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ANTROPOLOGIA E DIRITTI UMANI
Lo sviluppo della ricerca sul campo e di una nuova sensibilità etnografica, insieme al crollo di molte delle certezze positivistiche, fa dell'antropologia un potentissimo strumento di critica all'etnocentrismo, alle pretese cioè della cultura europea di valere da metro di giudizio assoluto per tutte le altre.
All'immagine di una gerarchia piramidale di gruppi umani, che procedono a velocità diverse su un unico percorso di sviluppo culturale, si sostituisce quella di un mondo suddiviso in una irriducibile pluralità di culture, intese come entità autonome, ben distinte e di uguale dignità, classificabili in modo non gerarchico e per certi aspetti non commensurabili.
Nel 1947 l'antropologo americano Herskovits (capo American Anthropological Association) presenta alla commissione per i diritti umani dell'ONU una Statement on Human Rights Dichiarazione, (che l'ONU non adotta) in cui sostiene che:
- ...
“L’individuo realizza la propria personalità attraverso la propria cultura”: il rispetto per le differenze individuali comporta quello per le differenze culturali. (L’uomo non nasce slegato da tutto, ma impara a vivere in un contesto.)
Non esiste nessun criterio oggettivo per valutare qualitativamente le diverse culture. Per rispettare le persone, bisogna rispettare anche le culture degli altri. Non esiste una visione oggettiva con cui valutare “glialtri”
Diritti e valori sono relativi rispetto alla cultura in cui si fondano. Queste posizioni caratterizzano un relativismo culturale piuttosto estremo. (es. in un paese i bambini lavorano. Perché bisogna contestarlo se si è sempre fatto così?)
La critica relativista ai diritti umani:
Eleva la cultura a supremo valore etico
Critica il concetto di natura umana come etnocentrico: frutto del pensiero dell’Europa della fine dell’800
Si critica l’individualismo di
fondo sottostante i diritti umani (es.- movimenti indigeni che rivendicano l'accesso comunitario all'autodeterminazione
- Quando si comincia a respirare il declino del colonialismo (verso il '47, con l'India), il discorso sui diritti umani comincia a formarsi
- Si basa su una erronea concezione della cultura: omogenea e statica, condivisa e normativa. Manca il riconoscimento delle differenze interne e delle dinamiche locali
antropologico.
RELATIVISMO E MONDO GLOBALE:
Per Levi-Strauss (padre dello strutturalismo): "Le culture sono come treni, che si spostano ognuno sul suo binario, portandosi dietro ognuno i propri viaggiatori. Ognuno vede gli altri treni solo attraverso i finestrini del proprio"
Geerz: "Il mondo contemporaneo non è fatto di binari separati, ma somiglia a un bazar, pieno di voci diverse che si sovrappongono e in cui bisogna sapersi orientare. L'antropologia può rispondere proprio a questa necessità di orientamento."
CULTURALISMO O INDIVIDUALISMO? Come sfuggire alla cattiva alternativa tra culturalismo fondamentalista ed essenzialista e individualismo. (Ugo Fabietti).
Insistere sulle differenze pre-individuali si presta alle ambiguità del neorazzismo; ma sostenere che a incontrarsi e scontrarsi sono solo individui e non culture riporta a una visione illuminista e pre-antropologica (Marc Aime)
ABBANDONIAMO IL CONCETTO DI CULTURA? "Un
Aspetto irrinunciabile dellatradizione antropologica è un modello di soggetto agente più complesso diquello proprio della tradizione filosofica illuminista e razionalista. Un modello apiù dimensioni di cui la differenza è costitutiva. Ciò significa che essere nati einculturati in una particolare epoca o luogo, in una lingua, una religione, unastruttura familiare e di parentela, un habitus sociale, una costruzione di generee così via sono condizioni che plasmano un certo tipo di persona e dunque disoggetto pensante, desiderante e agente.
Non possiamo eliminare il concetto di cultura, ma dobbiamo pensare il contestocome circolare: impariamo a vivere grazie alla cultura, ma non è solo quelloche abbiamo, ma anche quello che facciamo. La cultura non è qualcosa di fissoe non possiamo diluire il concetto di persona dentro ad un concettoessenzialista della cultura, della religione, ecc.
Relativismo radicale si basa su un'idea
Di cultura essenzialista. Un po' di relativismo non fa male, ma l'eccesso è sbagliato.
LEZIONE 6
ETNIA, ETNICITÀ E IDENTITÀ ETNICA:
Il termine deriva da "ethnos" = gruppo umano, popolo, nazione. Già nella Grecia antica il termine era utilizzato per chiare gli "altri", coloro che non vivevano nella polis, anche in senso discriminatorio (I barbari = coloro che balbettano). Questa ambiguità del termine è rilevata sin dall'inizio: tutti siamo etnici perché tutti apparteniamo ad un popolo, ma c'è chi lo è di più (chi viene dall'esterno della polis).
In fondo, il termine etnico ci dice di più su chi lo utilizza, che spesso si sente al centro. (es. etnia senegalese non esiste, è uno stato con all'interno tante etnie diverse. Un segretario italiano che fa ricerche utilizza l'altro significato del termine, che sta ad indicare minoranze)
ETHNOS E
SITUAZIONALITÀ = L'etnia è stata definita basandosi sui caratteri oggettivi o ritenuti tali. Le dimensioni dell'etnicità hanno subito diverse variazioni nel tempo: 1. Primordialismo con Geertz 2. L'interazionismo con Barh 3. Strumentalismo con Cohen 4. La dimensione emotiva con Epstein. 1. Un primo modo di leggere l'etnia, nella storia del pensiero antropologico, è quello che oggi viene definito come "primordialista", che ha dato vita al primordialismo. In questa prospettiva, l'etnia veniva letta come il possesso di caratteristiche oggettive - o ritenute tali, quali lingua, cultura - nel suo senso essenzialista, fenotipo - cioè la diversità apparente come il colore della pelle, la religione, l'organizzazione giuridico-politica, il territorio. Erano questi i "caratteri oggettivi" che confluivano nel forgiare un'etnia. Com'è evidente, questa definizione soffre diUna visione tipica del nazionalismo, cioè crede nella naturale sovrapposizione tra cultura, popolo e territorio. Si pensava, comunque, che verso queste caratteristiche gli uomini sviluppassero dei legami, definiti primordiali. Ivan Djuric diceva che queste caratteristiche non si sovrappongono in modo meccanico; c'è, però, un'obiezione più interessante: nella prospettiva primordialista, qual è la concezione di anthropos? L'uomo è una spugna acritica, che assorbe e riproduce come una fotocopia: manca, dunque, il riconoscimento di una dimensione soggettiva della vita collettiva.
Già con la scuola di Manchester degli anni 50, ma in modo più raffinato negli anni 60 con l'antropologo norvegese Fredrik Barth, l'accento comincia a essere posto sulle caratteristiche soggettive dell'etnicità. Barth affermava che a produrre i gruppi etnici sia il processo di costruzione di confini, detto processo di
categorizzazione reciproca, in cui è fondamentale il valore della dimensione soggettiva. I confini citati non sono da considerare solo come territoriali, bensì possono essere anche simbolici, a volte specificati da un linguaggio morale; comunque, è così che prende forma un'etnia: non preesiste, ma viene costruita e definita reciprocamente da un noi e un loro. Questa chiave di lettura ha permesso di vedere l'etnicità come un fenomeno più fluido e meno statico, frutto di categorizzazioni reciproche, che fanno emergere, rafforzano e istituzionalizzano i gruppi etnici. Dunque, l'etnicità è frutto di un'interazione.
3. Una lettura più fluida, però, porta a prendere in considerazione anche la malleabilità del concetto di etnia: questa è la prospettiva che evidenzia l'etnicità come un fenomeno politico, che accentua la capacità di manipolare il discorso etnico e di
Appartenenza a questo anche ideologicamente. Abner Cohen è un famoso esponente di questa corrente, ma in molti hanno dato letture strumentali dell'etnicità: le élite lo manipolano per avere un seguito e assicurarne la mobilitazione, ma anche per la difesa delle risorse. Perché questo funziona? Non basta una lettura esclusivamente strumentale per capire il perché le persone seguono realmente le élite che evocano le tradizioni e l'appartenenza etnica per mobilitare il loro seguito. Dobbiamo, piuttosto, tener conto della dimensione emotiva dell'etnicità: si innesca una sensibilizzazione, dal basso verso l'alto, dei simboli proposti dall'élite.
4. Epstein usò la metafora della cipolla: l'etnicismo, il discorso etnico, presenta tutta una stratificazione di significati, ma suona delle corde molto profonde, che forniscono il materiale simbolico che aiuta le persone a scoprire il significato della lor