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Sparta

Nel capitolo successivo, Plutarco dice che questo contrattempo rovinò gli affari della Grecia, che avrebbe potuto salvarsi e sfuggire all'avidità dei Macedoni. Sebbene Arato avesse cercato di dissuadere gli Achei dal concludere l'accordo con Cleomene, questi non si fecero convincere poiché ritenevano legittima la proposta di riorganizzare il Peloponneso secondo il suo assetto tradizionale. Arato ricorse a quello che Plutarco chiama un atto indegno di qualsiasi greco, ovvero all'alleanza con Antigono. Lo scontro tra Arato e Cleomene La Kleomenikòs polemos è descritta da Plutarco, Polibio e Pausania. Polibio scrive capitoli fondamentali nel secondo libro, per lo storico il problema è giustificare l'alleanza con Antigono. La testimonianza di Polibio diverge da quella di Arato, come ha sottolineato E. Gruen, poiché secondo lo storico l'alleanza è determinata dalla necessità, è come se gliAchei fossero stati costretti ad allearsi con Antigono. Lo stesso Plutarco, nel capitolo 43, sottolinea che Arato non riponeva alcuna fiducia in Antigono e dubitava dei Macedoni, perché sapeva di essere diventato grande a loro spese e che alla base della propria linea politica aveva posto la sua ostilità verso Antigono il Vecchio, ma aveva accettato l'alleanza incalzato da un'inesorabile necessità. Al contrario, sarebbe stato lo stesso Antigono, dopo essersi reso conto del valore di Arato, a riempirlo di particolari onori. In questa guerra spiccano alcuni episodi: - 224: Punizione di Aristomaco; - 223: Distruzione di Mantinea; - 222: Battaglia di Sellasia; Plutarco comincia la narrazione della guerra a partire dal capitolo 44. Si parla dei giuramenti reciproci che furono scambiati a Pege, della presa di Argo, del ritiro delle truppe di Cleomene a Mantinea. Fu così che tutte quante le città si unirono di nuovo agli Achei, Antigono occupò.

L'Acrocorinto e Arato, eletto stratego degli Argivi, li convinse a donare ad Antigono le ricchezze dei tiranni e i beni dei traditori. Poi si parlò dell'uccisione di Aristomaco a Cencrea, porto di Corinto, verso il golfo Saronico. Aristomaco II si unisce alla lega Achea nel 229, spinto da Arato. Nel 228-27, diventa stratego della lega Achea, poi passa dalla parte di Cleomene. Siccome si tratta di un tradimento imperdonabile, viene gettato in mare dopo essere stato torturato. Questo evento, tuttavia, pesa sulla reputazione di Arato, accusato, secondo quanto ci riferisce Plutarco, di aver permesso che un uomo non malvagio, con il quale aveva aperto delle trattative, morisse illegalmente. Alcuni hanno ipotizzato che questa condanna fosse il risultato della rivalità politica con Arato, in ogni caso si tratta di un capitolo oscuro nella storia della lega Achea. Polibio, invece, sostiene che sarebbe stato più terribile se Aristomaco fosse rimasto impunito, condannandolo.

senza appello e giustificandol'operato di Arato, sebbene i motivi di questo comportamento rimangano abbastanza ignoti.Il periodo in cui si combatte la guerra cleomenica è un periodo fosco, di lunghi coltelli, che culmina con labattaglia di Mantinea, considerata un vulnus per Plutarco e i suoi contemporanei, dal momento che Mantineaè il luogo simbolo dei Greci. La distruzione di Mantinea è una punizione dimostrativa. La cittàè chiamataAntigoneia fino al 125 d.C., quando riacquistò il suo vecchio nome. Sono tante le distruzioni che costellanola storia greca: distruzione di Tebe da parte di Alessandro; distruzione di Reggio da parte di Dioniso I; distruzione di Mileto; distruzione di Sibari;Anche al tempo della stesura della Vita di Arato, Mantinea era una ferita aperta per i Greci. Plutarco apparein imbarazzo nel descrivere la vicenda, mentre Polibio (libro 2, cap. 56-61) risolve la questione in termini dipolemica storiografica.

prendendosela con Filarco, che punta all'accrescimento dell'effetto di straniamento del lettore, esponendo la sventura di Mantinea con esagerazione ed elaborazione retorica, non facendo menzione della nobiltà d'animo dei Megalopolitani, che si esibirono all'incirca nello stesso periodo. Nel capitolo 45, infatti, Plutarco cerca di giustificare in qualche modo l'operato di Arato, presentandolo come una vittima dello strapotere di Antigono. Da quando tra i due è stata stipulata l'alleanza, infatti, Arato era accusato di tutto: del fatto che Corinto era stata donata ad Antigono, che gli era stato permesso di saccheggiare Orcomeno e di collocare in città una guarnigione macedone, che nessuna ambasceria era decretata senza l'autorizzazione di Antigono, che erano celebrati sacrifici, processioni e gare in onore di Antigono. Chi accusava Arato di ciò, secondo Plutarco, non era in grado di capire che, una volta consegnate le redini e

travolto dalla corrente del potere regale, Arato era rimasto padrone della sua sola voce. Nonostante ciò, non potendo Plutarco salvarlo del tutto, ci tiene a dire che la distruzione di Mantinea, condotta attraverso l'uccisione dei più illustri cittadini, la vendita degli altri e la schiavitù di donne e bambini e la spartizione del denaro ricavato, non può essere attribuita a una motivazione nobile o dettata da necessità; non può negare, quindi, che anche a causa di Arato, l'amabile Mantinea è stata cancellata del tutto. L'atteggiamento di Plutarco nei confronti di Arato è ambivalente, da un lato c'è la necessità di esaltarne l'operato, dall'altro l'impossibilità di negare alcune macchie sulla sua reputazione ed è per questo che si viene a delineare un personaggio in chiaroscuro. Al contrario, nel discorso di Polibio la colpa non è tanto di Arato, ma

degli abitanti di Mantinea che hanno fatto il doppio gioco. Lo storico, quindi, ribalta prima la prospettiva storiografica, prendendosela con Filarco, poi la dinamica delle cause. La storiografia ellenistica risente dell'interpretazione di Polibio, che può essere a sua volta parziale e quindi essere soggetta a critica. Resta il fatto che agli occhi di Plutarco, tutto quello che viene fatto in questa nuova città di cui Arato è il fondatore e in cui Antigono è onorato con celebrazioni e sacrifici e con gli Antigoneia, officiati fino al 166-165, è inaccettabile. Antigono Dosone viene scagionato dalle colpe, è come se fosse stato traviato da Arato. Nell'estate del 222 a.C., tra giugno e luglio, Antigono si apprestava a combattere lo scontro decisivo della guerra intrapresa da due anni contro il re spartano Cleomene III. Egli penetrò in Laconia con il suo esercito e si attestò alle porte della regione lungo la strada che

Collegava Tegea alla polis lacedemone. In quel punto, sulle rive del fiume Oenus, nei pressi di Sellasia, appena 13 km a nord di Sparta, era accampato il re nemico con circa 20000 uomini (Plb. 2.65.7). Nell'esercito del Dosone le armate macedoni e mercenarie erano schierate a fianco dei membri di quella symmachia ellenica ricostituita da Antigono nell'autunno del 224 a.C. grazie all'intesa con lo stratego acheo Arato e con le altre leghe nemiche di Sparta, che lo avevano nominato ἡ ὐ ἡγεμών della nuova alleanza (Plb. 2.54.4; Plu. Arat. 38.9, α τοκράτωρ γεμών). Polibio (2.65.2-5) afferma che a Sellasia le truppe greco-macedoni erano formate da circa 28000 fanti e da 1200 cavalieri e fornisce il dettagliato elenco delle armate antigonidi, che infatti contavano precisamente 27600 soldati appiedati (10000 falangiti macedoni, 3000 peltasti, 1000 Agriani, 1000 Galli, 3000 mercenari, 3000 Achei,

1000 Megalopolitiἰ ὸ ὸε ς τ ν Μακεδονικ ν τρόπον, 2000 Beoti, 1000 Epiroti, 1000 Acarnani, 1600 Illiri al comando di Demetrio22 Arato è forse sacerdote di un culto divino. Su questi aspetti Polibio quasi non dice nulla, ma Plutarco nella Vita di Cleomene non può fare a meno di parlarne. Nel mondo ellenistico si diffonde il culto del sovrano; c’è un culto dinastico, a partire dalla dinastia dei Tolemei, e uno civico. Ogni città è libera di onorare un sovrano, con modi che spesso sono simili e che suscitano la critica di molti storiografi, che sono ostili a queste forme di divinizzazione, di cui in particolare gli Ateniesi sono maestri con Demetrio Poliorcete e Antigono Monoftalmo. Nel mondo propriamente macedone, invece, c’è una sorta di culto degli antenati, soprattutto in particolari momenti, quando vengono mostrate le insegne nel

Corso delle feste Xandikà, ma questi sovrani non godono di un culto divino come i Seleucidi, i Tolemei, gli Attalidi e permettono che le singole città li onorino. Assistiamo per esempio ad un culto per Antigono Gonata a Ramunte in Attica. La stessa cosa accade anche a Mantinea per Antigono Dosone, onorato come un dio dagli abitanti di Sicione e poi anche a Sparta. Non conosciamo le modalità in cui gli Antigoneia erano officiati, ogni anno o ogni 4 anni. In ogni caso, Antigono non ha remore di tipo religioso essere celebrato come tale fuori dalla Macedonia, mentre in Macedonia la tradizione impone solo culti eroici per i defunti.

La battaglia di Sellasia rappresenta uno spartiacque nella storia greca alla pari della pace di Naupatto. Dopo Sellasia, Sparta non risolleva più la testa, solo in modo velleitario con Nabide.di Faro) e 1200 uomini a cavallo (300 Macedoni, 300 mercenari, 300 Achei, 200 Beoti, 50 Epiroti, 50 Acarnani; Lo storico precisa che parteciparono

alla battaglia anche contingenti cretesi (Plb. 2.66.6), moltoprobabilmente enumerati tra i mercenari appiedati. Facevano parte della symmachia anche i Focesi e i Tessali(Plb. 4.9.4), ma il fatto che le loro armate non fossero schierate nel 222 a.C. indica che questi popoli nonfurono in grado di fornire contingenti per la battaglia, ovvero che le loro truppe, soprattutto nel caso deiTessali, potevano figurare tra quelle macedoni, in quanto nei primi anni di reggenza lo stesso Antigono avevaportato formalmente la Tessaglia sotto il controllo Antigonide in seguito all’invasione della regione da partedegli Etoli. A Sellasia le premesse erano favorevoli ad Antigono non soltanto per la netta superioritànumerica del suo esercito rispetto a quello spartano, ma anche perché il re era riuscito a convincere per viadiplomatica Tolemeo III, principale finanziatore di Cleomene in funzione anti-macedone, a sospendere ognisupporto alla causa lacedemone e a ritirarsi dalla contesa

libro XV di Diodoro Siculo, il libro XV di Plutarco "Vite parallele" e il libro VII di Polibio "Storie". La battaglia di Sellasia avvenne nel 222 a.C. tra l'esercito di Sparta, guidato da Cleomene III, e l'alleanza tra la Lega Achea e l'Etolia, guidata da Filippo V di Macedonia. La battaglia si svolse nei pressi di Sellasia, una cittadina situata nella regione della Laconia, nell'odierna Grecia. Cleomene III cercava di riconquistare il controllo della Laconia, che era stata persa dagli Spartani a seguito della sconfitta nella battaglia di Megalopoli nel 222 a.C. Nonostante l'inferiorità numerica, l'esercito di Cleomene III riuscì a infliggere pesanti perdite all'alleanza acheo-macedone, ma alla fine fu costretto a ritirarsi. La battaglia di Sellasia segnò la fine del potere di Sparta come potenza dominante nella Grecia continentale e consolidò il dominio macedone nella regione.
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
17 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/02 Storia greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Adrienne1907 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia ellenistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Muccioli Federicomaria.