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La crisi del Manchukuo
Ad una crisi economica che si chiuse, se ne aprì una internazionale, al cui centro fu l'impotenza della Società delle Nazioni di intervenire.
La crisi del Manchukuo vide come attori l'Impero cinese e l'Impero giapponese.
Nel 1867 in Giappone venne proclamato l'Impero, che durò sino al 1945, con la fine della Seconda Guerra Mondiale. Questo periodo della storia giapponese viene chiamato periodo Meiji, o "Impero illuminato" (1868-1912), in cui si verificò una vera e propria rivoluzione, che cercò di coniugare il progresso occidentale con i valori orientali. Le tradizioni dei samurai e le esigenze di neocapitalismo importato contribuirono a far nascere l'imperialismo giapponese.
La Cina, al contrario, non si era aperta ai progressi importati dall'ovest, e gli eserciti occidentali avevano finito progressivamente per occuparne diverse aree.
Il Giappone, dunque, non volendo fare la fine
dell'Impero cinese, mise in atto delle politiche volte a modernizzare il Paese, ristrutturando in senso occidentale le università, l'apparato statale e giuridico. Queste riforme portarono alla creazione della costituzione giapponese Meiji del 1889, che sanciva la fondazione di una monarchia costituzionale basata sul modello prussiano. Questa costituzione sottolineava l'inviolabilità dell'Imperatore, a cui spettava il controllo supremo del potere politico e delle forze armate, insieme ad un potere legislativo maggiore a quello attribuito al Parlamento, avendo la competenza esclusiva di promulgare le leggi. La costituzione venne associata anche ad una riforma agraria: le terre furono sequestrate e poste sotto il controllo imperiale, e, a partire dal 1870 fu abolito il feudalesimo. Vennero fatti anche investimenti, concentrati nella costruzione di infrastrutture e di industrie di base, che andarono a rafforzare il campo della difesa militare. Nel periodo Meijivennero create fabbriche modello, che introdussero le tecnologie occidentali, nei settori navale, tessile e edile. Il settore principale che fu modernizzato fu proprio quello navale, perché la proiezione di potenza del Giappone poteva avvenire solo via mare. Si cercò di incentivare gli investimenti nei settori industriali per sviluppare la crescita di una nuova classe imprenditoriale. Vennero garantiti sussidi ai privati, specie ad alcune compagnie. Il Giappone organizzò molte spedizioni in Europa e negli Stati Uniti: gli studenti inviati a studiare all'estero misero in luce l'arretratezza giapponese, soprattutto in campo militare, generando così una radicata determinazione ad applicare appieno il programma di modernizzazione. Con la parole d'ordine Fukoku Kyohei, "ricco il Paese e forte l'esercito", furono il senso patriottico e un forte spirito nazionalistico a spingere il Paese inizialmente ad una chiusura rispetto all'estero.poiché un'apertura così repentina alle tecnologie poteva sembrare a molti una violazione delle proprie tradizioni. Tuttavia, aprirsi all'occidente significava potersi sviluppare per resistere alle pressioni esterne, che avevano invece indebolito la Cina. Il processo di modernizzazione non implicò un rifiuto della tradizione, ma fu lo strumento per creare una sintesi tra il proprio retaggio culturale e le nuove tecnologie. Con questa spinta modernistica, il Giappone cominciò a varare una politica espansionistica e coloniale: 1. GUERRA CON LA COREA (1876, annessione nel 1910) Il Giappone si comportò esattamente come si erano comportati gli europei nei confronti della Cina e utilizzò il proprio esercito per aprire con la forza i porti coreani, ricalcando le strategie occidentali. Il Giappone costrinse poi la Corea a firmare il trattati di Kanghwa, inviando una delegazione scortata da 4.000 militari. Il trattato imponeva allaCorea: L'apertura dei porti commerciali. La concessione al Giappone dei diritti di extraterritorialità (se un giapponese avesse commesso un reato in Corea, sarebbe stato giudicato secondo le leggi giapponesi). Il riconoscimento della Corea come Stato indipendente.
2. GUERRA NIPPO-CINESE (luglio 1894 - aprile 1895)
La guerra fu per la Cina un disastro: in poco meno di un anno la marina giapponese riuscì a conquistare la maggior parte dei porti cinesi, sia marittimi che fluviali di tutta la parte orientale, tanto da riuscire a controllare l'ingresso via mare per Pechino.
L'avanzata nipponica fu devastante per la popolazione cinese: l'esercito fu accusato di aver massacrato oltre 20.000 civili nella città di Lüshunkou, nel novembre 1895, un episodio passato alla storia come "il massacro di Port Arthur".
La presenza di giornalisti occidentali a Lüshunkou rese noto il massacro nell'ovest, alcuni sostennero che
Il comportamento era una risposta alle torture subite dai prigionieri giapponesi in Cina, ma l'immagine del Giappone ne uscì comunque danneggiata a livello internazionale.
La superiorità militare giapponese, grazie all'addestramento dei comandanti nelle scuole militari europee e alle navi, costruite nei cantieri francesi e tedeschi, riuscì in breve tempo a contrastare le forze cinesi, che dalla loro avevano solo il gran numero di combattenti.
La vittoria riportata ebbe una grande risposta nei circoli nazionalisti asiatici, che iniziarono a considerare il Giappone un esempio di trasformazione rispetto all'influenza occidentale, da seguire per liberare i propri Paesi dalle potenze coloniali europee.
L'unico obiettivo del Giappone era di sostituire gli interessi della Cina in Corea, che erano considerate dei ponti per il commercio continentale asiatico, di cui il mercato giapponese, ormai quasi saturo, doveva necessariamente appropriarsi.
3. GUERRA
RUSSO-GIAPPONESE (1905)
L'impero zarista aveva interessi espansionistici nell'Estremo Oriente: si tentava di contrastare l'egemonia inglese in Asia, estendendo la propria influenza in Afghanistan. Il Giappone ai tempi non era ancora considerata una minaccia al livello coloniale, perciò gli interessi russi erano posti sulle politiche britanniche. L'esercito russo, inoltre, aveva occupato le tre province della Manciuria, una grande regione cinese, suscitando la reazione del Giappone, che era deciso a bloccarne l'avanzata in Corea.
La Manciuria meridionale era una regione strategica per il Giappone perché era ricca di terre e di prodotti alimentari per colmare il deficit della produzione giapponese, che non poteva soddisfare i bisogni di tutta la sua popolazione.
La Russia fu oggetto di pressioni diplomatiche da parte delle popolazioni europee per ritirarsi dalla Manciuria: si voleva evitare uno scontro diretto con il Giappone. I russi tuttavia non si
Ritirarono perché c'erano interessi finanziari per lo sviluppo in Asia. Il 13 gennaio 1904 il Giappone inviò un ultimatum alla Russia, intimandole di rispettare l'integrità territoriale della Manciuria. La Russia, nonostante fosse una potenza occidentale superiore al Giappone, era ancora agricola: solo la Gran Bretagna, che aveva finanziato la crescita nipponica, scommetteva sulla vittoria di quest'ultima.
Nella notte tra l'8 e il 9 febbraio 1905 i giapponesi attaccarono senza preavviso la base di Port Arthur, affondando numerose navi da guerra russe. 11 mesi dopo, la base fu conquistata e l'esercito russo fu annientato nella battaglia di Mukden.
Il trattato di pace che seguì la guerra stabilì:
- L'evacuazione russa dalla Manciuria
- Il possesso giapponese della parte meridionale dell'isola di Sakhalin e parte della penisola del Liaodong
- Il protettorato sulla Corea, su Port Arthur
- I diritti sulle ferrovie della
Manciuriad. I primi decenni del XX secolo rappresentarono un'ulteriore possibilità di sviluppo per il Giappone: tra il 1913 e il 1914 ci fu un incremento della produzione e delle esportazioni che oscillò tra il 300 e il 400%. La flotta mercantile raddoppiò, passando da 1 milione e mezzo a 3 milioni di tonnellate, grazie anche alla costruzione di navi transoceaniche. Il Paese arrivò alla completa indipendenza commerciale rispetto agli altri Stati.
Tra il 1913 e il 1920 le sei maggiori città del Paese, Tokyo, Yokohama, Nagoya, Kobe, Osaka e Kyoto, raddoppiarono la loro popolazione: nel 1920 Tokyo superò i 3 milioni di abitanti.
Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il Giappone tentò di consolidare la propria egemonia nell'Asia orientale, attaccando le isole del Pacifico e i possedimenti in Cina, che erano sotto la giurisdizione tedesca. Essendo la Germania occupata sui fronti europei, il Giappone ebbe piede libero.
nell'Estremo Oriente, riuscendo così a conquistare con facilità le Isole Caroline, Marianne e Marshall. Il Giappone si era interessato alla Manciuria non solo per il proprio spazio vitale, ma anche per fermare il programma generalizzato di disarmo che voleva raggiungere la Lega delle Nazioni. Per portare a termine la propria operazione di conquista territoriale, il Giappone preparò un piano noto come "incidente di Mukden". L'operazione scattò nella notte tra il 18 e il 19 settembre 1931, con la collocazione di una piccola bomba sotto la ferrovia controllata dai giapponesi stessi, come pretesto per accusare i terroristi cinesi, creando un casus belli. Poco dopo l'incidente, infatti, i giapponesi accusarono i nazionalisti cinesi e iniziarono a occupare la zona. Furono inviati militari lungo la ferrovia, estendendo il controllo su tutto il territorio. Il Giappone promosse un movimento cinese autonomista, posto sotto il proprio controllo politico.che il 1 marzo 1932 proclamò l'indipendenza della Manciuria. Mantenere il controllo militare su tutto il territorio infatti sarebbe stato troppo dispendioso. I giapponesi imposero l'ultimo imperatore cinese Pu Yi come sovrano del Manchukuo, mostrando al mondo la nascita di un nuovo Stato di affiliazione cinese, anche se, di fatto, si trattava di uno "Stato fantoccio", in cui tutto il potere spettava alle autorità nipponiche. Nel 1932 il Consiglio della Società delle Nazioni, dopo aver rinnovato al Giappone l'invito di ritirare le truppe dalla zona della ferrovia trans-mancese, inviò in Estremo Oriente una commissione di 5 membri provenienti da Paesi diversi (Italia, Francia, Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna), preceduta da Lord Lytton, che decise di aprire un'inchiesta sugli avvenimenti di Mukden. Sebbene il rapporto finale non indicasse esplicitamente il Giappone come responsabile dell'incidente, il documento affermavache c'erano alcune colpe dell'apparato militare giapponese. Nel febbraio 1933 la Lega delle Nazioni invitò i membri a non riconoscere lo Stato del Manchukuo e, per tutta risposta, il Giappone si ritirò dalla Società. Il Manchukuo era uno stato fantoccio creato dal Giappone nella regione del Manciukuò, nell'attuale Cina, dopo l'invasione e l'occupazione della regione nel 1931.