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5. VIOLAZIONE DELLE REGOLE DI DIRITTO RELATIVE ALLA SUA APPLICAZIONE :
questa formula è stata interpretata dalla Corte facendovi rientrare le Fonti Interposte;
6. SVIAMENTO DI POTERE : è sostanzialmente un eccesso di potere, e si verifica nel caso in
cui l'istituzione adotti l'atto con un fine diverso rispetto a quello per il quale dovrebbe
adottarlo.
I casi 4 e 5 sono i più frequenti delle cause di ricorso per annullamento; si impugna l'atto, nel caso
sia idoneo a produrre effetti giuridici, ad opera di soggetti ben determinati, sempre dall'Art. 230,
distinti in RICORRENTI PRIVILEGIATI (Stati e Istituzioni, cioè Parlamento, Consiglio e
Commissione) e NON PRIVILEGIATI (Cittadini e persone fisiche e giuridiche, i quali devono
dimostrare il proprio interesse all'annullamento dell'atto). Questa distinzione opera anche con
riguardo al tribunale competente: per i primi è competente la Corte di Giustizia, mentre per i ricorsi
dei cittadini è competente il Tribunale di Primo Grado.
Si stabilisce inoltre che la BCE e la Corte dei Conti possano impugnare gli atti qualora questa
procedura sia necessaria al mantenimento ed alla preservazione delle loro facoltà.
Si è sostenuto che anche le Regioni dei singoli Paesi membri potessero impugnare gli atti, in
ragione della loro importanza istituzionale: la Corte ha ritenuto che nell'ambito della nozione di
Stato non è possibile includere le Regioni, data la disparità che si creerebbe con maggiori
possibilità di ricorso per gli Stati ad ordinamento regionale rispetto a quelli ad autorità centralizzata
(Sentenza 21 Marzo 1997 “Région Wallonne Vs. Commissione C-95/97”, Par. 6). La Corte ha
cercato però una strada per consentire alle Regioni di attivarsi nell'impugnazione in caso di inerzia
dello Stato; per questa ragione ha affermato che esse non possono essere considerate come
“Stato”, ma possono impugnare l'atto in quanto persone giuridiche (ricorrenti non privilegiati).
L'ipotesi in cui l'impugnazione è possibile da parte delle persone fisiche o giuridiche si ha nel caso
in cui le stesse ne siano destinatarie, oppure quando l'atto concerna la persona DIRETTAMENTE
e INDIVIDUALMENTE; la Corte ritiene che anche gli Stati facciano parte della categoria delle
persone giuridiche, chiarendo che ogni atto comunitario possa essere impugnato dalle persone.
Nella sentenza 15 Luglio 1963 “Plaumann et Co. Vs. Commissione 25/62”, si è sancita, per
l'appunto, la FORMULA PLAUMANN, la quale prevede che chi non sia destinatario di una
decisione può addurre, per sue particolari qualità, che l'atto lo riguarda comunque, anche se non
ne è espresso destinatario.
La Corte, applicando questo criterio nella sentenza 18 Maggio 1994 “Codorniu SA Vs. Consiglio C-
309/89”, ha reso possibile l'impugnazione da parte di un'impresa di un regolamento, il quale la
riguardava molto da vicino, nonostante sia per sua natura un atto di portata generale; al Par. 23 la
Corte afferma che il ricorrente è riuscito nell'opera di distinzione rispetto agli altri operatori
economici: si esclude, in virtù della formula Plaumann, la possibilità di ricorso per le associazioni di
tutela dei consumatori e di tutela dell'ambiente, sia per le associazioni di lavoratori o di datori di
lavoro.
Dunque solo il diretto interessato è legittimato a ricorrere: questo orientamento della Corte è stato
molto criticato poiché pregiudica il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale (la Corte elabora i
principi ma poi non li applica).
Nella sentenza 25 Luglio 2002 “Union de Pequenos Agricultores Vs. Consiglio C-50/00 P”, i piccoli
agricoltori spagnoli riuniti agivano in giudizio poiché un regolamento del Consiglio li pregiudicava
direttamente e da vicino: la Corte afferma che è intoccabile la possibilità di ricorrere da parte delle
persone, ma, allo stesso tempo, nel Par. 40, essa afferma che nell'ambito del sistema
dell'annullamento, qualora non si sia ammessi al cospetto delle Corti Europee in virtù dei requisiti
necessari, il primo rimedio possibile è il ricorso al giudice nazionale per sancire l'illegittimità del
provvedimento interno basato su quello comunitario illegittimo: il sistema comunitario e quello
interno agiscono quindi come vasi comunicanti, con la necessità di una modifica di quest'ultimi nei
casi di incompatibilità procedurale. Al Par. 45 si riafferma inoltre che, se il sistema attuale non è
adeguato alle esigenze giurisdizionali delle persone, gli Stati sono liberi di cambiarlo a loro
piacimento, ampliandolo, secondo la procedura dell'Art. 48 TUE.
Con il Trattato di Lisbona si segue soltanto in parte la provocazione della Corte: si stabilisce infatti
che quando un atto comunitario sia auto – applicativo allora deve essere più facile rivolgersi ai
giudici nazionali per ottenere tutela (si è eliminato l'avverbio “individualmente” ), basta cioè che
l'atto riguardi direttamente il ricorrente per legittimare il ricorso.
Il nesso tra la tutela a livello comunitario e quella del diritto interno trova estremo rilievo in un
procedimento normativo molto particolare: nel caso della sentenza 3 Dicembre 1992 “Oleificio
Borelli SPA Vs. Commissione C-97/91” si è contestata la legittimità del parere della regione Liguria
richiesto dalla Commissione per l'erogazione di aiuti economici comunitari davanti al giudice
interno, il quale non può esaminare i pareri; stessa risposta si è avuta in ambito comunitario,
affermando che non è possibile operare da parte delle istituzioni comunitarie la valutazione di detti
pareri. Da questa impasse si è usciti con una modifica del sistema nazionale, prevedendo la
valutazione dei pareri e degli atti non definitivi (Par. 13); per comprendere se la legittimità o meno
dell'atto interno si riflette sul diritto comunitario e più specificatamente sull'atto della Commissione
in questione (Giudice interno = Parere Liguria; Corte = Atto Comunitario).
Nel caso della sentenza 21 Marzo 2000 “Association Greenpeace France e Altri Vs. Ministère de
l'Agriculture et de la Peche e Altri C-6/99” si ribadisce il principio suddetto, riaffermandone ancora
una volta le ragioni fondamentali e stabilendo che il giudice nazionale, qualora ritenga che
l'irregolarità di una atto interno possa pregiudicare la validità di una decisione della Commissione,
deve, una volta accertata l'irregolarità, proporre alla Corte una questione a titolo pregiudiziale
concernente la validità della decisione stessa (miglior tutela giurisdizionale).
L'atto che viene annullato lo è in via retroattiva, con le necessarie pratiche di ripristino che si
impongono per “risistemare” l'ordinamento; tuttavia la Corte può precisare gli effetti dell'atto
annullato: la retroattività può avere conseguenze economico – giuridiche estremamente forti,
pertanto si può limitare questo effetto, facendo valere la nullità solo per il futuro. Le ipotesi nelle
quali si mantiene la validità dell'atto per il futuro si hanno principalmente nel caso di vizi formali
dell'atto (atto illegittimo); a differenza degli effetti delle sentenze, gli atti invalidati dalla Corte hanno
effetto erga omnes anche rispetto ad altri atti analoghi a quello che è stato annullato.
L'annullamento non riguarda le parti nel giudizio, ma non permette l'applicazione dell'atto, ponendo
gravi problematiche con riguardo all'annullamento di certi atti delle istituzioni, simili per contenuto a
quelli già annullati: con la sentenza 14 Settembre 1999 “Commissione Vs. Kraft e Altri C-310/97 P”
la Corte afferma che i soggetti legittimati dovranno agire per l'impugnazione entro i termini previsti,
anche nel caso di atti analoghi ad altri già annullati, sotto pena di non poter avvantaggiarsi di
quanto il Tribunale di Primo Grado ha deciso nei confronti dei precedenti ricorrenti. Al Par. 57 si
motiva questo ragionamento, fondandolo sulla considerazione che i termini esistono e vanno
rispettati per osservare il principio della certezza del diritto; non si può dunque aggirare il termine
per l'impugnazione, nemmeno se si è in presenza di una precedente pronuncia di annullamento di
un atto analogo.
Ricorso in carenza
Questa procedura si attua nel momento in cui un'istituzione comunitaria, in violazione degli
obblighi imposti dal Trattato, omette di adottare un atto necessario impostogli dalle disposizioni di
quest'ultimo; si sancisce dunque l'illegittimità di una omissione da parte della Comunità (Art. 232
TCE).
L'obbligo (e, conseguentemente, la sua violazione) si rintraccia sulla scorta del contenuto di un
atto derivato o del Trattato, e il ricorso è promosso ad opera dell'istituzione interessata (tranne la
Corte) o da parte degli Stati o dalle persone fisiche o giuridiche. Il Parlamento è stato aggiunto tra i
possibili ricorrenti in virtù del principio Roquette (per il quale il Parlamento deve essere consultato
obbligatoriamente).
Nella sentenza 14 Febbraio 1989 “Star Fruit Company SA Vs. Commissione 247/87”, al Par. 11, la
Corte stabilisce che la Commissione non è tenuta ad instaurare un procedimento d'infrazione
quale obbligo impostogli dal Trattato, ma essa ha in quel determinato ambito un forte potere
discrezionale, il che consente di non configurare la sua inerzia come causa di un ricorso in
carenza.
La Corte ha sempre dato in passato un'interpretazione restrittiva dell'Art. 232, stabilendo la
possibilità per le persone di agire per la contestazione dell'omissione dell'atto, ma a condizione
che questo sia diretto “nei loro confronti”: soltanto il potenziale destinatario può quindi agire in
carenza (non si prevede come sufficiente l'interesse generico del ricorrente; sentenza 10 Giugno
1982 “Lord Bethell Vs. Commissione 246/81”).
Recentemente la Corte ha cambiato il proprio orientamento, stabilendo, nella sentenza 26
Novembre 1996 “Port GmbH & Co. Vs. Bundesanstalt C-68/95”, che è sufficiente, per legittimare il
ricorso, che l'atto riguardi il ricorrente INDIVIDUALMENTE e DIRETTAMENTE; si ha concreta
applicazione di questo principio nel caso della sentenza 15 Settembre 1998 “Telecinco Vs.
Commissione T-95/96” del Tribunale di Primo Grado, il quale, alla luce degli indiretti aiuti di stato
rivolti alle altre emittenti, legittima la ricorrente ad agire in carenza nei confronti della Commissione,
alla quale spetta in via esclusiva il controllo sui comportamenti lesivi della concorrenza.
Si stabilisce che, prima di aver esperito il ricorso, ogni