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LA BCE E L’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA [approfondimento]
L’UEM è stata creata nel 1992 con il trattato di Maastricht e prevede:
Creazione di un’unione monetaria moneta unica; trasferimento di sovranità
verso l’Unione, in quanto diviene competenza esclusiva a livello europeo (le banche
centrali nazionali sono diventate “dipendenti” dalla BCE). Trasferire potere di
stampare moneta all’UE è sembrato un fortissimo passo verso l’unione politica
dell’Europa.
Creazione di una governance economica basata sul coordinamento delle politiche
economiche nazionali (per cui non si prevede un trasferimento di sovranità) -->
sono emersi problemi perché l’Euro non ha una politica economica unica, bensì 19,
più o meno coordinate efficientemente a livello europeo.
Data la loro differenza intrinseca, si parla di asimmetria tra Unione economica e
monetaria.
Nel 1989 venne pubblicato il rapporto della commissione Delors, che doveva figurare
quella che sarebbe stata la fisionomia dell’unione monetaria. Per poter introdurre la
Alessia Di Leo – Prof. Santini, A.A. 2018/2019
moneta unica è stato necessario completare un processo di convergenza dei paesi
partecipanti secondo quattro criteri economici e uno giuridico:
stabilità dei prezzi
stabilità dei tassi di interesse sul debito
stabilità dei tassi di cambio
contenimento di deficit e debito pubblico [criterio che preoccupava l’Italia]
indipendenza della propria banca centrale nazionale (la stessa BCE ha forte
indipendenza)
Il processo di convergenza è durato una decina di anni; oggi l’area Euro conta di 19
paesi su 28 (27) Stati membri.
UNIONE MONETARIA
La politica monetaria formalmente è gestita dal Sistema europeo delle banche
centrali, espressione tecnica che indica quella rete esistente tra le banche centrali
nazionali con a capo la BCE. Questa è un’istituzione tecnica, in quanto composta da
esperti, e ha una sua personalità giuridica (con Lisbona si è sancito ufficialmente che
la BCE, per quanto sia un organo dell’Unione, gode di una fortissima autonomia). La
BCE si ispira al modello della Bundesbank e ha sede a Francoforte.
Si compone di:
Comitato direttivo (presidente, vicepresidente e 4 membri eletti dagli Stati Euro,
in carica per 7 anni, non rinnovabile) che si occupa della gestione corrente della
politica monetaria
Consiglio direttivo (tutti i membri del comitato e tutti i governatori delle
banche centrali nazionali dei paesi Euro, si riuniscono mediamente ogni 2
settimane) – prende decisioni. Questa composizione ha lo scopo di bilanciare gli
interessi nazionali con un gruppo solido di membri che hanno più a cuore
l’interesse generale; si vota per testa e si dispone di un voto
Consiglio generale (membri del consiglio e governatori delle banche centrali
anche dei paesi non Euro) – organo poco rilevante
L’obiettivo primario della politica monetaria è la stabilità dei prezzi – mantenere il
livello di inflazione annua entro il 2%; l’obiettivo sussidiario è poi quello di sostenere le
politiche economiche nell’Unione, sostenendole solo quando compatibili con la
stabilità dei prezzi.
Per perseguire questi obiettivi la BCE deve essere indipendente dal potere politico:
questa indipendenza è istituzionale (non si possono esercitare pressioni politiche da
parte di altre istituzioni), personale (il personale fisico deve essere indipendente),
funzionale (non si chiede aiuto ad altre istituzioni) e finanziaria. L’articolo 123 TFUE
sancisce inoltre che la BCE non possa acquistare il debito degli Stati membri.
UNIONE ECONOMICA
Fondamentalmente l’unione monetaria ha funzionato. Ciò che dà problemi è l’unione
economica.
Alessia Di Leo – Prof. Santini, A.A. 2018/2019
A oggi uno Stato non si fa carico dei debiti degli altri Stati, divieto di bail-out; gli Stati
decidono di coordinare le loro politiche sotto la supervisione del Consiglio su proposta
della Commissione – non sono coinvolti il Parlamento e la Corte. Gli Stati non possono
indebitarsi eccessivamente, altrimenti potrebbero essere sanzionati; questo perché si
creerebbe eccessiva inflazione per gli altri Stati, con il rischio di dichiarare bancarotta
e costringere gli altri a un salvataggio (vedi Grecia). Concretamente ciò significa
mantenere il rapporto deficit/PIL al 3% annuo, e il debito pubblico/PIL al 60%.
Come è possibile quindi che un paese fuori da questi criteri possa entrare? L’Italia ad
esempio è entrata con un livello di debito pubblico già elevato. C’è stato un caso in cui
i primi paesi a mostrare un indebitamento eccessivo furono Francia e Germania: la
Commissione voleva sanzionarli ma il Consiglio ritenne che non era necessario, la
Corte di giustizia si espresse dando ragione al consiglio dicendo che tali regole non
sono rigide ma possono essere interpretate con una certa libertà. Questo ha fatto sì
che molti paesi gestissero in modo “libero” i criteri, con ripercussioni su quei paesi che
avevano forti debiti nel momento in cui scoppiò la crisi.
In seguito alla crisi del debito sovrano, la governance economica è stata rafforzata. Le
riforme hanno agito in 3 direzioni:
È stato creato un Meccanismo Europeo di Stabilità, ossia un meccanismo
per fornire sostegno finanziario condizionato ai paesi in crisi. Il MES è stato
creato nel 2012 e non è un’istituzione dell’Unione ma un’organizzazione
internazionale con sede a Lussemburgo, disciplinato da un trattato stipulato dai
paesi Euro. Il fatto che sia fuori dal quadro comunitario dipende dalla volontà di
dare piena competenza agli Stati di gestirlo, quindi le decisioni sono prese a
livello intergovernativo. Ha una dotazione di 750 miliardi €, e il suo obiettivo è
quello di fornire aiuti finanziari ai paesi che ne facciano richiesta; il prestito è
però condizionato alla necessità di avviare riforme strutturali. Le condizioni del
prestito sono disciplinate in un Memorandum Of Understanding stipulato tra il
paese richiedente e il MES; la negoziazione del MoU e la sua applicazione
vengono garantiti da una Troika composta da Commissione UE, BCE e FMI.
Rafforzamento del controllo europeo sulle politiche economiche e di
bilancio (procedura assistita di adozione dei bilanci nazionali, priva però di un
diritto di veto)
Introduzione della regola del pareggio di bilancio nelle costituzioni degli
Stati membri per limitare la capacità di aumentare il debito nazionale (obbligo
previsto dal Fiscal compact - trattato internazionale del 2012 stipulato da 25
Stati membri, in quanto UK e Repubblica Ceca non hanno voluto ratificarlo, e la
Croazia non l’ha più fatto). Il trattato prevede l’obbligo di inserire nella loro
costituzione la regola del pareggio di bilancio (equilibrio tra entrate e uscite). Gli
Stati membri devono quindi ridurre il loro debito pubblico di un ventesimo
all’anno del differenziale tra il livello del debito attuale e il parametro del 60%.
Il fiscal compact comunque prevede eccezioni, ad esempio in periodo di crisi o di
calamità naturali, ma lo stesso criterio di riduzione del debito è molto fumoso.
È stato creato poi un vertice Euro che dia coordinamento più stretto dei paesi Euro
all’interno dell’UE, composto dai capi di governo dei suddetti paesi.
PRINCIPIO DI LEALE COOPERAZIONE (RECIPROCA)
Alessia Di Leo – Prof. Santini, A.A. 2018/2019
Questo principio si trova oggi disciplinato nell’articolo 4 TUE e sostiene che Unione e
Stati membri
si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai
trattati.
Tale reciprocità, almeno nei trattati, è una novità introdotta da Lisbona; la leale
cooperazione dell’Unione verso gli Stati è insita nel paragrafo 2, mentre il paragrafo 3
esplicita la cooperazione degli Stati verso l’Unione.
Leale cooperazione dell’Unione verso gli Stati - 3 profili:
Il principio di attribuzione (vedi art.4.1)
Il rispetto dell’uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e della loro
identità nazionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali.
Il rispetto delle funzioni essenziali dello Stato, con la sottolineatura che la
sicurezza nazionale resta di competenza di ciascuno Stato membro
Esistono 3 profili anche per la cooperazione degli Stati verso l’Unione:
Obbligo di facere; ossia adottare ogni misura atta ad assicurare l’esecuzione di
obblighi derivanti dai trattati
Obbligo di assistenza; gli Stati membri facilitano l’adempimento dei suoi compiti
Obbligo di non facere; gli Stati si astengono da qualsiasi misura che rischi di
mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione
La Corte ha dato un’interpretazione di questo obbligo di leale cooperazione molto
avanzata, spingendosi oltre l’originaria intenzione dei redattori del trattato.
Probabilmente, per le intenzioni di partenza, una disposizione di questo tipo non era
che una specificazione dell’obbligo di diritto internazionale “pacta sunt servanda”; la
corte però ha interpretato questo principio facendone discendere un più generale
obbligo degli Stati membri di mettere a disposizione dell’Unione il proprio apparato
giuridico-amministrativo in modo da garantire la piena effettività del diritto
dell’Unione, addirittura spingendosi oltre quanto le norme di quello Stato
espressamente prevedano.
Es: sentenza Francovich della Corte di giustizia, 1991: qui si affermò il principio della
responsabilità degli Stati membri nei confronti dei singoli per violazione del diritto
dell’Unione. Ciò significa riconoscere il diritto dei singoli, nel caso in cui uno Stato
membro violi una norma del diritto UE, ad adire a un giudice nazionale per ottenere
risarcimenti dovuti al danno causato dallo Stato (anche in assenza di norme nazionali
che prevedano ciò). In ogni caso il diritto al risarcimento sussiste solo a patto che
siano soddisfatte tre condizioni: la norma di diritto UE violata dallo Stato deve essere
una norma che conferisce diritti ai singoli, la violazione deve essere grave e deve
esistere un nesso di causalità tra il comportamento dello Stato e il danno recato
all’individuo.
Un’applicazione di questo obbligo di leale cooperazione è anche quella per cui gli Stati
membri devono garantire che le violazioni del diritto UE da parte di privati siano
sanzionate in modo effettivo, proporzionato e dissuasivo. Es: la normativa sulla
sicurezza alimentare impone ag