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TFUE).
L'autonomia dell'ordinamento giuridico dell'Unione Europea
Il principio di autonomia prevede che l'ordinamento giuridico sia
completamente autonomo rispetto agli ordinamenti degli stati membri
dell'Unione Europea. Questo è un principio che è stato introdotto inizialmente
da parte della sentenza 26 del 1962 Van Gend en Loos (amministrazione
olandese delle imposte), sentenza che ha affermato che la comunità economica
europea costituisce un vero e proprio ordinamento giuridico di nuovo genere
nel campo di diritto internazionale, e a favore di questo diritto internazionale gli
stati membri hanno rinunciato, in determinati settori, ai loro poteri sovrani, e
proprio nei confronti di questo diritto internazionale sono soggetti sia gli stati
membri sia i cittadini. Il principio di autonomia è stato ulteriormente precisato
successivamente grazie alla sentenza n°6 del 1964 detta Costa contro Enel, che
affermava che il trattato della comunità economica europea ha istituito un vero
e proprio ordinamento giuridico che si è andato ad integrare nell'ordinamento
giuridico degli stati membri nel momento in cui è entrato in vigore, stati
membri che hanno limitato in campi circoscritti i loro poteri sovrani e creato un
diritto vincolante per loro stessi e per i loro cittadini; così come gli stessi giudici
nazionali saranno tenuti ad osservare tale ordinamento giuridico europeo. Tutto
ciò ha permesso di istituire una comunità senza limiti di durata, dotata di propri
organi e di propria personalità e capacità giuridica, di capacità di
rappresentanza sul piano internazionale e di poteri effettivi provenienti da una
limitazione di competenza degli stati ma anche da un trasferimento di
attribuzioni dagli stati alla comunità. La ratio del principio di autonomia sta
nell'esigenza di impedire che l'ordinamento giuridico europeo venga svuotato
nei suoi contenuti dalle disposizioni nazionali e garantire un'uniforme
applicazione su tutto il territorio dell'Unione; infatti, se così non fosse, cioè se
questo non fosse dotato di autonomia, qualsiasi disposizione nazionale potrebbe
introdurre una sua interpretazione (che sarebbe restrittiva delle norme
dell'Unione), e ciò non assicurerebbe più un'uniforme applicazione del diritto
internazionale sul territorio dell'Unione Europea; infatti, la suddetta sentenza
Costa Enel si pronuncia affermando che il diritto nato dal trattato non può
trovare limite in qualsiasi provvedimento interno, quindi nazionale, senza
arrivare a perdere il proprio carattere comunitario e senza scuotere il
fondamento giuridico della stessa comunità. Il rapporto che nasce tra
l'ordinamento dell'Unione e l'ordinamento interno è un rapporto di stretta
integrazione e di interdipendenza tra gli stessi, evitando quindi fenomeni di
netta separazione o sovrapposizione tra gli ordinamenti. La conferma
dell'esistenza di tale rapporto di integrazione e di interdipendenza ci è data sia
dalla Comunità di soggetti tra i due ordinamenti (i soggetti dell'ordinamento
interno sono anche i destinatari delle norme dell'Unione Europea), sia la
Comunità di poteri (gli organi dell'Unione possono a volte mettere dei comandi
che operano direttamente sui soggetti di diritto interno), la comunità di garanzie
(tutti i soggetti possono adire direttamente gli organi giurisdizionali dell'Unione
allo scopo di ottenere il rispetto dell'Unione europea). Le suddette
caratteristiche di integrazione e di interdipendenza, però, possono generare delle
situazioni di conflitto tra norme europee e norme nazionali, contrasto che infatti
si è più volte verificato nei primi anni di applicazione del TCE e che è stato
risolto e tuttora si risolve mediante l'applicazione di due principi cardine, la
diretta applicabilità del diritto dell'Unione (che credo si riferisca alle domande
di esame diretta efficacia delle direttive e delle decisioni) e preminenza del
diritto dell'Unione nei confronti della norma nazionale, anche se posteriore,
quindi non vale il principio cronologico.
Il procedimento di revisione dei trattati
(Per trattati si intendono i trattati istitutivi della Comunità europea e che fanno
parte del diritto originario). I trattati istitutivi possono essere modificati nel loro
contenuto per volontà concorde di tutti gli stati membri, mediante una
procedura disciplinata da parte dell'articolo 48 TUE riformato da parte del
trattato di Lisbona, articolo che prevede la sussistenza di una procedura
ordinaria e di una procedura semplificata. Per quanto riguarda la procedura
ordinaria, o procedura di revisione ordinaria, è una procedura che può
riguardare qualsiasi disposizione dei trattati istitutivi e che prevede la
sussistenza di tre fasi: fase europea, fase diplomatica e fase nazionale; per
quanto riguarda la fase europea, questa prevede che il governo di qualsiasi stato
membro o il parlamento europeo o la Commissione sottopongono al Consiglio
progetti di modifica dei trattati istitutivi, progetti intesi ad accrescere o a ridurre
le competenze attribuite all'Unione nei trattati, progetti che poi verranno
trasmessi dal Consiglio al Consiglio europeo e notificati ai Parlamenti
nazionali. Da qui potranno verificarsi due situazioni: il Consiglio europeo è
favorevole alla modifica, il Consiglio europeo non è favorevole alla modifica.
Qualora il Consiglio sia favorevole alla modifica, il suo presidente dovrà
successivamente convocare una convenzione composta dai rappresentanti dei
parlamenti nazionali, dai rappresentanti dei capi di stato o di governo degli stati
membri, dai rappresentanti del Parlamento europeo e della Commissione,
convenzione che avrà lo specifico compito di esaminare i progetti di modifica e
di adottare per consenso una raccomandazione nei confronti di una conferenza
dei rappresentanti dei governi degli stati membri, cioè nei confronti di una CIG
(conferenza intergovernativa), che sarà incaricata di raggiungere un accordo
all'unanimità (e questa è la fase diplomatica della procedura, che prevede un
lavoro di negoziazione politica dei rappresentanti nazionali all'interno della
CIG). Successivamente le modifiche che vengono apportate devono essere
ratificate da parte di tutti gli stati membri conformemente alle proprie norme
costituzionali (e questa è la fase nazionale, che per ciò che riguarda l'Italia, la
procedura di ratifica è disciplinata da parte dell'articolo 80 della Costituzione e
prevede un'apposita legge di autorizzazione alla ratifica e la successiva ratifica
da parte del presidente della repubblica). Le modifiche che verranno apportate
al trattato potranno entrare in vigore solo ed esclusivamente solo dopo essere
state ratificate da parte di tutti gli stati membri dell'Unione Europea; se invece il
Consiglio europeo non è favorevole a queste eventuali modifiche, potrà
decidere di non convocare una convenzione e definirà il mandato per una
conferenza dei rappresentanti dei governi degli stati membri; se al termine di un
periodo equivalente a due anni che decorre dalla firma di un trattato di
modifica, i quattro quinti degli stati membri non abbiano ratificato questo
nuovo trattato, la questione verrà deferita al Consiglio europeo, che non sarà
obbligato però ad adottare provvedimenti per superare il problema che si è
creato. Per quanto riguarda la procedura di revisione semplificata, questa è
caratterizzata da due tipologie di procedure, che hanno in comune il fatto di non
prevedere la convocazione né di una convenzione né tanto meno di una CIG,
bensì prevedono il ruolo centrale del Consiglio europeo. Per quanto riguarda la
prima procedura (art.48 paragrafo 6 del TUE), questa può essere attivata da
parte di qualsiasi stato membro, da parte del Parlamento europeo o da parte
della Commissione, praticamente da parte degli stessi soggetti legittimati ad
attivare la procedura di revisione ordinaria, e prevede la possibilità per questi
soggetti di sottoporre al Consiglio europeo dei progetti intesi a modificare, in
tutto o in parte, la parte terza del TFUE che riguarda politiche ed azioni interne
dell'Unione. A livello procedurale, viene presentata come già detto una proposta
da parte di qualsiasi stato membro, da parte del Parlamento o da parte della
Commissione al Consiglio europeo, che dovrà deliberare all'unanimità, dopo
aver consultato il Parlamento europeo e la Commissione. Decisione del
Consiglio europeo che però entrerà in vigore solo ed esclusivamente previa
approvazione da parte di tutti gli stati membri, conformemente alle loro
rispettive norme costituzionali. La seconda procedura di revisione semplificata
(articolo 48 paragrafo 7 del TUE) è una procedura che prevede due casi: il
primo caso si verifica nel momento in cui il TFUE o il titolo quinto del TUE
relativi all'azione esterna dell'UE prevedono che il Consiglio deliberi
all'unanimità in un settore o in un caso determinato e che il Consiglio europeo
possa conseguentemente adottare una decisione che consenta al Consiglio di
deliberare in maggioranza qualificata; il secondo caso, cioè quando il TFUE
prevede che il Consiglio adotti atti legislativi secondo una procedura legislativa
speciale, prevede che il Consiglio europeo possa adottare una decisione che
consenta l'adozione di tali atti legislativi secondo la procedura legislativa
ordinaria. Fatto sta che in entrambi i casi su esposti, definiti anche come
clausole passerella, il Consiglio europeo dovrà necessariamente comunicare il
fatto che abbia preso iniziativa ai Parlamenti nazionali; se non si opporranno il
Consiglio europeo avrà la possibilità di adottare tale decisione, se si opporranno
o comunque in opposizione di anche uno solo dei Parlamenti nazionali il
Consiglio europeo non potrà adottare la decisione.
La procedura del parere conforme
La procedura del parere conforme, o procedura di approvazione, è una
procedura che è stata introdotta da parte dell'atto unico europeo, prevista da
parte degli articoli 86, 96 e 97 del regolamento interno del parlamento europeo;
è una procedura che consente al parlamento europeo di esprimere il proprio
accordo o disaccordo relativamente all'approvazione di atti che vengono
proposti da parte del Consiglio, in quanto quest'ultimo non può legiferare in
alcune materie, a meno che il parlamento stesso non concordi pienamente con il
contenuto dell'atto, deliberando a maggioranza assoluta dei suoi membri. Se il
parere sarà favorevole l'atto potrà essere adottato, se il parere non sarà
favore