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XXII.
Sia Clemente V sia Giovanni XXII si trovarono coinvolti in vicende che costituiscono gli ultimi
conflitti tra Papato e Impero.
Con la scomparsa prematura di Arrigo VII si presentarono due candidature per l'elezione a
imperatore: Federico d'Asburgo e Ludovico il Bavaro, un principe della Baviera.
Inizialmente la dieta non raggiunse un accordo su nessuno dei 2 candidati. Dopo un periodo
di tempo, però, elesse Ludovico il Bavaro, a maggioranza. La sua elezione non fu accolta
serenamente dal pontefice.
Il papa Clemente si oppose all'elezione rifiutandosi di riconoscere e di incoronare Ludovico il
Bavaro come imperatore, giustificandosi dicendo che entrambi i candidati non fossero degni
pag. 49
Alessandro Artuso
di ricoprire la carica di imperatore. Se non fosse avvenuta l’incoronazione, però, il nuovo
imperatore non sarebbe stato riconosciuto. Si aprirono di conseguenza diverse dispute tra
pontefice e il nuovo Imperatore.
A seguito di una nuova dieta imperiale nella quale venne confermata l’elezione di Ludovico il
Bavaro, questa volta all’unanimità. L'imperatore neoeletto, ma non incoronato, decise di
recarsi a Roma convinto di meritare la qualifica imperiale, per farsi incoronare imperatore da
un esponente della famiglia Colonna (una storica casata patrizia romana). Le vicende che
seguirono però furono la scomunica da parte del papa nei confronti dell'imperatore e la
dichiarazione dell'imperatore secondo cui il pontefice sarebbe decaduto.
iii. Marsilio da Padova si schiera dalla parte dell'imperatore.
Questo è il contesto storico in cui opera Marsilio
Marsilio si oppose dunque alle resistenze e alla volontà dal Papa: egli intendeva affermare che
non solo il Papa non deteneva e non avrebbe dovuto esercitare un potere temporale, ma la
necessità di ricostituire l’ordine dell’Impero (riferimento ad Aristotele -> a Padova era
presente una scuola aristotelica che fu importante per gli studi e la formazione di Marsilio).
Marsilio, infatti, non integra la ragione con le sacre scritture, ma le separa (a differenza di
Tommaso d’Acquino). Crede che fede e ragione siano necessarie, ma percorrano binari diversi.
Prova a dimostrare con la ragione e separatamente con i testi sacri che il Papa non può
esercitare nessun potere politico.
-Inoltre, c’è da ricordare che: Marsilio esplicitamente si propone di proseguire le
argomentazioni sviluppate da Aristotele nel quinto libro della Politica. Egli, tuttavia,
nell'elaborare la sua dottrina tiene in conto degli elementi caratteristici dell'esperienza
comunale che convivono con altri elementi suggeritigli dalla sua frequentazione della corte
di Ludovico il Bavaro. -
Defendor pacis:
Una delle opere più famose di Marsilio da Padova è il Defensor pacis, un’opera politica.
Questa opera presenta elementi di innovazione e modernità̀ rispetto alla tradizione più diffusa
in età̀ medievale.
Il difensor pacis è l'imperatore, nella fattispecie Ludovico il Bavaro.
Lo scopo dell'opera, e dunque dell'imperatore, è proteggere l'ordine e difendere la pace nei
territori europei.
La sua opera è divisa in tre parti, che egli chiamava "dictiones" e in ciascuna egli affronta
problemi differenti:
1. Prima dictio affronta questioni politiche e teologiche in una prospettiva
eminentemente laica, avvalendosi esclusivamente di argomenti basati sulla ragione;
2. Seconda dictio: le stesse tematiche sono esaminate e risolte sulla base di argomenti
tratti dalle sacre scritture.
3. Terza dictio: è un riassunto delle prime due parti.
Marsilio spesso rinvia alla Politica di Aristotele e, come lui, individua le parti che
necessariamente compongono il regno o civitas. Egli ritiene che una polis/stato sia
rettamente composta/o quando prevede al suo interno sei parti:
• Contadini
• Artigiani: funzione relativa alla sussistenza dello stato
• Soldati/Milizia: funzione del mantenimento dell'ordine e di difesa
• Banchieri: funzione di dare a prestito il denaro, di finanziatori pag. 50
Alessandro Artuso
• Sacerdoti/Clero
• Pars Principans: colui che governa, ovvero il principe, monarca o gruppo ristretto di persone
che esercita il potere esecutivo e giudiziario.
Tre partes sono legate alla produzione dei beni, e altre tre sono rivolte alla produzione di
servizi.
->Solo il principe detiene la possibilità e la legittimità dell'uso della forza coercitiva: il
governo raggiunge il suo fine (: governare lo Stato nella sua interezza) emanando una fitta
serie di comandi la cui obbedienza è garantita dalla minaccia dell'uso della forza. Senza l'uso
della forza, per Marsilio, la pace e l'ordine, condizioni necessarie per il benessere materiale
dei cittadini, non sarebbero possibili.
1. Potere legislativo
Il principe è titolare dell’autorità politica perché il potere gli deriva dal popolo, ovvero da
quella che Marsilio chiama "Universitas Civium" (totalità̀ dei cittadini) o "Valentior Pars" (parte
più rilevante/saggia/sapiente della totalità̀ dei cittadini).
Lo stato, composto di 6 parti, infatti, è dotato comunque di un carattere unitario in quanto è
dotato di una personalità propria: ha personalità giuridica
Il momento unitario dello stato, per Marsilio, sta non tanto nella funzione di governo, ma
piuttosto nel momento legislativo (momento di approvazione della legge), perché la legge è
emanata dal popolo nella sua interezza. Tutte le parti che formano lo stato concorrono a
formare la noma giuridica. Questa è una sorta di propensione democratica
L’ Universitas Civium o Valentior Pars rappresenta il legislatore umano. Questa è una
grandissima novità̀
: secondo Marsilio, la ragione dell'uomo ha grandi capacità, ma la ragione
del singolo è limitata. Le ragioni degli uomini uniti - messi insieme – sono capaci di
identificare meglio/più̀ agevolmente ciò che è giusto e ciò che è utile - sono in grado di
scegliere di votare le leggi migliori, in vista del bene e della pace dello stato.
L'inclinazione naturale alla verità̀ non è mai inattiva nella specie umana: gli uomini sono in
grado di conoscere la verità̀ molto meglio insieme che non da soli, gli uni assieme agli altri
possono pervenire all'identificazione di ciò̀ che è bene.
Domanda: Ma la funzione legislativa spetta ai cittadini nel loro complesso (Universitas Civium)
o solo alla parte più rilevante (Valentior Pars)? Marsilio oscilla. Egli parla di entrambe le
ipotesi. A questo riguardo bisogna far riferimento all'esperienza politica comunale che
conosceva delle pratiche deliberative di tipo democratico.
Nei comuni più piccoli e di campagna, infatti, esistevano forme di democrazia diretta e quindi
in questo caso l'Universitas Civium concorreva a formare le leggi.
Nelle realtà̀ politiche più ampie, però, ossia i comuni più̀ grandi e complessi, venivano attivate
procedure che non esprimevano forme di democrazia diretta. In questo caso le attività
organizzative del comune, in particolare l'attività legislativa, si basavano sulla volontà̀ della
maggioranza dei cittadini (Valentior Pars).
(Comunque, anche intendendo la Universitas Civium intendiamo la totalità̀ dei cittadini, e per
totalità̀ non intendiamo le donne, i bambini, i servi, i non liberi.)
->Quindi l’Universitas Civium/ Valentior Pars era concepito come un tutto unico, come una
persona ficta - finta in latino - e in nome di questa unità, il Pars Principans poteva assumere le
decisioni. Dunque, le decisioni che il capo assume, sono assunte in ragione del fatto che il
capo, colui che è vertice, rappresenta l'unità nel suo complesso.
Quindi il complesso dei frati - universitas dei frati - era concepito come un tutto unico, come
una persona ficta - finta in latino - e in nome di questa unità dei frati, l'abate poteva assumere
le decisioni. Dunque, le decisioni che il capo assume, sono assunte in ragione del fatto che il
capo, colui che è vertice, rappresenta l'unità nel suo complesso. pag. 51
Alessandro Artuso
IMPORTANTE RICORDARE: anche nell'età̀ di mezzo le norme approvate avevano per lo più
un carattere di tipo consuetudinario. La legislazione positiva emanata direttamente dal
consiglio o da tutto il popolo era parte residuale delle normative. L'attività di normazione
vera e propria era attività̀ svolta solo sporadicamente, solo cioè quando le circostanze
rendevano necessario un intervento integrativo del complesso di norme consuetudinarie che
già̀ disciplinavano i rapporti tra cittadini.
Le leggi positive dunque erano poche. Per questo, quando le si doveva approvare, esse
venivano approvate dopo essere state preventivamente preparate da un gruppo ristretto: in
questi casi vi è una sorta di organismo intermedio, di piccoli consigli in quanto Marsilio
considera la pratica repubblicana romana (-leggi preparate dal Senato e approvate dai comizi
popolari) e poiché se tutti i membri del popolo avessero dovuto discutere su quale legge
considerare migliore, il tempo che sarebbe stato richiesto loro non sarebbe stato funzionale
alla vita dello stato.
Dopo che alcuni prudentes (uomini prudenti) hanno preparato le proposte di legge, queste
leggi possono essere sottoposte al vaglio del popolo.
Inoltre, secondo Marsilio, la forza dello Stato è formata dalla forza stessa dei cittadini che lo
compongono: l'uso della forza per Marsilio riguarda qualsiasi attività̀ umana, non solo la
milizia, ovvero i soldati che materialmente difendono lo stato e mantengono l'ordine, ma
chiunque svolga una qualche attività̀
. Anche il contadino lavorando il suo campo esercita
forza. Il problema teorico è capire come passare dalla titolarità̀ della forza in capo al singolo
alla titolarità̀ dell'uso della forza in capo al governo.
Secondo Marsilio l'uomo accede alla vita politica gradualmente/lentamente. Lo stato, quando
nasce lentamente ma comunque naturalmente, riceve dai consociati la forza necessaria per
funzionare, senza la quale il governo non potrebbe adempiere alla funzione che gli è riservata.
I cittadini quindi conferiscono naturalmente, senza alcuna necessità che intervenga un patto
tra loro e il governo, la forza necessaria.
Ogni uomo ha una certa quantità̀ di forza fisica: tratterrà̀ per sé quella forza fisica che gli è
necessaria per compiere le attività̀ legate al suo ruolo sociale, e riserverà̀ ovvero "passerà" allo
stato tutta la forza restante
La