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TUTELA DI DIRITTO D’AUTORE
4.2
A certe condizioni, i disegni e modelli posso avere in aggiunta, oltre alla protezione prevista dal
anche quella di diritto d’autore.
Codice della Proprietà Industriale, Ci sono tre opere utili: due
appartengono al mondo della tecnica (software e banche dati), mentre la terza riguarda la
progettazione estetica (opere di disegno industriale). La protezione del diritto d’autore del design in
Italia è recente: la prima riforma infatti risale al 2001. Prima di quella data la legge sul diritto
d’autore prevedeva che anche queste opere potessero essere protette, ma solo se il valore
artistico era scindibile dal valore industriale del prodotto. In più diceva che, se era già protetto, non
era possibile applicare la protezione del diritto d’autore: non era possibile cumulare le protezioni.
La scindibilità doveva essere intesa in senso concettuale: a prescindere dal suo elemento
l’opera può essere apprezzata esteticamente come opera artistica. Risultato: i disegni e
materiale,
modelli difficilissimamente godevano della protezione di diritto d’autore poiché non si registrava
mai la scindibilità! Compenetrazione forte tra la funzionalità e l’estetica (es. smartphone,
elettrodomestici, ecc.). Per gli oggetti tridimensionali è impossibile scorporare dal prodotto
l’elemento artistico.
Stessa direttiva comunitaria su disegni e modelli n.6/2002. È la matrice degli artt. 31 e seguenti del
anche la normativa sul diritto d’autore, la quale prevede che i disegni e modelli
c.p.i. e contiene
potessero essere tutelati anche da quest’ultimo. Sostanzialmente, si è imposta la protezione di
diritto d’autore su disegni e modelli. Preso atto di tale direttiva, il legislatore ha cancellato le norme
di cui prima (scindibilità e cumulo delle protezioni) e ha inserito un numero 10 nell’art. 2 l.d.a.: dal
2001 anche le opere di disegno industriale che abbiano carattere creativo e valore artistico
dal diritto d’autore (oltre ad essere protette dagli artt. 31 e seguenti c.p.i.).
possono essere protette
Particolarità: avevamo detto che il requisito di protezione generale era il carattere creativo. Solo
per il design, tuttavia, il legislatore ha messo una soglia più alta: anche valore artistico, cioè livello
estetico. L’opera deve sempre essere una creazione originale dell’autore, frutto della sua
personalità (come nel diritto d’autore). Quando c’è valore artistico? A livello teorico, “valore
artistico” significa che l’opera può essere considerata come espressione d’arte, deve esserci
meritevolezza artistica. Quando poi le norme si devono però applicare, di fronte alle categorie
generali si è cercato di individuare dei criteri di applicazione. Questo è uno dei tanti punti
problematici di questa materia. Spesso: tanti e diversi criteri di valutazione, panorama molto
variegato.
• Prima linea di valutazione: si ha valore artistico in caso di prevalenza dell’aspetto estetico su
quello funzionale; possibilità di apprezzamento delle caratteristiche estetiche del prodotto
ossia quanto prevale l’aspetto
indipendentemente da altre caratteristiche (giudizio di prevalenza, 165
estetico su quello funzionale; es. “Saliera” di Benvenuto Cellini: elaborazione estetica straordinaria;
caso di un aspetto estetico che prevale).
• Seconda linea, difficile da applicare: il valore artistico si identifica con un elevato gradiente di
creatività ed originalità (accantonato).
• Altro criterio, anch’esso difficile da applicare: per stabilire se vi è valore artistico bisogna
considerare l’intenzione soggettiva dell’autore e la destinazione che l’autore voleva dare all’opera.
Bell’oggetto: utile da vendere o finalizzato ad esprimere una concezione artistica? Pericolo:
dell’intenzione dell’autore.
elemento aleatorio e difficile valutazione
I più usati tuttavia sono i due che seguono:
• Si ha valore artistico in caso di idoneità dell’opera a circolare e ad avere un valore anche nel
mercato degli oggetti d’arte. L’opera ha un valore anche come oggetto d’arte? Viene venduto come
tale?
• La valutazione del carattere artistico si può basare sulla storia dell’opera successiva alla sua
creazione e ai riconoscimenti che essa ha ricevuto: es. opinioni formatesi negli ambienti culturali,
mostre o musei, considerazione dell’opera come espressione di
premi, recensioni, esposizione in
un movimento artistico: si valuta come è stata considerata l’opera dopo la creazione.
oggetti di arredamento di “Le Corbusier”: il Tribunale di Milano li ha riconosciuti come
Esempio 1:
di design e quindi tutelati da diritto d’autore; tuttavia altri Tribunali (Firenze e Monza) hanno
icone
sentenziato diversamente, dicendo che tali oggetti erano riproducibili a livello industriale.
“Panton Chair” di Verner Panton, simbolo della Pop Art. Opera d’arte anche esposta
Esempio 2:
nei musei e inserita nei libri: ha un valore artistico e quindi protetta dal diritto d’autore.
Lampada “Arco” dei fratelli Castiglioni, o ancora la Lampada Wangenfeld di Wilhelm
Esempio 3:
Wangenfeld riprodotta su una serie di francobolli dedicati al designer tedesco, e quindi intesa
come opera d’arte: tutela del diritto d’autore.
Problemi di diritto transitorio
Non è facile tale valutazione; ciò che viene fuori dagli esempi è la ricerca di riconoscimento di
che facciano capire che l’opera ha riscontro come opera d’arte. Molte di queste
elementi concreti Sono protette oggi con il diritto d’autore
opere sono opere storiche, create ben prima del 2001.
anche le opere che, pur presentando carattere creativo e valore artistico, erano state create prima
della riforma del 2001 ed erano in pubblico dominio al momento della riforma? Grande dibattito,
perché chi copiava i prodotti privi della tutela data dal diritto d’autore nutriva degli interessi
economici. Con la sentenza del 2011 del Tribunale di Milano si è deciso che la protezione doveva
essere estesa anche ai prodotti precedenti al 2001. Per i copiatori è stato poi previsto un periodo di
tempo per “cambiare la produzione”, quindi smettere di produrre il bene copia (Corte di Giustizia
UE, 27 gennaio 2011, in causa C-168/09, caso Flos: le legislazioni degli Stati membri non possono
escludere dalla protezione di diritto d’autore “i disegni e modelli che siano stati registrati in uno
siano divenuti di pubblico dominio”
Stato membro o con effetti in uno Stato membro e che
anteriormente alla data di entrata in vigore delle norme di attuazione della Direttiva CE n. 98/71
In Italia: art. 239 c.p.i.).
5. CONCORRENZA SLEALE 166
Finora, abbiamo visto i regimi delle varie esclusive: diritto d’autore, brevetti, marchi, design. In
quest’ultima parte affrontiamo le regole di comportamento. Il nostro mercato è fondato su un
gioco di domanda e offerta ed è essenziale che vi sia una pluralità di operatori. La concorrenza è
connaturata ad un sistema di libero mercato ed è fisiologico che ognuno cerchi di prevalere
acquisendo quote di mercato rispetto al concorrente. Però il legislatore sa bene che c’è modo e
modo di comportarsi: un conto è il soggetto che acquisisce clientela facendo dei buoni prodotti e
buona comunicazione, un altro è comportarsi in maniera “poco ortodossa”. Se io denigro un
concorrente, diffondo notizie false o faccio dello spionaggio industriale, o gli sottraggo forza lavoro
in blocco per mandarlo in crisi, tutto ciò non è regolare. La disciplina della concorrenza sleale vuole
fissare dei casi di condotte inaccettabili: insieme di regole di comportamento che stabiliscono cosa
il concorrente non deve fare.
La norma di riferimento si trova nell’art. 2598 c.c.. In realtà, vi sono quattro norme rilevanti di cui
questa è quella centrale. Vi sono anche gli artt. 2599 e 2600 c.c. sulle sanzioni, e l’art. 2601 c.c.
che definisce chi può fare causa di concorrenza sleale.
Ferme le disposizioni previste per marchi e brevetti (che restano valide e che possono essere
coinvolti in cause relativa a concorrenza sleale), compie atti di concorrenza sleale chiunque:
1) Compia atti di concorrenza sleale confusoria: ossia usa nomi o segni distintivi idonei a produrre
confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i
prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i
prodotti e con l'attività di un concorrente. Si fa credere che i prodotti o servizi provengano da un
altro titolare. Si crea confusione sull’origine dei prodotti/servizi.
2) Concorrenza sleale per denigrazione: ossia diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e
sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti
o dell'impresa di un concorrente. In sostanza parlo male e dico cose non vere sul mio concorrente,
faccio comunicazioni al pubblico in cui faccio credere che i prodotti del mio concorrente sono nocivi
o di pessima qualità. Poi anche appropriazione di pregi: anche in questo caso, come il punto 2, è
un illecito di comunicazione. Faccio credere che il mio prodotto abbia dei pregi che di fatto non ha
(es. dico di aver vinto un premio che di fatto non ho, oppure dichiaro di produrre da un secolo
quando in realtà non è così). Sia il punto 2 che 3 si pongono in essere con la comunicazione al
pubblico.
3) Clausola generale: si avvale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai
principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda. A parte le prime
due ipotesi specifiche, viene compreso ogni altro atto non conforme ai principi della correttezza
professionale ed idoneo a danneggiare il concorrente. Il legislatore ex ante non può prevedere
ogni possibilità di attività sleale, quindi fissa dei criteri generali. Quando viene fatto qualcosa che
viene meno ai canoni di giusto e leale comportamento, questo è un atto vietato di conc.za sleale.
Questo punto 3 è stato tipizzato dalla giurisprudenza: ha una lunga storia alle spalle (creato nel
1942) e nel frattempo i giudici hanno individuato una serie di condotte che costituiscono atti
contrari alla correttezza professionale (sottrazione segreti aziendali, boicottaggi, sistematica
vendita sottocosto, ecc.).
Presupposti
1) Rapporto di concorrenza: che i soggetti siano in concorrenza, ossia quando due soggetti offrono
sullo stesso mercato beni o servizi idonei a soddisfare, anche in via succedane