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“I
individuali non possono delegare in peggio ai contratti collettivi: art. 2077 del Codice Civile
contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce il contratto
collettivo devono uniformarsi alle disposizioni di questo. Le clausole difformi dei contratti
individuali, preesistenti o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del
contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro”.
Il rapporto tra i due contratti deve quindi essere regolato sulla base del principio del favor,
riconosciuto dall’ordinamento: il lavoratore stipula un contratto individuale con il datore di lavoro
che ben può contenere clausole migliorative rispetto a quelle del contratto collettivo, ma non è
ammesso che il contratto individuale contenga condizioni peggiorative rispetto a quelle del
contratto collettivo e nel caso ci siano vengono sostituite di diritto con quelle del contratto
collettivo. (secondo cui c’è il contratto collettivo che
Sommando le due argomentazioni, quella nominalistica
1
il datore e il lavoratore applicano) e quella impegnante (i contratti collettivi di diritto comune sono
disciplinati dalle disposizioni del Codice Civile in materia dei contratti, che lo pone quindi come
all’applicazione
suo punto di riferimento), la giurisprudenza non ha visto nessuna contraddizione
dell’art. 2077 quest’articolo
ai contratti di diritto comune, nonostante fosse previsto per i contratti
anni ’70)
corporativi. Abbiamo da tempo (a partire dagli sentenze della cassazione che applicano
l’art. 2077. La dottrina è stata sempre più prudente all’applicazione di questo articolo, ma anch’essa
ha trovato una norma che ha acconsentito di dare soluzione al problema con un inquadramento
soddisfacente. Ha preferito utilizzare, invece che l’art. 2077, l’art.
giuridico 2113 Codice Civile così
come modificato dalla legge 533/1973 sul processo del lavoro: le rinunce e le transazioni possono
essere riferite a diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei
contratti o accordi collettivi. Da questo riferimento la dottrina ha ritenuto che le disposizioni del
contratto collettivo non derogate dalle parti avessero la stessa forza nel disciplinare il rapporto di
lavoro delle disposizioni di legge. Da entrambi i versanti (art. 2077 e 2113) la conclusione è la
stessa: il contratto individuale di lavoro non può derogare in peggio al contratto collettivo applicato.
Nel caso di miglioramenti rispetto al contratto collettivo, il 2077 dà risposta esplicita di
ammissione. Per capire quando una disciplina è migliorativa o peggiorativa del trattamento
economico lavorativo del lavoratore, in astratto può essere fatto il confronto in due modi: confronto
tra due contratti nel loro insieme (criterio del conglobamento) oppure un confronto
analitico/puntuale/specifico clausola per clausola. Entrambe le modalità sono stati criticate, la prima
perché sostanzialmente impraticabile, mette a confronto due discipline talmente ampie e anche
diverse, che diventa molto difficile confrontarle; la seconda perché abbiamo un risultato
insoddisfacente sotto il principio della razionalità, perché applico sempre le clausole migliorative,
non c’è mai compensazione, nonostante i contratti collettivi siano frutto di confronti e mediazioni
Si è arrivati all’individuazione
che cercano di trovare punti di equilibrio tra gli interessi in gioco.
del criterio che si basa sul confronto istituto per istituto. Gli istituti sono un insieme di disposizioni
la retribuzione è l’istituto
che riguardano la stessa materia; più complicato e con più controversie,
ma va comunque valutata nel suo insieme, essendo un istituto unico. Questa impostazione ha avuto
un effetto rilevante in relazione alle controversie nate in merito al riassorbimento dei super-minimi
(riconoscimenti che vengono dati al lavoratore in aggiunta a quello che è il minimo previsto dal
contratto collettivo). Le controversie riguardavano se i super-minimi venissero riassorbiti o meno in
caso di aumento dei minimi dei contratti collettivi. La soluzione che ha dato la giurisprudenza è che
il super-minimo è riassorbibile in linea di principio, salvo che nel contratto individuale non venga
definito esplicitamente come super-minimo non assorbibile.
Problemi derivanti dalla successione dei contratti collettivi nel tempo, in particolare il problema dei
cosiddetti diritti quesiti: nel caso di nuovi contratti collettivi, questi possono modificare in peggio
per il lavoratore il trattamento economico normativo previsto dal precedente contratto collettivo?
Che efficacia hanno le nuove disposizioni peggiorative sulla disciplina dei rapporti individuali di
1 Non sono sicuro sia corretto
lavoro? L’autonomia collettiva può regolare i contratti di lavoro come meglio ritiene, quindi può
peggiorare le disposizioni che regolano il rapporto di lavoro. Per quanto riguarda gli effetti della
modifica sul trattamento che si applica al lavoratore, la dottrina e la giurisprudenza sono arrivate
con fatica a una conclusione: il contratto collettivo può modificare tranquillamente anche in senso
peggiorativo la disciplina che si applica al lavoratore per il futuro (da qui in avanti); però molti
lavoratori hanno sostenuto di avere un diritto quesito/acquisito a vedere ferma nel tempo la
disciplina del loro contratto individuale e che soltanto i nuovi assunti dovevano veder applicate le
nuove disposizioni della contrattazione collettiva. La giurisprudenza e la dottrina ritengono che
possiamo parlare di diritti acquisiti o quesiti solo con riferimento a quei diritti che hanno già
maturato e sono già entrati a far parte del patrimonio del lavoratore, non a tutte le disposizioni del
contratto individuale.
[es. un lavoratore si è visto applicare nel tempo una disposizione che prevedeva un massimo di dieci
scatti biennali di anzianità (aumenti retribuitivi automatici nel tempo, dovuti al miglioramento del
saper svolgere il proprio lavoro) e il nuovo contratto ne prevede un massimo di cinque. Nel caso in
cui uno ne abbia già maturati da uno a cinque, li mantiene e, nel caso non sia già al quinto, avrà
diritto alla maturazione di altri scatti, fino al suo raggiungimento; nel caso invece di un lavoratore
che ha maturato da sei a dieci scatti di anzianità, questi gli saranno riconosciuti, anche se non ne
potrà più maturarne altri].
Il rapporto tra legge e contratto collettivo è un tema delicato e che sostanzialmente può essere così
riassunto:
------- Contratto individuale
----------- Contratto collettivo
------------------ Legge
Il trattamento che applichiamo a un lavoratore è regolato innanzitutto dalla legge (inderogabile in
pejus dalla contrattazione collettiva), la contrattazione collettiva può andare oltre e migliorare
quanto previsto dalla legge e il contratto individuale può andare ancora oltre e migliorare il
contratto collettivo. Questo avviene in linea di principio, ci sono delle eccezioni e situazioni
particolari.
DIRITTO DEL LAVORO AVANZATO (Lezione del 17/03)
all’idea base del nostro ordinamento sui rapporti tra legge e
Eccezioni contratti (fine lezione
precedente):
1. Dal secondo dopoguerra in avanti, in certi periodi, il legislatore ha ritenuto opportuno
di derogare in peggio. Quest’atteggiamento
consentire ai contratti collettivi ha avuto grande
diffusione negli anni ’80, quando il legislatore, dovendo introdurre elementi di flessibilità
nella disciplina dei rapporti di lavoro, ha ritenuto fosse opportuno affidare alla
contrattazione collettiva il potere di derogare in pejus a quanto previsto dalla legge.
2. Divieto di deroga sia in meglio sia in peggio da parte della contrattazione collettiva su alcuni
riguardava l’indennità di contingenza
istituti/materie, (sistema di adeguamento delle
variazioni del costo della vita; in alcuni settori, dove le organizzazioni sindacali dei
lavoratori erano più forti, era emersa la tendenza a contrattare forme di recupero automatico
dell’incremento del costo della vita, mentre in altri settori questo non avveniva, creando
disparità). Questa indennità non esiste più ed è conglobata nel minimo contrattuale.
L’art. 8
3. Decreto legislativo 138/2011, trasformato nella legge 148/2011, che consente alla
contrattazione di prossimità (contratti collettivi aziendali/territoriali) di derogare in peggio ai
contratti collettivi di livello superiore (in particolare ai contratti collettivi nazionali di
categoria) su alcune tematiche.
Si è discusso attorno al tema dell’inderogabilità in meglio (consentendo quella in peggio), perché se
non ci poniamo il problema della funzione della contrattazione collettiva ed essa non può
con l’art. 39 I comma: l’organizzazione
contrattare né in meglio né in peggio, stiamo interferendo
sindacale è libera, poiché in determinate materie potrei contrattare solo quello che è già previsto
dalla legge. La corte costituzionale è intervenuta con due sentenze, in una è sembrata
sostanzialmente accondiscendente rispetto al disegno del legislatore senza motivazioni forti, in
un’altra più approfondita (1991), ribadisce che è legittimo costituzionalmente che il legislatore
ponga su alcuni temi dei tetti massimi, superiori a quelli minimi che danno quindi uno spazio alla
contrattazione collettiva, e dice “interventi coercitivi (che stabiliscano limiti/tetti massimi ai
benefici che può prevedere la contrattazione collettiva) da parte della legge sono ammessi solo in
situazioni eccezionali”. Questa seconda sentenza fa capire che con il tempo la Corte Costituzionale
è riuscita a elaborare un approccio più equilibrato, a differenza della prima che rischiava di
annullare gli effetti della contrattazione collettiva.
Paragrafo 9: Accordi di concertazione e il dialogo sociale (forma tradizionale con cui le istituzioni
comunitarie si rapportano alle banche sociali). Non sono la stessa cosa. Negli anni ’80 in Italia si è
visto nascere e svilupparsi, sul modello di altri stati europei, la concertazione sociale: forma
d’intesa/impegno triangolare tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, le organizzazioni
sindacali dei lavoratori e il governo, in rappresentanza della pubblica amministrazione (la
contrattazione collettiva è bilaterale perché è tra associazioni dei datori e dei lavoratori). Il governo
dialoga con le parti sociali al punto da giungere a delle intese che non riguardano solo la materia del
lavoro, ma anche la vita economica e sociale del paese (es. in materia fi