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Girgenti (Sicilia), dove inizia ad elaborare la teoria del rapporto tra forma e tempo (come quella di
Leroy). A quel tempo il canone era di 6 diametri. Winckelmann invece riporta una tiratura
dimensionale anomala: le colonne sono di 5 diametri (esclusi i capitelli).
- Questa osservazione verrà metabolizzata successivamente in una nuova opera intitolata
Osservazioni sopra l’architettura degli antichi (62). Nel 64 scriverà La storia dell’arte nell’antichità.
Queste due opere sono radicalmente diverse.
- La storia dell’arte dell’antichità è fondata sull’evoluzione dell’analisi della forma nel corso del
tempo. Egli dice che non c’è bisogno di declinare ogni oggetto, ma basta identificare il ciclo
generale di evoluzione della forma nel tempo. Posso dunque considerare solo gli elementi
più importanti. Tra forma e tempo c’è una specularità: c’è un evoluzione della forma nel
tempo.
- Il testo Osservazioni sopra l’architettura degli antichi prende come modello l’oggetto
architettonico e lo smembra. Parla dunque dei materiali, degli elementi, delle colonne, delle
coperture… Quando siamo di fronte ad un edificio lo isoliamo rispetto al ciclo del tempo, lo
sterilizziamo: non c’è tempo, esiste solo un oggetto che viene analizzato e descritto. Il quadro
descrittivo che ottengo sarà atemporale (dunque non c’è storia, non c’è stile, non c’è
evoluzione). Solo un capitolo di questo libro cambia del tutto registro. È il capitolo sull’ordine
dorico. L’ordine dorico sollecita una relazione, il dorico ha avuto un’evoluzione nel tempo.
Egli riporta “ci restano modelli di colonne dell’ordine dorico dal tempo della loro prima
origine. L’altezza delle colonne che dovrebbe essere 6 diametri, non ne ha neppure 5 e al
vecchio tempio di Corinto le colonne hanno solo 4 diametri compresi i capitelli”.
- Leroy , dalla descrizione che dà degli antichi monumenti della Grecia, fissa 3 epoche: colonne che
non passano i 4 diametri di altezza (come quelle di Corinto); quelle del secondo tempo (Tempio di
Teseo); quelle del terzo (Tempio di Augusto, alto 6 diametri). In Winckelmann questo schema si
ampia: esso diventa una teoria generale con il fine di comprendere i fenomeni artistici in quanto
manifestazioni di processi. Lo studio dell’architettura è quindi un criterio di interpretazione
generale aperto, flessibile, attuo ad assimilare le anomalie perché in grado di dominare
concettualmente tutte le possibili declinazioni della forma.
- Winckelmann elabora l’ipotesi che la forma evolve nel tempo, e il tempo non sia neutro: è il tempo
delle civiltà. Lo stile è sia una registrazione dell’architettura nel tempo che fa modificare la forma
sia uno specchio della civiltà. La forma non è solo un oggetto che evolve, ma è anche il luogo, il
rispecchiamento della cultura della civiltà.
- Secondo W. il ciclo evolutivo di uno stile ha un’ascesa e un declino, i quali sono scandibili in 4 tempi
(allo schema di Leroy manca dunque un tempo ulteriore).questo tempo è la quarta fase, la quale
sarà il momento di decadenza del dorico. Questo declino diventa lo specchio della corruzione che
riguarda invece non il ciclo temporale ma quello politico.
- La mera analisi di oggetti si è trasformata in un linguaggio attraverso il quale le città esprimono se
stesse, si manifestano. La fenomenologia della forma artistica riflette la fenomenologia del dominio
politico (diventa un luogo di scrittura del potere). La storia dell’arte diventa così un sottile esercizio
di interpretazione volto a riconoscere il tipo di rapporti, influssi…al fine di ricomporre i quadri
correnti, dentro i quali potrà attuarsi quel gioco di relazioni fra tempo e forma, quella
temporalizzazione dell’arte antica, che è frutto della rivoluzione esistente del 700. A questo punto
si può parlare di nascita di storia dell’architettura. L’approccio che noi conosciamo come storia
dell’architettura è un approccio che non è inscritto da sempre nella cultura occidentale. Utilizzare il
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tempo per organizzare secondo schemi razionalmente dominabili l’insieme dei dati artistici, dei
manufatti artistici è un processo che si verifica nel corso del 18 secolo, intorno a Winckelmann (che
è colui che darà forma compiuta a questo processo e a questa concettualizzazione, in relazione al
fenomeno di accrescimento della pressione dell’esperienza). Abbiamo notato come l’occidente si
sia aperto all’oriente, come, tramite l’investigazione (navi che arrivano da paesi egemonici come
Francia e Inghilterra), si portino in occidente forme inedite, nuove, sconosciute. Quello che quindi
sembrava un linguaggio ormai cristallizzato in una dimensione atemporale della ritrattistica
architettonica, incontra il cosiddetto “straniero”. [Abbiamo notato come, di fronte a questo dorico
tozzo (Leroy e poi Winckelmann), si elabori una teoria dell’interpretazione di questo fenomeno che
utilizza il tempo come strumento di organizzazione dei dati empirici, materiali.] L’utilizzo del tempo
costituisce, rispetto alle forme precedenti di organizzazione dei dati empirici, una forma più
efficace ed economica in quanto consente di superare la forma del catalogo (cioè della raccolta
sistematica di tutti gli atti), e di elaborare delle categorie generali (che considerano il tempo nel
concetto di stile, ovvero di forma temporalizzata che ha consentito di dare un nuovo ordine e un
nuovo dominio concettuale efficace di questo accresciuto accesso di dati alla conoscenza empirica).
- In Winckelmann questo processo, questo schema concettuale riceve un’elaborazione ulteriore. Il
concetto di temporalità non era interpretato in termini cronologici ma in termini di una temporalità
qualitativa, umana, di una temporalità storico-sociale, che come tale si rapporta al mondo delle
forme secondo un processo definito come una sorta di “rispecchiamento”. Le forme rivelano nella
propria struttura morfologica dei caratteri del tempo che le ha prodotte. A questo punto si può
anche introdurre una nuova categoria, la categoria del simbolico. Le forme diventano dunque
linguaggio, simboli, un luogo di scrittura della temporalità storica. Da questo punto, a partire dalla
storia dell’arte dell’antichità di Winckelmann, nascerà la disciplina della storia dell’arte che poi nel
corso dei secoli si articolerà come la conosciamo noi oggi.
Francesco Milizia
Il passo successivo alle innovazioni epistemologiche corrisponde a come queste
ultime vengono codificate. L’epistemologia è una branca della filosofia che si
occupa delle condizioni sotto le quali si può avere conoscenza scientifica e dei
metodi per raggiungere tale conoscenza. Ciò lo si può cogliere dai testi del teorico
Milizia.
- È un veneto che opera nella seconda metà del 700 e nei primi anni dell’800.
- Costituisce la generazione successiva che opera a metabolizzare le acquisizioni dei grandi innovatori
della metà del secolo e le opere di tipo schematico.
- Nella sua opera Principi di architettura civile appare un paragrafo intitolato “storia del dorico”.
milizia recupera dunque pienamente quanto elaborato dalla tradizione precedente (quando parla
dell’ordine dorico, Milizia riprende il modello canonizzato da Leroy, cita gli stessi esempi e parla
delle tre fasi di progresso dell’ordine (processualità delle forme: le forme non sono eventi a caso
nel tempo ma il loro accadere è legato ad un processo quasi organico di evoluzione del tempo). Egli
cita anche i parametri elaborati da Winckelmann perché il “dorico del secondo stato” (così come
egli lo definisce) è da lui privilegiato in quanto più bello e più maschio rispetto al terzo stato (idea
della mascolinità del dorico). 8
- Esiste una connotazione di genere degli ordini architettonici. Nella semantica degli ordini, il dorico è
un ordine maschio. Questo ordine è il più privilegiato, il più bello perché prodotto nel secolo di
Pericle quando le belle arti fiorivano in Grecia. La bellezza di un ordine non è determinata da una
casualità formale ma è una produzione storico-sociale , frutto di una società libera, illuminata dalla
libertà come quella di Pericle (che passò alla storia come l’epoca d’oro della democrazia greca). In
questo contesto la società bella produce arte bella.
La prima metà del ‘900 stata caratterizzata da un dibattito che ha visto contrapposte due
è
ipotesi teoriche:
Perché lo stile muta? Per il gusto dell’elite, quindi c’è una valenza esogena (dall’esterno): è il committente o
la classe di committenti che muta.
- Wollflin scrive un’opera intitolata Rinascimento e Barocco (1888) e successivamente anche I principi
fondamentali della storia dell’arte (1911). Egli ha avuto un importante ruolo nello scenario
dell’epistemologia della storia dell’arte. Wollflin sostiene che l’arte sia forma e che la forma abbia
una forma biologica e quindi come organismo, nasce e muore. Egli scrive Rinascimento e Barocco
perché questi due stili costituiscono una coppia polare: il rinascimento è forma, prospettiva,
geometria, proporzione mentre il barocco è informe, massa ,colore, contrasti. Secondo Wollflin
questo schema può essere ricondotto in ogni fase della storia: uno stile, come ogni organismo,
nasce, raggiunge una sua configurazione formata, decade e produce uno stile antitetico. Esiste
quindi secondo Wollflin un ciclo sinusoidale che ha attraversato tutta la storia dell’arte e che è
riassumibile in una alternanza tra rinascimenti e barocchi. Esiste dunque secondo lui un autonomia
vitale della forma , un formalismo assoluto. In questa prospettiva il gusto della committenza, del
pubblico o degli stessi artisti sarebbe indifferente a questo processo di auto-movimento della
forma.
- A questa tesi si contrappone l’interpretazione di Arnold Hauser, il quale legge in chiave marxiana lo
sviluppo della storia dell’arte. La storia esterna è l’unico autentico motore del ciclo delle forme,
quindi nel gusto come mediazione delle istanze (richieste) dei ceti dominanti. Esiste dunque una
struttura socio-politica che determina marxianamente, in una sorta di rispecchiamento, la
sovrastruttura formale linguistica. Hauser ammette che esiste anche una dimensione endogena, nel
senso che esiste una dimensione tecnica delle arti che è indifferente alla committenza. Esiste quindi
una dimensione endogena e una esogena, che assume un ruolo prioritario da