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DIRITTO DI LIBERA CIRCOLAZIONE E DI SOGGIORNO NEL TERRITORIO DEGLI TATI MEMBRI
Originariamente tale diritto era riconosciuto solo ai lavoratori subordinati e autonomi che svolgevano attività lavorativa.
Gradualmente è stato poi sganciato dall’attività economica ed è ora sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
È proprio la libera circolazione e il principio di non discriminazione che danno senso alla cittadinanza dell’UE.
In particolare, tale estensione si è avuta negli anni 90 con 3 direttive che hanno riconosciuto il diritto di ingresso e soggiorno in ogni
Stato membro a:
− pensionati.
− studenti.
− cittadini degli Stati che non beneficiano di questo diritto in virtù di altre disposizioni del trattato.
La disposizione di riferimento si ritrova nella direttiva 2004/38 CE che disciplina il diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini
dell’UE. Tale diritto è sancito anche all’art.20 e 21 TFUE.
I cittadini dell’UE possono essere accompagnati dai famigliari che godono di tali diritti, in quanto diritto derivato (estensione
soggettiva).
• art.2 e 3 direttiva 2004/38: il diritto di ingresso si applica anche ai famigliari che non hanno cittadinanza in uno dei Paesi
membri. Tali sono:
− il coniuge e i discendenti diretti di età inferiore ai 21 anni a carico e gli ascendenti a carico.
− il partner con cui il soggetto abbia contratto un’ unione registrata, riconosciuta ed equiparata al matrimonio.
La direttiva stabilisce poi che lo stato membro ospite deve agevolare l’ingresso del partner con cui il soggetto ha una relazione
stabile accertata. S
REQUISITI DI INGRESSO UN UNO TATO MEMBRO
Ai sensi della direttiva, vengono in rilievo gli art.4 e 5, secondo cui ogni cittadino dell’UE, insieme ai familiari, ha il diritto di lasciare
il proprio Stato e di entrare negli altri Stati membri, sulla base del possesso di una carta di identità (se cittadino dell’UE) o di
passaporto (per familiari di Paesi terzi); inoltre per i familiari sprovvisti di cittadinanza dell’UE rimane l’obbligo del visto di ingresso.
Lo Stato di ingresso può solo prevedere l’obbligo dell’interessato di dichiarare la propria presenza entro un termine adeguato
all’ingresso nello Stato membro.
Il diritto di ingresso vale per 3 mesi, dopo i quali diventa un soggiorno, per il quale è necessario possedere ulteriori requisiti. 33
La libera circolazione in origine era riservata solo ai soggetti che svolgevano attività economica, e quindi ai lavoratori subordinati.
Tale concetto è stabilito all’art 45 TFUE e seguenti; la libera circolazione dei lavoratori autonomi in forma di stabilimento o in forma
di fornitura di servizi è, anch’essa, definita dal TFUE.
La libera circolazione dei servizi è una delle libertà economiche fondamentali (beni, merci, servizi e capitali).
Il settore della prestazione dei servizi ha sganciato l’attività economica alla libera circolazione dei soggetti ed è stato il primo ad
essere svincolato e il primo in cui si è avuto un ampliamento dei diritti di circolazione dei soggetti. Successivamente, dagli anni ’90,
tali diritti sono stati estesi anche alle altre libertà economiche.
• Anche all’art 45 della Carta dei diritti dell’UE è sancita la libera circolazione.
• La Direttiva 2004/38 rappresenta una sorta di rifusione delle discipline precedenti e concede il diritto di soggiorno, non
soltanto alle persone facenti parte degli Stati dell’UE, ma anche ai familiari ad esso connessi. La definizione di familiare è
estesa anche ai soggetti indicati all’art.2: il concetto di partner è stato poi esteso anche a coloro che sono dello stesso sesso.
Riconoscere il diritto di circolazione equivale a riconoscere il rapporto familiare che intercorre tra i soggetti coinvolti.
’ ( 2004/38)
DIRITTO DI INGRESSO NELL UE DIRETTIVA
Gli art.4 e 5 disciplinano il diritto di uscita e di ingresso nell’UE.
In base al diritto di ingresso i cittadini hanno il diritto di soggiornare per un periodo non superiore ai 3 mesi senza limitazioni, salvo
il possesso di un passaporto o di una carta di identità.
Non sono ammessi controlli che integrino una prassi sistematica, che per ciò stesso diventa un ostacolo arbitrario alla circolazione
delle persone; lo stesso dicasi per i visti di ingresso o l’apposizione di un timbro sul passaporto.
Il semplice controllo amministrativo è ammesso a condizione che non sia discriminatorio.
Per un periodo superiore ai 3 mesi scatta poi il diritto di soggiorno con requisiti ulteriori: ai sensi dell’art. 7 ciascun cittadino dell’UE
ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore ai 3 mesi a condizione che:
− sia un lavoratore subordinato o autonomo.
− disponga di risorse economiche sufficienti e di un assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro
ospitante.
− sia un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’UE.
Questo visto di soggiorno vale dai 3 mesi ai 5 anni. Se poi il soggiorno si protrae per un minimo di 5 anni senza interruzioni, il
cittadino dell’UE può beneficiare di un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospite. Ciò è disposto all’art.16 della
Direttiva.
La valutazione sulla sufficienza delle risorse a disposizione del soggetto è posta a carico dello Stato membro: non può però essere
fissato, come precisato all’art. 8 paragrafo 4, un importo minimo.
Quando vengono meno le risorse economiche sufficienti, viene meno il diritto di soggiorno.
Un soggetto può anche essere allontanato, come precisato all’art.21 TFUE, per ragioni di sicurezza.
È posto, poi, a carico del cittadino l’obbligo di iscriversi presso il comune di residenza per consentire di monitorare la presenza di
cittadini dell’UE nel territorio dello Stato, come stabilito dal decreto legislativo 6 febbraio 2007.
I famigliari sono tenuti a richiedere la carta di soggiorno prevista all’art.9 della Direttiva.
Non c’è l’obbligo secondo il diritto dell’UE per i cittadini dell’UE di segnalare la propria presenza nello Stato membro, ma è lo Stato
membro stesso che lo impone se lo ritiene opportuno. 34
CASO
Coppia cittadina di Paesi terzi che lavorano per un impresa straniera con sede in un Paese terzo.
Il marito è capo dell’impresa e detiene una partecipazione rilevante in essa. Svolge, inoltre, frequenti viaggi di lavoro in diversi Stati
membri, in particolare nel Regno Unito.
Il primo figlio nasce nello Stato terzo. La moglie raggiunge poi il marito ed entra nel territorio del Regno unito incinta di 6 mesi e
partorisce in Irlanda.
In base al diritto irlandese, questo consente di acquisire la cittadinanza irlandese a coloro che sono nati sul territorio irlandese.
Alla bambina, Catherine, viene rilasciato un passaporto irlandese e ha cittadinanza irlandese.
I genitori sono invece cittadini di un Paese terzo.
Secondo il diritto irlandese, la madre aveva il diritto di restare nel territorio ed eventualmente spostarsi. Catherine può liberamente
circolare in tutta l’Unione, ma alla madre, che si vuole spostare con la figlia da un Paese membro ad un altro, essendo cittadina di
un Paese terzo, può essere riconosciuto il diritto di ingresso in un altro Paese membro?
In particolare, la madre si sposta dall’Irlanda al Regno Unito e si ferma per più di 3 mesi, volendo usufruire del diritto di soggiorno. Il
segretario di Stato irlandese le nega però tale diritto, perché la figlia di 8 mesi non esercita alcun diritto derivante dal trattato: per
cui la madre non può soggiornare nel Regno unito.
Tale scelta è condivisibile? Quale è il motivo per opporre o legittimare il riconoscimento del diritto di soggiorno alla madre della
bambina?
Requisiti previsti dall’unione per poter soggiornare in Paese:
− Essere un lavoratore subordinato. La madre non risulta però essere una lavoratrice.
− Assicurazione malattia e risorse economiche sufficienti. 35
Il diritto di ingresso nell’UE spetta esclusivamente ai cittadini dell’UE e ai rispettivi famigliari.
R : .
EGOLE PER I SOGGETTI NON BENEFICIARI ALLA LIBERA CIRCOLAZIONE GLI STRANIERI
Sono stranieri i cittadini dei Paesi terzi che non sono Paesi membri.
TITOLO V DEL TFUE: concernente spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Art. 67 e seguenti TFUE. Ci concentriamo principalmente sul
capo 2 titolo V concernente controlli alle frontiere, asilo e immigrazione.
Disciplina uniforme.
Con il trattato di Maastricht è stata creata l’UE con i famosi 3 pilastri:
− Comunitario
− PESC
− Cooperazione giudiziaria in materia civile e penale. Pilastro che poi è stato ridotto, perché la cooperazione è stata inserita
nel primo pilastro.
Il Trattato di Lisbona ha poi eliminato la disciplina dei pilastri, disciplinando tale materia con il diritto dell’UE.
Sino al trattato di Lisbona abbiamo una materia (cooperazione intergovernativa); dopo Lisbona la materia è stata introdotta nel
titolo V, che si occupa di libertà, visti, asilo e immigrazione e quindi sostanzialmente di controlli interni ed esterni alle frontiere.
Cooperazione giudiziaria in materia penale, civile e di polizia sono aspetti correlati. In particolare ci si occupa della disciplina
concernente i controlli alle frontiere.
La competenza in materia di visti, asilo e immigrazione è una competenza concorrente degli Stati membri e non esclusiva dell’UE:
laddove vi è una competenza concorrente quindi, in prima battuta, tramite i principi di proporzionalità e di sussidiarietà, decidono
gli Stati membri. Qualora questi non siano in grado di realizzare gli obiettivi che il diritto dell’UE impone di seguire, allora l’UE è
giustificata nell’esercizio delle proprie azioni e può intervenire.
È al di fuori dei trattati che si decide di adottare una serie di disposizioni volte ad eliminare una serie di controlli alle frontiere
interne, quando viene definito il cosiddetto accordo di Schengen che è un accordo di diritto internazionale: si tratta di una
cooperazione che nasce al di fuori dei trattati istitutivi tra i paesi membri. Nasce nell’ambito del diritto internazionale.
Nell’ambito di questi accordi ci si occupa di immigrazioni, asilo e visti. Tutti temi che sono entrati poi a far parte poi del diritto
dell’UE.
Gli originari paesi membri degli accordi di Schengen sono Francia, Germania, Belgio, Olanda e Lussemburgo.
Nel 1990 a Schengen, dopo l’accordo dell’85, viene firmata la Convenzione di applicazione degli accordi di Schengen (giugno 1990)
dagli stessi Stati membri. Tale accordo viene aperto alla firma da parte degli altri stati della allora Comunità europea.
Aderiscono quindi via