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Diritto delle politiche attive del lavoro

Come introduzione, spieghiamo cosa sono le Politiche Attive del Lavoro. Mentre quando parliamo di altri comparti del diritto del lavoro, la conoscenza è diffusa, se chiedo a qualcuno cos'è il licenziamento, per esempio, più o meno tutti sanno rispondere. Se chiedo, invece, cos'è la politica attiva del lavoro, molti non sanno rispondere, perché in Italia è una cosa relativamente nuova (dal '97 in avanti).

Qualche indicazione di ambito più generale. La politica attiva del lavoro si trova all'interno di un contenitore più ampio, le Politiche del Lavoro. Le Politiche del Lavoro sono diventate sempre più importanti nel corso del periodo che va dalla fine della Seconda Guerra mondiale in avanti, in virtù del fatto che lo Stato interviene sempre più nell'economia per favorire il mondo del lavoro.

disciplina dei rapporti di lavoro e del fenomeno sindacale

Cioè quello che abbiamo visto nella prima parte del corso.

  • Le forme di sostegno al reddito in caso di sospensione dal lavoro per cause economiche od in caso di disoccupazione involontaria

Quando il lavoratore è disoccupato o sospeso dal lavoro, lo Stato interviene con il sussidio di disoccupazione e cassa di integrazione

  • I servizi ai datori di lavoro ed ai lavoratori per rendere più rapido e puntuale l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro

Lo Stato crea dei servizi per favorire l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro

  • Le azioni per migliorare l'occupabilità dei lavoratori al fine di favorirne l'inserimento od il reinserimento al lavoro (si pensi alla formazione professionale)

Se ho dei lavoratori poco appetibili al mercato del lavoro, posso migliorare questa situazione offrendo loro delle opportunità di formazione, in modo da incrementare le loro competenze. GOAL,

garanziae occupabilità dei lavoratori, questo intervento è distinto tra: up-skilling(miglioramento), re-skilling (aggiornamento), servizi per le persone chenon parlano italiano- Le misure, quali ad esempio gli incentivi economici o normativi per indirizzare ladomanda di lavoro verso soggetti appartenenti a determinati target incondizione di svantaggio occupazionale (giovani, donne, disoccupati di lungoperiodo, disabili ecc.)Categorie di lavoratori che hanno difficoltà ad inserirsi nel mondo delo lavoro, possono godere di sostegni, come incentivi economici (servono adabbassare il costo del lavoro, premia i datori che acquisiscono lavoratoriin situazioni di svantaggio occupazionale, gli abbasso il costo del lavoro insostanza)- Le misure di sostegno all’autoimpiego di inoccupati e disoccupatiMisure che servono a favorire l’ingresso nel mondo del lavoro di soggettio che non sono mai entrati o sono usciti dal mondo occupazionale e chetrovano una loro

prospettiva di vita lavorativa nell'autoimpiego, quindi avviano la loro attività imprenditoriale. Non sono lavoratori subordinati, ma sono soggetti che si occupano "inventandosi il lavoro", ci sono misure di sostegno, di aiuto a questi soggetti.

Le misure volte alla creazione diretta di lavoro da parte della PA (v. i lavori socialmente utili). La PA e lo Stato decidono di impiegare dei disoccupati in lavori di utilità collettiva (socialmente utili), la caratteristica di questi lavori è che il lavoratore che percepisce un sussidio, non percepisce più quel sussidio, ma ottiene una indennità o una distribuzione nello svolgere l'attività socialmente utile. Si fanno dei progetti da parte della PA dove si impegnano questi lavoratori per un periodo di tempo limitato.

L'idea che c'è dietro è quella che se il disoccupato resta tale, non porta nessuna utilità, ma anzi, perde di competenza se sta a casa sul

divano, perde anche capacità di relazione ecc. Più una persona resta indisoccupazione e più diventa difficile ricollocarla. Quando esso arriva a 12/24 mesi, la sua ricollocazione è difficilissima, per le ragioni già espresse. Inoltre, in territori come il nostro, alcuni disoccupati sommano il sussidio di disoccupazione, con il reddito da lavoro irregolare (lavoro nero).

I lavori socialmente utili servono per far sì che il lavoratore non perda competenze, capacità relazionali e non sia tentato dal fare lavoro irregolare. Il Italia è rimasto il problema dello smaltimento dei lavoratori socialmente utili, centinaia di migliaia, che lo Stato ha cercato di inserire con degli incentivi nel mercato del lavoro.

Inoltre, oggi, quando nominiamo questo genere di lavori, tutti si allarmano e nessuno li prende sul serio. I beneficiari del reddito di cittadinanza, c'è scritto che chi ne usufruisce può essere impiegato in progetti

socialmente utili dei comuni, ma essi ne hanno fatti pochi perché potrebbero richiedere di diventare dipendenti del comune. Altra ragione, molti comuni non fanno questi progetti, per le elezioni, se "disturbano" i ricevitori del reddito di cittadinanza ed avrebbero perso il loro voto.

Le Politiche ATTIVE del lavoro

Finalità delle politiche attive del lavoro: "Incidere sul mercato del lavoro". Le politiche che sono state fatte, altre, come quelle di sostegno al reddito, NON incidono sul mercato del lavoro. Per esempio, un disoccupato si reca in un ufficio pubblico, dice la sua situazione ed ottiene un sostentamento al reddito, questo è un aiuto per il soggetto, ma non è una politica attiva.

Quindi le politiche di sostengo al reddito, sono sostanzialmente politiche passive, NON incidono sul funzionamento del mercato del lavoro. Le politiche attive, vogliono incidere sul mercato del lavoro, si esamina il mercato e si interviene per far sì che chi

Sia disoccupato non lo sia più, chi è ai margini del mercato del lavoro, rafforzi le sue competenze e diventi più appetibile, evitare la perdita delle competenze di chi non lavora più.

Le politiche attive e passive sono complementari, devono coesistere per far funzionare bene il mercato del lavoro.

Ogni politica in realtà potrebbe definirsi attiva, perché sono interventi, ma allora perché la formula utilizzata è "politiche attive del lavoro"? Siccome i sostegni al reddito sono stati definiti da sempre "politiche passive", allora per contrapporle ad esse si è utilizzata la dicitura di "politiche attive". Da metà degli anni '70, i temi relativi all'intervento dello Stato e della PA nel mercato del lavoro, sono affrontati non solo ricorrendo agli strumenti di politica passiva, sussidi ed indennità. In contrapposizione a questi, nascono le politiche attive, che si affiancano

al sostegno alreddito, ma con finalità profondamente diverse so che sei disoccupato, ma non milimito a darti un sostegno al reddito, ma ti offro dei servizi affinché la tua situazione didisoccupato finisca quanto prima possibile. Lo faccio andando a fare da “broker” tradomanda ed offerta di lavoro ecc. (vedi slide si cui sopra).Quindi le politiche attive sono fondamentali per un buon funzionamento del mercatodel lavoro, in particolare nell fasi di sviluppo dell’economia, che ha bisogno dicompetenze quindi c’è un doppio interesse, sia dei lavoratori, che dei datori dilavoro.Interpretate secondo questa chiave di lettura, le politiche attive del lavoro sono ilprincipale strumento per dare concretezza ed effettività al “diritto al lavoro” di cuiall’art. 4 della Costituzione.Art.4, Diritto al Lavoro, se interpretato in maniera superficiale, “lo Stato deve garantirea tutti una occupazione”, ma non puoi

imporre alle imprese di assumere (siamo in una economia di mercato, non nell'Unione Sovietica). Quindi questo "Diritto al Lavoro" si traduce nelle politiche attive del lavoro. Io Stato faccio tutto il possibile per far sì che tu possa essere appetibile per il sistema economico, per favorire il tuo inserimento nel mercato del lavoro. Se sei disoccupato, ti aiuto sostenendoti, fino a quando non riesco ad aiutarti ad uscire da questa situazione.

La Strategia Europea per l'occupazione nasce nel novembre del '97. Quelle politiche attive poste in essere da alcuni paesi, in particolare Francia e Germania, vengono portate all'attenzione dell'intera Unione Europea. In questo vertice a Lussemburgo, tutti i paesi dell'UE convengono che sia necessaria una strategia europea in merito all'occupazione e che siano rafforzate ovunque le politiche attive del lavoro. È una data importante questa del '97.

Obiettivi del 2000 per il 2010, come

trasformare l'Economia Europea in quella economia più competitiva ed avanzata nel mondo. Tasso di occupazione generale al 70% in tutti i paesi, che porta il tasso di occupazione femminile al 60% ed il tasso di occupazione degli ultracinquantenni al 50%. Al momento siamo sotto di dieci punti, 12 anni dopo. Era un obiettivo ambizioso dunque.

Nel 2010 la strategia europea per l'occupazione è stata ripensata nell'ambito della Strategia Europa 2020, con altri risultati altrettanto interessanti.

Più recentemente l'UE ha ripensato la sua strategia economico sociale nel programma Next Generation Eu, dal quale sono discesi poi i piani nazionali, PNRR, di tutti i paesi dell'Unione.

L'Italia si è impegnata nel seguire questa strada tracciata dall'Unione Europea. Non ci siamo avvicinati ai paesi più avanzati, come la Germania, ma abbiamo raggiunto dei risultati:

- Si è deciso che questa materia, deve vedere un ruolo centrale

tenza amministrativa delle Regioni. Lo Stato definisce le linee guida generali e le norme di riferimento, mentre le Regioni si occupano dell'attuazione concretà delle politiche attive del lavoro sul proprio territorio. Le Regioni hanno quindi un ruolo fondamentale nella gestione dei servizi per l'impiego e nella promozione dell'occupazione. Possono ad esempio stipulare accordi con i privati per la gestione dei servizi, ma devono comunque rispettare le direttive e le norme stabilite dallo Stato. Inoltre, le Regioni possono adottare politiche attive del lavoro specifiche per le proprie esigenze territoriali, tenendo conto delle caratteristiche e delle necessità locali. Questo permette una maggiore flessibilità e adattabilità delle politiche attive del lavoro alle diverse realtà regionali. In conclusione, il sistema di politica attiva del lavoro in Italia è caratterizzato da una collaborazione tra Stato e Regioni, che si integrano e si coordinano per favorire l'occupazione e la ricollocazione dei lavoratori disoccupati.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
87 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Fede_Paoli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro avanzato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Varesi Pietro Antonio.