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Estratto del documento

RNN

Stato, e occorre aggiungere i contributi che lo Stato paga alle imprese. L’ ai prezzi di

RNL – Ammortamento

mercato è dato da ( ), mentre l’RNL al costo dei fattori è dato da

RNL – Ammortamento – Imposte indirette + Contributi statali

( ).

Il reddito delle famiglie è rilevante perché costituisce la determinante principale dei consumi

RNN al costo dei fattori – Profitti non distribuiti – Imposte sulle

privati. Esso è dato da:

imprese. Reddito delle famiglie +

Il reddito disponibile delle famiglie ( YD) è dato da:

Trasferimenti statali – Imposte personali.

YD = Y – T dove T = Imposte – Trasferimenti

Il reddito disponibile può avere soltanto due destinazioni: o viene speso nell’acquisto di beni di

consumo oppure non viene speso, ma risparmiato. Dunque:

YD = C + S

Le amministrazioni pubbliche comprendono lo Stato, gli Enti territoriali (Regioni, Province, Comuni)

e altri Enti centrali e locali (ASL, università, enti previdenziali ecc.). Le funzioni che esse svolgono

sono:

1. Produzione di servizi non destinabili alla vendita, cioè i consumi pubblici che possono

riguardare sia i singoli individui (sanità,istruzione) oppure esse collettivi come nel caso dei

beni pubblici (difesa, ordine pubblico e giustizia);

2. Trasferimento dei redditi grazie alle prestazioni sociali, come previdenza e assistenza.

Per svolgere queste due funzioni, le amministrazioni pubbliche si finanziano prelevando le imposte

e i contributi sociali. Il risparmio delle amministrazioni pubbliche (DISAVANZO PUBBLICO)

coincide con l’avanzo corrente del bilancio dello Stato, se positivo, o con il disavanzo, se negativo.

Il bilancio pubblico coincide con la differenza tra uscite e entrate dello Stato:

BD = G – T

G rappresenta la spesa pubblica mentre T è dato dalle imposte comprensive dei contributi sociali.

L’inflazione è l’aumento percentuale continuo del livello generale dei prezzi che si verifica di anno

in anno. Un inflazione del 2% dunque corrisponde ad un aumento dei prezzi in media del 2%.

L’inflazione può essere calcolata tramite:

1. Il deflatore del PIL. Il calcolo è dato dal rapporto tra il PIL calcolato ai prezzi dell’anno

corrente, detto PIL nominale (t) e il PIL calcolato ai prezzi dell’anno base, detto PIL reale

(0). Il PIL nominale è dato dal prodotto fra le quantità prodotte di beni e servizi finali

q p

dell’anno corrente t( ) per i rispettivi prezzi correnti ( ). Il valore complessivo dei beni e

it it Ʃ p q

servizi prodotti è dato dalla sommatoria di prezzi per quantità, . Esprimere il PIL in

i it it

termini reali significa depurarlo da eventuali variazioni dei prezzi, e ciò viene fatto

q

moltiplicando le quantità prodotte nell’anno corrente ( ) per i prezzi di un anno preso

it

p

come riferimento ( ), detto anno base. Per tale motivo il PIL reale viene anche definito

io

PIL a prezzi costanti. Il deflatore è dato da:

2. L’indice dei prezzi al consumo (IPC). Più frequente è la misurazione dell’inflazione

attraverso la costruzione di un indice dei prezzi dell’insieme dei beni e servizi destinati al

consumo delle famiglie. Un indice dei prezzi al consumo è uno strumento statistico che

misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato “paniere”,

che viene considerato rappresentativo degli effettivi consumi delle famigli in uno specifico

anno:

I prezzi al consumo pubblicati dall’ISTAT sono:

• NIC: indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, utilizzato come

misura dell’inflazione per l’intero sistema economico;

• IPCA: indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’Unione Europea,

elaborato per avere una misura dell’inflazione comparabile a livello comunitario;

• FOI: indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, usato per

adeguare periodicamente i valori monetari, come gli affitti.

Dal gennaio 1999 gli indici sono calcolati con il metodo del concatenamento, cioè utilizzando le

basi dei prezzi dell’anno precedente per costruire le misure dei valori riferiti a ciascun anno.

Sul mercato del lavoro si incontrano i lavoratori in cerca di un’occupazione e le imprese che hanno

bisogno di lavoratori per coprire i posti vacanti. Tre grandezze caratterizzano la situazione del

mercato del lavoro:

1. Il tasso di attività (o di partecipazione) è dato dal rapporto tra la forza lavoro (occupati +

disoccupati) e la popolazione attiva (15/64 anni):

2. Il tasso di occupazione rappresenta la frazione della popolazione attiva che è occupata:

3. Il tasso di disoccupazione è dato dal rapporto tra disoccupati e forza lavoro:

Queste tre grandezze sono connesse dalla seguente relazione:

Tasso di occupazione = Tasso di attività * (1 – Tasso di disoccupazione)

Stock di capitale e capacità produttiva rappresentano espressioni equivalenti.

Empiricamente si stima che il breve periodo abbracci un lasso di tempo di qualche anno, due o tre.

Il modello reddito-spesa spiega la determinazione del reddito nazionale, basandosi sull’ipotesi

fondamentale che le imprese siano in grado di produrre la quantità di beni e servizi domandata. Il

prodotto nazionale è dunque determinato dal livello della domanda aggregata, sulla base del

principio della domanda effettiva.

Il modello reddito-spesa si basa su due ipotesi. La prima consiste nell’assumere prezzi e salari

fissi, cioè comporta che la produzione si adegui sempre alla domanda aggregata di beni proprio

perché il livello dei prezzi e dei salari monetari è fisso.

La seconda ipotesi consiste nell’assumere come dato il livello degli investimenti; essa implica che il

livello degli investimenti non venga determinato all’interno del modello ma si suppone che sia una

variabile esogene.

La domanda aggregata (AD) rappresenta l’insieme dei beni che i diversi settori presenti

nell’economia (privato,pubblico, estero) intendono acquistare. Se si limita la domanda al solo

settore privato, ovvero famiglie e imprese, essa viene definita come la somma di consumi e

investimenti:

AD = C + I

Consumi e investimenti rappresentano la spesa che famiglie e imprese intendono effettuare,

ovvero gli acquisti programmati. Gli acquisti programmati vengono definiti ex ante, mentre quelli

realizzati ex post. L’offerta aggregata Y rappresenta il complesso dei beni che le imprese

intendono produrre.

La spesa aggregata è il valore complessivo della spesa in beni finali effettuata da parte di famiglie

e imprese, mentre la domanda aggregata è il valore complessivo degli acquisti di beni finali che

gli operatori intendono effettuare, o programmano nel periodo considerato. Quest’ultimo è un

valore macroeconomico mentre il primo è contabile.

L’equilibrio viene definito come quella situazione dalla quale nessuno ha interesse a muoversi,

poiché le intenzioni degli operatori presenti nel sistema economico vengono di fatto realizzate; le

grandezze ex ante corrispondono alle ex post. L’equilibrio comporta che:

AD = Y ovvero C + I = Y

Supponendo che Y>AD, ovvero che le imprese non riescano a vendere tutto quello che hanno

prodotto. La differenza tra Y e AD rimane invenduta e viene accumulata dalle imprese sotto forma

di scorte. Poiché questa variazione di scorte non era stata decisa dalle imprese, essa viene

definita come non intenzionale:

Variazione scorte = Y – AD

L’aumento delle scorte costituisce un segnale per le imprese che la produzione eccede ciò che

famiglie e imprese intendono acquistare. Ipotizzando prezzi costanti si ha che la produzione viene

ridotta e l’economia tende a riportarsi verso l’equilibrio. Al contrario se le imprese producessero

troppo poco si avrà un aumento della produzione. Nella contabilità nazionale la variazione delle

scorte viene comunque contabilizzata come investimento, perciò la spesa aggregata coincide

sempre con il prodotto nazionale.

Spesa aggregata = C + (I + Variazione scorte) = C + I + Y – AD = Y

Il fatto che spesa aggregata (grandezze ex post) differisca dalla domanda aggregata (ciò che le

famiglie intendono acquistare) è dovuta dal fatto che comunque il PIL consiste dei beni e servizi

finali prodotti, di consumo o di investimento, indipendentemente dal carattere programmato o

meno di questi impieghi.

Riprendendo l’ipotesi che consumo ex ante ed ex post coincidano, la divergenza tra piani di spesa

e spesa effettiva può riguardare solo le imprese. Gli investimenti registrati dalla contabilità

nazionale sono:

I = I + Variazioni scorte

expost C + I

La spesa aggregata sarà e, poiché anche gli investimenti indesiderati costituiscono una

expost Y = C + I

forma di impiego del prodotto, avremo in ogni caso .

expost

Se al momento delle decisioni di produzione le imprese hanno previsto correttamente la domanda,

producono Y = AD, e il sistema economico si troverà in equilibrio. Nel caso la produzione eguagli

la domanda scriveremo Y = C + I.

Alla base della macroeconomia keynesiana sta l’idea appena vista che il prodotto in termini reali e

il livello di occupazione, si aggiusta al livello della domanda aggregata sul mercato dei beni.

La produzione aggregata di equilibrio è determinata dal livello della domanda aggregata e risponde

a sue variazioni, aumentando per Y<AD e riducendosi nel caso opposto Y>AD fino a conseguire

l’equilibrio Y=AD. Questo è il principio della domanda effettiva introdotto da Keynes.

Il prodotto può adeguarsi alla domanda aggregata solo nei limiti del massimo livello di produzione

ottenibile sulla base delle risorse (impianti e lavoro) a disposizione del sistema economico: questo

livello massimo di produzione è il prodotto potenziale (Yp) e il reddito reale si adegua alla

domanda aggregata nei limiti in cui questa non supera (Yp), mentre per una domanda maggiore

del reddito potenziale si avrà un aumento del livello dei prezzi e non del prodotto reale.

Il consumo delle famiglie dipende dal loro reddito disponibile. È dimostrato empiricamente che il

consumo aumenta con l’aumentare del reddito disponibile, ovvero il reddito che le famiglie

possono spendere (reddito disponibile = PIL – imposte al netto dei trasferimenti).

Supponendo che la relazione tra consumo e reddito sia lineare, avremo:

C = ċ + cYD

La funzione del consumo afferma che l’ammontare di beni e servizi che le famiglie decidono di

acquistare dipende dal loro reddito disponibile reale. La costante ċ non

dipende dal

reddito

disponibile, e

viene perciò

denominata

consumo

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Publisher
A.A. 2016-2017
84 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Cerasa95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Belloc Marianna.