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All'apice di questa struttura gerarchica troviamo la costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio
1948; questa è la fonte del diritto con il più elevato tasso di democraticità: la costituzione
rappresenta, infatti, un punto di convergenza tra gli ideali delle diverse correnti politiche che hanno
sconfitto il fascismo ( democristiani, socialisti, comunisti, liberali... ), ed essa racchiude i principi
fondamentali di convivenza all'interno del nostro paese.
Al di sotto la costituzione sono collocate: le leggi ordinarie del parlamento, i decreti legge, i
decreti legislativi, gli statuti ordinari regionali e le leggi regionali. Queste fonti del diritto hanno
in comune lo stesso tasso di democraticità. Esso è minore rispetto a quello della costituzione, in
quanto le leggi sono espressione della maggioranza parlamentare. Quando un partito o una
coalizione ( insieme di partiti politici ) vincono le elezioni, ( il parlamento viene eletto ogni 5 anni )
questi rappresentano la maggioranza parlamentare, la quale formula le proposte di legge. In
parlamento, bisogna precisare, non siedono esclusivamente i partiti della maggioranza ma anche i
partiti d'opposizione, i quali non subiscono passivamente le iniziative della maggioranza, bensì
intervengono, discutono, presentano modifiche ( gli emendamenti ) alle proposte di legge della
maggioranza parlamentare. 1
Più in basso troviamo i regolamenti che presentano un tasso di democraticità ancora minore
rispetto alla costituzione e alle leggi in quanto, i regolamenti sono espressione del governo,
composto dal presidente del consiglio e dai ministri ( esponenti della sola maggioranza
parlamentare ). Infine, alla base della struttura gerarchica, con il tasso di democraticità più basso
troviamo le consuetudini.
Logicamente è possibile individuare 2 tipi di antinomie:
• Antinomie verticali: la contraddizione si verifica tra fonti appartenenti a due livelli diversi della
struttura gerarchica;
• Antinomie orizzontali: la contraddizione si verifica tra fonti appartenenti allo stesso livello della
struttura gerarchica;
Il criterio per risolvere le antinomie verticali è il criterio gerarchico: in caso di antinomia tra fonti
appartenenti a due livelli diversi della struttura gerarchica prevale la fonte con il tasso di
democraticità più elevato, ovvero la fonte che è collocata sul livello più alto ( es. In caso di
antinomia tra costituzione e legge ordinaria prevale la costituzione ).
In particolare nei rapporti tra la costituzione e le leggi il criterio gerarchico viene denominato
principio di costituzionalità: nel caso in cui una legge è in contrasto con la costituzione questa è
incostituzionale e viene annullata da un particolare giudice, la corte costituzionale.
Nei rapporti tra legge e regolamento, il criterio gerarchico viene denominato principio di legalità: nel
caso in cui un regolamento contrasta una legge, questo deve essere annullato da un giudice
amministrativo.
Le antinomie orizzontali di regola si risolvono applicando il criterio cronologico: in caso di
contraddizione tra fonti collocate sullo stesso livello gerarchico e aventi la stessa natura prevale la
fonte cronologicamente più recente. ( es. Antinomia tra una legge ordinaria del 2008 e una legge
ordinaria del 2012, prevale la legge ordinaria del 2012; antinomia tra una legge ordinaria del 2012
e un decreto legge del 2014, trova applicazione il decreto legge del 2014 perché più recente ).
Il criterio cronologico rappresenta la regola per risolvere le antinomie orizzontali; tuttavia sullo
stesso livello della struttura gerarchica possono trovarsi fonti aventi natura diversa: quale fonte
trova applicazione tra una legge ordinaria del 2014 e una legge regionale del 2013 ?
Sappiamo che le regioni sono enti pubblici territoriali dotati di autonomia politica; per autonomia
politica si intende la capacità delle regioni di produrre leggi in determinate materie previste dalla
costituzione. Le regioni sono state create al fine di differenziare le leggi, con riferimento a
determinate materie, in considerazione delle specificità di un certo territorio. Ad esempio,
l'agricoltura è disciplinata da una legge ordinaria del 2013 e in Lombardia è stata approvata nel
2014 una legge regionale sull'agricoltura; poiché l'agricoltura è una materia la cui
regolamentazione è attribuita, dall'art. 117 della costituzione, in via residuale alle regioni, prevale
per il principio di competenza la legge regionale, sebbene sia meno recente.
Quando una nuova legge subentra ad una vecchia legge nel disciplinare una certa materia si dice
che la vecchia legge è stata abrogata.
Distinguiamo in merito:
• Abrogazione esplicita: la nuova norma giuridica indica esplicitamente la vecchia norma che
intende abrogare;
• Abrogazione tacita: la nuova norma giuridica introdotta dalla nuova legge è incompatibile con la
vecchia norma giuridica ( es. La nuova norma che disciplina x è incompatibile con la vecchia
norma che disciplina x ). Si ha incompatibilità quando due norme giuridiche regolamentano la
stessa fattispecie in modo diverso.
• Abrogazione implicita: una nuova disciplina ( insieme di norme giuridiche ) viene introdotta per
regolamentare una certa materia; in questo caso la vecchia disciplina su quella stessa materia
viene abrogata implicitamente in quanto si ha incompatibilità tra una serie di nuove norme
giuridiche e un'altra serie di norme giuridiche anteriori alle nuove.
Abbiamo detto che in caso di antinomia tra due leggi ordinarie, si applica il criterio cronologico e di
conseguenza prevarrà la fonte più recente. Quindi per i fatti successivi all'entrata in vigore della
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nuova legge ordinaria si applicherà ragionevolmente la nuova legge ordinaria. E per i fatti anteriori
all'entrata in vigore della nuova legge ? La risposta è semplice: per i fatti anteriori trova
applicazione la vecchia legge ordinaria, a meno che, la nuova legge non abbia effetto retroattivo.
In tal caso la nuova legge verrà applicata non solo ai fatti successivi la sua entrata in vigore ma
investe anche i fatti verificatisi anteriormente.
La retroattività delle leggi fa pensare ad un violazione della certezza del diritto, ovvero della
sicurezza circa le conseguenze derivanti da un determinato comportamento tenuto dai soggetti.
Tuttavia, sebbene la retroattività rappresenti un problema dal punto di vista della certezza del
diritto, in Italia non esiste un divieto generale in merito alle leggi retroattive. L'unico divieto relativo
alle leggi retroattive è quello specifico in materia penale: nessuno può essere punito, se non in
forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso. Ciò significa che affinché si
possa essere perseguiti penalmente per un determinato comportamento è necessario che esista
già una legge che consideri quel comportamento un reato. Quindi l'unico divieto che riguarda le
leggi retroattive è quello specifico previsto in materia penale. Tuttavia la costituzione pone alcuni
limiti alla retroattività delle leggi:
• Ragionevolezza: affinché una legge abbia effetto retroattivo, questa deve rispettare il limite della
ragionevolezza, cioè il legislatore al fine di fronteggiare una situazione grave non poteva fare
altrimenti;
• Rapporto esaurito: le leggi retroattive non possono mai investire i cosiddetti rapporti esauriti
Lo stato è un'organizzazione giuridica complessa:
• Organizzazione giuridica, perché è riconosciuto e disciplinato dal diritto;
• Complessa, perché è un'insieme di organi e istituzioni, a loro volta formate da persone fisiche,
ciascuna delle quali svolge una determinata funzione all'interno di uno Stato;
Affinché un'organizzazione giuridica complessa possa considerarsi Stato in senso giuridico,
devono sussistere 3 elementi:
• Territorio: area geografica delimitata da confini; per confini non si intendono i confini naturali (
un fiume, una catena montuosa ), ma per confine si intende una linea astratta riconosciuta
giuridicamente che delimita una precisa area geografica. Affinché vi sia uno Stato non è
necessaria una dimensione minima del territorio, e non è necessario che il territorio di uno Stato
sia interamente all'interno dello stesso confine ( uno Stato può essere formato da più territori
separati tra di loro );
• Popolo: insieme di cittadini, cioè persone che hanno la stessa cittadinanza. Molto spesso il
termine popolo viene confuso con altri due termini che dal punto di vista giuridico hanno un
diverso significato: popolazione e nazione. La popolazione è un termine statistico: quando
ogni dieci anni viene redatto il censimento, si calcola la popolazione, cioè l'insieme di persone
che in quel momento si trovano nel territorio italiano ( non solo i cittadini italiani, ma anche coloro
che non hanno la cittadinanza italiano ma che si trovano in Italia per un periodo sufficientemente
stabile ). La nazione è un concetto di carattere culturale: si intendono l'insieme delle tradizioni,
valori, linguaggi, storia, schemi politici, usi e costumi di una certa comunità; un popolo può avere
più nazioni: in Spagna troviamo il popolo spagnolo ( insieme di persone che hanno la
cittadinanza spagnola ) e troviamo anche più nazioni ( i paesi baschi, la catalogna ... ).
La cittadinanza è lo status giuridico di chi appartiene ad un determinato popolo; ogni Stato ha
una e una sola cittadinanza ( non esistono Stati con più cittadinanze ). La cittadinanza può
essere acquisita in due modi:
- Diritto di sangue: è cittadino di uno Stato chi possiede almeno un genitore con la
cittadinanza di quello Stato;
- Diritto di suolo: è cittadino di uno Stato chi nasce all'interno del territorio di quello Stato
In Italia la regola è il diritto di sangue, mentre il diritto di suolo rappresenta l'eccezione in due casi:
1. Quando il bambino è figlio di genitori sconosciuti o apolidi ( senza cittadinanza ), allora se è
nato all'interno del territorio italiano può acquisire la cittadinanza italiana;
2. Se il bambino è figlio di genitori stranieri, e i paesi dei rispettivi genitori non consentono la
trasmissione della cittadinanza ai i bambini che sono nati al di fuori del territorio di quello stato,
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allora se il bambino è nato all'interno del territorio italiano allora può acquisire la cittadinanza
italiana;
• Governo: il terzo elemento necessario affinché un'organizzazione giuridica complessa possa
considerarsi uno Stato è il governo; il governo non deve essere inteso come espressione del
potere esecutivo ( presidente del consiglio, ministri, cons