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LA CAUSA UNGHERESE
L'Italia non è pronta militarmente a stare a fianco della Germania, eppure Mussolini
promette l'aiuto all'amico tedesco. Parallelamente però Mussolini comincia a settembre
a promuovere la causa dell'Ungheria. L'idea è che nel momento in cui la Germania
rivendica il diritto ad annettersi i Sudeti, bisogna accontentare anche le legittime
aspirazioni dell'Ungheria che vuole pezzi di Cecoslovacchia. Parallelamente, Mussolini
avvia una campagna contro la Cecoslovacchia, tiene discorsi in cui dice che Beneš sta
tiranneggiando otto nazionalità nella Cecoslovacchia e soprattutto fa da portavoce degli
interessi ungheresi sulla Slovacchia. Lo fa con l'idea che, mentre la Germania si è presa
l’Austria e sta per prendersi Cecoslovacchia, orientandosi ad est, può trovare l'Italia
appoggiare le aspirazioni ungheresi per costruirsi un argine in Europa orientale per
contenere la Germania. Mussolini temeva che la Germania dopo i Sudeti volesse
prendersi un pezzo di Croazia.
LA CONFERENZA DI MONACO
Quindi nonostante l'avvicinamento l'Italia continua a diffidare della Germania. In tutto
questo il ruolo dell'Italia nella convocazione della conferenza di Monaco è frutto
Grandi,
dell'iniziativa non di Mussolini ma di che quando sembra che la guerra stia per
scoppiare assume l'iniziativa. Grandi è sempre più reietto nel sistema fascista, aveva
criticato aspramente le leggi razziali. Grandi assume l'iniziativa di suggerire a
Chamberlain che Mussolini potrebbe convincere Hitler per cercare di rimandare la
guerra per partecipare alla conferenza.
La conferenza di Monaco disinnesca la crisi dei Sudeti e ridefinisce in larga misura il
contesto in cui si muove l'Italia. La conferenza di Monaco segna l'apice
dell'appeasement, ossia la politica di concessioni alla Germania.
L’Italia dopo Monaco ridefinisce anche la sua politica prendendo atto del modo in cui la
conferenza di Monaco ha alterato il contesto europeo, le nuove direttrici che si aprono
dopo la conferenza confermano il carattere pendolare, ma a questo punto il terzo vertice
del triangolo non è più tanto la GB quanto la Francia.
L’AVVICINAMENTO ALLA FRANCIA
La Francia dopo Monaco sta seguendo una politica di appeasement, tanto che a
dicembre firma un accordo con la Germania. Con quella Francia l'Italia di Mussolini
avvia contatti informali nei quali si prefigura la possibilità che la Francia faccia
concessioni all'Italia. L’Italia, che ancora non è alleata della Germania, cerca di
sfruttare la sua posizione di amico ma non alleato della Germania per strappare
concessioni alla Francia, che nel momento in cui la Francia segue il suo appeasement
verso la Germania si spiegano alla luce della volontà della Francia si far sì che la
Francia possa svolgere un'azione di ponte verso la Germania. Mussolini e i francesi
immaginano uno schema per cui l'Italia possa essere premiata in cambio della volontà di
fare da intermediario con Hitler. Non è più prevista la possibilità che Italia possa
partecipare attivamente un nuovo fronte di Stresa, ma che almeno possa tentare di
trattenere e differire il più possibile la nuova iniziativa aggressiva di Hitler. I negoziati
non formali falliscono in vari momenti.
Ciano
Il primo momento si ha quando in un discorso alla camere dei fasci rivendica il
novembre 38
controllo su Tunisia, Nizza, Savoia e Corsica a fine interrompendo i
negoziati che poi vengono ripresi in vari momenti e si trascinano fino a primavera
inoltrata del 1939. I francesi mobilitano tutte le risorse che hanno a disposizione, ma
quando Daladier si convince che l'obiettivo di Mussolini è di alzare il prezzo e quindi che
continuare il negoziato significa esporre la Francia alla necessità di fare maggiori
concessioni, decide di interrompere quel canale. Daladier prende la decisione senza
ascoltare nemmeno il suo ministro degli Esteri Bonnet che sarebbe favorevole a
continuare a cercare un accordo. Il presidente del consiglio però impone la sua linea,
ovvero interrompere i negoziati con l'Italia. I negoziati con la Francia sono il secondo
bilancio da considerare quando si pensa al binario parallelo che porta alla firma
dell’alleanza con la Germania. Mentre ci si confronta con la Francia, si matura la
decisione di allearsi con la Germania.
IL PATTO D’ACCIAIO
Quando si ragiona dell'alleanza formale con la Germania, bisogna distinguere
considerando due alleanze, ossia quella che Mussolini pensava che si stipulasse è quella
che viene effettivamente stipulata.
L'alleanza a cui Mussolini pensa è un'alleanza tradizionale e di questa alleanza si
discute da tempo, da tempo i tedeschi la propongono. I tedeschi tornano a parlare di
alleanza bilaterale nella cornice di Monaco e nel post Monaco. Ribbentrop a Monaco
Ribbentrop
ripropone, poi si reca in visita a Roma e quando va a Roma , ora ministro
degli Esteri tedesco, porta con sé un progetto d'alleanza che a ottobre 1938 l'Italia
opinione pubblica
declina con l’idea che prima bisogna abituare l' ma nel testo di
questa alleanza abbiamo il coinvolgimento anche del Giappone e poi e un'alleanza
difensiva, con guerra in caso di aggressione non provocata. Mussolini pensa quindi ad
un'alleanza difensiva correlata di tutti gli elementi di tipici dell’alleanza, in primis
l'obbligo di consultazione, importante per aumentare il peso negoziale anche verso Gran
Bretagna e Francia, perché se Francia e Gran Bretagna negoziano con l'Italia lo fanno
proprio perché l'Italia può trattenere Hitler e l'obbligo di consultazione può essere un
elemento ulteriore. Quello a cui Mussolini pensa è quindi qualcosa di molto diverso da
quello che si realizza. Questa alleanza, oltre a contenere quello che aveva proposto
Ribbentrop, dovrebbe prevedere anche una garanzia formale sul Brennero.
I termine del 1938 vengono però rivisti e Attolico, ambasciatore a Berlino, trasmette a
Roma la proposta approvata da Hitler, una proposta che prevede come casus foederis un
sostegno in caso di attacco subito e non provocato. Anche in questo caso ci sono tre
partecipanti. È su questa ipotesi che Mussolini dà il via libera, su questo elabora la sua
prospettiva e il documento con cui Mussolini chiede di avviare i negoziati risale a
maggio, quando sono tramontate le possibilità di accordo con la Francia. Nel documento
in cui Mussolini incarica Ciano di avviare negoziati formali per l'alleanza è ancora
chiaro che, oltre a non voler un'alleanza offensiva, Mussolini vuole anche che sia
precisato che l'Italia si aspetta di poter godere di un periodo di pace non inferiore ai tre
anni. Solo dal 43 lo sforzo bellico potrà avere prospettiva di vittoria. Nel 1937 Hitler dice
esattamente il contrario, perché nel 1943 secondo lui le potenze democratiche saranno
abbastanza forti per affrontare la Germania. È ancora chiaro che l’alleanza può aiutare
l'Italia ad aumentare il peso nello scacchiere europeo e l'Italia non può permettersi di
essere trascinata in guerra prima del 1943.
Copiare la lettera
Ci sono motivazioni per cui quando Mussolini incarica Ciano di negoziare con i tedeschi
ha chiaro che alleanza deve essere difensiva e scongiurare il rischio di essere trascinata
in guerra prima del 1943. Per questo quando si ragiona di patto d'acciaio bisogna
distinguere tra quello a cui pensava Mussolini è quello che si realizza. Perché si passa
da questa ipotesi al patto d'acciaio?
Vediamo il progetto dopo che Ciano si è incontrato con Ribbentrop a Milano e poi il
progetto elaborato dai tedeschi del 13 maggio, che cambia drasticamente nel contenuto.
Si passa da alleanza difensiva in caso di aggressione non provocata ad alleanza
offensiva. I tedeschi non hanno tenuto in considerazione i distinguo e le condizioni poste
Attolico,
dall'Italia. ambasciatore a Berlino, si rende conto del fatto che qualcosa è
cambiato e invia subito il progetto a Roma, dicendo che i termini del trattato escono
dall’ordinario con un patto totalitario, abbandona le formule consuetudinarie come
aggressione non provocata per giungere ad una solidarietà non solo offensiva ma anche
difensiva. Cosa succede però dopo? Quello che succede dopo è difficilissimo da ricostruire
per un giallo legato ai documenti. La dichiarazione di Attolico è sparita dall'archivio di
gabinetto ma è stata trovata dagli storici dell'archivio cifra. Quindi qualcuno ha
trafugato il documento di Attolico, ma poi si è dimenticato di prendere la copia del
documento da un altro archivio e questo documento mette in evidenzia che non ha
responsabilità Attolico, ma rimane da capire chi ha sbagliato e chi ha analizzato tutti i
documenti è giunto alla conclusione che Ciano, che era in viaggio per l'Italia, comunica
solo telefonicamente con Mussolini che era anche lui in viaggio per l'Italia e, quando
arrivano i documenti, Ciano legge sommariamente al telefono il testo dell’Alleanza e
Mussolini dà l'ok. C'è stato un errore nella comunicazione perché Ciano non ha agito
come Attolico si immaginava che agisse, quindi sottolineando al capo del governo le
implicazioni dell’Alleanza che i tedeschi proponevano. È anche stato detto che Ciano si
sarebbe sentito autorizzato a non mettere l'accento sul carattere offensivo dell’Alleanza,
perché in passato Mussolini, in una delle tante offerte dei tedeschi, aveva risposto che
non era il momento, però quando si stipulerà le l'alleanza tra Italia e Germania questa
alleanza sarà offensiva e questo avrebbe fatto sentire autorizzato Ciano a non
richiamare Mussolini sul carattere offensivo. Questa ipotesi stride però con quello che
diceva Mussolini a maggio.
La lettera di Attolico di rivolge a VE, ma VE non aveva alcun ruolo? In pratica no, ma
era contrario all’alleanza con i tedeschi.
Ci saranno il memoriale Cavallero, la visita di Ciano a Salisburgo, la lista del Molibdeno
e vari tentativi di sottrarsi ai vincoli dell’alleanza.
Con la firma del patto d'acciaio l’Italia vede chiudersi tutte le sue opzioni? È un'alleanza
offensiva che è necessariamente anticamera della guerra o l’Italia aveva comunque un
certo margine negoziale? Poteva continuare a perseguire l’interesse nazionale di non
fare guerra fino al 1943?
È una questione dibattuta e quando scoppia la guerra Mussolini dichiara la non
significato
belligeranza, concetto che non ha senso a livello giuridico ma aveva chiaro
politico, cioè l'Italia non è in guerra ma non è n&eacut