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Calder, “Fontana di Mercurio”
Guernica
Davanti al era esposta una scultura di Alexander Calder , un artista non-
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Guernica
spagnolo (americano) che però si relazionava bene al significato di .
La scultura è configurata come una fontana che contiene, invece dell’acqua, del
mercurio. Questo materiale era infatti utilizzato per la fabbricazione delle armi che
stavano distruggendo l’Europa e che avevano già raso al suolo Guernica.
L’argento cangiante di questo materiale dava una grande spettacolarità all’opera.
Molti spettatori si divertivano a lanciare le monetine per vederle galleggiare qualche
istante, prima di essere inglobate.
Joan Mirò, “Il boscaiolo” e volantino per raccolta fondi (1937)
Tra i vari artisti esposti all’interno della struttura vi era anche Joan Mirò. Come
Picasso presentò un dipinto di grandi dimensioni (5m di lunghezza) ed aiutò la
Spagna pur vivendo in Francia, ma a sua differenza egli tornò a viverci.
Il dipinto rappresenta un boscaiolo, simbolo della Catalogna (nel 1889 venne persino
berreta
composta una canzone per questo personaggio), che indossa una .
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Nella simbologia di Mirò la stella indica la libertà, ma accostata alla falce che regge
il personaggio rende facile una lettura politica. Tuttavia, l’artista precisò che si
trattava di figure esclusivamente simboliche.
Purtroppo non abbiamo a disposizione un’immagine a colori, poiché il dipinto è
andato perduto durante la distruzione del padiglione.
Si pronuncia “colder”, all’americana.
4 Tipico copricapo spagnolo.
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Scultura di Alberto Sanchez all’esterno del padiglione spagnolo
All’esterno del padiglione vi era invece una scultura di Alberto Sanchez, che iniziò a
lavorare come fornaio per racimolare i soldi necessari per iscriversi a scultura.
L’opera ricorda un totem ed è realizzata in cemento. Sulla sua sommità capeggia una
stella di colore rosso (lo stesso del padiglione, della scultura di Calder e,
probabilmente, del dipinto di Mirò). Poco più in basso vi è una colomba.
Palais de la decouverte
Esterno del padiglione e Fernand Léger, “!l trasporto delle forze”
L’ingresso era estremamente sontuoso, con numerose decorazioni dorate. Al suo
interno venivano presentate le principali scoperte scientifiche dell’epoca
(essenzialmente applicabili all’industria artigianale o bellica).
All’interno del Palais vi era inoltre un dipinto di Fernand Léger, che mostra le forze
dell’industria in forme astratte e simboliche. La composizione è molto leggera, pur
dovendo presentare un soggetto piuttosto “pesante”.
Palazzo dell’elettricità Raoul Dufy, “Fede nell’elettricità”
Raoul Dufy ideò questo enorme dipinto per il Palazzo dell’elettricità, dove figurano
tutti i personaggi più importanti che hanno portato alla sua nascita e diffusione. I
colori sono molto leggeri e vivaci, quasi fiabeschi.
Fortunatamente, quest’opera è stata recuperata dalla distruzione del Palazzo.
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Palazzo dell’aria Decorazione interna di Sonia e Robert Delaunay
La struttura è concepita come una sorta di hangar, all’interno del quale si
esponevano gli aerei e le tecniche di aviazione. La decorazione interna,
estremamente colorata e gioiosa, è stata ideata dai coniugi Sonia e Robert Delaunay,
tra i principali esponenti dell’orfismo .
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Sonia Delaunay, “I colori dell’aria”
I colori iridescenti dell’elica smorzano la pesantezza di uno strumento così serioso,
trasformandolo in qualcosa di gradevole alla vista. L’azzurro di contorno dà
profondità alla composizione.
Tutte le opere studiate per l’Esposizione sono di grandi dimensioni, poiché gli spazi
da allestire erano molto ampi.
Il lavoro di Sonia è concentrato sul colore e sulle composizioni cromatiche, che qui
appaiono in tutta la loro bellezza. In qualche modo, la sua ricerca va in antitesi
rispetto a quella di Picasso: gli aerei che hanno bombardato Guernica sono da lei
spogliati dell’aspetto bellico, in favore di uno più decorativo.
Sonia Delaunay era anche un’importante stilista; vestiva letteralmente la sua
creatività in tutti gli aspetti della vita quotidiana.
(Treccani, s.d.) Corrente pittorica degli anni 1910 che, partendo da alcune premesse poste dal
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cubismo francese, tende a realizzare un’immagine pittorica tendenzialmente astratta,
attraverso rapporti ritmici fra luce colore e movimento. Con il riferimento a Orfeo, G.
Apollinaire, […] intendeva esaltare il carattere libero, giocoso e lirico della pittura di Delaunay
e dei suoi compagni, in opposizione al rigore formale di G. Braque e P. Picasso.
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Padiglione delle ferrovie
Robert Delaunay, facciata e ingresso per il padiglione delle ferrovie
I grandi pilastri che sporgono dalla struttura esterna erano come delle lampade,
poiché di notte si illuminavano. L’orfismo qui si può notare nelle forme astratte che
decorano la facciata, che evocano una sorta di avventura a bordo del treno.
Le linee che compongono i dipinti dell’ingresso ricordano anch’essi i binari del treno.
I cerchi che si incastrano l’un l’altro sono molto utilizzati da Robert. Lavorando a
fianco di Sonia, i colori impiegati sono molto simili ai suoi.
Sonia Delaunay, “Studio per Portogallo”
L’elemento cromatico fa da padrone nelle composizioni di Sonia Delaunay, nonché
la ripetizione di motivi geometrici. In questo caso, delle donne vestono abiti
tradizionali portoghesi accompagnate da dei semicerchi decorativi.
Padiglione della Germania
Pad Speer, esterno del padiglione tedesco
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I veri protagonisti dell’Esposizione furono però la Russia e la Germania. Il caso vuole
che, quando vennero distribuite le aree da occupare, i due principali padiglioni
finirono per essere posti l’uno di fronte all’altro. Questo diede il via ad una gara per
realizzare l’edificio più alto ed imponente.
Pad Speer fu l’architetto preferito da Hitler. La sua costruzione coniuga la classicità
con il razionalismo, appesantendo quest’ultimo con delle proporzioni possenti.
Il monumento-grattacielo non dà un’idea di leggerezza: è inamovibile, pesante, le
forme sono severe ed incutono timore. Questa non è che una porzione del padiglione:
una sorta di altare celebrativo. Come se non bastasse, sulla cima capeggia l’aquila
che simboleggia il regime nazista.
I colori impiegati tendevano al rosa, poiché diversamente avrebbero fatto sembrare
l’edificio un mausoleo.
La soluzione architettonica, oltre ad essere monumentale, è anche piuttosto
dispendiosa: i materiali impiegati erano i migliori disponibili sul mercato.
Essendo il rapporto tra le due potenze piuttosto teso, l’ostentazione era uno dei modi
principali per affermarsi. Se poi si pensa che i padiglioni sono stati distrutti, questo
spreco di energie appare ancora più vano.
Pad Speer, interno del padiglione tedesco
L’interno accoglieva dipinti tradizionali, o realizzati ex novo ma di ispirazione
classica. In quegli anni, infatti, erano state bruciate centinaia di opere bollate come
“arte degenerata”. Vi era poi un’ala allestita con dei pannelli su cui era esposta la
storia degli eserciti tedeschi.
Hitler alla mostra di arte degenerata
Le opere erano raccolte, messe in mostra, ridicolizzate ed infine bruciate. Vi era
sempre un grande afflusso di visitatori per questo tipo di eventi. Alcune opere sono
state trafugate e, fortunatamente, salvate dalla follia nazista.
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Padiglione della Russia
Esterno del padiglione russo con scultura di Vera Mukhina
Anche in questo caso la costruzione è capeggiata da una scultura (realizzata da Vera
Mukhina), raffigurante due contadini con una falce (simbolo sia del lavoro che del
comunismo). Viene quindi posto l’accento sull’orgoglio della nazione per i contadini
che hanno partecipato in prima linea alla guerra.
La costruzione si distribuisce su più livelli, che raggiungono gradualmente la
sommità dell’edificio.
Interno del padiglione russo con statua di Stalin
All’interno era rappresentata una Russia moderna, che metteva in mostra i suoi valori
e la sua forza. Da un lato veniva elogiata la filosofia comunista (al centro di una delle
sale più importanti vi era una statua di Stalin), dall’altro vi erano invece oggetti
d’avanguardia (ovviamente, accessibili a pochi).
Come nel caso della Germania, ad accogliere lo spettatore vi era uno scalone
imponente. Altra somiglianza con il padiglione tedesco era nello stile dei dipinti,
anche in questo caso tradizionali e celebrativi.
L’arte astratta di Kandinskij e di altri artisti “non ufficiali” era stata debellata dai
musei. Molte rappresentazioni erano di atleti e giochi olimpici, in cui la Russia esibiva
tutta la sua forza.
Padiglione italiano
Esterno del padiglione italiano e progetto di Piacentini
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Il padiglione italiano si distinse, per certi aspetti, dalla classicità impiegata negli altri.
L’architetto Marcello Piacentini sostituì infatti gli archi classici con dei rettangoli.
Tuttavia, davanti e sopra la costruzione vi erano delle sculture classiche, mentre le
vetrate non danno l’idea di essere ariose: sembrano piuttosto delle cornici.
Piacentini era solito unire la classicità con delle forme più rigide e lineari, che si
sposavano bene all’etica fascista.
Nei suoi bozzetti, l’architetto studiò anche il rapporto tra il padiglione e la Tour Eiffel,
nel tentativo di creare un dialogo tra quest’ultima (simbolo dell’ingegneria francese)
e la costruzione moderna.
All’esterno vi era inoltre una scultura equestre in stile Déco dell’artista Gori.
Mario Sironi, “L’Italia corporativa”
Margherita Sarfatti, donna colta e prima critica d’arte italiana (essendo l’amante di
Mussolini lo “educò” all’arte), si occupò di allestire l’interno del padiglione. E su cosa
poteva fare leva l’Italia per esporre le sue maestranze, se non sull’arte e
sull’artigianalità?
Ella radunò attorno a sé gli artisti del Ritorno all’ordine insieme ai futuristi, tra cui
Depero e Balla. La scelta di porre lei a gestire l’allestimento fu vincente: se negli altri
padiglioni ci si poteva annoiare vedendo quasi esclusivamente armi, in quello italiano
si entrava per il piacere di osservare le opere esposte.
Uno dei maggiori artisti esposti fu Mario Sironi, che venne s