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--->UNA RAGIONE DI CARATTERE TECNICO-ORGANIZZATIVO-PRODUTTIVA:
cioè UN QUID NOVI, UNA MODIFICA TECNICO-ORGANIZZATIVO-PRODUTTIVA che ha
prodotto una novità all'interno dell'assetto dell'azienda dal punto di vista dell'attività o
dell'organizzazione del lavoro.Per integrare questo primo presupposto la giurisprudenza tende ad
ammettere quasi tutte le ragioni tecnico-organizzativo-produttivo: l' importante è che si tratti
comunque di RAGIONI CHE PRODUCONO UN ABBASSAMENTO DEL FABBISOGNO
OCCUPAZIONALE (es.la decisione di chiudere o di ridimensionare un reparto, l'esternalizzazione
di un'attività, la redistribuzione delle mansioni).
NON È INVECE AMMESSA LA SOSTITUZIONE (QUINDI SULLE STESSE MANSIONI) DI
UN LAVORATORE CON UN NUOVO ASSUNTO perchè comunque la nuova assunzione
dimostra che non c'è stato un abbassamento del fabbisogno occupazionale.
(es.un lavoratore 60enne non può essere sostituto con un apprendista sulle stesse mansioni-->non è
una scelta di carattere tecnico-organizzativo-produttivo che incide sul fabbisogno occupazionale:
il fatto che si assume un nuovo lavoratore per le stesse mansioni dimostra che c'è ancora bisogno di
qualcuno che le svolga e che quindi è stata solo una questione di convenienza perchè l'apprendista
svolge gli stessi compiti, e non ha competenze differenti, ma con una retribuzione inferiore).
Già diversa è la situazione per cui a seguito di una scelta di mercato, UN LAVORATORE CON
CERTE COMPETENZE VIENE SOSTITUITO (QUINDI SULLE STESSE MANSIONI) CON UN
NUOVO ASSUNTO CHE HA DIVERSE COMPETENZE) perchè vi è comunque una sorta di
modifica qualitativa (e non quantitativa) del fabbisogno occupazionale: si continua a svolgere quella
attività ma con lavoratori professionalmente diversi da quelli che si avevano prima (a differenza del
semplice sostituire un lavoratore anziano con un'apprendista per le stesse mansioni dove non c'è
nemmeno una modifica qualitativa del fabbisogno occupazionale)
(es.l'impresa ha un lavoratore in servizio da 30 anni che sa l'inglese ma ora vuole tentare il mercato
cinese e quindi ha bisogno di un lavoratore che svolga quelle stesse mansioni e che conosca il
cinese-->in questo caso è la scelta di mercato che produce un quid novi: non c'è più un certo
fabbisogno occupazionale ma ce n'è un altro; per quanto si tratti di due lavoratori che svolgono le
stesse mansioni, avendo questi competenze diverse, ora solo il secondo risponde alle esigenze
dell'azienda.Senza dubbio questa è un' ipotesi al limite ma che tuttavia potrebbe essere ammessa
come ragione di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sempre che l'impresa riesca a
dimostrare in modo stringato che la sua è un'esigenza seria).
AMMISSIBILE COME RAGIONE TECNICO-ORGANIZZATIVO-PRODUTTIVA E' ANCHE IL
CAMBIAMENTO DELLA TIPOLOGIA CONTRATTUALE CHE L'IMPRESA OFFRE
(es.l'impresa decide di sostituire tutta la propria rete di lavoratori subordinati con una rete di
lavoratori autonomi o comunque cococo-->è una scelta di carattere organizzativo: se l'impresa
dimostra che i nuovi lavoratori sono genuinamente autonomi, quindi autonomi nella gestione del
luogo e dell'orario di lavoro, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dei lavoratori
subordinati potrebbe essere ammesso: in fin dei conti è stata fatta la scelta di rinunciare a lavoratori
che possono essere controllati per dei lavoratori invece più autonomi, e dunque anche a fronte di un
maggior costo--> cambiare la tipologia contrattuale dei propri dipendenti è una ragione che sta alla
base dell'organizzazione del lavoro dell'azienda).
Qualora il giudice, nell'effettuare il controllo a cascata, venga a scoprire che c'è già un' invalidita
inerente a questo profilo, cioè che la ragione tecnico-organizzativo-produttiva come giustificato
motivo oggettivo addotta dall'impresa non è veritiera=insufficiente=manca, interrompe subito il
controllo perchè il licenziamento può essere già dichiarato invalido.
--->IL NESSO DI CAUSALITA'-IL COLLEGAMENTO LOGICO TRA QUELLA
RAGIONE TECNICO-ORGANIZZATIVO-PRODUTTIVA ADOTTA DALL'IMPRESA E
PROPRIO QUEL LAVORATORE SCELTO PER IL LICENZIAMENTO: l'impresa
dimostrare che vi è una certa logica tra la modifica tecnico-organizzativa-produttiva ed il fatto che
sia stato concretamente licenziato proprio quel lavoratore (es.l'impresa non può giustificare la
chiusura di uno spaccio per il licenziamento di un addetto al magazzino).
Bisogna però fare una distinzione:
Quando si tratta di licenziamento economico individuale, e dunque non di licenziare molti
lavoratori=collettivo, di solito IL NESSO DI CAUSALITÀ CONSENTE DI INDIVIDUARE CON
PRECISIONE ED IN MODO SECCO QUALE SIA IL LAVORATORE DA LICENZIARE E NON
VI SONO PARTICOLARI PROBLEMI DI SCELTA (es.chiusura dello spaccio aziendale--
>licenziato l'adetto allo spaccio aziendale)-->in questi casi LA DIMOSTRAZIONE DEL NESSO
DI CAUSALITÀ TRA RAGIONE E LICENZIAMENTO È PIÙ CHE SUFFICIENTE.
Tuttavia vi sono altri casi in cui IL NESSO DI CAUSALITA' DEVE ESSERE INTEGRATO DA
UN CRITERIO DI SCELTA PERCHE' DA SOLO NON E' SUFFICIENTE AD INDIVIDUARE
CON PRECISIONE QUALE SIA IL LAVORATORE DA LICENZIARE A SEGUITO DELLA
RAGIONE ADDOTTA (con quella ragione tecnico-organizzativo-produttiva ci sarebbe più di un
lavoratore potenzialmente licenziabile)
(es. c'è bisogno di operare solo una riduzione del personale addetto ad un reparto: ridurre da 4 a 3
i lavoratori addetti allo spaccio aziendale perchè saranno più che sufficienti)
In queste ipotesi come deve essere individuato il lavoratore da licenziare?
Quali criteri deve adottare l'impresa per fare la scelta?
Se la ragione tecnico-organizzativo-produttiva potrebbe giustificare ciascun licenziamento,
quale è il lavoratore che effettivamente lo soddisfa (es.il più vecchio, quello meno disciplinato, la
donna che rischia di rimanere incinta)? Ancora una volta l'art 3 della L.604/1966 non dice nulla;
tuttavia il datore di lavoro deve rispettare certi criteri di scelta? Deve un minimo considerare la
situazione famigliare dei suoi dipendenti e quindi tenere conto del diverso impatto che il
licenziamento potrebbe avere su di loro (es.licenziare un lavoratore single è molto diverso dal
licenziare il lavoratore padre di famiglia o il lavoratore che deve prendersi cura di un invalido
oppure del lavoratore che ha i genitori non autosufficienti)?
Infatti, malgrado il silenzio della norma, la giurisprudenza ha elaborato, e quindi è solita verificare
se è stato rispettato, anche un altro presupposto che si connette al nesso di causalità-->
--->L'IMPRESA DEVE ADOTTARE IL CRITERIO DI SCELTA PER CUI VIENE
LICENZIATO IL LAVORATORE SOCIALMENTE MENO DEBOLE: dunque, oltre alla
ragione tecnico-organizzativo-produttiva e al nesso di causalità, l'impresa deve anche dimostrare ora
per allora che quel lavoratore licenziato era quello sul quale il licenziamento avrebbe avuto meno
ripercussioni-che sarebbe riuscito a rimediare meglio al problema del licenziamento--> L'IMPRESA
DEVE DIMOSTRARE DI AVER SOPPESATO I CARICHI FAMIGLIARI E LE CONDIZIONI
PERSONALI PRIMA DI DECIDERE QUALE LAVORATORE SCEGLIERE TRA I
POTENZIALMENTE LICENZIABILI.Dato che si tratta di un presupposto non imposto dalla
norma e quindi non vincolante, cioè che un giudice potrebbe benissimo non andare a verificare, non
possiamo dire che stia al pari della ragione tecnico-organizzativo-produttiva e del nesso di causalità,
ma è innegabile che la maggior parte dei giudici lo considera oramai un vincolo per il licenziamento
proprio come gli altri presupposti normativi e che dunque, se non viene rispettato, è da censurare
-->di conseguenza, ai fini della legittimità del licenziamento, sempre più spesso l'impresa viene
chiamata a dimostrare di aver fatto la scelta socialmente giusta (quindi di non aver licenziato
il più anziano, la donna o il lavoratore con più parenti).
(es.recente sentenza della Cassazione: fra 4 dipendenti è stato licenziato il lavoratore meno bravo,
quello che aveva ricevuto più note disciplinari-->la Corte ha approvato il licenziamento, nonostante
il criterio del rendimento/del merito negli scorsi anni era sempre stigmatizzato dalla giurisprudenza,
perchè comunque l'impresa ha dimostrato di averci pensato: non ha licenziato a caso bensì ha
adottato un criterio, per quanto non un criterio di tipo sociale. Dunque mentre in passato i giudici
imponevano alle aziende di scegliere il lavoratore da licenziare sulla base di criteri sociali mentre
del rendimento non se ne poteva nemmeno parlare, oggi sembra che la crisi abbia aperto la strada
anche a questo ulteriore criterio ispirato ad una logica di efficienza economica.
Va comunque detto che non è mai consigliabile licenziare il lavoratore meno bravo o meno
produttivo, sopratutto se è anche quello più anziano o quello con più figli, per quanto in questo caso
di specie la Cassazione abbia avallato il licenziamento del lavoratore più anziano e meno
produttivo).
-->IL RISPETTO DELL'OBBLIGO DI REPESCIAGE: nonostante l'impresa abbia già
dimostrato la ragione tecnico-organizzativo-produttiva, il nesso di caualità e il criterio sociale di
scelta, ai fini della legittimità del licenziamento è indispensabile che dimostri anche che IN QUEL
MOMENTO STORICO IN CUI È STATO ADOTTATO IL LICENZIAMENTO NON VI ERA
DISPONIBILITÀ DI ALTRE MANSIONI A CUI ADIBIRLO NELL'ORGANICO
DELL'AZIENDA-->INFATTI FINCHE' C'E' UN POSTO IN AZIENDA DI QUEL LAVORATORE
L'IMPRESA NON SI PUO' LIBERARE, PENA L'ILLEGITTIMITA' DEL LICENZIAMENTO:
se non si dimostra a valle il rispetto dell'obbligo di repesciage, cioè di aver offerto tutte le mansioni
che al momento erano disponibili anche se poi il lavoratore non le ha accettate, il licenziamento è
illegittimo (es.si è liberato un posto in un altro reparto-->prima di licenziare il lavoratore e di
assumere un nuovo lavoratore per l'altro reparto bisogna chiedergli se ci vuole andare lui).
Anche in questo caso si tratta di un presupposto creato dalla giurisprudenza (mentre sulla questione
la legge tace); tuttavia, nonostante non sia imposto dalla legge, i giudici considerano l'obbligo di
rimpiego un presupposto che l'impresa deve comunque dimostrare di aver rispettato. Se dunque da
un lato vi è certezza sul fatto che l'obbligo di repesciage vada rispettato, dall'altro, essendo di
matrice giurisprudenziale e non essendovi alcun riferimento normativo, non &e