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Si ha una sostituzione da economia agricola a monetaria, più
complessa, che richiedeva in processo una serie di norme più
affinate.
Il processo romano non era stato del tutto accantonato nei secoli
precedenti ma mantenuto dai tribunali ecclesiastici. Questa
continuità favorisce il suo pieno recupero anche nei tribunali
secolari.
In direzione di questo recupero, troviamo due tendenze parallele
concordi:
1. Dei civilisti
2. Dei canonisti
Danno vita ad un prodotto che in parte è un prodotto originale, non
è un recupero piatto ma è un processo che dal diritto romano
riprende le norme fondamentali e si introducono anche numerose
innovazioni. Sono innovazioni portate soprattutto dalla dottrina
canonistica e dalla legislazione pontificia. Infatti, il processo si
romano-canonico.
chiamerà Il processo viene anche chiamato di
diritto comune, caratterizza tutta l’Europa per tutta l’età di diritto
comune.
Nel processo romano era recuperato ciò che non strideva con la
mentalità della società.
Il processo altomedievale è pubblico, fondati sulle prove ordaliche,
sui giudizi di Dio. Si trattava di prove di resistenza fisica dove si
riteneva che Dio determinava la vittoria di chi era nel giusto. Il
processo romano-canonico si basa sulla scrittura comprese le
testimonianze, si apriva con la libello oblatio, con la presentazione
del libello introduttivo della lite, dove l’attore afferma un diritto che
richiede gli venga riconosciuto. Il convenuto deve essere a
conoscenza di questa istanza. Il processo procedeva nella litis
contestatio, che prevedeva che entrambe le parti davanti al giudice
ribadissero la propria posizione. Le loro affermazioni venivano fatte
animus litigandi).
manifestando la volontà di proseguire nella causa (
Le prove tornano ad essere razionali, scollegate da elementi
metafisici, hanno un collegamento logico razionale col fatto che si
voleva dimostrare senza intervento divino. Le prove non venivano
valutate liberamente dal giudice, non vi era un libero convincimento
del giudice ma il valore delle prove veniva stabilito a priori dalla
legge. Per avere una valida prova testimoniale, bisogna dare una
testimonianza combaciante da due persone di maggiore età e
degne di fede. La deposizione di un solo soggetto era una semi-
prova.
La sentenza si pronunciava sul fondamento o meno della pretesa
dell’attore. La sentenza poteva essere impugnata entro termini
brevi e superati passa in giudicato in quanto si voleva non
trascinare situazioni oltre misura.
L’uso della scrittura e il forte tecnicismo non consentiva una rapida
soluzione delle cause, le dilatava ma consentiva almeno il pieno
accertamento della verità.
Il processo è anche canonico per lo spirito di buona fede e di equità,
che non poteva che discendere dal diritto canonico.
Lo stesso termine di processo viene proprio introdotto in
processus,
quest’epoca. Col termine si indica un’innovazione del
diritto canonico che viene inteso nel senso di agire da parte giudice
per procedere a una causa e che guida il processo. Viene
caratterizzato da una serie di atti formali, solenni, collegati insieme,
tutti verificabile tramite l’obbligo della scrittura che viene imposto
per avere la certezza dell’esatto adempimento dei singoli atti. Non
a caso il processo prende il nome di rito perché la stessa solennità
che caratterizzava la vita della chiesa viene utilizzata nelle aule
giudiziarie.
La scrittura comunque rendeva artificiosa la procedura però
precisava il campo della cognizione riservata al giudice, che nel
sentenziare non poteva prescindere da ciò che risultava dagli atti
scritto. Si affermava che ciò che non risulta dagli atti è come se non
esistesse.
Questo forte formalismo procedurale è prodotto di diversi fattori:
1. Una mentalità predominante amante del solenne e semplice
che ha bisogno sempre dell’elemento concreto, sensibile.
2. La tradizionale preoccupazione della chiesa per la fragilità
umana, nei confronti dell’operato dei giudici in quanto uomini,
portati a commettere errori. Si voleva ridurre i margini di
errore dei giudici, sottoponendo il momento procedurale a un
rigoroso cerimoniale. Si vuole vincolare il giudice a tante
formalità per impedire la commissione degli errori. La chiesa
ritiene che chi non soggiace alla regola ha la tendenza di
rispondere ai propri impulsi passionali ed emotivi, da qui
l’esclusione del libero convincimento.
Da qui si ha il sistema delle prove legali, stabilite dalla legge, si
vuole impedire al giudice di valutare liberamente.
Anche con questo formalismo al limite del parossismo, il processo
romano-canonico rappresenta un avanzamento procedurale sia nei
confronti del processo barbarico ma anche di fronte al processo
romano originario, in cui le parti si trovavano in una situazione di
passività davanti al giudice, protagonista del processo.
Nel processo civile romano-canonico, le parti avevano un ruolo di
primo piano, veniva lasciata loro una libertà più ampia, il contenuto
del processo dipendeva da cosa presentavano davanti al giudice
attraverso i mezzi di prova. La decisione del giudice si fondava sulle
prove presentate dalle parti, con forte compressione del suo potere
discrezionale per cui si esclude dal processo l’eventuale conoscenza
personale da parte del giudice dei fatti della causa. Un eventuale
conoscenza personale non lo giustifica nel pronunciare una
determinata sentenza. Il processo si fonda nel circondare di cautele
l’operato del giudico, di impedirgli di giudicare secondo il suo intimo
convincimento.
Ordinamento giudiziario:
Risente di cambiamenti in quanto con gli ordinamenti comunali, la
giustizia comunale si sostituisce dal sistema giudiziario precedente,
basato dai conti che amministravano la giustizia nelle contee.
Spesso i conti erano anche vescovi, al centro della chiesa locale.
Con i comuni la giustizia è amministrata dai tribunali comunali per
cui i conti vengono esautorati. Stessa sorte capitò anche ai tribunali
feudali del contado sostituiti dalla giustizia comunale, che
comprendeva anch’essa il contado circostante.
I giudici nell’ordinamento comunale erano i consoli, che
appartenevano una magistratura di vertice e amministravano la
giustizia. La loro competenza si cristallizza con la Pace di Costanza
che dice che la loro competenza si stende su istanze di primo e
secondo grado. Per l’imperatore spetta un giudizio nelle cause di
maggior valore economico. L’imperatore, per non costringere la
parti litiganti a recarsi in Germania, decise di nominare un proprio
rappresentante nei singoli comuni che gestisse in suo nome le
cause di appello di maggiore valore, che di solito era un vescovo.
Questa giustizia imperiale venne praticata per un intervallo di
tempo breve in quanto gli statuti duecenteschi non fanno
riferimento a questa giustizia imperiale d’appello.
consoli
I rappresentavano una magistratura collegiale, che
amministrava la giustizia collegialmente. Tutti insieme dovevano
pronunciare la sentenza a maggioranza e spesso si ripartivano le
cause tra i giudici, altri seguono cause civili e altri penali, per un
criterio per garantire efficacia ma comunque tutti insieme
pronunciavano sentenze.
La giurisdizione amministrativa comprendeva anche il contado.
Spesso i comuni rurali acquistarono la fisionomia di comuni, con
giudici che però amministravano cause di minor valore economico
mentre le altre erano di competenza dei giudici cittadini. La
giustizia cittadina si estendeva anche agli stranieri ma erano
esentati gli ecclesiastici in quanto godevano il privilegio di vedere le
loro cause anche civili direttamente amministrate dai tribunali
ecclesiastici. Col tempo anche i commercianti e i militari e gli
studenti universitari godranno di questo privilegio.
legum periti,
I consoli, erano assistiti da esperti di diritto, non
giuristi laureati ma anche studenti che avevano interrotto il
percorso di studi senza laurearsi. Affiancavano i consoli perché essi
non erano esperti di diritto ma erano diplomatici, uomini politici
esperti di armi e di diplomazia. Nel loro ruolo di giudici avevano
bisogno di un supporto.
Le cose cambiano agli inizi del 200, in quanto al vertice c’è il
podestà al posto del collegio dei consoli, un magistrato unico con gli
stessi poteri di amministrazione pubblica, comando dell’esercito e
amministrazione di giustizia. Doveva essere uno straniero, non un
cittadino del comune in cui veniva ad insediarsi. Si chiede
l’estraneità per garantire il suo distacco. Questo straniero, nel
momento in cui si recava in città, conduceva con sé dei giudici che
lo aiutassero nell’amministrazione della giustizia. Aumenta nell’età
podestarile il numero dei giudici, aiutanti, assessori del podestà,
gestivano le cause in suo nome ma tutti i processi erano presieduti
dal podestà. Molto spesso i giudici erano scelti dal popolo o scelti
dal podestà o estratti a sorte tra gli iscritti della corporazione dei
giudici. I giudici e il podestà avevano un mandato di un anno e alla
fine venivano sottoposti a un controllo sulla correttezza del loro
operato e in caso di scorrettezze erano soggetti a pesanti sanzioni.
I giudici dovevano conoscere il diritto ma non era facile trovare
persone esperte di diritto anche per la sua breve durata, un ruolo
poco retribuito e poco ambito. Spesso il ruolo di giudice era
ricoperto da persone non esperte di diritto ma con una buona
reputazione. Questa stortura si verificò nell’Italia meridionale in
quanto c’erano poche università e pochi laureati.
Una risposta a questo difetto venne offerta da uno strumento
rappresentato dal parere legale fornito dai giuristi laureati ai giudici
consilium
che dovevano risolvere una lite soprattutto civilista (
sapientis iudiciale). Pur non essendo loro investiti del ruolo di
giudici, vengono coinvolti nell’amministrazione della giustizia. Il
giudice poteva sempre chiedere questo parere ed era obbligato a
chiederlo nel caso di sua ignoranza del diritto o se entrambe le parti
del processo glielo richiedevano. Poteva chiederlo a più giuristi e in
questo caso doveva seguire il parere della maggioranza dei giuristi
coinvolti. Aveva delle importanti ricadute questa collaborazione dei
professionisti attraverso il parere legale perché il giudice che aveva
reso una sentenza conforme al parere ricevuto, andava esente da
ogni responsabilità anche se la sentenza è stata giudicata erronea.
Il giudice invece ricorreva in severe responsabilità se non aveva
richiesto il p