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PARADISI FISCALI

Grafici: esportazioni e stock di ide in rapporto al pil mondiale. Esportavo merci in altre parti del mondo,

dopo anni novanta la situazione cambia non esporto più da te ma vengo direttamente a produrre da te!

Gli ide a fine anni 90 sono diventati molto rilevanti, tra 1990 e 2012 lo stock di IDE è decuplicato, crescendo

a un ritmo superiore a quello sia del prodotto sia del commercio mondiali.

Vediamo ora i flussi mondiali di ide in entrata, esportazioni e pil mondiale: ciò che si nota subito è che il pil

è sotto a tutte le altre curve; i flussi sono molto di più. L’economia si riprende fino al 2007, dal 2008 gli ide

sono diminuiti.

Flussi di ide in entrata per le principali aree geografiche in miliardi di dollari:

Per l’andamento mondiale abbiamo due picchi e due crescite; cosa succede a ue, stati uniti e giappone

(linea blu) stessa dinamica. Quelle che non seguono la stessa dinamica sono le emerging economies che

hanno tutt’altro movimento, crescono costantemente, si continua sempre di più ad investire in queste

economie emergenti.

Per lo sviluppo economico, è necessaria accumulazione di capitale. Quanto sono importanti gli IDE? Tra 95

e 2000: i flussi di IDE in entrata sugli investimenti fissi lordi passano dal 5 al 19%; c’è stato un incremento

enorme, poi si è mantenuto stabile. A fine anni 90 gli ide sono stati enormemente rilevanti per

l’accumulazione di capitale. Nelle economie avanzate

Italia passa dal 2.2 al 5.8, l’Italia ha imprese medio piccole.

Gli Ide mi dicono quanto le imprese sono brave a fare determinate cose. Maggiori IDE indicano maggiori

attività delle multinazionali.

La consistenza di ide è passata da 9.4 a 31.6 in 20 anni; gran parte di questi ide è dovuto al fatto che ci sono

delle imprese multinazionali che fanno del lavoro per tutte.

L’insieme di questi dati conferma da un lato il beneficio derivante dall’operare su più

mercati, indipendentemente dal paese di residenza della casa madre, dall’altro il vantaggio in

termini occupazionali e di fatturato del quale hanno goduto le imprese operanti sui mercati

emergenti più dinamici.

Come cambiano i flussi di ide in entrata:

Vediamo le asticelle gialle, sono molto piccole e continuano ad aumentare tra 2012 e 2013 hanno superato

infatti quelle relative alle asticelle di economie di paesi avanzati (blu). Nel 2012, per la prima volta, l’insieme

delle economie non avanzate ha assorbito più IDE dei paesi industrializzati.

Dagli andamenti dei flussi è derivata una (più lenta) ricomposizione degli stock di IDE per paese e area di

destinazione a livello mondiale. Lo stock di IDE mondiali è oggi per oltre un terzo detenuto dalle economie

emergenti, dal 1990 è più che triplicato il peso della Cina ed è notevolmente cresciuto quello del Brasile.

Francia prendeva il 4.7 piuttosto stabile e gli altri altrettanto o decrescenti.

Economie emergenti passano d 24.8 a 37.7.

Vie della seta cinese: canale di merci in entrata (esportate dalla cina in europa attraverso il mare) mentre le

infrastrutture fisiche europee vengono esportate verso la cina attraverso canali ferroviari. Si esportano

macchinari, che non vanno nelle coste cinesi che sono già industrializzate. La cina infatti vuole

industrializzare le zone interne del suo Paese, cerca allora di portare investimenti e macchinari da

trasportare via treno all’interno del suo paese. Passa dall’1% al 3.7.

Chi investe??

Le economie avanzate rappresentavano il 93% adesso invece il 79% (vedi scomposizione singoli stati).

Mentre le economie emergenti partivano dal 6.9 fino ad arrivare al 20.9 (aumentato moltissimo). Un sacco

di giovani uomini cinesi vengono mandati in africa per non creare problemi di ordine pubblico perciò la Cina

investe in altri paesi proprio per spedire le proprie persone in altri paesi.

Brics: investono in paesi vicini, in economie di transizione esportatrici di MP per entrare all’inizio della

catena di creazione del valore. Tutto ciò va di pari passo con i Regional Trade Agreements: accordi

commerciali tra paesi (NAFTA) e i Bilateral Investment Treaties.

Nel corso degli ultimi decenni è cresciuto sia il numero di BIT sottoscritti in media da ciascun paese sia la

platea di paesi sottoscrittori. Storicamente i BIT hanno coinvolto tipicamente un paese avanzato e uno in

via di sviluppo (accordi Nord-Sud), ma una nuova tendenza, avviata negli anni ’80 e rafforzatasi negli ultimi

due decenni ha visto proliferareanche accordi di tipo “Sud-Sud”;

Emirati arabi: li guardiamo perché sono paesi interessanti perché hanno molti soldi sono politicamente più

liberi di far quel che vogliono rispetto all’Arabia saudita.

La prima tabella indica “chi investe negli emirati” la prima è l’india che investe molto, USA, UK, germania,

japan…Questi investimenti dove vanno? In settori molto redditizi, sono settori in cui si va forte. Il grosso del

loro interesse geo politico non è nei paesi occidentali. Il primo è l’egitto perché è un paese che nella loro

area ha il canale di suez, fare investimenti in egitto è qualcosa di molto importante. Il loro obiettivo dal

punto di vista politico è diventare leader in quella regione.

Perché le persone investono negli emirati arabi? Grafico che ci fa vedere n dimensioni, si mettono i valori

della variabile che vogliamo e si uniscono i punti. Si possono vedere debolezze e forze di determinati paesi.

Ide sono direttamente legati alla finanziarizzazione delle economie. Gli IDE crescono dagli anni ’70 agli anni

’90 per effetto della deindustrializzazione dei paesi Occidentali. Nei paesi Occidentali la produzione reale

viene via via spostata ai PVS, mentre rimangono servizi e servizi finanziari. Nei paesi occidentali assume

ruolo centrale per la crescita il mercato finanziario e della moneta, non solo come strumentale alla crescita

reale, ma come fattore di crescita proprio. Notate poi che le holding finanziarie investono in maniera

diretta o indiretta in altri paesi tramite partecipazioni e quindi IDE. Il ciclo si chiude.

IDE e propulsori dello sviluppo economico

Gli IDE sono lo strumento che i PVS hanno per trovare la via della crescita economica. Vi è una grossa

differenza rispetto al boom economico di molti paesi occidentali post WWII. In occidente si ha avuto un

ruolo fondamentale dei governi. Nei PVS il processo è prevalentemente gestito dalle multinazionali.

I paesi che hanno grosse multinazionali generano IDE e quindi governano il processo. Che ruolo ha l’Italia in

tutto questo?

Chi investe rispetto al proprio PIL

Mondo: dal 9,9 al 30% un terzo del valore della produzione mondiale è di fatto controllato da imprese

multinazionali che decidono dove allocare questi soldi. L’ue è addirittura sopra la media. Italia: se avessimo

economia basata su grandi gruppi industriali allora anche noi avremmo fatto grossi IDE; l’italia ha invece

aziende più piccole, per questo motivo si hanno meno IDE, l’italia ha una struttura produttiva molto diversa

rispetto ad altri stati ed economie. L’italia resta indietro per ide in uscita proprio per struttura diversa

dell’economia e delle sue imprese rispetto ad altri paesi.

Il problema non è se investiamo fuori, ma il problema è se gli altri vengono o meno ad investire da noi; la

situazione su questo fronte è comunque bassa su ogni € di pil gli ide in entrata sono il 40% in paesi europei.

Abbiamo ide italiani all’estero e ide in entrata in italia, la linea blu è sopra quella gialla ovvero investiamo

più all’estero rispetto a quanto viene investito in italia. Fino al 2007 le curve vano di pari passo, dopo il

2007 (crisi) abbiamo continuato ad investire fuori ma non investivano più da noi in italia la curva blu infatti

sale. Gli stranieri hanno poca fiducia nel sistema paese italia e quindi investono meno da noi e preferiscono

altri paesi.

L’italia in quali settori investe? Siamo abbastanza forti in settori come Manifatturiero e industria pesante.

Dove esportiamo di più in ciascuna cosa? Manifatturiero e servizi finanziari sono i settori in cui esportiamo

di più.

Confronto con francia e germania: Germania abbastanza forte nell’industria pesante. Francia più famosa

per servizi.

Vediamo come si comportano le multinazionali e come cambiano.

L’Italia ha pochissime grandi multinazionali se paragonata alle altre principali economie avanzate. Tra le

prime 100 corporation transazionali per capitalizzazione a livello mondiale figurano solo tre imprese

italiane, l’Eni, l’Enel e la Fiat. In confronto gli Stati Uniti ne hanno 22, la Francia 16, il Regno Unito e la

Germania con 12. Le ragioni di questo posizionamento sono in parte ascrivibili alla struttura del sistema

industriale italiano, caratterizzato da una specializzazione in settori tradizionali con una minor “vocazione”

all’internazionalizzazione e da dimensione media d’impresa assai inferiore rispetto a quella degli altri paesi

avanzati.

Tendono ad internazionalizzarsi sempre più anche le imprese piccole, internazionalizzazione è alla portata

di tutte le imprese. Casa madre: il 29% delle multinazionali aveva meno di 50 dipendenti nel 2011, contro il

60% nel 2000.

Vediamo come sono cambiate le imprese che si internazionalizzano.

N di imprese investitrici all’estero: erano nel novanta circa 400 e sono aumentate di 4 volte fino a diventare

2193 nel 2000. Le imprese che investono fuori oggi hanno in media 167 dipendenti mentre nel 90 erano in

media 400 dipendenti.

Dove sono andate queste imprese? Nel 90 vanno tutte in romania a produrre, europa centro orientale

comprende il 29% nel numero di affiliate.

Cosa è successo durante la crisi.

Con la crisi del 2007-8, il processo di internazionalizzazione produttiva nel manifatturiero, pur rallentando

sensibilmente, non si è arrestato.

Complessivamente le dinamiche più recenti sembrano suggerire un rafforzamento degli investimenti di tipo

market seeking, più che di quelli efficiency seeking i quali sembrano aver caratterizzato invece il boom

dell’internazionalizzazione degli anni ’90.

La minor presenza delle imprese italiane nelle aree più lontane è in parte ascrivibile alle ridotte dimensioni

delle case madri che spesso non sono in grado di sostenere i costi fissi necessari per accedere a quei

mercati.

Cosa caratterizza imprese multinazionali? Sono poche, il 20% del totale, raccolgono il 40% della forza

lavoro, raccolgono il 46% del fatturato e rappresentano il 60% delle esportazioni.

Le differenze dimensionali tra imprese multinazionali e non, che emergono da queste statistiche, sono in

linea con le predizioni dei modelli teorici che hanno messo in relazione le strategie di internazionalizzazione

con l’eterogeneit&agr

Dettagli
A.A. 2017-2018
52 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/05 Diritto dell'economia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Daniele_Revelli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ed economia delle organizzazioni internazionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Panebianco Massimo.