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IRPEF
Ci viene incontro il seguente articolo:
Art 2 TUIR “1. Soggetti passivi dell'imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio
dello Stato.
2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di
imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio
o la residenza ai sensi del codice civile.
2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della
popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale”
N.B. con il lemma ‘si considera’ il legislatore evoca il principio di presunzione; distinzione tra
- presunzione legale sono presunzioni legali le conseguenze probatorie che la stessa legge trae da un
fatto noto
- presunzione semplice sono presunzioni semplici, dette anche praesumptiones hominis le illazioni che
il giudice trae da fatti storicamente provati per formare il proprio convincimento circa i fatti non provati
e
- presunzione assoluta è assoluta la presunzione che non ammette la prova contraria
- presunzione relativa è relativa la presunzione che ammette la prova contraria
In questo caso vi è una presunzione legale e relativa di permanenza della residenza fiscale, quando un
cittadino italiano si trasferisce in un ‘paradiso’ fiscale (vedi spiegazione dopo).
Il periodo d’imposta è l’arco temporale al quale fare riferimento per identificare tutti i redditi prodotti da
un contribuente. L’art 7 TUIR ci dice che questo coincide con l’anno solare; quindi dal 1 Gennaio al 31
Dicembre dell’anno xxxx.
Il contribuente è quindi colui che per almeno 183 giorni rispetto al periodo d’imposta abbia almeno 1 dei
seguenti requisiti:
Iscrizione all’anagrafe
Domicilio civile art 43 Codice Civile “Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha
stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”
Residenza (intesa in termini civilistici) art 43 Codice Civile “La residenza è nel luogo in cui la
persona ha la dimora abituale”
IMPORTANTE un soggetto può essere considerato residente all’estero (residenza in senso civilistico) ma
avere residenza fiscale in Italia se produce redditi sul territorio nazionale Italiano.
I 183 giorni possono anche essere frazionati, ossia non devono essere per forza continuativi; ciò è
desumibile da una circolare dell’amministrazione finanziaria.
Fino agli anni ’90 è stato fatto largo uso del trasferimento della residenza civilistica in paradisi fiscali. Per
paradisi fiscali si intende un paese che abbia una di queste caratteristiche:
- Imposte nulle
- Aliquote basse (10-11%)
- Nessun scambio di informazioni con altri paesi
Il caso Pavarotti ha fatto scuola nel senso che è stato il caso più eclatante (ma non fu l’unico) di
trasferimenti fittizi di residenza al quale è seguita una norma ad hoc del legislatore nel 1999. Tale norma
introduce una presunzione relativa secondo cui:
“La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione nell’A.I.R.E. (anagrafe degli italiani
residenti all’estero) di per se stessa non esclude il domicilio o la residenza nello Stato. I cittadini trasferiti
all’estero sono infatti considerati ancora residenti e pertanto rilevanti ai fini delle imposte sui redditi se, la
loro famiglia abbia mantenuto la dimora in Italia ( per il principio di attrazione), siano emigrati in Stati con
regimi fiscali privilegiati c.d. paradisi fiscali o paesi della “black list” ex D.M. 21/11/2001 (in questo caso c’è
addirittura un’ inversione dell’onere della prova, il soggetto è considerato residente in Italia a meno che
non sia lui stesso a provare con ogni mezzo di essere realmente residente all’estero e che il trasferimento
non sia fittizio*), siano emigrati in Stati a regime fiscale non privilegiato (rientranti pertanto nella”white-
list”), ma l’amministrazione finanziaria riesca a dimostrare che il trasferimento non è effettivo”
* si deve dimostrare che il trasferimento in un paese della “black list” è reale e non fittizio attraverso delle
pezze informative (documenti):
- Utenze utilizzate
- Contratti di locazione
- Scontrini di supermercati ecc.
Esempio Svizzera:
era uno stato considerato paradiso fiscale perché esisteva il segreto bancario (no scambio di informazioni,
come del resto accadeva anche per San Marino, Monte Carlo, Belgio ecc.). Dal 23 Febbraio 2015 non esiste
più tale segreto ed in più nel Maggio del 2015 è stato stipulato un accordo con l’UE grazie al quale lo
scambio di informazioni verso tutti i paesi europei è automatico.
Viene quindi meno l’interesse al trasferimento della residenza in paesi ‘agevolanti’
Ricordiamo anche il caso Valentino Rossi.
IRES
Ci viene incontro il seguente articolo
Art. 73 TUIR “Sono soggetti all'imposta sul reddito delle società:
a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società
cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n.
2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio
dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno
per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali; (promotori commerciali)
c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale
l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel
territorio dello Stato;
d) le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel
territorio dello Stato”
N.B. anche nel caso dell’IRES il criterio di determinazione dei soggetti è la nozione di residenza fiscale.
E’ necessario spiegare cos’è il trust:
istituto attraverso il quale un soggetto (settlor/disponente) trasferisce in proprietà dei suoi beni (immobili o
attività finanziarie) ad un trust e nomina un trustee, cioè un altro soggetto a cui viene dato il mandato di
gestire tali beni (questi possono essere gestiti tramite attività commerciali o solamente tenuti in custodia). I
beneficiari, ossia coloro che alla morte del settlor potranno godere dei proventi, possono essere indicati
subito oppure essere individuati in un momento successivo; nel primo caso si parla di trust trasparente, nel
secondo di trust opaco
Tale distinzione ha delle conseguenze a livello fiscale; dal 2008 i trust vengono riconosciuti dal legislatore
come soggetti passivi di imposta ma tenendo conto della distinzione:
- Nel caso di trust trasparente, dato che vi sono dei beneficiari individuati con il diritto a “percepire” i
frutti dei beni in trust, c’è una capacità contributiva attuale in capo ai beneficiari. Quindi il trust non
diventa soggetto passivo di IRES.
- Nel caso di trust opaco, dato che i beneficiari non sono individuati, il trust stesso diventa soggetto
passivo di IRES.
IMPORTANTE Nell’art 73 TUIR non si fa riferimento alle società di persone (o meglio al punto ‘d’ si parla di
società senza personalità giuridica, quindi proprio le società di persone, ma non residenti in Italia).
La disciplina in tema tributario delle società di persone viene spiegata al seguente articolo
Art 5 TUIR “I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel
territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente
alla sua quota di partecipazione agli utili.
Le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non
risultano determinate diversamente dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o
da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all'inizio del periodo d'imposta; se il valore
dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali”
I redditi che vengono prodotti dalla società sono quantificati in capo alla società: attraverso la dichiarazione
si quantifica l’utile o la perdita; in seguito tale utile/perdita viene imputata ai soci in base alla quota di
partecipazione nella società (principio di trasparenza).
Con ‘indipendentemente dalla percezione’ il legislatore intende affermare che gli utili in capo a ciascun
socio vengono tassati a prescindere dalla decisione dell’assemblea di distribuirli o meno (principio di
competenza)
N.B. quindi le società di persone, residenti, non sono soggetti passivi né IRES né IRPEF, ma solo IRAP e IVA. I
redditi derivanti dalla partecipazione societaria, anche se non distribuiti, andranno a formare la base
imponibile (in aggiunta ad eventuali altri redditi) per l’IRPEF.
Determinazione reddito complessivo
Il presupposto dell’IRPEF secondo l’art 1 è “il possesso di redditi in denaro o in natura”. Il legislatore non dà
una definizione generale di reddito ma da invece una definizione dei singoli redditi che concorrono a
formare il reddito complessivo:
Art 8 “Il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e
sottraendo le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali di cui all'articolo 66 e quelle derivanti
dall'esercizio di arti e professioni. Non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti i
compensi non ammessi in deduzione ai sensi dell'articolo 60.”
Quando il legislatore fa riferimento alle categorie di reddito rimanda sempre al testo unico
Art 6 “I singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie:
a) redditi fondiari;
b) redditi di capitale;
c) redditi di lavoro dipendente;
d) redditi di lavoro autonomo;
e) redditi di impresa;
f) redditi diversi.”
Ciascuna categoria presenta una certa omogeneità di contenuto, data dalla fonte, ma i ‘redditi diversi’
derivano da fonti eterogenee. Le categorie sono inclusive, cioè costruite in modo tale che in esse possa
essere compresa tutta la materia imponibile.
Quando nell’Art 8 si afferma che nella determinazione del reddito complessivo devono e