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Infatti se andiamo a leggere la carta europea del paesaggio elaborata a Firenze inizio degli anni 200

ma trascritta poi dall’Italia nel 2006 dichiara riguardo al paesaggio poi ripresa dal codice: il

paesaggio è una proporzione di territorio omogenea o per bellezza naturale o singolarità geologica o

naturalistica perché porta i segni di importanti trasformazioni dell’uomo. Il paesaggio italiano è

sostanzialmente un paesaggio trasformato dall’uomo non solo per fini abitativi ma anche per fini

agricoli.

Inoltre dice che il paesaggio deve essere riconosciuto come tale dalla comunità quindi è un

affermazione molto delicata perché non è detto che una comunità percepisca un determinato

paesaggio come tale. In questo caso si deve sostituire un ente superiore? Oppure può accadere che

una comunità percepisca un paesaggio che non è visto tale dallo stato; anche se questo caso non è

mai capitato.

Il problema è molto serio perché riguarda le necessità delle comunità locali di amministrare il

territorio e di sfruttarlo. Si tratta quindi di trovare delle risorse che garantiscono uno sviluppo

armonico per salvaguardare l’ambiente sviluppando delle attività economiche congeniali a chi vive

già li oltre la soglia di sopravvivenza. L’ambiente del resto è un po’ come un edificio lo si conserva

usandolo, diventa sì un degrado virtuoso compensato, derivato comunque dall’uso che ne facciamo.

Lo stesso vale per un territorio deve questo essere vissuto naturalmente c’è modo e modo di

intervenire sul territorio così come c’è modo e modo di costruire.

Il caso di GIBELLINA è un caso di coltivazione della memoria di un luogo o meglio di

coltivazione distorta perché il luogo è stato spostato altrove e ricostruito in forme radicalmente

distanti dall’originale non solo nello spazio e nel tempo ma anche nel concetto.

Il ricordo della vecchia Gibellina è affidato ad un’opera d’arte il Cretto.

Un paese dopo il terremoto devasto ma non completamente raso al suolo, un posto che volendo

poteva essere recuperato invece si è ricostruita ex novo una nuova Gibellina molto diversa per

impianto dalla vecchia Gibellina. L’area invece dove sorgeva la vecchia Gibellina sorge il Cretto di

Burri che riproduce il tracciato viario della vecchia Gibellina una sorta di mappa della memoria. Il

Cretto chiamato così per richiamare i solchi che percorrano la superficie. Quindi abbiamo un bene

culturale che è sparito e in sua vece abbiamo un nuovo bene culturale cioè un ‘opera d’arte. Anche

se non è tutelata perché non ha più di 50 anni o comunque se l’autore è vivente così come detta il

codice dei beni culturali.

Il Cretto è un’opera inamovibile quindi anche in questo caso non si può adoperare senza preventiva

autorizzazione amministeriale. È un esempio di come un intervento ambientale svolga una precisa

funzione di alimentazione della memoria proponendo una dimensione critica del passato e al tempo

stesso mantiene il ricordo ciò che non c’è più.

Perché sono state fatte queste scelte? Certo da un lato c’è un’utopia di costruire una città ideale per

risanare borghi con condizioni igieniche fragili. Questi pesi forse, invece, non erano nel canone

storico artistico italiano cioè sarebbe successa la stessa cosa se il terremoto avrebbe colpito la

Toscana? Certo i valori monumentali fra Gibellina e Montalcino sono differenti, ma in realtà non

erano inseriti in un canone italiano e quindi non ci si è fatto scrupolo di cancellare questi luoghi.

Ecco quindi che il problema della difesa del suolo è un problema culturale perché bisogna

conoscere il valore storico e culturale di ciò che si decide di tutelare o di non tutelate; visto che

comunque la tutela ha a che fare con una scelta; testimoniato dalla stessa storia dei beni culturali.

Da notare infatti che fino agli inizi degli anni 80 si restauravano di preferenza dipinti su tavola o

comunque dipinti anteriori al 600 non degnando di uno sguardo ad un certo 800. La riabilitazione

del 600 e del barocco si tratta di un processo storico molto lento che ha avuto inizio negli anni 60 e

che poi si impone negli anni 80. Il cosiddetto canone, il nostro sistema valoriale grazie al quale

attribuiamo una certa importanza storica ad un bene o altro è fondamentale per fare delle scelte di

tutela. Quindi la tutela è si un atto politico, ma anche una visione del mondo.

È un’idea quella di tessuto facendosi strada poco alla volta è negli ultimi anni stata frequentemente

messa in discussione; sembra quasi che questa idea di MUSEO DIFFUSSO cioè di un patrimonio

culturale coincidente con la fisionomia stessa dell’Italia in cui gli edifici erano impastati con il

suolo patri venga ora messa in discussione a vantaggio del riconoscimento della valorizzazione di

alcune eccellenze.

Al modello di ricostruzione di Gibellina può farsi corrispondere la ricostruzione dei centri abitati

devastati dal terremoto del 1976 di Venzone e Gemona questi piccoli centri ma importanti per il

loro patrimonio artistico e architettonico che ripropongono il tema centrale cioè il rapporto fra

l’ambiente e il paesaggio attraverso la dedizione al patrimonio delle comunità.

Oggi Venzone si presenta come si è presentata negli ultimi 7 -8 secoli e quindi come una cittadina

ancora cinta dalle sue mura dove svetta una cattedrale gotica. Venzone, inoltre, era luogo noto

perché Monicelli ci aveva ambientata molte sequenza della Grande Guerra soprattutto per le scene

urbane. Quindi un luogo che nel 76 aveva già una sua memoria cinematografica che comunque ha

contribuito alla sua ricostruzione. Ci sono luoghi che sono diventati importanti anche grazie al

cinema e a qualcosa che si è realizzato al loro interno e che ha proposto un’immagine di quel luogo

e cha ha contribuito a diffonderne la percezione (pensiamo a Matera eletta capitale della cultura).

La rappresentazione quindi di un luogo conta pensiamo alla storia dell’arte italiana le città più

importante sono anche quelle che sono state molto rappresentate. Non basta la rappresentazione

iconografica, ma le due cose contribuiscono a fare della città in questione città in vista.

Venzone subì due scosse e la seconda effettivamente devastò ancor più la città basti vedere la

cattedrale che dopo la seconda scossa fu quasi rasa al suolo.

Venzone come Gemona furono interamente ricostruite come erano e dove erano si badò soprattutto

di ricostruire in maniera fedele i monumenti storici recuperando per quanto possibile il materiale

originale. Ricostruzione condotta a compimento nell’arco di una decina d’anni e fatta in parallelo

con la riattivazione delle principali attività produttive in moda da garantire un rilancio economico

per il sostentamento della comunità. La ricostruzione sarebbe accaduta indipendentemente dal suo

patrimonio rispetto invece a ciò che è accaduto nel Belice. Non è sembrato quindi inopportuno

destinare fondi economici per ricostruire non solo le case e gli edifici ma la stessa cattedrale

percepita come simbolo della comunità cittadina.

C’è quindi un rapporto fra patrimonio architettonico e paesaggio dove questo non si capisce se non

certe presenze architettoniche e queste non si capiscono se non in relazione ad un certo spazio e

questo vale sia per i paesaggi urbani ma soprattutto per quei paesaggi extraurbani. Il paesaggio

italiano vive di questa simbiosi pensiamo alla palazzina di cacca di STUPINIGI noi non possiamo

guardare a questo edificio che è un capolavoro di Filippo Juvarra senza gettare uno sguardo

all’ambiente circostante è impensabile pensare alla salvaguardia della palazzina senza pensare

all’ambiente perché sono tutt’uno.

Così lo stesso discorso vale per la REGGIA di CASERTA va guardata inscindibilmente dal suo

parco trattandosi di un cambiamento dell’assetto del paesaggio estremamente significativo.

Molte son le vie nella quali l’uomo ha trasformato il paesaggio italiano dove la città - fortezza di

PALMANOVA costituisce uno degli esempi più famosa di architettura urbanistica militare di fine

500. Costruita dai veneziani a pianta stellare è un esempio superbo di città costruita in funzione

della sua cinta muraglia. E costituisce un esempio straordinario di trasformazione del territorio dove

i confini e la cinta bastionata e i ridellini si spingono in profondità in aperta campagna che vanno

molto oltre l’abitato. Palma nova è un caso che ci fa capire come architettura e paesaggio sono

legati soprattutto per quanto riguardo l’assetto italiano.

Forse non bisognerebbe neanche distingue fra beni culturali e beni paesaggistici; è infatti molto

difficile tracciare un confine fra zone da non tutelare e zone da tutelare perché non c’è una parte del

territorio italiano che non sia da tutelare almeno per quanto riguarda il territorio italiano. Questo

non significa che bisogna tutelare tutto, ma bisogna leggere criticamente tutto.

Anche per questo è difficile stendere un PIANO PAESISTICO quest’ultimo è u documento che ci

dice dove costruire e come costruire in un determinata zona. Tracciare una linea di demarcazione a

d es. su Palmanova è molto difficile di dove costruire e dove no per mantenere l’area di rispetto per

preservare l’abitato. La maggior parte dei piani regolatori in Italia sono piani in realtà regolati

perché devono tenere conto di assetti territoriali già definiti e di una porzione in continuo

movimento.

MATERA diventata capitale della cultura da questa settimana sicuramente molto debole da un

punto di vista dei servizi.

La scelta di Matera diventa un sigillo ulteriore posto sul grande processo storico che nell’arco di 50

anni è passata da città vergogna a patrimonio dell’umanità a capitale della cultura Europea. Da un

lato sicuramente mostrava una 50antina di anni fa una notevole povertà, ma dal’altro lato una

notevole stratificazione architettonica che solo quegli anni comincia ad essere percepita come

interessante al di la dei problemi legati alla difficoltà di vita di questi ambienti che in sostanza erano

delle abitazioni troglodite (nel senso che le abitazioni sono ricavate dalla roccia). Quindi sembrava

una sconcezza che si vivesse in quel modo, ma evidentemente le cose sono cambiate quando sono

cominciati dei progetti di risanamento per queste abitazione però queste decisioni politiche quando

qualcuno ragionò sul fatto che Matera costituiva un documento di architettura che doveva essere

recuperato e valori

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
39 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nausicaa93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tutela dei beni culturali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Cervini Fulvio.