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1- DISTRIBUZIONE DEI POTERI DECISIONALI:
legale/di default) che si applica in caso i soci in sede di costituzione non disciplinano la distribu-
zione dei poteri decisionali.
Questo modello legale è spesso adottato ed è quello dell’amministrazione disgiunta (ovvero
ogni e ciascun socio è amministratore, in modo disgiunto. Ovvero ciascun socio può assumere
in autonomia e da solo scelte riguardanti la società).
Se uno dei soci non è d’accordo con un atto in via di decisione da parte di un socio, esso ha di-
ritto di veto, bloccando questa decisione.
In questo caso (applicazione del diritto di veto), la decisione spetta a maggioranza agli altri
soci, ma non tramite maggioranza “a testa”, ma tramite maggioranza in base alle partecipa-
zioni agli utili (metodo capitalistico).
L’amministrazione disgiuntiva fa sì che tutti i soci siano amministratori;
tutti i soci hanno potere di rappresentanza;
tutti i soci possono prendere decisioni gestionali disgiuntamente e in autonomia, fermo re-
stando il diritto di veto e la successiva votazione a maggioranza capitalistica sulla decisione
soggetta a veto. Pag. a
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Tuttavia, in sede statutaria, può essere scelta l’amministrazione congiuntiva (ovvero i soci non
decidono in modo autonomo e da solo, ma in modo congiunto). Il metodo congiuntivo è de-
mandato allo statuto ovvero se questa amministrazione ha bisogno della maggioranza capitali-
sta o dell’unanimità.
Anche in questo esiste una norma di default che prevede l’unanimità delle decisioni nel regime
congiuntivo.
Il regime congiunto, sia a maggioranza che a unanimità, rende molto lenta e macchinosa la
presa di decisione e le sue applicazioni. Per questo motivo la legge prevede (art. 2258 c 3 del
codice civile) che il singolo amministratore può compiere individualmente (disgiuntamente)
atti di gestione, nel caso in cui vi sia urgenza di evitare un danno alla società.
Esempio di questo caso è quando è prossimo alla scadenza un termine sostanziale o proces-
suale e non vi è tempo di coinvolgere gli altri amministratori.
Bisogna distinguere il potere di gestione (prendere le decisioni)
2- POTERE DI RAPPRESENTANZA:
dal potere di rappresentanza (potere di applicare le decisioni prese e farle valere all’esterno
della società).
Il potere di rappresentanza è quel potere che permette di vincolare la società con l’esterno.
Per questo motivo la rappresentanza è molto più critica e delicata rispetto al potere di ge-
stione, che è solo invece interno e quindi rimediabile in caso di eventuali errori. Un vincolo
preso con l’esterno da un amministratore con potere di rappresentanza è irrimediabile.
La norma prevede che l’atto costitutivo preveda quale/i amministratore/i ha il potere di rap-
presentanza all’esterno e come deve essere applicata la rappresentanza.
Ovvero lo Statuto prevede chi ha il potere di rappresentanza (tutti, qualcuno, solo uno) e in
che modo la deve applicare (congiuntamente o disgiuntamente).
Lo Statuto può anche disporre limiti alle varie rappresentanze. In mancanza di dettagliata spe-
cificazione nello Statuto, vi è una norma generale che prevede che la rappresentanza è in qual-
siasi ambito senza limiti, dunque un amministratore con potere di rappresentanza senza limiti
espliciti può vincolare la società in qualsiasi ambito e in qualsiasi atto.
Gli eventuali limiti, oltre ad essere iscritti nello Statuto, devono essere anche iscritte nel regi-
stro delle imprese. Per questo motivo le Snc irregolari (senza iscrizione nel registro delle im-
prese) non possono avere limiti alla rappresentanza e, anche se fosse inserito nello Statuto,
non avrebbe valore all’esterno e non sarebbe opponibile a terzi, in quanto non iscritto nel Re-
gistro delle imprese.
In mancanza di disposizione Statutarie per quanto riguarda chi sono i soggetti amministratori
con potere di rappresentanza e in che modo applicano questa rappresentanza, si applica la
regola generale (di default) che prevede che tutti i soci sono amministratori, e hanno potere di
gestione e di rappresentanza disgiuntamente.
In questo caso si parla di amministrazione per persone (e non per uffici come nelle società di
capitali). Normalmente gli amministratori vengono nominati attra-
3- NOMINA DEGLI AMMINISTRATORI:
verso iscrizione nello Statuto e quindi in fase costitutiva e di redazione dello Statuto. Tuttavia
può accadere che la nomina sia successiva alla stipula e deposito nel registro delle imprese
dello Statuto. In questo caso la nomina avviene per atto separato. Esso deve essere iscritto,
depositato e pubblicizzato nel registro delle imprese.
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Esistono due differenti tipi di revoca degli amministratori:
4- REVOCA DEGLI AMMINISTRATORI:
REVOCA NEGOZIALE: avviene per volontà della società (e dunque dei soci). Questa re-
o voca varia a seconda sé l’amministratore è indicato dallo Statuto, oppure se l’ammini-
stratore è nominato dai soci (lo Statuto prevede la deroga ai soci della nomina degli am-
ministratori).
Nel primo caso (nomina prevista nello Statuto) vi può essere revoca solo per giusta
causa e per decisione presa all’unanimità da tutti i soci.
Nel secondo caso (nomina fatta dai soci) vi può essere revoca applicando le norme sulla
revoca del mandato (norme molto più soft e meno rigide rispetto alla norma sulla re-
voca degli amministratori iscritti nello Statuto)
REVOCA GIURIDICA: avviene per atto del giudice.
o Esistono due differenti “tipologie” di obblighi degli ammi-
5- OBBLIGHI DEGLI AMMINISTRATORI:
nistratori:
a. Obblighi a contenuto generico
i. OBBLIGO DI LEALTA’: obbligo di agire negli interessi della sola società
ii. OBBLIGO DI DILEGANZA: questo obbligo non si riferisce solamente al principio
generale del nostro ordinamento di operare nella diligenza del buon padre di fa-
miglia, ma va oltre introducendo il concetto di diligenza professionale. La dili-
genza professionale deriva dalla diligenza degli atti svolti dalla media degli ammi-
nistratori operanti nel medesimo settore (standard di settore). Questo non è un
vincolo di risultato economico/utile, ma è un vincolo di standardizzazione, anche
senza raggiungere l’utile/risultato.
b. Obblighi a contenuto specifico
i. Tenuta delle scritture contabile
ii. Convocazione dell’Assemblea degli Azionisti (AdA)
iii. Redigere il bilancio civilistico, completato con SP, CE, NI, RF, rendiconto sulla ge-
stione
iv. Obblighi fiscali (dichiarativi)
v. …
L’amministratore gode dell’insindacabilità dei risultati delle decisioni di gestione prese. Dun-
que l’amministratore non da garanzia di risultato, ma da garanzia di rispettare lo standard me-
dio di settore (diligenza professionale).
Sarà il mercato a “giudicare” l’amministratore. Esso non è tenuto a rispondere degli effetti ne-
gativi delle decisioni (insindacabili) prese, ad esclusione del fatto che derivino da violazione di
DILIGENZA PROFESSIONALE, e quindi violazione dello standard medio di settore.
Il codice civile, parlando dell’amministratore, fa riferimento e lo inquadra nello stesso modo in
cui inquadra il mandatario (prevedendo la diligenza del mandatario). Tuttavia questa è un’im-
portazione dal diritto societario francese dell’800, che oggi non è esattamente corretta.
Il mandatario è un “allungamento” del proprietario, in quanto agisce e decide secondo delle
decisioni prese a priori dal proprietario;
L’amministratore invece ha un potere decisionale indipendente, autonomo e non decide in
base a decisioni prese a priori dal proprietario.
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L’elemento comune che vi è tra mandatario e amministratore è il fatto che entrambi decidono
e operano nell’interesse della società.
Questi discorsi riguardanti gli amministratori valgono anche per le Snc, ma solo in maniera teo-
rico in quanto, essendo società di persone, gli amministratori sono quasi sempre soci. Dunque
essendo soci di una Snc rispondono illimitatamente delle obbligazioni societarie. Questo fa in
pratica decadere il discorso di non imputabilità del risultato negativo all’amministratore che
abbia operato entro il limite di diligenza professionale.
O meglio, come amministratore vale ancora questo discorso, ma essendo anche socio, vi si ap-
plica la responsabilità illimitata delle obbligazioni sociali. Per quanto riguarda le Snc il divieto
6- DIVIETO DI AGIRE IN REGIME DI CONFLITTO D’INTERESSE:
di agire/operare in regime di conflitto d’interesse è un principio generale, non previsto da ap-
posita norma nel codice civile. Questo principio prevede che l’amministratore deve operare
nell’unico interesse della società che amministra, e quindi non può agire in regime di conflitto
d’interesse.
Un altro divieto è la partecipazione come socio (acquisire partecipazioni) in società concor-
renti. Questo divieto non è previsto solo per gli amministratori, ma anche per tutti i soci delle
società di persone.
Questo per evitare che in due società concorrenti vi sia il medesimo socio/amministratore,
dunque violi nei confronti di una delle due società l’operare nell’interesse unico della società.
Nelle società di capitali invece è valido SOLO per gli amministratori e non per i soci/azionisti, in
quanto essi non prendono decisioni operative e gestionali sulla società.
Il divieto di concorrenza può tuttavia essere derogato dallo Statuto. Ovvero lo Statuto può de-
rogare i soci e/o gli amministratori dal divieto di concorrenza.
La responsabilità degli amministratori per mala-gestione è solidale, ad esclusione del fatto nel
quale gli amministratori dimostrano di non saperne niente di questa condotta, che non pote-
vano intervenire in nessun modo per evitarla o che hanno fatto tutto il possibile per evitarla.
non essendovi
7- LE DECISIONI ASSUNTE DAI SOCI (in quanto tali e non come amministratori):
una distinzione organica, è difficile nelle Snc capire e distinguere quando un socio agisce e de-
cide come socio, oppure agisce e decide come amministratore.
Vi sono tuttavia tre artt. del codice civile (2252, 2257 e 2287) che identificano due casi speci-
fici di decisione dei soci in quanto tali, e non in quanto amministratori.
a. Art. 2252 prevede che le modifiche dell’atto costitutivo vengono decise all’unanimità
con atto dei soci (sia soci amministratori, sia soci non amministratori). In questo caso
essendo necessaria l’unanimità, tutti i soci decidono in qualità di soci.
Queste modifiche dell’atto costit