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Estratto del documento

Questa distinzione è rilevante in quanto ci fornisce indicazione sulla natura di rapporto

tra dipendenti e enti, quando non vi sono indicazioni precise dalla legge circa la natura

di questo rapporto, stabilire se l’ente è privato è pubblico ha una rilevanza. Gli aspetti

significativi sono molti altri, che riguardano il regime degli atti medesimi. È chiaro

che se gli atti emanati sono amministrativi, allora si dovrebbe ritenere che questi atti

sono emanati da un ente pubblico. La questione della natura dell’atto può essere

fuorviante, perché se è vero che gli enti pubblici emanano gli atti amministrativi, non è

sempre detto che solo loro li emanino. Vi sono anche fenomeni di allargamento per cui

a enti sicuri come privati viene riconosciuta dalla legge la possibilità di emanare

provvedimenti amministrativi, come i provvedimenti di espropriazione per pubblica

utilità. Dalla verifica della natura degli atti, non possiamo essere certi di desumere la

natura pubblica dell’ente. Questo criterio non è sempre valido. Un’ulteriore

considerazione è stata fatta sull’applicazione agli enti della legge sul processo

amministrativo, gli enti che sono tenuti ad applicarla sono enti pubblici ma non è

sempre vero in quanto anche i soggetti privati, ai sensi dell’art. 29 della legge 241 ad

applicare la legge 241 stessa.

Se richiamiamo l’art. 43 Cost., per riserva di legge, i servizi pubblici essenziali

sono riservati agli enti pubblici. In base alla natura del servizio svolto, l’ente che lo

svolge è un ente pubblico. Con questa ricerca accade che il legislatore approva leggi

che hanno una finalità di individuazione dei soggetti p.a., che contengono elenchi che

enucleano indicazioni che potrebbero essere considerate come tassative dandoci un

quadro di soggetti pubblici. Basti considerare il d.lgs. 165 del 2001, sull’ordinamento

del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubblici all’art. 1 co. 2

prevede che le amministrazioni pubbliche sono tutte le amministrazioni dello stato, le

scuole, le regioni, province, comuni… queste disposizioni si occupano anche del CONI.

Di fronte a questa norma, bisogna domandarsi la valenza di questo elenco. Da una

parte, nasce il problema del contesto e la finalità dell’elenco, che individua a quali enti

si applicano il decreto 165 e quali rapporti di impiego sono soggetti alla normativa.

Non vi è dubbio che tutti gli enti indicati in modo espresso dal decreto, siano enti ai

quali queste normative si applicano e quindi l’elencazione è completa e tassativa?

Qualunque ente qui non indicato deve essere considerato non pubblico? Non si

applicherà la normativa sul rapporto di lavoro sicuramente.

Altro esempio è un elenco recente del 2013, d.lgs 33 che riguarda il riordino per la

disciplina di accesso civico da parte dell’amministrazioni pubbliche. L’ambito

soggettivo è quello di individuare i soggetti a cui si applica la normativa e si prevede

un’elencazione delle amministrazioni che sono tenute ad applicare la normativa ma si

pone il problema se l’elencazione dia risolutiva del problema o meno.

Non appare soddisfacente questa teoria degli indici di pubblicità e nemmeno risolutivo

l’orientamento della giurisprudenza che fa riferimento al riconoscimento di due indici

per stabilire la natura pubblica. Nella risoluzione di questa questione, che non riguarda

i casi in cui l’ente sia pubblico o privato per certo, riguarda gli enti che hanno un

carattere nazionale che hanno diversità e la questione è data dal fatto quando questo

ente compie attività di tipo economico utilizzando strumenti di diritto privato.

In questo tipo di considerazione di diversificare molto nettamente la categoria degli

enti pubblici che svolgono attività amministrativa da quelli che svolgono un’attività

di impresa, porta la dottrina a interrogarsi alla possibilità di rifarsi alla normativa

europea per distinguere ente pubblico da impresa pubblica. Bisogna prendere le

mosse dal TFUE con l’art. 106. Gli stati membri non emanano né mantengono nei

confronti delle imprese pubbliche, cui riconoscono diritti speciali esclusivi, alcuna

misura contraria alle norme dei trattati soprattutto quelle contemplate dall’art. 101 a

109 esclusi. La disposizione ha oggetto imprese pubbliche e vieta agli stati membri di

emanare misure contrarie per favorire imprese pubbliche o delle imprese che si

trovano ad operare in condizioni di particolare convenienza. Con questa normativa si

interviene su quello che l’ente pubblico può fare o meno e quindi si incide sulla

configurazione originaria delle imprese pubbliche. Nel comma 2 le imprese aventi

carattere di monopolio fiscale e incaricate nella gestione dei servi di interesse

economico generale sono sottoposte alle norme dei trattati e di concorrenza nei limiti

in cui l’applicazione di tali non ostacoli all’adempimento della specifica missione loro

affidata. Non si parla più di imprese pubbliche ma si prendono in considerazione delle

imprese dal pov delle attività che svolgono oppure che hanno carattere di monopolio

fiscale. Si fa riferimento più a profili di carattere oggettivo e quindi queste imprese

sono sottoposte a norme dei trattati. Questi soggetti, per via di servizi di interesse

generale, ha una specifica missione che lo stato membro gli ha affidato. Quando

l’obbligo di rispetto dei trattati comporta una sostanziale impossibilità, si arriva a una

non applicazione di questa normativa solo nei confronti di questi soggetti.

Lezione 14 (01/04/19):

Il ricorso al diritto europeo è indispensabile perché ha la tradizionale distinzione tra

ente pubblico e ente privato ed ente pubblico e impresa pubblica. Infatti, l’impresa

pubblica, ai sensi dell’art. 106 TFUE, è assoggetta a una disciplina che vieta aiuti dallo

stato e trattamenti favorevoli. Però si pone il problema sull’individuazione dei soggetti

tenuti all’osservanza della normativa in tema di appalti. In queste normative degli

appalti sono contenute previsioni di carattere generale, come la direttiva 2014/25, la

quale contiene all’art. 3 e 4 due definizioni. Nell’art. 3 comma 4 è contenuta la

definizione di organismo di diritto pubblico e l’art. 4 al comma 2 si fa riferimento

alla nozione di impresa pubblica. L’organismo di diritto pubblico è quell’organismo

che abbia tutte e tre le caratteristiche, istituiti per soddisfare esigenze di interesse

generale aventi carattere non industriale e commerciale, sono dotati di personalità

giuridica e sono finanziati per la maggior parte dallo stato, autorità regionali o locali o

organismi di diritto pubblico… ci troviamo vicini agli indici elaborati dalla nostra

giurisprudenza ma con alcune precisazioni. Questi elementi concorrono a individuare

l’organismo di diritto pubblico, dove prevale l’elemento di soddisfazione di interesse

generale.

Nell’art. 4 comma 2 rinveniamo l’impresa pubblica, un’impresa su cui le

amministrazioni giudicatrici possono esercitare un’influenza dominate perché ne sono

proprietarie direttamente o indirettamente, perché vi hanno una partecipazione

finanziaria o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione, un’influenza

dominante dalle amministrazione giudicatrici si presuppone quando detiene la

maggioranza del capitale sottoscritto dall’impresa e possono designare più della metà

degli organi di vigilanza e impresa. Anche le imprese pubbliche sono soggette alla

disciplina degli appalti quando sono in queste condizioni e il tipo di attività svolta

distinguiamo l’ente pubblico e impresa.

Altri elementi per la distinzione tra ente pubblico e privato sono quelli legati alla

finalità che l’ente persegue e anche l’elemento del finanziamento e dell’influenza. Da

questa distinzione consegue che gli enti pubblici sono soggetti alla disciplina tipica

delle pubbliche amministrazioni e la legge del procedimento amministrativo

mentre la disciplina degli enti privati è quella privatistica e del codice civile. Questa

suddivisione scolastica crea dei problemi applicativi, con riferimento alle società a

partecipazione pubblica, per cui la disciplina è stata oggetto di molte discussioni, che

in passato si sono molte diffuse sulla base delle sole disposizioni del codice civile.

L’opinione di allora è che non vi fossero limiti dell’ente pubblico di costruire società a

partecipazione pubblica. In realtà questo tipo di impostazione ha portato ad una

proliferazione incontrollata del numero di queste società, prima a livello statale. Con

l’avvento delle regioni e l’approvazione dell’ordinamento degli enti locali, il fenomeno

si è diffuso ragionevolmente. Accanto a queste considerazioni, si sono affiancati due

elementi importanti. Da una parte una tendenza internazionale di ricondurre il

fenomeno delle società partecipate a una disciplina privatistica e dall’altra parte vi

sono elementi di criticità dati dal numero e svolgimento delle attività che questi enti

ponevano in essere con ingenti perdite e la sottrazione al controllo della corte dei conti

e dal pov del rapporto di impiego del personale la sottrazione alla regola dell’obbligo

di concorso per le assunzioni. Questo tipo di fenomeno nato dall’esigenza di esercitare

nel modo adeguato un’attività commerciale diventa un fenomeno di sborso di denaro

pubblico.

Tutte queste considerazioni hanno portato al legislatore a un testo unico delle

società partecipate. Una prima considerazione di carattere generale va fatta in

quanto anche nelle società partecipate pubbliche bisogna distinguere le società

partecipate quotate in borsa e quelle no. Nelle prime, per evitare la creazione di

regimi differenziate rispetto a quelle private quotate in borsa, il testo unico non si

applica. C’è un’altra distinzione in quanto da una parte isoliamo le società quotate in

borsa mentre le altre contengono fattispecie diverse tra di loro, come la società

partecipata di tipo minoritario o quelle interamente partecipate. Questa differenza po'

rendere l’idea che difficilmente si ha una disciplina uniforme ma l’interesse generale

delle due società ha un’intensità diversa. La distinzione tra oggetto del testo unico

porta a dire che il testo unico contiene una disciplina pubblicistica di queste società, il

legislatore ha ritenuto di non inseguire le indicazioni che vengono da una visione

liberistica. Le società partecipate in quanto società di capitali devono essere

disciplinate dal codice civile. La disciplina codicistica &

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher babyjaime di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Sica Marco.