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Gesù è il RIB in persona, è quella accusa che mira alla riconciliazione viene coinvolto in un processo
che segue la logica del Mispat. L'unico modo che Gesù avrebbe per difendersi dalle false accuse è
quello di accusare i suoi falsi accusatori, proclamando la propria innocenza, smascherando quei falsi
testimoni. Ma se avesse fatto cosi, i falsi testimoni, secondo la legge del tempo, avrebbero subìto la
sua condanna ovvero la crocifissione. Gesù sta in silenzio perché gli altri non devono morire. Con
questo suo silenzio capovolge la situazione: da la sua vita per amore. Non sono più gli altri a
ucciderlo, ma è lui che si offre. Gesù con questa sua scelta rischia anche di non essere capito, di
essere considerato debole, un fallito ma in questo modo prende la colpa delle mani dei suoi assassini
e l’annulla. Non si tratta quindi di una salvezza come pagamento di un riscatto o di un'offesa fatta a
Dio. In questo evento è quindi un dono.
Inscindibile unità la resurrezione e la morte. La risurrezione rivela il senso della crocifissione, è la
vittoria del bene sul male; lo specifico della risurrezione è la vita vissuta da Gesù che risorge, quando
qualcuno ama come Gesù, nasce qual osa di nuovo. La debolezza data dall'amore è simbolo della
resurrezione.
Dio avrebbe potuto intervenire con una bacchetta magica, ma in questo modo avremmo visto molto
potere, invece lui vuole condividere, potenza come amore,
Nuovo testamento -> l'umanità di Gesù L'umanità di Gesù spesso è messa in disparte. Prima del
concilio vaticano II (1962-1965) si è sottolineato la divinità di Gesù, non soffermandosi sulla sua
umanità. Solamente con il concilio si è riusciti a far emergere la bellezza dell'umanità di Gesù, con una
lettura anche storico biblica della bibbia: è un testo che racconta una storia, non è una dottrina o un
insegnamento; è una storia che è accaduta davvero: Dio che si fa uomo. Gesù ha lavorato, agito,
parlato, amato con cuore d'uomo. La sua umanità è lo spazio attraverso il quale possiamo conoscere
il vero volto di Dio. Una persona si rivela per quello che è anche attraverso il suo parlare, il suo modo
di esprimersi e Gesù ha avuto sia un linguaggio duro che dolce che predilige nelle parabole, ovvero
delle storie geniali attraverso le quali Gesù dice chi è Dio ed utilizza un linguaggio comprensibile per
tutti. Questo è un linguaggio che stimola l'uomo a riflettere, a ragionare, a vedere la situazione dalla
quale siamo partiti in modo diverso, a far cambiare prospettiva. Sono racconti che prendono
ispirazione dalla vita quotidiana, parla di fatti comuni: parla di un contadino, di una pecorella. Gesù
non vuole parlare a un élite, ma vuole parlare a tutti con un linguaggio universale. Questi racconti
dicono e non dicono perché vuole che la risposta dell'uomo sia libera e umana. Lui non può imporre a
nessuno di volergli bene ed infatti Dio sottolinea la libera scelta dell'uomo di aderire o meno.
La parabola del samaritano (Lc): all'inizio c'è un gioco di domanda da un dottore della legge. Questo
dottore va da Gesù e gli chiede che cosa deve fare per guadagnare la vita eterna e Gesù risponde
con una contro domanda: che cosa sta scritto nella legge? "amerai il signore tuo dio con tutta la tua
forza, con tutta la tua anima, come amerai il prossimo tuo". Ma questo dottore, volendosi giustificare,
gli chiede chi è il suo prossimo e per rispondere a questa domanda, Gesù racconta la parabola. Al
tempo di Gesù riguardo a chi è il prossimo vi era una discussione molto frequente, due pensieri: il
prossimo è solo colui che appartiene allo stesso gruppo religioso e il prossimo sono tutti gli uomini.
Tra Gerusalemme e Gerico c'è 1km di deserto, luogo favorevole per i briganti. Si dice chiaramente che
il sacerdote vede l'uomo ferito e passa comunque dall'altra parte. Anche il levita, un'autorità religiosa,
vede il ferito e passa oltre. Gesù fa fare una brutta figura a quelle persone che a quel tempo erano le
più rispettate. Potremmo giustificarli, perché probabilmente erano diretti verso il tempio e all'epoca
toccare il sangue ti rendeva impuro, ti contaminava. Il dottore della legge avrebbe potuto quindi
pensare ciò ma Gesù però non la pensa così, è di parere opposto e introduce il personaggio del
samaritano: i samaritani erano gli stranieri per antonomasia. La relazione tra un ebreo e un
samaritano era impossibile, come nei confronti dei pagani. Per un ebreo praticante era impossibile
entrare in una casa di un pagano. Gesù dice che questo smaritano passa accanto e ha compassione,
non va oltre. Gli si fece vicino, lo medicò e lo portò in un albergo sulla sua cavalcatura. Lo cura quasi
come si cura un parente. Il giorno dopo paga anche l'albergatore e gli dice che se spenderà in più, lo
avrebbe pagato al suo ritorno. Perciò, anche dalle persone da cui non ce lo aspettiamo può venire
qualcosa di buono: la bontà non ha confini. Gesù riesce a liberarsi dai pregiudizi (non esistono
persone da cui proviene solo positivo o negativo come il samaritano che è negativo ma fa un’azione
positiva), vuole abbattere quei muri per unire le persone e non voleva dividerle in categorie. Gesù
riesce a mettere in luce il samaritano e non lo idealizza. Questo racconto lascia anche capire che il
prossimo da aiutare è ogni bisognoso. La relazione con dio non può essere scissa dalla relazione con
il prossimo. Gesù poi pone un'altra domanda al dottore della legge: chi di questi 3 ti sembra il
prossimo? Il dottore capisce che è il samaritano e Gesù gli dice di andare e di fare la stessa cosa.
Questa parabola provoca l'ascoltatore a cambiare prospettiva, lo fa ragionare, lo conduce a guardare
la verità in un modo nuovo. Il samaritano rappresenta dio stesso che è sceso a forma di uomo per
curare le nostre ferite. Con questa parabola non si riesce a rispondere alla domanda “chi è il mio
prossimo?” perché non si può definire ma bisogna esserlo. Gesù dice di guardare l'altro come una
persona, una persona da aiutare, a cui dare del bene, perché tutti hanno la stessa dignità e il bene
può arrivare da dove l'uomo meno se lo aspetta.
Parabole del Regno dei Cieli: Il regno di dio è come una realtà dove dio è riconosciuto come re ma
allo stesso tempo l'uomo non è mortificato, ma è libero di esprimere tutta la sua umanità. Il regno di
dio ha a che fare con i desideri degli uomini di condurre una vita giusta. Gesù però non dice dov'è e
com'è il regno di dio, dice solo che è vicino. Ogni gruppo religioso però aveva un'idea di un
determinato tipo di regno e avevano anche un'attesa diversa del messia: zeloti aspettavano un
cambiamento politico, gli apocalittici che si aspettavano un cambiamento radicale e i farisei che la
venuta del messia avrebbe portato al pieno adempimento della legge del Mosè. Gesù però non si
identifica in queste 3 aspettative.
Il regno dei cieli si può sovrapporre al vangelo (= eu-angelion, cioè è una buona notizia). Questa bella
notizia non si impone ma attende la libera scelta dell'uomo e invita ad entrare in una vita con una
prospettiva nuova.
Il regno dei cieli può essere trovato in 2 parabole:
- regno dei cieli come un tesoro nascosto in un campo
- regno dei cieli come una perla preziosa
Ci sono 2 protagonisti diversi: un contadino e un mercante. Nella prima parabola troviamo un tesoro
per cui questo contadino va e vende tutto, nella seconda troviamo una perla. Se qualcuno trova il
vangelo come un affare, vende tutto, va e lo compra. Queste parabole sono dette da Gesù ai suoi
discepoli.
Le parabole della misericordia: è luca che riporta il numero maggiore di parabole. Luca ha scritto il
terzo vangelo e gli atti degli apostoli. Egli era un medico e scrive il vangelo in greco e in modo
dettagliato. Luca era compagno di viaggio di paolo di tarso e grazie a lui conosce Gesù. Il suo vangelo
più quello di marco e Matteo sono sinottici: hanno molte somiglianze, hanno molti fatti comuni, (infatti
il vangelo di marco è composto da 667, di cui 68 non si trovano negli altri 2. Il vangelo di Matteo 1070,
330 non ci sono negli altri e luca 1151, 612 non ci sono negli altri).
Il vangelo di Giovanni è diverso è diverso rispetto agli altri tre, ma offre comunque un'immagine di
Gesù particolarmente ricca e meditata, inoltre riporta molti nuovi episodi.
Gesù ha usato le parabole per spiegare il messaggio della misericordia:
-pecorella perduta e ritrovata
- moneta perduta e ritrovata
- il figlio ritrovato
Queste parabole vengono raccontate da Gesù ai pubblicani, peccatori, farisei e scribi. I farisei sono un
gruppo religioso e politico, osservanti e legati alla legge e alla tradizione. Il loro intento era quello di
vivere la legge alla lettera e mettere al primo posto la legge, non la persona umana. Gli scribi sono i
maestri della legge e giuristi. Costituivano una classe sociale molto influente, importante. Vi è quindi
un eccessivo formalismo. I pubblicani rappresentavano i romani, erano funzionari della dogana
romana. I romani dominavano quelle terre, quindi sono nemici degli ebrei.
Gesù raccontò loro queste 3 parabole:
- chi di voi se ha 100 pecore e ne perde 1, ne lascia 99 per andare a cercare quella smarrita?
- quale donna se ha 10 monete e ne perde una, non spazza tutta la casa per cecarla?
- parabola del figliol prodigo: un padre aveva due figli e decise di dividere il suo patrimonio tra essi; un
giorno il più piccolo chiese la sua parte di eredità e se ne andò a sperperare tutta la sua parte di
patrimonio, finché fini a badare i porci per sopravvivere, fino a quando decide di tornare dal padre e
lavorare per lui. Il padre, alle parole del figlio decide di preparare un banchetto e uccidere il vitello
grasso. Il figlio maggiore però quando torna a casa e scopre il ritorno del figlio minore, si indignò per
quello che il padre ha fatto per il figlio minore.
Nelle 3 parabole c'è uno schema comune: c'è qualcosa che si è perso e poi ritrovato. Al centro c'è la
gioia del ritrovamento: il pastore ritrova la pecora, la donna ritrova la moneta e fa festa con le amiche
e il padre ritrova il figlio.
Importante è cogliere il contesto in cui Gesù racconta le parabole: farisei e scribi mormorano su Gesù
che accoglie e mangia con i peccatori. Mangiare alla stessa tavola