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PASSAGGIO ALLA CITTA':
La città esige un rapporto con il territorio circostante e presuppone l'esistenza di istituzioni civiche,
queste istituzioni si fondono sul presupposto comune di appartenenza alla città, il corpo civico
deve avere coscienza e autocoscienza e un insieme di motivazioni etiche e morali (un mondo
morale comune) e politiche e anche spiritualità comune, in questo ambito rientra anche il concetto
di accoglienza e tolleranza. Si forma il corpo civico che ha delle manifestazioni comuni e quelle
spirituali tendono a uniformarsi nell'unita del corpo civico: seppellimento dei morti. Il corpo civico si
premura di venerare i propri morti. Dalla formazione del corpo civico sorge l'esigenza di
tramandare i ricordi dell'epoca più lontana della città. Molti di questi ricordi erano curiosi e legati
all'antiquaria: es. le mura del palatino venivano chiamate tigillum sororium, i romani non
comprendevano cosa volesse dire ma era legato a un architrave e dato che non lo sapevano
inventarono una storia: Roma e la città di alba longa vengono in conflitto tra loro e i romani
decidono di risolvere la guerra con un duello che contrappone tre romani e tre albani: orazi e
curiazi: primo duello rimane un orazio e allora inizia a correre e vede che i tre curiazi si dividono e
lo inseguono, l'orazio li aspetta e quando arrivano uno alla volta lui li uccide. L'orazio li spoglia
delle armi e si avvicina alla città di roma: i romani sono felici, ma l'unica che non gioisce è una sua
sorella che era fidanzata con uno di loro tre e lui furibondo uccide la sorella sotto la porta. Sotto
questo architrave sarebbe caduta la sorella e da allora prese il nome di tigillum sororium.
L'antiquaria era piena di questi elementi. La storia locale si mescola all'antiquaria ma le due non si
identificano.
Quando a Roma nasce una coscienza antiquaria ne nasce anche una storiografica ma questo
avviene tardi e in un modo strano: il primo autore di Annales, Fabio Pittore magnifica il ruolo dei
fabii nella storia di Roma. Altro elemento interessante: questi annales sono scritti in greco perché
una vera narrativa storica a Roma non esisteva, mentre in grecia si. A partire dal IV secolo la storia
di Roma era entrata a far parte delle narrazioni storiografiche dei greci, che si accorgono di Roma
perché stava diventando grande (padrona dell'Italia meridionale e potenza). I greci ancora non si
pongono i motivi della grandezza di Roma. Fabio pittore derivava le modalità di scrittura delle
storia dal fatto che tutta l'Italia costiera a partire dall'VIII secolo era punteggiata dalle colonie
greche in puglia, Lucania, Calabria e Campania che formavano la magna grecia. In questa zona i
greci erano presenti e i nobili romani sono entrati in contratto con la cultura greca, nell'epoca in cui
è stata fondata Roma, la prima colonia è cuma e poi neapolis. L'influenza della magna grecia
penetra lentamente a Roma perché culturalmente arretrato e diffidente nei confronti del mondo
greco, ma la cultura greca arrivò in etruria e i principi etruri impararono il greco. A roma questi
influssi arrivarono tardi, ma da due fonti: etruria e magna grecia e fu un processo molto lungo.
Insieme all'influenza artistica arriva anche quella letteraria sebbene più lentamente. Con fabio
pittore si scrive in greco una storia romana: non era solo un problema di tipo tradizionale
(tramandare il passato non era abitudine), la storiografia greca alla quale si accostano i romani
riflette il modo di pensare dei greci: basata sul razionalismo, i romani invece non avevano
sviluppato questo elemento non chiedendosi i perché, a loro mancava il senso filosofico della
storia. I romani ponevano la ricostruzione del passato nei termini di un'evocazione dei rapporti tra il
popolo romano e le divinità che li proteggevano: le vittorio erano merito degli dei e questo perché
l'uomo romano è per definizione pius e i romani vincono quando c'è la pax deorum.
La storia che raccontano i romani è di tipo etico e morale e passa attraverso le esaltazioni delle
abilita dell'uomo romano: la principale è la virtus (dote del vir) che si realizza nella capacità di
essere un buon padre di famiglia, un onesto uomo politico e un buon soldato, tra le doti del vir c'è
anche quella di essere pio nei confronti degli dei e timoroso dei segni che mandano.
La storia romana si prestava molto all'antiquaria per la facilità di esempi che potevano essere fatti.
I greci alla base del problema storico ponevano lo studio delle cause (eziologia) e secondo questo
principio motivavano la grandezza di Roma. Nella storia romana le singole grandi personalità
rendono grande il popolo romano (augere). Questo elemento si protrasse nella tradizione orale e
impregnò la storiografia romana con due autori: alicarnasso e tito livio. Livio scrive in età augustea,
Augusto diventa padrone della politica romana e ha la capacità di recuperare tutti i valori romani
della tradizione romana, perché non si pone come padrone assoluto dello stato romano, rifugge
dall'idea di tradurre i suoi poteri nel titolo di re e allora tra lui e il senato iniziano delle trattative:
Augusto si presente in senato e restituisce allo stato di romano lo stato, lui dice di averlo salvato e
adesso lo restituisce al senato e al popolo, il senato riconosce contraccambiando ad Augusto virtù
eroiche dedicandogli uno scudo d'oro sul quale sono incise le quattro virtù cardinali di Roma:
Virtus
Clementia (lo colloca in una posizione di superiorità)
Pietas
Iustitia
Augusto era riuscito a salvare il popolo romano dalle guerre civili e si pone come obiettivo la pax
nell'impero e sembra aver realizzato un fine della storia romana: sembrava destinata a terminare
nella grande figura di Augusto, sembrava esserne il compimento: progressiva affermazione della
sua potenza che procede alla conquista territoriale e sembra poi collassare sotto il peso delle
guerre civili. Augusto volle regalare ai romani un foro in cui essere ricordato, voleva riprendere la
propaganda che poeti e filosofi diffondevano a Roma e legati alle sue mirabili doti: voleva che
l'idea del principato trovasse una realizzazione monumentale. La propaganda di augusto mirava a
creare il mito di augusto come il fine/la fine (teos), mira a rappresentarsi in tale modo in una
visione teleologica che aveva un grande successo sul popolo romano, anche con Livio c'è
l'accettazione di questa visione. Nel IV secolo e con il cristianesimo questa visione cambia
sostanza (ideale metà storico), questo costituisce il contraltare della teologia dell'età augustea.
Storiografia allineata ai dettami augustei: per quanto clemente non tollerava voci di dissenso.
Diverse storie mitiche venivano utilizzate in funzione del regime augusteo a causa della visione
finalistica della storia culminante con Augusto. Ad esempio l'Eneide, la cui trattazione si fa attuale
nell'età cesariana perché la sua stirpe era legata alla gens iulia nella quale augusto era stato
adottato. Queste storie confluiscono nella storia dei gemelli di alba longa che si disputano la
fondazione di roma. L'elaborazione storiografica va di pari passo con quella mitica. Circolavano
anche altri voci sui popoli del lazio: si parla di un rapporto con ulisse e della sua morte per mano di
un figlio di ulisse e della maga circe, la cui sede era identificata con il capo circeo. Un altro eroe
molto attestato era diomede, eroe greco che avrebbe colonizzato l'italia e molto venerato. Molte
storie legavano il mondo greco a quello italico. Si preferì rendere troiano enea piuttosto che greco
nella storia, aveva fama di essere pius perché porta sulle spalle il vecchio padre anchise e fine per
mano il figlio ascanio, la moglie creusa non si trova più. Enea avrebbe intrecciato una storia con
didone che poi abbandona generando una maledizione.
La storia presentata da alicarnasso era lineare e rappresentava un continuo progresso, di cui
augusto rappresenta il culmine. La consapevolezza che ne aveva la classe dirigente si tramuta in
una fede nell'impero e nella grandezza di Roma autenticamente sentita.
(Il mito di roma, giardina, vouchez)
Questa fede accompagna gran parte della storia imperiale, che però non era condivisa da tutti:
c'era anche chi pone un problema: se la storia di Roma è un progresso e culmina con Augusto
cosa viene dopo? Secondo alcuni cominciava la rovina e l'involuzione dopo il massimo splendore.
Chi pensava questo cercava di rendere evidente l'immagine ricorrendo alle età dell'uomo:
Nascita
Crescita
Giovinezza
Maturità
Vecchiaia: epoca che li attendeva
La concezione lineare non è ascensione ma parabolica e prevede l'idea di decadenza. Qualcuno
pensò di utilizzarla per esaltare il principato augusteo. La storia parabolica poteva essere piegata a
una teoria ciclica. Infanzia: monarchia (7 re), poi aristocratica e poi le guerre civili sprofondano
roma nella decandenza (sorta di vecchiaia), alla fine delle guerre c'è augusto: compimento di una
storia parabolica, augusto impone a roma un governo di tipo monarchico e permette a roma di
rivivere un'altra infanzia monarchica alla quale seguirà lo stesso ciclo. La storia in questo caso da
parabolica diventa ciclica, in questo caso è pessimistica, ma si presta anche ad essere ottimistica
e propagandistica come nel caso di augusto. In essa non c'è un finalismo, ma tende a ripetere se
stessa e i propri errori con evoluzione e involuzione. R. Diceva che era nella nature dell'uomo.
La storia lineare è accolta anche nel mondo cristiano, ma la differenza è che il fine si trova dopo la
storia, il pensiero razionalistico che non si identifica con quello cristiano ha concezione lineare che
però non va al di là della storia: la felicità dell'uomo si realizzerà alla fine di un lungo processo
storico. Marx diceva che la storia è un continuo progresso che con la vittoria del proletariato
arriverà ad essere felice.
ORIGINI DI ROMA:
Molti studiosi iniziarono a elaborare teorie ipercritiche sulla possibilità di fare la storia antica. Gli
storici hanno iniziato a parlare della storia di Roma dal III secolo a.c. Se tutti i secoli prima
presentano oscurità, gli ipercritici dicevano che non si può parlare della storia di questi secoli,
mentre chi accettava come storici i miti sulla fondazione la ricostruivano su basi mitiche. Tra le due
correnti c'è una netta contrapposizione, nella seconda metà del 700 ci fu una corrente che partiva
dall'ipercriticismo per arrivare al criticismo (intermezzo tra ipercriticismo e fideismo) razionale dei
fatti. Il vero iniziatore degli studi romani moderni fu Niebhur: filologo danese figlio di un diplomatico<