(una glicoproteina) e filamenti proteici spiralizzati, rispettivamente. Presentano 90-200pori per lo sbocco del muco su entrambi i lati del corpo. Il muco è utilizzato come ausilionel nuoto, nella penetrazione della preda e come difesa dai predatori.
La bocca di questi animali presenta dei dentelli cornei che sono posizionati su dueplacche cornee protrusibili. I dentelli vengono utilizzati per strappare frammenti di carnein decomposizione. Le carcasse di balena rappresentano un'importante fonte alimentare.
Questi animali hanno anche la possibilità di effettuare una predazione attiva nei riguardidi piccoli pesci che vivono in cunicoli scavati nella sabbia e nel fango. Le mixine entranoin questi cunicoli
E li riempiono con una abbondante quantità di muco che condensa provocando la morte per soffocamento di queste piccole prede.
Alla fine del periodo siluriano, poco più di 400 milioni di anni fa, i vertebrati subirono un cambiamento adattativo legato a un nuovo regime alimentare e preludente a una grande radiazione adattativa: la comparsa di uno scheletro a cerniera a sostegno della bocca. Si sono così originati gli gnatostomi. I primi gnatostomi erano rappresentati da pesci. Attualmente gli gnatostomi acquatici sono i pesci cartilaginei e i pesci ossei. I vertebrati terrestri, che derivano da un ramo dei pesci ossei, sono anch'essi vertebrati gnatostomi.
Le sinapomorfie degli gnatostomi sono le seguenti. Presentano una bocca sostenuta da mascelle e mandibole mobilmente articolate e dotate di denti mineralizzati. Sono caratterizzati da 3 canali semicircolari nell'orecchio interno. Le vertebre sono olocentriche e sono cioè fornite di centro vertebrale, oltre
Che dell'arco neurale ed emale (con eccezioni). Presentano delle costole per l'ancoraggio dei muscoli assiali. I nervi sono forniti di guaine mieliniche. La mielinizzazione giustifica la maggiore rapidità di conduzione dell'impulso nervoso. La muscolatura assiale si specializza in muscoli epiassiali e ipoassiali. Lo stomaco è morfologicamente e istologicamente definito. Hanno pinne o arti pari, sono dotati cioè di scheletro appendicolare. Si evolvono dei gonodotti per l'emissione all'esterno dei gameti in caso di specie a fecondazione esterna. In azzurro è rappresentato il condrocranio, quella componente cranica che originariamente si mette a protezione degli organi di senso e dell'encefalo. Ventralmente al condrocranio sono presenti una serie di strutture che rappresentano le arcate faringee che nel complesso costituiscono lo splancnocranio. Il primo di questi archi che formano lo splancnocranio è l'arco orale o mandibolare (in bianco).
L'arco orale è formato da una cartilagine superiore palatoquadrata o mascellare e da una cartilagine mandibolare o di Meckel. Segue l'arco ioideo che è formato dorsalmente dalla cartilagine iomandibolare.
L'arco ioideo contribuisce a collegare l'arco orale al condrocranio. L'arco orale presenta una prima connessione con il condrocranio a livello di un processo orbitale dorsale della cartilagine palatoquadrata. Una seconda connessione è assicurata dall'arco ioideo.
Gli archi successivi che formano lo splancnocranio costituiscono gli archi branchiali propriamente detti. Gli archi branchiali sono formati da diverse componenti. Tra un arco branchiale e l'altro si aprono le fessure branchiali. Fra l'arco orale e l'arco ioideo è presente un'apertura detta spiracolo, che rappresenta una fessura branchiale che si è ridotta proprio grazie alla grande espansione dell'arco orale e dell'arco ioideo.
L'ospiracolo perde le lamelle branchiali respiratorie ma consente il passaggio dell'acqua attraverso le branchie. Due componenti dell'arco branchiale sono più sviluppate e sono la cartilagine epi-branchiale e la cartilagine cerato-branchiale. Probabilmente dall'espansione di queste due componenti prendono origine rispettivamente la cartilagine palatoquadrata e la cartilagine di Meckel. Secondo ipotesi di corrispondenze tra agnati e gnatostomi la cartilagine anulare darebbe origine negli gnatostomi alla regione etmoidale del condrocranio (che permette di assecondare una espansione dell'encefalo), la cartilagine del velo darebbe origine alla cartilagine palatoquadrata o mascellare, infine la cartilagine linguale darebbe origine alla cartilagine di Meckel. Queste corrispondenze hanno anche un riscontro a livello embrionale. La cartilagine anulare degli agnati e la regione etmoidale degli gnatostomi prendono origine entrambe dall'ectomesenchima premandibolare, un derivato.
della cresta neurale. Le cartilagini del velo e linguale e le cartilagini palatoquadrata e di Meckel derivano dall'ectomesenchima mandibolare, anch'esso un territorio della cresta neurale. Il placode naso-ipofisario unico negli agnati, negli gnatostomi si suddivide in due placodi nasali e in un placode adenoipofisario o tasca di Rathke. Questa suddivisione in 3 permette all'ectomesenchima premandibolare di riorganizzarsi a formare la regione etmoidale mentre l'ectomesenchima mandibolare si riorganizza a formare la cartilagine palatoquadrata e di Meckel. A conferma ulteriore di questa corrispondenza omologa, sia la cartilagine del velo sia la cartilagine palatoquadrata ricevono un ramo nervoso dal V nervo cranico. Inizialmente, si pensava che il ruolo dell'arco orale non fosse legato all'alimentazione e alla cattura delle prede quanto piuttosto al richiamo attraverso la suzione di un maggiore volume di acqua diretto verso le branchie. Con questo maggiore richiamo diacquasarebbero poi state trascinate nella faringe anche potenziali prede. Per di più la cartilagine mascellare e mandibolare sono armate di denti mineralizzati, i quali avrebbero favorito il trattenimento delle prede. La selezione naturale avrebbe poi favorito questo nuovo ruolo dell'arco orale di afferrare e trascinare le prede verso la faringe. Immaginiamo di sezionare l'animale secondo un piano frontale. Sulla sinistra osserviamo la sezione frontale della faringe di una lampreda mentre sulla destra osserviamo la sezione frontale della faringe di uno gnatostoma primitivo. Tra agnati e gnatostomi cambia la disposizione delle lamelle branchiali. In particolare, nelle lamprede sporgono all'interno della regione faringea ed esternamente ad esse si trovano gli archi branchiali. Invece, negli gnatostomi gli archi branchiali sono collocati internamente alla faringe e le lamelle branchiali sporgono all'esterno. C'è stata quindi un'inversione. Probabilmente questainversione è legata al fatto che negli gnatostomi il materiale ingerito è di tessitura molto più grossolana rispetto al cibo degli agnati (vd. sangue). Grazie a questa inversione il tessuto respiratorio branchiale viene protetto. Lo scheletro appendicolare rappresenta un'importante novità evolutiva degli gnatostomi. Compaiono pinne pari in posizione pettorale e in posizione ventrale o pelvica, in associazione con le cinture che collegano le appendici pari all'asse scheletrico. Si sviluppa così un più efficace controllo della locomozione. Il rollio, il beccheggio e l'imbardata vengono ulteriormente contrastati. In particolare, pinna dorsale, caudale e anale già contrastavano il movimento del rollio. A sinistra osserviamo le pinne pettorali di uno squalo collegate con la cintura pettorale all'asse scheletrico. A destra osserviamo invece le pinne pelviche collegate con la cintura pelvica all'asse scheletrico. Lo scheletrodifferente origine embriologica, è improbabile che si siano evolute da un unico archetto branchiale. Le pinne pari sono presenti in diversi gruppi di vertebrati, come i pesci, i rettili marini e gli uccelli acquatici. Queste pinne svolgono diverse funzioni, come il controllo del movimento e la stabilizzazione durante il nuoto. Nel caso dei pesci, le pinne pari sono sostenute da una struttura scheletrica composta da pterigiofori. I pterigiofori basali sono più grandi e forniscono un supporto stabile alla pinna, mentre i pterigiofori radiali sono più piccoli e permettono una maggiore flessibilità. La parte esterna della pinna è costituita da una membrana sottile sostenuta da fasci di fibre di collagene chiamati ceratotrichi. Questi ceratotrichi conferiscono alla pinna la sua forma e resistenza durante il nuoto. Negli squali, la pinna pettorale è sostenuta da una cartilagine chiamata scapolocoracoide. Questa cartilagine si conserva anche nei vertebrati terrestri, come gli esseri umani, dove si ossifica e diventa la scapola. In passato, si pensava che le pinne pari si fossero originate da una modifica degli archi branchiali. Tuttavia, questa ipotesi non è più sostenibile, poiché gli archi faringei derivano dalle creste neurali, mentre lo scheletro appendicolare è un derivato del mesoderma. Queste due componenti scheletriche hanno quindi un'origine embriologica diversa, rendendo improbabile che si siano evolute da un unico archetto branchiale.Differente origine embrionale, questa vecchia ipotesi può essere abbandonata. Un'altra ipotesi venne fatta da Balfour (1851-1882). Egli osservò che le pinne impari si originano a partire da una piega continua che si sviluppa dorso-ventralmente. Questa piega va incontro a una segmentazione per cui da una piega inizialmente continua si formano successivamente le varie pinne in posizione dorsale, caudale e anale. Su queste basi il ricercatore propose che anche le pinne pari si sviluppavano con un meccanismo simile. Le pinne pari si sarebbero quindi formate dalla suddivisione di pliche laterali inizialmente continue. Gli acantodi, oggi estinti, in posizione pettorale e pelvica presentano delle pinne che sembrano proprio originarsi a partire da una plica continua. Alla base di questa importante novità evolutiva degli gnatostomi ci sono dei meccanismi di sviluppo embrionale diversi.
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