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LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE

Nel corso degli anni dal 57 ad oggi il concetto di persona è stato modificato e si è ampliato con le

evoluzioni del trattato.

Nel 1957 con il termine persona o veniva identificato il lavoratore, in allora vi era la CEE e si

parlava di libera circolazione di fattori di produzione e lavoratori all’interno di essa. Il concetto poi

evolve e con il trattato di Maaststricht quando si perde la –e- e si ha solo più la CE, allora si parla

non più di lavoratore ma di cittadino europeo; posto che con questo trattato viene introdotto il

capitolo sulla cittadinanza europea. E si arriva ad oggi a parlare di libera circolazione delle persone

comprendendo tutti.

In origini si poteva muovere soltanto il lavoratore, che però va distinto in 2 categorie:

o Lavoratore autonomo : soggetto che presta attività lavorativa senza un datore di

lavoro

o Lavoratore dipendente o subordinato : soggetto che presta la propria attività

lavorativa alle dipendenze di un datore di lavoro, e che percepisce uno stipendio per

l’attività svolta.

Hanno discipline parzialmente diverse ma sovrapponibili all’interno del trattato, ed hanno avuto

attuazioni differenti all’interno dei vari stati.

Libera circolazione del lavoratore subordinato

Gli art. che si occupano di tale tematica sono: 45-46-47-48 del TFUE

Il concetto di lavoratore subordinato identifica i lavoratori che prestano l’attività lavorativa alle

dipendenze di un datore di lavoro e che per tale attività lavorativa percepisce uno stipendio.

Anche questo concetto nel corso degli anni vi sono state delle modifiche per cui la cdg ha fatto

rientrare in questa categoria anche i tirocinanti, i dottorati di ricerca (si accede tramite concorso, ed

è una borsa di studio di durata di 3 anni in cui un soggetto sviluppa una ricerca con la relazione di

tesi di dottorato. Step necessario per chi vuole entrare nell’ambito academico.)

Qual è la disciplina e come si è evoluta nel corso degli anni?

La normativa è stata elaborata secondo il metodo del funzionalismo europeo.

Gli step che portano alla disciplina presente oggi sono 4:

1. 1° TAPPA (1961-1964): con il regolamento n 15 del 1961 che prevede che i lavoratori

provenienti da altri stati membri, dovessero ottenere da parte dello stato ospitante un

permesso di lavoro, il quale ha validità annuale che può essere rinnovato per i primi 4

anni solo per la stessa mansione, dopo di che poteva essere rinnovato anche per altre

mansioni.

Questo periodo è caratterizzato dal principio di priorità nazionale, ovvero il datore di

lavoro ha la possibilità di dare la precedenza ai propri lavoratori nazionali a scapito dei

lavoratori provenienti da altri stati membri.

1. 2° TAPPA (1964-1968): con il regolamento n 38 del 1964 viene stabilito che il permesso di

lavoro ha sempre validità annuale, ma solo per i primi 2 anni può essere rinnovato pe la

stessa mansione e poi per qualsiasi mansione.

Non vi è più l’applicazione del principio di priorità nazionale, ma viene introdotta la clausola

di salvaguardia (non è più la regola, ma l’eccezione) se il datore vuole dare la precedenza

ad un lavoratore del proprio stato a scapito di un altro lavoratore esso dovrà presentare una

motivazione/giustificazione alla commissione europea.

2. 3°TAPPA (1968-2004): caratterizzata da diverse normative, vi è il passaggio da libera

circolazione del lavoratore a quella della persona.

Gli atti normativi che caratterizzano questa fase sono: il regolamento 1612 e la direttiva 360

del 1968.

Con tali atti normativi al permesso di lavoro si sostituisce la carta di soggiorno, che dura 5

anni ed è automaticamente rinnovabile, questo perché nei 5 anni la persona può avere una

sua vicissitudine lavorativa come ad esempio perdere o cambiare lavoro.

Dal 1968 oltre al lavoratore possono circolare anche i familiari a caricoè ammesso il

ricongiungimento familiare.

Questo periodo è caratterizzato dall’adozione nel 1990 di tre direttive: n 364, n

365(circolazione dei pensionati), n 366(circolazione degli studentinasce l’Erasmus nel

1987) => le quali cercano (e ci riescono) di ampliare il concetto di persona legittimata a

circolare.

DIRETTIVA 364da delle chiarificazioni su chi può circolare. In particolare, può circolare

chiunque abbia una copertura sanitaria ed una disponibilità economica per potersi

mantenere nello stato ospitante.

Queste non sono delle limitazioni alla libera circolazione?

La cdg ha sottolineato che non sono limitazioni a fondo discriminatorio, ma una forma di

tutela degli stati membri ospitanti per evitare che l’ospite sia un peso sulle casse statali.

[esempio: la tessera sanitaria oggi sostituisce il modello E111].

1992 con il trattato di MaastrichtNASCITA DELLA CITTADINANZA EUROPEA: qualsiasi

cittadino europeo può circolare senza oneri né limitazioni per 3 mesi in uno stesso Stato.

Dopo di che si dovrà regolarizzare la propria presenza all’interno dello stato.

3. 4° TAPPA (2004): con la direttiva n.38 del 2004, la quale raccoglie tutti gli atti precedenti in

un unico documento, abrogandoli tranne il regolamento 1612 del 1968.

Questo è ad oggi l’atto normativo di riferimento.

NOVITA’non vi è più la carta di soggiorno, ma c’è l’attestato di iscrizione nei registri

dell’anagrafe nazionale o presso l’organo preposto a ciò dallo stato, segnalazione che sei

sul territorio e che avrà validità di 5 anni. Dopo di che se il cittadino è sempre rimasto sul

territorio dello stato ospitante o si è assentato da esso per periodi limitati mai superiori a 2

anni, si ha il diritto ad ottenere il permesso permanente di soggiorno e sarà equiparato in

tutto e per tutto ai cittadini dello stato ospitante. Tali disposizioni sono valide anche per i

familiari a carico.da stati terzi.

Art. 46 → indica la procedura legislativa che deve essere utilizzata dall’UE qualora ritenga

necessario intervenire in materia di libera circolazione dei lavoratori; precisa che “Il Parlamento

Europeo ed il Consiglio deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa

consultazione del Comitato Economico e Sociale stabiliscono mediante direttive o regolamenti le

misure necessarie per attuare la libera circolazione dei lavoratori.” E’ il trattato stesso che indica

quale procedura legislativa debba essere attuata e quali atti normativi utilizzati, in questo caso è

prevista la procedura legislativa ordinaria (Parlamento Europeo + Consiglio), è prevista una

consultazione della Comitato Economico e Sociale (assunzione del parere, rappresenta le diverse

categorie di soggetti presenti all’interno della società comune), è indicata inoltre che la tipologia di

atto normativo, cioè direttive o regolamenti.

Quali sono i diritti che spettano al lavoratore dell’UE?

Il cittadino ha diritto a non essere discriminato: quando si sposta ha diritto di vedere applicata la

normativa in vigore in tale Stato ed essere trattato come se fosse un lavoratore di tale Stato. Ma in

realtà si sono verificate situazioni in cui la discriminazione diretta si è evitata (non assumere

lavoratori di una certa nazionalità), ma si possono verificare situazioni indirette (può essere

richiesta un titolo di studio od un’abilitazione conseguita nello Stato dove lavorerà) – se la

limitazione/situazione, anche se mascherata, in concreto va a limitare il flusso/circolazione solo di

cittadini provenienti da altri Stati membri e non dallo Stato dove si recano, in questo caso si ha una

limitazione/discriminazione indiretta anche se pacifica.

Ha anche diritto ad essere trattato e ad avere tutti i benefici che ha un lavoratore nazionale (per

esempio, sconti per viaggiare sugli autobus estesi al lavoratore ed ai famigliari se prevista in una

normativa nazionale  questo deve essere concesso non solo al lavoratore cittadino nazionale ma

a qualsiasi cittadino presente sul territorio, può essere una forma di discriminazione indiretta).

La normativa dell’UE, per agevolare la libera circolazione dei lavoratori, ha previsto che per

esempio tutti i periodi di contribuzione/versamenti a fini pensionistici vengano tra loro accumunati

(se lavoro in diversi Stati dell’UE nella mia vita, i miei periodi di contribuzione vengono sommati

anche se versati in Stati differenti – SOMMA DEI PERIODI DI CONTRIBUTI); per il versamento

della pensione, ogni differente Stato mi garantisce la mia parte di pensione. Non devono nemmeno

esistere forme di discriminazione dal punto di vista della retribuzione.

Le limitazioni alla libera circolazione delle persone: sono limitazioni di due tipologie:

1- Si possono attenere al LAVORO SVOLTO – attengono alla tipologia di attività lavorativa

che possono esercitare in uno Stato membro.

1- Si possono attenere alla PERSONA, alle CARATTERISTICHE dell’individuo che si è

spostato o che vuole spostarsi all’interno dell’UE.

PRIMA TIPOLOGIA – LAVORO Questa limitazione è disciplinata dall’Art. 45 comma 4 dove si

dice che:” Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica

amministrazione.” (il trattato stesso indica una limitazione specifica in tema di quale lavoro posso

svolgere o meno).

Impieghi nella pubblica amministrazione: lavori che vedono come datore di lavoro lo Stato o

organismi ad esso riconducibili, essere dipendenti pubblici; quindi secondo il trattato questi tipi di

impieghi possono essere svolti solo dai cittadini dello Stato membro. Tutto questo è stato elaborato

nel 1957 con il Trattato di Roma.

Con il tempo ci si è resi conto che questo articolo costituita una limitazione ingiustificata e troppo

severa/categorica, perché alcune mansione sarebbero potute essere svolte addirittura meglio da

un cittadino “non-nazionale”.

Quindi, perché c’era questo limite? Si riteneva che dove un lavoratore fosse un dipendente statale

un maggior legame (tra cittadino e Stato stesso) avrebbe garantito e favorito una prestazione di

lavoro più caratterizzane/sentita, invece questo legame non sarebbe esistito con un lavoratore

cittadino di un altro Stato. Ci si rende conto che la fetta dei posti di lavori relativi della pubblica

amministrazione era molto consistente (c’erano molti posti di lavoro in questo ambito), e attenersi

all’Art. 45 avrebbe voluto dire togliere dal mercato del lavoro un’offerta molto consistente; inoltre ci

si rende conto che in realtà questa idea di legame era un equazione non necessariamente fondata.

Così negli anni 1980 la Corte di Giustizia della CE intervenne e diede un’interpr

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Iulia23 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Mattone Monica Chiara.