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SLIDES
problema: la concentrazione della ricchezza
Il PIL pro capite non dice nulla su come si distribuisca la ricchezza all’interno di un paese.
Per affrontare questo problema uno strumento molto utilizzato è l’indice di Gini che stima la
distribuzione della ricchezza nell’intervallo tra una situazione di perfetta eguaglianza (indice
uguale a 0) e una di massima disuguaglianza (indice uguale a 1 o a 100).
Diversi studi hanno mostrato come, con l’innescarsi dei processi di sviluppo economico,
cresca la distanza tra paesi sviluppati e non, ma al tempo stesso diminuiscano le
disuguaglianze interne al paese sviluppato . Questo significa che le realtà del passato e i
paesi meno sviluppati sono caratterizzati da maggiori sperequazioni del reddito.
La situazione oggi
Il problema dei paesi più ricchi : una crescente concentrazione della ricchezza ?
Mettere il problema in una prospettiva di lungo periodo. La concentrazione della ricchezza e
della disuguaglianza iniziano infatti in Europa a crescere una volta che si esauriscono gli
effetti redistributivi della peste del 1348-1352
I dieci più ricchi del mondo
1. Bill Gates
2. Warren Buffet
3. Carlos S. Helù
4. Am. Ortega
5. Law. Ellison
6. Ch. G. Koch
7. David H. Koch
8. Ch. Walton
9. Jim Walton
10. L. Bettencourt
Oltre al divario tra paesi sviluppati e non si accresce all’interno dei primi la concentrazione
della ricchezza, mentre la globalizzazione distribuisce i grandi patrimoni nel mondo anche se
gli Stati Uniti restano centrali perché detengono quindici dei primi venti patrimoni (del resto
gli USA nel 2012 pesavano per il 22,5% del PIL mondiale con 16.245 miliardi di dollari su
72.216).
Dei primi dieci patrimoni sette sono in USA, tre dei primi cinque sono nel settore
telecomunicazioni e informatica . I più ricchi restano comunque i quattro fratelli Walton con
161,2 miliardi, proprietari di un’impresa che fattura 450 miliardi di $ e ha più di due milioni di
dipendenti. Il primo italiano è Michele Ferrero (27° con 23,5 miliardi di dollari) che guida una
“anomalia” visto che è una multinazionale con 25.000 dipendenti e otto miliardi di fatturato
non quotata in borsa. Seguono Leonardo Del Vecchio (Luxottica 38° con 20,6 miliardi),
Stefano Pessina (Alliance Boots 103° con 11,6 miliardi) e Silvio Berlusconi (176° con 7,6
miliardi, nel 2005 era 25° con 12 miliardi).
Per avere un’idea della concentrazione basti rilevare che i primi dieci hanno un patrimonio
personale di 545,2 miliardi di dollari pari al 3% del PIL statunitense, superiore al PIL svedese
(che è 524 miliardi) e oltre quattro volte il PIL del Bangladesh che ha più di 150 milioni di
abitanti.
Il problema della redistribuzione e le società dei 2/3
Oggi in Italia il 10% più ricco della popolazione detiene il 46,6% della ricchezza complessiva,
mentre il 50% più povero solo il 9,4% (n.b. la ricchezza comprende immobili, terreni, depositi
bancari, obbligazioni azioni ed è in Italia sei volte superiore al PIL per cui il paese,
nonostante abbia meno dell’1% della popolazione mondiale e il 3% del reddito totale,
detiene il 5,7% della ricchezza mondiale complessiva).
Sono valori da età preindustriale, a metà Settecento in Francia il 10% più ricco controllava
circa la metà del reddito complessivo, ovviamente non in termini di ricchezza ma di
distribuzione. Ancora più sbilanciati sono gli USA dove nel 2011 il 20% più ricco della
popolazione deteneva l’84% della ricchezza (l’1% più ricco il 40%), mentre il 60% più povero
(cioè 192 milioni di persone) solo il 4,3%. Il restante 20% aveva l’11%.
Il problema è comunque generale. La disuguaglianza dei redditi nei paesi dell'OCSE ha
raggiunto il livello più alto dell’ultimo mezzo secolo . Nei paesi OCSE, il reddito medio del
10% più ricco della popolazione è circa nove volte quello del 10% più povero, salendo
rispetto alle sette volte di 25 anni fa. Anche nazioni tradizionalmente più egualitarie, come la
Germania, la Danimarca e la Svezia, hanno visto il divario tra ricchi e poveri espandersi dal
5 a 1 degli anni ‘80, al 6 a 1 del nuovo millennio.
Problema della disuguaglianza di genere nei salari. Quali sono le motivazioni? Dalla forza
fisica all’istruzione
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Piketty ritiene che l'eccessiva disuguaglianza indebolisce la democrazia perché essa regge
solo se ci si ritrova in una situazione ugualitaria.
Ormai si è in un mondo dove le rendite finanziarie crescono in modo maggiore rispetto alle
rendite di lavoro .
Se la ricchezza diventa troppo sperequata si ha una visione del mondo distorta che rende
difficile la convivenza civile .
All'uscita del libro il Financial Times ha fatto una recensione in cui gli economisti hanno fatto
un discorso da storico, considerato l'attendibilità dei fatti usati da Piketty.
McCloskey ha risposto invece dicendo che le virtù borghesi , hanno portato a un
arricchimento enorme dal secondo dopoguerra. Può essere che la disuguaglianza stia
aumentando, ma avviene su una ricchezza molto più grande rispetto a quella degli anni '50
per esempio.
Infatti, i criteri con cui si riteneva povero un uomo negli anni '50 sono molto diversi da quelli
che si considerano ora. Aumentando il benessere, si alzano anche i livelli di povertà.
Perché il lavoro perde?
Motivazioni:
● Un cambiamento epocale
● Il predominio dei servizi
● Il ruolo delle nuove tecnologie
Una visione ottimista
La tecnologia da sempre impaurisce la gente che ha timore del cambiamento . Se i luddisti
andavano a distruggere i primi telai, in epoca più recente si è ritenuto che la tecnologia
distruggerebbe alcuni lavori prefigurando scenari in cui la sfida tra uomo e macchina
sarebbe irrimediabilmente vinta dalla seconda, ormai intelligente come l'uomo ma non
soggetta ai suoi stessi limiti fisici e psicologici.
Gli economisti di Deloitte sono andati a studiare i dati di censimento di Inghilterra e Galles
dal 1871 a oggi e li hanno incrociati con le varie invenzioni tecnologiche che si sono
susseguite nel corso del tempo arrivando a conclusioni ottimistiche: non è per niente vero
che la tecnologia ha reso inutili certi lavori, anzi è vero l'esatto contrario, la tecnologia è "una
grande macchina che crea continuamente occupazione" perché ha portato alla formazione
di interi settori economici di cui prima non c'era nessuna traccia, come lo stesso settore
informatico, e ha comportato anche un aumento della occupazione in settori
apparentemente insospettabili : per esempio, dal 1950 a oggi sono aumentati di quattro volte
i baristi.
Questo perché la tecnologia ha fatto s
chizzare verso l'alto il potere d'acquisto della classe
media , ha comportato la creazione di nuova domanda e, conseguentemente, di nuovi posti
di lavoro . Secondo lo studio "La tendenza attuale vede una contrazione nell'agricoltura e nel
settore manifatturiero abbondantemente compensata dalla crescita nel caring, nella
creatività, nella tecnologia e nei servizi". "Le macchine possono occuparsi delle mansioni più
ripetitive e faticose, ma oggi come mai prima d'ora negli ultimi 150 anni sono così lontane
dal rendere inutile il lavoro dell'essere umano".
Non c’è dubbio che il settore che ha perso maggiore forza lavoro è quello agricolo ma è un
problema solo tecnologico o piuttosto di lavori che oggi nessuno vuole più fare?
In altri casi, come quello del lavaggio dei vestiti, il calo di addetti si deve ai grandi
miglioramenti di produttività portati dalla tecnologia.
Nel 1901 infatti con una popolazione in Inghilterra e Galles di 32,5 milioni di persone c’erano
200.000 impiegati nel settore del lavaggio dei vestiti mentre nel 2011 con una popolazione di
56,1 milioni ce ne sono solo 35.000.
Inoltre, si è verificato un passaggio nella forza lavoro tra settori che adesso sono più
produttivi grazie alla tecnologia a settori che invece necessitano più direttamente della
presenza umana , come l'assistenza medica, l'educazione o la creatività, che sono così
diventati sempre più efficienti e prolifici.
Negli ultimi due decenni è aumentato del 909% il numero di ausiliari e assistenti nel settore
infermieristico, mentre il numero di impiegati nel campo dell'insegnamento e del sostegno
educativo è aumentato del 580%. Gli assistenti sociali e gli altri impiegati nel welfare sono
aumentati del 183%, così come badanti e assistenti domiciliari cresciuti del 168%.
Allo stesso tempo il miglioramento dei redditi ha aumentato la domanda di servizi
professionali. Ad esempio, il numero di ragionieri in Inghilterra e Galles è aumentato di 20
volte negli ultimi 140 anni, da 9.832 a 215.678.
L’aumento dei redditi ha consentito di spendere più soldi in altri campi , aumentando
contemporaneamente il tempo libero e creando nuove esigenze. E si spiega in parte così
l'aumento dell'occupazione nei bar e nei centri ricreativi. "Nonostante il calo per i pub
tradizionali, il numero di occupati nel settore ricreativo è aumentato di quattro volte tra il
1951 e il 2011", si legge ancora nello studio.
Allo stesso modo è aumentata l'occupazione fra i parrucchieri perché l'aumento dei redditi
ha avuto come conseguenza anche una maggiore attenzione alla cura del proprio corpo,
così mentre nel 1871 c’era un parrucchiere ogni 1.793 abitanti oggi ce n’è uno ogni 287
Una visione più pessimista
Erik Brynjolfsson e “ il grande disaccoppiamento ” ossia sale la produttività, e quindi la
ricchezza del paese, ma non sale più la creazione di nuovi posti di lavoro . Tra il 2000 e il
2009, la crescita dell’indice di produttività negli Stati Uniti è stata del 2,5%, la più alta dagli
anni ’60, ma il numero di posti di lavoro è sceso dell’1,1% a causa di tecnologia e Internet.
Jeremy Rifkin lo aveva profetizzato già nel 1995 con il suo The end of work: “Negli anni a
venire, software sempre più sofisticati porteranno la nostra civiltà più vicina ad essere un
mondo senza lavoro”. L’effetto non sarebbe limitato al lavoro operaio e anzi sarebbe il
terziario