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Più complicata si fa la faccenda con determinanti come ‘molti’ o ‘parecchi’. Per studiare questi casi
dobbiamo introdurre m, uno standard medio determinato dal contesto e dalla situazione. Così avremo:
molti uomini: {x: U(x) e |x|>1 e |x|>m}
pochi uomini: {x: U(x) e |x|>1 e |x|<m}
5.6 Determinanti definiti
Hanno la caratteristica di ridurre le alternative di riferimento presentate dal nome a una sola (il, la,
gli…). ‘il + libro’.
Il parlante quando usa un definito deve fornire al suo ascoltatore abbastanza informazioni perché egli
possa distinguere il referente o i referenti da tutti gli altri oggetti nel contesto. Ma è possibile distinguere
l’oggetto anche in altri modi, per esempio conoscendo una proprietà che solo esso possiede (il presidente
dell’Uganda).
‘il N’ si riferisce all’unica alternativa del contesto c, se essa esiste. ‘il libro’:
ıx : x € {x: L(x) e |x|=1 e c(x)} se esiste. ıx definisce l’unico insieme x che possiede le caratteristiche
richieste.
Gli uomini è più complicato perché sembra riferirsi a tutti gli uomini presenti in un certo contesto.
ıx : x € {x: U(x) e |x|>1 e c(x)} per tutti gli y € {x: U(x) e |x|>1 e c(x)} vale che y ≤x se esiste.
La prima parte prescrive che l’insieme x debba essere uno degli insiemi che contiene più di un uomo
che sia presente nel contesto c. La seconda parte prescrive che tutti gli insiemi y sono sottoinsiemi di x. X
quindi è l’insieme che contiene più elementi tra tutti i sottoinsiemi e possiede ogni elemento che gli altri
possiedono.
Quando il nome è singolare e non offre che alternative costituite da un oggetto solo allora questo ha
senso quando nel contesto è presente una sola alternativa e quindi un solo oggetto avente le proprietà espresse
dal nome. Quando il nome è plurale, l’articolo definito plurale sceglie l’alternativa che contiene tutte le altre,
tutti gli oggetti che soddisfano la proprietà espressa dal nome nel contesto c.
Tutti, ognuno, ciascuno esprimono significati simili, solo che ‘ogni’ e ‘ciascuno’ hanno interpretazioni
distributive.
5.7 Determinanti indefiniti
‘alcuni’, ‘certi’, ‘qualche’… non pongono condizioni stringenti sul numero di oggetti che deve
contenere una alternativa di riferimento. Di per sé non c’è alcun limite (in questo si differenziano anche da
molti e pochi, che pongono delle condizioni). Inoltre a differenza dei cardinali sono incompatibili con i
definiti: i due uomini, ma non *i alcuni uomini.
I cardinali sono neutrali rispetto alla definitezza o all’indefinitezza del SN, perché se ‘i due uomini’ è
definito, ‘due uomini’ è indefinito.
Così, ‘alcuni uomini’ denota più o meno le stesse alternative di riferimento denotate da ‘uomini’: {x:
U(x) e |x|>1}
5.8 Conclusione
La tesi fondamentale di questa teoria è che i SN sono espressioni referenziali, ossia che la loro
funzione semantica è quella di denotare oggetti attraverso proprietà.
Capitolo 3: I verbi
1. La teoria fregeana dei verbi
Frege sosteneva che i verbi denotano funzioni da oggetti a valori di verità, cioè sono del tipo semantico
<e,t>. Paolo corre, Paolo denota un oggetto e l’intero enunciato un valore di verità, il verbo è quindi una
funzione da oggetti a valori di verità. La funzione è del tipo D{vero, falso} È una funzione che divide gli
oggetti esistenti in due classi: quelli che corrono e quelli che non corrono.
La teoria fregeana ha due difficoltà: per prima cosa la non distinzione fra la funzione semantica dei
nomi e quella dei verbi: questa teoria non considera una proprietà fondamentale, ossia che i nomi hanno una
funzione referenziale e i verbi una funzione predicativa.
La seconda difficoltà è la trattazione dei SN plurali. Se il verbo correre è una funzione da oggetti a
valori di verità, esso può prendere per argomenti solo oggetti singoli (perché le funzioni mappano solo
singoli oggetti). Se ‘i ragazzi’ denota più oggetti, non può essere argomento.
I filosofi della corrente fregeana hanno risposto a questo, dicendo che ‘i ragazzi’ denota un singolo
oggetto (la somma dei ragazzi), e la frase nonostante le apparenze non predica dei ragazzi il correre ma mette
solo in relazione i due concetti.
Tuttavia, è discutibile che ‘i ragazzi’ sia inteso un gruppo, perché io posso parlare di ragazzi che
corrono in luoghi diversi, senza conoscersi.
Inoltre, anche la seconda risposta appare inadeguata: le due sorelle di Anna sono arrivate, secondo la
teoria fregeana, il concetto di essere sorella di Anna è soddisfatto da due elementi ed è incluso quello di
arrivare, il che non è plausibile.
2. Stati ed eventi
Le azioni sono uno dei tipi di cambiamento a cui gli oggetti vanno incontro. Gli oggetti del mondo
subiscono cambiamenti: possono cambiare le loro proprietà: gli oggetti sono il sostrato dei cambiamenti.
Però l’oggetto è abbastanza stabile da rimanere lo stesso oggetto attraverso il cambiamento e nonostante il
cambiamento: non si modifica l’identità dell’oggetto. I verbi servono per dire a quali cambiamenti i nomi
vanno incontro.
Però non tutti i verbi si riferiscono a cambiamenti come non tutti i nomi si riferiscono ad oggetti
(cambiamento, processo… sono nomi).
2.1 Una ipotesi storica
Possiamo ipotizzare che inizialmente i nomi nascano per individuare oggetti concreti e che i verbi
nascano per predicare cambiamenti. Tuttavia gli esseri umani con il passare del tempo e l’evolversi delle
forme di parola e di pensiero, hanno sentito la necessità di parlare anche di argomenti astratti. Perciò hanno
coniato nomi per queste evenienze, che non denotano alcuna entità autonoma nel mondo. Si creano nomi dai
verbi e in un secondo tempo si considera la costruzione ‘nome + copula + proprietà’.
2.2 Una ipotesi teorica
I nomi hanno la funzione di individuare le cose di cui si vuole parlare, mentre i verbi hanno la
funzione di dire qualcosa a proposito delle cose individuate dai nomi.
Nel mondo reale, un mutamento è sempre un mutamento di qualcosa: non esiste un mutamento
indipendente dall’oggetto. Tuttavia la mente umana ha la capacità di astrarre, di pensare a un cambiamento,
una proprietà in sé.
L’oggetto non è di matrice ontologica, ma epistemologica: oggetto è tutto ciò che la nostra mente
concepisce per sé e non come aspetto di qualcos altro. Si riferiscono a oggetti epistemologicamente
autonomi, cioè messi a tema dal pensiero umano.
I verbi invece predicano proprietà o eventi di tali oggetti, fanno riferimento a entità non autonome che
si danno solo in quanto aspetti riguardo all’oggetto a cui ineriscono. L’autonomia è relativa però perché
l’uomo è capace di mettere a tema tali entità e farne oggetti.
3. Tipi di Verbi
3.1 Stati
Proprietà che gli oggetti possiedono in maniera relativamente stabile. Ci sono alcuni verbi che sono
verbi di stato (credere, aver fame…) o le costruzioni dei predicati nominali copulativi.
Se un oggetto è in un certo stato per un intervallo di tempo t, allora esso sarà in quello stato per tutti gli
istanti che formano t.
Questi verbi accettano il modificatore di tempo ‘per un tempo t’.
Non accettano il modificatore ‘in un tempo t’: esso infatti implica la presenza di un certo processo con
non sono telici,
un fine e misura il tempo necessario per giungere a quel fine. Gli stati infatti non hanno un
fine incorporato. Quando questo modificatore viene usato, il verbo cambia il suo significato originale: ‘Paolo
è stanco in 5 minuti’ misurano il processo che porta all’essere stanco di Paolo.
L’oggetto a cui viene attribuita la proprietà espressa dal verbo non è mai un agente (ossia un individuo
che intenzionalmente compie un certo atto).
I verbo stativi in inglese di solito sono incompatibili con la forma –ing.
3.2 Processi
I verbi di processo denotano cambiamenti non telici, che non hanno un fine determinato. Denotano
attività che potrebbero andare avanti all’infinito se un intervento esterno di qualche tipo non le arrestasse.
Rotolare non ha un fine codificato. I processi sono costituiti da una serie di cambiamenti che si susseguono.
Per esempio il camminare è formato nel suo insieme da un susseguirsi di movimenti. Non sono telici perché i
piccoli cambiamenti di cui sono costituiti di per sé possono formare una serie di lunghezza indefinita. Se il
processo dura per un intervallo t, il processo è stato in corso per tutti i sottointervalli di t. C’è però una
differenza con l’analoga proprietà degli stati. Non si può dire che se Paolo ha camminato per un’ora ha
camminato per ogni istante: l’istante è troppo piccolo perché avvenga un cambiamento al suo interno. Ma
per dire veramente che in un intervallo di tempo sia avvenuto un cambiamento, una serie di movimenti deve
avere avuto luogo. I cambiamenti si danno solo in intervalli di tempo abbastanza lunghi da ospitare una serie
sufficiente di cambiamenti. Se Paolo ha camminato per un’ora, allora ha camminato per tutti i sottintervalli di
quell’intervallo sufficientemente lunghi per poter affermare che Paolo cammina in quel sottintervallo.
Sono compatibili con il modificatore ‘per un tempo t’.
Non sono telici, non accettano il modificatore ‘in un tempo t’, e se lo usano, il verbo è da interpretare
in modo diverso. Anna ha camminato in due settimane, dopo l’incidente. Il verbo misura il processo di
convalescenza.
Possono (anche se non devono) essere agentivi.
Accettano la forma inglese progressiva –ing e il gerundio italiano.
3.3 Verbi di compimento telici,
I verbi di compimento descrivono cambiamenti cioè che hanno un fine determinato, il fine
raggiunto, il processo termina. Sono di solito formati da SN+SP, per esempio costruire una casa, scrivere un
libro, leggere un articolo… infatti alcuni verbi di per sé non sono telici: diventano telici accompagnati da un
SN, gli oggetti che forniscono un fine. Per esempio l’attività di costruire una casa, è misurata dalla casa
stessa, quando l’oggetto è costruito completamente, è stato compiuto il fine. Però non è sufficiente
aggiungere un SN a un verbo per avere un SV di compimento, non diventano telici: girare la ruota per
esempio.
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